sabato 29 agosto 2020

SILVANA LAZZARINO: "INSOLITO FELLINI..."


“INSOLITO FELLINI… UNA DONNA SCONOSCIUTA"
Scritto da Silvana Lazzarino il 21 Agosto 2020 •  Leggi tutto ( Clicca sull'immagine per vederla in dimensioni reali)


L’artista di fama internazionale Eugenia Serafini è invitata ad esporre alla Rassegna nazionale “Insolito Fellini…una donna sconosciuta” in ricordo di Fellini a 100 anni dalla nascita, che si svolge a Castiglione in Teverina ( Viterbo) dal 5 al 20 settembre 2020
Pittrice e poetessa, nonché performer e installazionista di fama internazionale, Eugenia Serafini, scrittrice  giornalista e  Direttore della rivista FOLIVM, attraverso la sua arte di grande spessore evocativo nel restituire le emozioni della vita, ha saputo raccontare unitamente alla natura e ai suoi diversi scenari, l’uomo e il suo esistere tra passato e presente, dove si rincorrono desideri e speranze, malinconie e attese guardando ad un futuro in cui recuperare quell’armonia tra finito e infinito da sempre appartenenti all’universo.
Nata a Tolfa (RM) piccolo e interessante borgo etrusco, e attiva tra Roma e la Toscana, per anni docente presso l’Università della Calabria, all’Accademia di Belle Arti di Carrara e all’Accademia dell’Illustrazione e della Comunicazione Visiva di Roma, Eugenia Serafini dona attraverso colori decisi e delicati, i battiti di una natura permeata dal respiro del vento, dal filtrare dei raggi del sole o dal sottile rumore della pioggia. In questi ritmi e alchimie prendono forma immagini di alberi e di scenari legati al cosmo con i pianeti a suggerire il mistero e la bellezza della vita nella sua continua ciclicità che ritorna e si rinnova nel tempo.; mistero e bellezza che invitano a interrogarsi sul senso di questa vita dove l’individuo è invitati a guardare dentro sé stessi per capire le proprie fragilità da cui ripartire. Gli alberi di Eugenia Serafini: da quelli più grandi a quelli più piccoli esprimono libertà, energia e vitalità conducendo chi li guarda a recuperare sogni lontani e dimenticati, desideri sopiti per troppo tempo. In questa scoperta delle armonie della natura si può recuperare l'emozione di affetti lontani, verità rivelate e la purezza di tornare anche per un attimo ad essere fanciulli nella spensieratezza che tutto prende vita da un sogno.
Oltre alla bellezza e ai misteri del cosmo immortalati nei colori e nei segni avvolgenti, Eugenia Serafini ha restituito la magia e il mistero della bellezza femminile con la sua opera presente alla Rassegna di arte contemporanea nazionale “Insolito Fellini-….. una donna sconosciuta” con cui si rende omaggio al regista Fellini, figura dalla grande vena artistica che apre dal 5 al 20 settembre 2020 presso la prestigiosa sede del MUVIS a Castiglione in Teverina (Viterbo). La rassegna con la direzione artistica di Paolo Berti e patrocinata dalla Fondazione Federico Fellini di Rimini, mette in luce l’immagine della donna, così cara a Fellini nel suo essere “donna nuova costantemente in bilico tra il suo essere ninfa gentile e seduttrice crudele, salvatrice o dannazione incarnata, fonte di forza e celestiale, delle cui manifestazioni alterne l'arte è da sempre vivida testimone traendone ispirazione” come scrive il curatore Matteo Franceschini. 
Gli artisti presenti, circa cinquanta, sono stati invitati a partecipare con la loro arte tra pittura, scultura e fotografia nel rappresentare l’immagine femminile nella sua totalità, nel suo essere musa ispiratrice, presenza angelica e tentatrice, entità misteriosa che si interroga sulla propria storia. L’opera di Eugenia Serafini “Sconosciuta è la Donna”( tecnica mista, collage e acrilici 70X50,)  partendo da uno "strappo del manifesto del film di Fellini "La dolce vita “, trovato dalla stessa artista su un muro del suo quartiere, S. Lorenzo a Roma, presenta tocchi di colore rosa sugli occhi e la bocca dei protagonisti del film Marcello Mastroianni e Anita Ekberg  a sottolineare l’effimero e l’intensità insita nella stessa immagine dove i due personaggi icone di bellezza e seduzione, sono sul procinto di baciarsi. Essi rappresentano, come spiega Eugenia Serafini “due icone della bellezza e della seduzione che tutto il mondo ha percepito tali e amato per le numerose interpretazioni cinematografiche ma, in particolare, per la sensibilità con la quale Federico Fellini ha saputo valorizzare il loro e il nostro immaginario proprio nel film ‘La dolce vita’, immagine dulcamara di una Roma affascinante e cinica”.
L’evento nazionale, organizzato da Auser Tuscia ha visto la partecipazione di Auser Nazionale, della Cineteca di Bologna, della Regione Lazio, della Provincia di Viterbo, del Comune di Viterbo, del Comune di Castiglione in Teverina, del MUVIS di Castiglione in Teverina, della Biblioteca Consorziale di Viterbo, dell’associazione Premio Centro e di Project Tuscia. La Rassegna è promossa  anche dalla Fondazione Carivit di Viterbo che da anni opera nell’ambito del territorio della provincia di Viterbo e persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e promozione dello sviluppo culturale.
Eugenia Serafini ha realizzato numerose mostre in Italia e all’estero e le sue opere si trovano in collezioni, musei e archivi di diversi paesi quali: Francia, Germania, Egitto, Lituania, Norvegia, Romania, Ucraina, Uruguay, Argentina. Numerosi e prestigiosi i premi e i riconoscimenti ricevuti durante la sua luminosa e prestigiosa carriera tra cui vanno citati: “Le Rosse Pergamene, Poesia d'amore 2018, Sezione speciale Poesia e pittura “Dall’emozione all’immagine” con una raccolta di poesie d’amore dedicate a Roma,, il .“Premio Artista dell’anno” al  Premium International Florence Seven Stars Firenze 2016, la “Targa alla Carriera” dal Comune di Tolfa nel 2014 e il “Leone d’Argento” per la Creatività 2013 alla Biennale di Venezia. Senza dimenticare il Premio alla Carriera “Premium International Florence Seven Stars” Grand Prix Absolute 2017 consegnatole dal Prof Carlo Franza.

Silvana Lazzarino

Rassegna d’arte contemporanea
“Insolito Fellini… una donna sconosciuta”, 
a cura di Matteo Franceschini 
direzione artistica di Paolo Berti.
Alla rassegna è invitata Eugenia Serafini
che espone la sua opera “Sconosciuta è la Donna”
MUVIS di Castiglione in Teverina
Castiglione in Teverina (Viterbo)
 dal 5 al 20 settembre 2020




giovedì 27 agosto 2020

M.E. MIGNOSI PICONE LEGGE: "SE DENTRO TI GUARDI" DI OTTORINO PENDENZA



Ottorino Pendenza
SE DENTRO TI GUARDI
2019

Recensione di M. E. Mignosi Picone


“Se dentro ti guardi” è il titolo della silloge poetica di Ottorino Pendenza con cui l’autore invita alla introspezione, e in particolare a riflettere sul proprio animo quando si trovi a cadere, per circostanze inclementi, nel pericoloso stato dell’apatia. Essa innanzi tutto produce perdita di vigore e poi può anche aprire la strada alla perfidia. Infatti afferma il poeta: “Dura afflizione è la vita”, “Tetre nuvole sempre / offuscano / il nostro cammino”. Quando i sogni si infrangono per le avversità della vita, perché non sempre il Signore asseconda i desideri degli uomini, allora è un momento triste che può fare vacillare perfino la ragione: “Tu conosci …/ il turbine che mi travaglia / e che spesso pur la ragione / mi turba e sovverte”. La tristezza si accentua sempre più. Si spegne il sorriso. Viene meno l’energia con cui affrontare la vita. E allora? Oggi più che mai, e non solo tra i giovani che non vedono prospettive per il loro futuro, ma anche tra gli adulti che vedono stroncato il loro lavoro, questa condizione dell’animo, l’apatia, rischia di diffondersi sempre più e di diventare il nuovo mal di vivere.
Il poeta, che con acutezza coglie proprio questo aspetto, non si rassegna e cerca una via per uscirne fuori. Innanzi tutto punta sulle scelte, che continuamente la vita ci pone davanti, e osserva nel giovane: “Avventate sempre tu cerchi / vane blandizie ogni giorno. / Ma non t’avvedi, cercando, / che aride sono e infeconde / le tue scelte ogni volta”. Esorta allora a scegliere diversamente: “Rivesti il tuo cuore di luce, / che mai conosce declino. / Ambisci ciò che è perenne / e brama soltanto i valori / che il tempo mai disgrega”. E dove cercare i valori che abbiano durata di eterno? Ottorino Pendenza non ha dubbi. In Gesù e nella Sua Parola. Lì è la fonte dei valori eterni.
Il nostro poeta non parla come se egli, a questo malessere dell’apatia, fosse estraneo. Così alle parole, dolci e tenere, che quasi come un padre rivolge agli altri, si mischiano parole da cui traspare un suo disagio interiore, una sua intima inquietudine, che però ce lo fanno sentire più vicino, più amabile, più squisitamente umano. Ce lo testimoniano questi versi: “Come cristallina rugiada / è la tua Parola al mio cuore, Signore. / Dolcemente in esso la serbo / perché fervido a vivere torni”. Egli sa che solo la Parola di Dio ci indica la via giusta, ci porta alla strada maestra. Inoltre la Madre di Dio e il Papa possono guidarci e salvarci dalla apatia. “O Madre Santa! Vergine possente, / unica speme, / celestiale aiuto!” e ancora: “Papa Francesco… guida sicura sei… Il tuo messaggio, ornato di mitezza, / ci addita il Dio buono che perdona”. E al Signore: “Signore, Ti cerca chi ha sete d’amore”. E Ottorino Pendenza è tra queste anime. Lo possiamo desumere dalla poesia “Autoritratto”: “Il giusto seguo e guardo al ben deciso”, “A Te anelo, Signore, / perché mi formasti/ per essere tuo in eterno”. Egli è convinto che “Se in Cristo noi confidiamo, / di nulla dovremo dolerci” perché Egli è “Lampada ardente / che illumina il nostro cammino”.
Ottorino Pendenza, consapevole ancora che sono “Le strade che oggi calchiamo / non più quelle, / d’amore eccelso inondate”, invoca l’amore tra gli uomini. Ma anche l’amore fraterno proviene da Gesù: “È il tuo volto / che invita ad amare con gioia / ogni nostro fratello, / in lui è riflessa / l’immagine tua prediletta”. E il poeta sostiene: “È il Tuo volto / che dissipa nei nostri cuori / la nebbia più fitta del male”. Allora, in conclusione, “Vivere è cogliere fiori fragranti / lungo strade ricolme di triboli”.
È dunque così che si può superare l’apatia. Confidando in Gesù e seguendo la Sua Parola, allora, per quanto dure potranno essere le sofferenze, ci sarà sempre la possibilità di vincere l’apatia col recupero del vigore e il riaffiorare del sorriso. Perciò “Se dentro ti guardi / …in te scoprirai l’ardore / che renderà la tua vita / felice, serena e sicura” e allora “Tornerà sul tuo volto il sorriso, / perché nel tuo cuore / è riemerso più saldo il vigore”.
Maria Elena Mignosi Picone


Ottorino Pendenza, Se dentro ti guardi, Prefazioni di Enzo Concardi e Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2019, mianoposta@gmail.com.














martedì 25 agosto 2020

PREMIO "MIMESIS". VERBALE E RISULTATI



Associazione Culturale Teatrale Mimesis
sito web:
www.associazionemimesis.com

XXIII Premio Nazionale MIMESIS di poesia anno 2020

VERBALE DI GIURIA
La segreteria del Premio comunica che la giuria composta da:

•Presidente Prof. Nazario Pardini (ordinario di letteratura, poeta, saggista, critico letterario, blogger);
•Vice Pres. Dr. Nicola Maggiarra (Pres. Ass. Mimesis);
•Prof.ssa Ada Boubara (docente di Storia della Letteratura Italiana Università Aristotele di Salonicco);
•Dr. Antonio Colandrea (funzionario del Ministero della Giustizia, poeta vincitore del Mimesis 2019);
•Prof. Daniele Giancane (poeta, scrittore, giornalista pubblicista, docente di Letteratura Università di Bari);
•Prof. Claudio Giovanardi (scrittore, poeta, ordinario di linguistica italiana all'Università degli Studi Roma 3);
•Dr. Mimmo Martinucci (poeta, saggista, scrittore);
•Prof.ssa Daniela Quieti (docente di Lingua e Letteratura Inglese, poetessa, giornalista pubblicista);
-Segretario Giovanni Martone
in data 19 agosto ha completato l’esame delle 518 poesie per la sezione A e 315 per la B. Le poesie in graduatoria risultanti vincitrici nella sezione A sono state poste a verifica di ammissibilità e, secondo le regole del bando di concorso, sono state escluse quelle risultanti pubblicate. Se in seguito alla notifica della seguente graduatoria dovessero emergere segnalazioni per altre liriche indebitamente iscritte alla sezione A, la segreteria adotterà i provvedimenti necessari.
Dopo attenta verifica della regolarità delle votazioni, il presidente di giuria Prof. Nazario Pardini ha approvato la seguente graduatoria di merito:

POESIE VINCITRICI SEZIONE A (inedita)
Poesia prima classificata In un germoglio solo, la bellezza di Monia Casadei (FC) voto  27,625
Poesia seconda classificata Al suono delle campane e delle sirene di Vincenzo Screti (LT) voto 26,375
Poesia terza classificata Frattali di Marcello Remia (RM) voto 26,25

Poesia quarta classificata Diplomazia di Ana Maria Andrino Bothelo (Svizzera) voto  26,125
Poesia quinta classificata Risuona il canto delle stelle di Giulio Rocco Castello (SA) voto  26,1
Poesia sesta classificata In bilico si resta di Stefano Peressini (NA) voto 25,875
Poesia settima classificata Della precarietà di Sonia Cosco (SV) voto 25,625
Poesia ottava classificata Il vento silenzioso della morte di Vittorio Di Ruocco (SA) voto  25,5
Poesia nona classificata Lettera di primavera di Victorina Maria Dos Santos (RC) voto 24,937
Poesia decima classificata Isola verde di Emilia Fragomeni (GE) voto 24,875
Poesia undicesima classificata A inizio estate di Federico Cinti (BO) voto 24,75
Poesia dodicesima classificata Senza di noi di Caterina De Martino (CT) voto 24,625

Per la sezione B Poesia edita hanno espresso la propria valutazione:
Presidente Prof. Nazario Pardini, Vice Pres. Dr. Nicola Maggiarra, Prof.ssa Ada Boubara , Dr. Antonio Colandrea; Dr. Mimmo Martinucci, Prof.ssa Daniela Quieti.

POESIE VINCITRICI SEZIONE B (edita)

Poesia prima classificata Canto d’amore di Rosanna Minei (NA) voto 28,5
Poesia seconda classificata I tulipani di Lisse di Dario Marelli (MB) voto 28,166
Poesia terza classificata Megale Hellas di Rosa Chiricosta (FI) voto 28
Poesia quarta classificata Ricamo in versi per una madre di Rosanna Spina (LI) voto 27,583
Poesia quinta classificata Utopia* ­– 17 marzo 1891 di Maria Teresa Infante (FG) voto 27,5
Poesia sesta classificata Ti terrò di Emanuela Dalla Libera (LI) voto 27,45
Poesia settima classificata Pensieri al plenilunio di Primavera di Marisa Cossu (TA) voto 27,266
Poesia ottava classificata δύσσεια di Giulio Bernini (RM) voto 27
Poesia nona classificata urti gentili di Annamaria Ferramosca (RM) voto 26,833
Poesia decima classificata Elegia di un precario di Elisabetta Liberatore (L’Aquila) voto 26,75
Poesia undicesima classificata Gli alberi del sud di Laura Barone (MI) voto 26,666
Poesia        undicesima classificata ex-aequo La bambina con la valigia di Serenella Menichetti (PI) voto 26,666

Le poesie vincitrici saranno raccolte in un’antologia, senza oneri per i poeti, con prefazione di Nazario Pardini.       Il volume conterrà due poesie per ogni autore.

PREMI Sezione A
1° PREMIO: € 500 offerti dal Comune di Itri, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia;
2° PREMIO: € 200, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia;
3° PREMIO: € 100, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia.

 DAL 4° AL 12° PREMIO
Targa, 5 copie dell’antologia, vini  pregiati.

PREMI Sezione B
1° PREMIO: Contratto editoriale con Caramanica Editore che prevede la pubblicazione gratuita di una silloge di 64 pagine, in 100 copie per l’autore, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia;
2° PREMIO: € 200, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia;
3° PREMIO: € 100, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia.

DAL 4° AL 12° PREMIO
Targa, 5 copie dell’antologia, vini  pregiati.


PREMIO SPECIALE “PROVINCIA DI LATINA”

TROFEO alla poesia Torre B vista canale parte II di  Sheiba Cantarano  voto 25,16

MENZIONE SPECIALE DI MERITO

Ci scrivevamo di Alessandro Izzi voto 24,83

MENZIONE D’ONORE

Gli anni addosso di Giovanni Aniello voto 23,5
L’Alzheimer di Sara D’Aniello voto 23,33
Navigante ammore di Alfredo Scotti voto 23,33
Cecilia 2020 di Carmelo Salvaggio voto 22,75
Il tuo nome di Luca Agostini voto 22
Il tuffatore di Antonio Damiano voto 22




Durante la premiazione sarà assegnato il
PREMIO SPECIALE STAMPA
Trofeo conferito alla poesia (tra le 24 vincitrici) di maggiore impatto comunicativo.
GIURIA
Presidente - Dott. Orazio La Rocca (Gruppo L’Espresso), Alfredo Saccoccio, Orazio Ruggieri, Franco Cairo.


La data della premiazione sarà comunicata dalla segreteria del Premio in tempo utile. Per i premi in denaro e il contratto editoriale è richiesta la presenza dei vincitori. A spese della segreteria saranno spedite: targa e antologia.
Nel caso in cui, per motivi sanitari relativi all’emergenza Covid-19, l’Associazione Culturale Teatrale Mimesis dovesse rinunciare allo svolgimento della cerimonia di  premiazione, i premi saranno consegnati ugualmente.
Le liriche saranno lette al pubblico e i poeti saranno presentati in un’intervista a cura dei giurati e di TV LAZIO.

GRAZIE A TUTTI I POETI CHE CI HANNO ONORATO CON LA LORO PARTECIPAZIONE E ALLE GIURIE
La direttrice artistica
Dott.ssa Patrizia Stefanelli






Totale poesie edite            n. 315

28,5
PRIMA

CANTO D’AMORE            290 A  ROSANNA MINEI

Lui
Colomba mia, il mio calice trabocca
del frutto della vite bianco e fino
ma troppo schiva sei, amica, amante,
e mentre mi nascondi il tuo sembiante
te ne vai via giocando a nascondino
fra le pie fenditure della rocca.

Baciami con i baci della bocca
fluenti e rifluenti più del vino
dolci di miele da favo stillante
e duri il bacio tuo solo un istante
ché su di noi sta avanzando il mattino
e il giorno ci carezza, già ci tocca.

Lei
Amato mio, se fossi mio fratello
- sangue di sangue mio, carne di carne -
potrei baciarti per la notte intera
e all’alba e nel meriggio e fino a sera
continuare potrei senza saziarne
la brama tua. Ed inebriante e bello

sarebbe lacerare per te il vello
di vita mia, il segreto dipanarne
e regalarti fluida la mia cera
che scorrerebbe dove più non c'era
ed effonderne ancora, e sprigionarne
quale sigillo al nostro amore. Anello.

Insieme
Andiamocene oltre, oltre fuggiamo
via dal tempo danzando con le ore.
Insieme a noi stagioni non restate,
non serva primavera non l'estate
per celebrare finalmente amore.
Dentro il momento che non passa, stiamo.

Come alpestri cerbiatti, oltre corriamo
via dallo spazio chiuso, divisore
dei corpi e delle anime legate
da vincolo invisibile. Cercate,
cime dei monti impervi, in quest’albòre,
un luogo in cui potersi dire t'amo.


(schema: ABCCBA - ABCCBA /  DEFFED - DEFFED / GHIIHG - GHIIHG)



28,16667
SECONDA
I TULIPANI DI LISSE      57 B  DARIO MARELLI
Occhieggiano al sole, sgargianti,
sotto il cielo striato di maggio
i tulipani di Lisse.
Non sanno delle memorie sgualcite
nei sottotetti di Amsterdam,
dei turbamenti di Anne,
delle speranze recise.
Accarezzano ignari il sospiro del vento,
distesi nel prato, infondendo quiete.
Hanno l’incanto della giovinezza,
di chi non si è annullato,
di chi non ha perduto tutto.

Erano solo ieri le sirene
che ululavano al buio, le biciclette
abbandonate nel ghetto,
fiutando la fuga.
Era solo ieri il tuo sguardo d’amore,
dentro te il mare e la paura di annegare
nel retro della casa*.
L’umanità umiliata.

Oggi a Lisse di maggio,
ammassati nei campi,
si lasciano ammirare i tulipani.
Indossando la gioia,
inneggiando alla vita.

Ad Anne Frank

*”Il retro della Casa” indica l’alloggio segreto ove si nascose Anne Frank



28
TERZA

Megale Hellas    142 A   ROSA CHIRICOSTA

Mitica la mia terra, Megale Hellas
Approdo antico dei più fieri ecisti
Guidavano gli Elleni alla ricerca
Di nuove terre dove rifondare
Templi sacri agli Dei e teatri immensi.
Son tanti i miti nell’anima vivi
Di chi vi nasce in quella terra antica
O l’attraversa e sente giunger l’onda
Sulla riva deserta e misteriosa.
Li hanno portati, i miti, con le navi
Gli antichi eroi dall’Ellade partiti
Per approdare in una terra nuova
Che, posta là dove tramonta il sole,
Chiamata Esperia, terra della sera:
Ha colline d’argento tra gli ulivi,
Coste accoglienti su cui si posa l’onda,
Vallate dove scorrono torrenti,
Boschi fitti di querce sulle alture
E cime che biancheggiano di neve.
Mentre Afrodite rinasce dalle onde
Che di rosa cosparge Eos all’alba,
Artemide rincorre bei cerbiatti,
 Fino all’antro di Efesto oltre lo stretto
Là dove ardente brilla la fornace
Per costruire elmi e scudi lucenti.
Vagante nella notte, giunge all’Etna,
Vi accende in ansia fiaccole Demetra,
Quando, persa la figlia tra le spighe,
Invoca Zeus che ascolta la preghiera
E il disperato pianto di una madre!
Tra le colonne antiche echi di eventi
Cantati sulle cetre dai poeti
Li hanno affidati al vento in versi sparsi
Finiti in mezzo ai flutti e schiuma d’onde
E, persi negli abissi più profondi,
Affiorano di notte fino a riva
Tra le maree chiamate dalla luna .
Sono i versi di Nosside, locrese,
ancella dolce di Saffo sublime
nei suoi versi i riti a Mitilene.
S’ode Ibico reggino quando inneggia
Alle bellezza della natura altera
Di una terra, la nostra, amara e fiera!

Li senti nei sospiri degli amanti
Nelle inquiete domande dei viandanti
Rimaste senza risposte ma uguali
A quelle vane degli antichi eroi
Che all’onde confidavano gli affanni,
Cercavano nei voli degli uccelli
La direzione e i segni da seguire,
O negli oracoli i segreti arcani
Letti dalle Sibille tra le foglie
Per indicare la via maestra.
E si varcava il limite segnato
Solo dopo aver Cerbero sedato.
Si sono chiuse poi tutte le porte
Che dal di qua finivano nell’oltre,
Non resta altro che guardare in alto
Se s’apre tra le nuvole uno squarcio
Per illuminare anche un solo tratto
Di questa terra ormai fatta deserto,
Perché sembrano perse quelle tracce
Che prima i Greci e dopo anche i Latini
Hanno lasciato nelle tradizioni
Per secoli seguite e rinnovate
Dalle preghiere pie dei Cristiani .
E si baciava sopra il desco il pane
Segnato in alto dal segno di croce
E si faceva anche all’alba quel segno
Perché s’aprisse il giorno alla speranza.
Si ripeteva ancora quando a sera,
Riunita la famiglia accanto al fuoco
Si ringraziava Iddio per la giornata
E gli si affidava anche la nottata.
Erano tempi duri e pure amari
Ma sempre dalla luce illuminati:
C’era ed era grande la speranza
Di vedere nei figli realizzati
I sogni che sparivano al risveglio
Eppure riapparivano e radiosi
Quando si apriva ancora uno spiraglio
Che lasciava intravedere in lontananza
Un mondo nuovo, pur di là dal mare!

E presero a partire speranzosi
Tanti “eroi”, lasciando figli e spose
Per sognare domani più radiosi
Quando, tornati dalle terre ignote,
Avrebbero rivisto i figli grandi,
Le case fatte belle, rinnovate,
Premio aspettato dalle madri miti!
Campi di grano biondo, ulivi e viti
Da coltivare nei campi sognati
Nelle notti di luna, da lontano,
In terre sconosciute, in luoghi estranei,
O in cupi sotterranei di miniere
Oh quante volte si sognava il sole
Cocente quando fa ardere la terra
E, nel meriggio, trasparente l’aria,
Si dipana irreale un gran silenzio
Che fa sentire un brivido abissale!
Quante volte un profumo ritrovato
Riportava alla mente una stradina
O un viottolo in discesa verso il mare
O lo sciabordare lungo le fiumare
Dove solo una voce, quella amata
Si riconosce nel coro tra i tonfi
Di panni fatti battere sui sassi
Quasi montagne alte sparse nel fiume
Dove inebriante olezzo di ginestre
Si sparge tutt’intorno col colore
Che giallo brilla come l’oro al sole
Se giugno fa fiorire di splendore
Rupi scoscese in ripidi pendii!
Oh quante volte appariva l’abbaglio,
come un miraggio in sogno, del ritorno!
Si attraversava col pensiero il mare
E all’alba si tornava a disegnare
Nell’anima dai sogni rinfrancata
Ondulate colline mai scordate
Dove brillano bionde spighe al sole
Tra papaveri rossi nel meriggio
Ammirate dall’ombra dell’ulivo
Che al soffio di una brezza passeggera
Risuona di voci antiche riaffiorate
Tra profumi smarriti tra i sentieri
 Deserti ora e coperti di roveti.



27,58333
QUARTA

Ricamo in versi per una madre    65B     ROSANNA SPINA


Non sento più la voce di mia madre
il vento ha spettinato già le siepi
i nidi son caduti e solo il gelo
inchioda le lancette sulle ore
ma io aspetto il tempo delle gemme
la tregua dopo cui poter contare
le sillabe spezzate nella tara
le spine sottopelle nella mano.
Dicevano che a tutto c’è un rimedio
per questo attendo l’empatia del sole
quando la luce ha un fremito sottile
mentre la stringo forte al mio pensiero.
Poter saperla lieta in una danza,
sentirne gli occhi come un focolare,
poter baciarne il bianco della fronte
come se fosse il lino di un altare.



27,5
QUINTA

Utopia* ­ – 17 marzo 1891                  189C    Maria Teresa Infante

*In memoria di Utopia – la nave affondata il 17 marzo 1891 presso Gibilterra – e dei 576 italiani annegati, senza mai raggiungere New York, dopo essersi imbarcati nel porto di Napoli.
La tragedia si consumò in venti minuti ma fu dimenticata e riportata alla memoria pochi anni fa grazie a “Utopia- Il naufragio della speranza” saggio storico del giornalista, scrittore, Duilio Paiano. Anno di pubblicazione 2017. Prefazione prof. Augusto Mastri, University of Louisville. USA



Le botteghe
avevano le madie vuote
e le mani pezzate a calce dei fornai
erano un lusso dimenticato ormai

una madre
impastava l’acqua col coraggio
mentre il sale
scendeva dritto dal suo pianto

i bastimenti
evocavano mense per gli audaci
le briciole
lievitavano il sudore del capo.

“Mamma, mamma, dammi cento lire che in America voglio andare…”
la radio suonava per pochi
e pochi erano sempre troppi da sfamare.

Cento lire sembravano spese a dovere
se oltremare c’era un campo da seminare
tanto un anno passa e magari torna
sempre se la fortuna ti è compagna.

Un, due, tre, stella!
I bambini giocavano ignari
non sapendo che i padri
avrebbero varcato il mare
per un tozzo da inzuppare, domani.

Un, due, tre, stella!
I bastimenti costavano una vita
e quante vite donarono il corpo ai fondali
per quel pezzo di pane amaro
e un figlio che non avesse più fame.

Ho visto sogni spalmati su una crosta di terra
e un paese che lontano aspetta.

Un, due, tre, stella!
E l’America è solo un ricordo
se un fanciullo addenta felice
una fetta di pane e la vita.

Utopia è un ricordo di pane, annegato per fame.  




27,45
SESTA

Ti terrò                     28B      Emanuela Dalla Libera

Tu sei la luce di marzo che discopre
nella macchia il primo boccio, e alle api
lo addita con fare di mistero.
E al vento ride, ché l’ebbrezza della vita
ha le mani spoglie di pretese, gode del bianco
immacolato dei viburni a primavera
e alla sera di un volo di rondini nel cielo.
Tu sei il mattino che scuote l’orizzonte
dai silenzi smarriti della notte
e nei tramonti affoga parole stridule
di pena, ché i suoni della mente di cristallo
hanno i pentagrammi e gli affanni
annodano ai rami che la pioggia lava
negli autunni opalescenti.
Sei l’onda placida del mare che sulla riva 
scioglie nodi di intemperie e un casto nulla
adagia tra le dita, ché incorruttibile scivola
senza tempo, sulle rive inconsapevoli
dei sogni, la sabbia chiara degli approdi.
E io ti terrò come si tiene stretto al cuore
un giorno raro di festa, o tra le labbra un fiore.



27,26667
SETTIMA

Pensieri al plenilunio di Primavera               157B            Marisa Cossu
(rondò)


Per le teorie di certe vuote sere

passano a volte presi in una danza
vani pensieri, voli d’ombre nere
segni di fumo sparsi nella stanza.

Forse la solitudine è sostanza
simile a nebbia di nulla vestita
se non d’attesa, di vana mancanza,
polvere che trascorre tra le dita

quando del cielo inizia la salita
la fragola succosa della luna
perché la primavera è ormai finita
e triste se ne va, come nessuna:

depone i fiori in una verde cuna
e pensa al freddo gelo dell’Averno.
L’ultimo plenilunio già s’abbruna
nel ciclo predisposto dall’eterno

giro dei corpi e, sul costante perno,
nel mutamento trovano la quiete;
ma tutto corre a quel seno materno
dove si unisce il pianto alle ore liete,

la vita al suo contrario, all’acqua sete,
l’odio all’immenso abbraccio, alle chimere
fantasmi naviganti senza rete
che svaniscono in pallide riviere.



27
OTTAVA

δύσσεια               289B       Giulio Bernini
          
               
Un segno d’inchiostro di tanto tempo fa,
l’impronta di un dito su una pagina di Omero.

Era in quegli anni Ulisse relitto per il mare
dai venti sospinto e dagli dèi
ed io con lui in ricerca.
Itaca con lui mi accolse,
saldo al suo fianco l’arco scoccai.
Vidi Penelope regina e schiava
dolente dell’attesa e della tela,
vidi la giovane ancella
che all’ospite ardito in premio si offriva.

Sulla pagina un respiro si è posato
e non c’è traccia, resiste l’impronta,
saprò soltanto io che m’appartiene
e il forzato esilio ancora dura.

Per altro vento corre la vela
sotto altro cielo e anche il mare è altro,
lo sguardo si apre nel mattino
trepido per l’amara grazia
di una rotta verso l’Itaca pietrosa,
concessa dai numi perché la vita passi
e il sole conosca il suo tramonto.



26,83333
NONA

urti gentili                 46A             Ferramosca Anna Maria


mi manca la lingua   mi manca
quella timidezza di vocali aperte
di zeta dolce nel grazie
un incurvarsi della voce in gola
come a piegarla fossero le pietre
salentine del ricordo o forse
una malinconia residua della nascita
ingorgo che resiste
allo sperpero del vivere

furore dei cieli di una volta
grida bianche dei dolmen che insistono
nel vedere il mattino sorgere
sulle rovine   ogni volta
qualunque sia l’inclinazione della luce

mi manca quella strana paura  
prima di ogni viaggio 
come un sottile rifiuto della distanza
come di albero che impone alle radici
 un limite all’espandersi e si concentra
sulla cura dei frutti      

pure amo
tutto questo calpestio di genti nella città
l’impasto lento di animelingue 
il rompersi dei meridiani   l’inarcarsi dei ponti per
            urti gentili 
questo annodarci annodando
i cesti della fiducia con antiche dita



26,75

DECIMA

Elegia di un precario      32A   Elisabetta Liberatore

Cambierà questa brulla incertezza
da funambolo,  madre,
il commiato senza suono
e il tuo saluto muto sulla soglia.
Cambierà il mio futuro
sospeso come un fiato
su un tempo mai giunto,
la rata di un debito inesauribile,
l'ingordigia vestita di regole,
Cambierà il conteggio
di un prodotto lordo d'ansia
cucito sull'anima
e la favola bella del merito,
la grigia sembianza di una chimera.
Finirà la misura sgranata
di questa bilancia guasta
che esonda numeri come
lame affilate su vite prescritte.
Finirà il brivido del mio esilio
l'ondeggio indegno
di questo imbroglio
e il mio tassametro saturo d'inverni.
Finirà l'infame sostanza
di questa maschera da precario,
il marchio a fuoco
di  un' indegna ferita
che gronda ingiustizia.
Vedrà un nuovo giorno
quest'alba scura,
il mio sguardo opaco
e questo treno grigio
diretto oltre il confine.


26,66667
UNDICESIMA

GLI ALBERI DEL SUD    206A                  Laura Barone


Gli alberi del Sud, hanno strane foglie,  
tondeggianti e pallide, che ondeggiano 
tra raffiche di vento e di pensieri  
e tra le rocce aguzze urlano inquiete  
mentre il mare inghiotte la risacca. 

Gli alberi del Sud hanno radici fonde 
che abitano storie di rimorsi e dolore 
dove l'amore è arso in una notte, 
nel sogno di una danza senza quiete. 

Gli alberi del Sud hanno occhi scuri 
e mani che giocano con pietre di ricordi 
mentre gazze disinvolte  
nascondono nei nidi luce rubata ad un sorriso. 

Gli alberi del Sud piangono solitari  
e sulle serre attendono un domani 
come anime in cerca di ventura. 



26,66667
UNDICESIMA  EX AEQUO

Pola 6 Giugno 1946

LA BAMBINA CON LA VALIGIA                   182B   Serenella Menichetti

E’ uscito con due signori, mio padre,
senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
adesso abbraccia il collo di un titino.

Il pericolo si è introdotto nella mia casa.
Con enormi zampe nere cammina sulle pareti.
Il suo smisurato corpo invade le stanze.
Percepisco il suo fiato alitare sopra le nostre teste.
Allarmi, fughe, rifugi:
falene impazzite che volteggiano nella mente:
Negli occhi dei miei cari la paura.
Soffio gelido che inghiotte ogni mio piccolo sogno.

E’ uscito con due signori, mio padre,
senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
abbraccia adesso il collo di un titino.

Indosso l’abito nuovo confezionato
con lo scampolo di seta, dalla zia.
Aggrappata alla valigia mi metto in posa,
seduta, sui gradini della mia dimora, per l’ultima volta.
I petali della mia pianta di geranio presagiscono
l’epilogo della cura e la sua conseguenza.
Ancora le mie gambe conservano
la struggente sensazione della pietra accogliente.
Ancora i miei occhi ospitano la sagoma dell’amata casa.
Il mio mare infinito mi abita e nelle vene ancora scorre.

E’ uscito con due signori, mio padre,
senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
abbraccia adesso il collo di un titino.

Oggi che tra le mie vuote mani, stringo
la foto della bimba con la valigia, che fui
Esule Giuliana n° 30 001.
Penso a mio padre scaraventato nelle viscere della terra.
E neppure il sole riesce a sciogliere il gelo che mi pervade.
Né il tempo, a tamponare il sangue, che sgorga dalle mie lacerate radici.



INEDITE

IN UN GERMOGLIO SOLO, LA BELLEZZA   11B      27,625 Monia Casadei

prima

È dunque in questo prato
- minuzzoli di petali riversi
sopra un sospiro verde di profumi -
che avviene l’improvvisa fioritura.
E’ in questo parallelo di boccioli
che si rinnova ancora la speranza,
forse di fiori o messi,
oppure solamente di polloni
- ma in silenzio.
Erompe la bellezza, disattesa,
dentro un germoglio muto, tra le fronde,
ch’inaspettatamente s’ammannisce
a ristorare un solo sguardo desto
(ogni prodigio irrompe di sorpresa
spandendo, tra le ciglia - se ospitali -
uno stupore, come di risveglio).
Le gemme concepiscono promesse
che, in questo panorama dell’indugio
- in cui i rizomi sbocciano segreti
ninnati dal silenzio dell’argilla -
rampollano sospiri nello sterno,
quasi una schiusa d’uova dentro il nido.
La primavera esplode di sorpresa,
sgranchendo, generosa, le corolle
su un letto di calendule odorose.
Oggi fiorisce il mondo, nuovamente,
in un germoglio solo, accidentale,
e una bellezza fatta di pistilli
- forse imprevista e certo d’improvviso -
s’effonde, palpitante, tra le foglie.



AL SUONO DELLE CAMPANE E DELLE SIRENE 38A   26,375

Seconda  - Vincenzo Screti


Piazza San Pietro, 27 03 2020



Tutto rimane silenzio
anche il grido dove sta il dolore


Ostensorio nitido assorto
oggi ogni sanpietrino
può contenere mille angoli di luna
ogni momento è un giro scalzo della terra,
la pioggia filigrana del silenzio
lega il cielo all’orizzonte degli eventi
Questa piazza ha la forma di una pausa
impalato il sagrato
a circumnavigare il globo oculare
impalati gli uomini
nel roveto ardente.
scruto il cielo madido di pioggia
                                         di riti
                                   di brividi
                              di singhiozzi,
la sera preme
fino a divenire assordante sirena,                            
 sferzata dalla pioggia
 sotto il campanile
 resta la croce difesa da rintocchi




FRATTALI       9B          26,25  Marcello Remia

terza

Chiamo le stelle a benedirmi gli occhi,
stupisco nei misteri voluttuosi della notte,
incontro anime leggere, compagne di cammino.
Assaporo vie di tempo, effimere, come sospiri di rose
tra pieghe sottili di silenzio.
Acquieto sogni tumultuosi,
bramo frattali d’infinita pace.
E vivo, tra luci tremolanti di ricordi,
sperando che il giorno dimentichi il mio volto,
e l’anima di sabbia scivoli tra le dita
e fugga via.
Presagio d’altre vite,
oltre confini d’albe e di certezze.



DIPLOMAZIA   251B              26,125  Ana Andrino Bothelo

QUARTA


due anni di parole
in assemblee diplomatiche
l’urlo
il membro sbranato
le risa dei funzionari
negli uffici umanitari
le cravatte colorate
dei militari in borghese
non ci sono piedi, gambe
occhi, urla, volti addolorati
nelle cravatte colorate
dei militari umanitari
il lago si veste d’autunno
si preparano conferenze
collazioni, incontri
le membra dei disperati
saltano ancora
non invadono le conferenze
le mine fermacarte
sui tavoli, nelle vetrine
gioco maschile
nelle foreste calde
le mine vivono
sotto l’erba lussureggiante
nelle stradine dei villaggi
sorprendono bambini
sventrano donne
che prendono l’acqua
accecano i corpi prostrati
che scavano la terra
nei villaggi
calmati dalle guerre
i massacri persistono
i guerrieri sono partiti
i loro giocatoli dimenticati
creano parole di conferenze
notizie di giornali
gli sminatori sono gli stessi
le membra devastate
le vittime, le stesse
per quando l’urgenza
della fine dell’orrore
le parole azioni?
quando ascolteremo
le urla dei poveri
il dolore del Sud?
i volti delle città bianche
sono quasi tutti bianchi
gli occhi
che le mine sparpagliano
sono neri
quasi tutti neri

RISUONA IL CANTO DELLE STELLE      8C   voto 26,1  Giulio Rocco Castello
 quinta


Fu il vento a dare forma all’eco dei ricordi,
un soffio dolceamaro di giorni ormai perduti.
E’ vero che scordai l’urlo della terra
quella che tu portavi a sera, o padre mio,
dai campi con gli occhi del tramonto,
nelle tasche l’odore d’erba amara.
Risuona il canto delle stelle
non lasciano il segno del cammino,
così il mio pensiero ha visto mille volte
il tuo sorriso, senza ombre, senza indugi.
Avemmo giorni d’allegria lanciati
dalla forza del mattino
ed era bello il sole, insieme
come uccelli liberi, ci volgemmo altrove.
I nostri aneliti
avevano il respiro dei petali di maggio,
giungemmo all’armonia del cosmo
prima che l’autunno sporcasse le sue mani.
Or m’avanza un mare nero
l’immenso suono di travaglio
un ultimo passaggio del naufragio,
finché l’acqua a terra
si spegne nella notte.



IN BILICO RESTA   171B        25,875  Stefano Peressini
SESTA
  
 (a mio padre)

Mi manca
il saper ritornare
a quel giorno
girare all’indietro
la chiave del tempo e dire
parole
poco più che scontate
eppure colme
d’essenza.

E gocciano
dalle notti imperfette le ore
che ho usato da allora
in fila come formiche
sui tralci scuri degli anni,
dai fili tesi tra i mondi
di carta fotografica
e i libri buttati in cantina,
non letti.

In bilico resta
una sola parola, appesa
al ramo più spoglio,
sull’indistinta
frontiera
d’un cielo di febbraio,
quando caddero i limoni
e l’istante s’arrese,
codardo.



DELLA PRECARIETÀ  135C   25,625    Sonia Cosco

SETTIMA

Un tempo era la freccia del tempo.
Zenone mi raccontò l’illusione, ma non ascoltai, perché
avevo vent’anni e il marino tra i capelli.
Perfette le geometrie della barca, dritto l’albero maestro,
aria d’incanto a gonfiare la vela.
Il movimento è direzione, prua indica la meta.
E potrebbe scendere il cielo o salire il mare.
Potrebbe la pioggia farmi pozzanghera, il sale indurire il cuore.

Nemesi è ferita, nemesi è pianto.
Ma è anche la dolcezza dell’arrivo che plana come ali di gabbiano
e fondali da sfiorare in punta di piedi.
La scialuppa porta a riva e asciutto il vento impasta il mio corpo.
Granelli di sabbia si fanno mondi e Febo forgia d’oro la pelle.
Questo immaginavo aggrappata a un timone, insieme ad altre cose,
come un lavoro, un figlio e una casa da pitturare gialla.

Un tempo era la freccia del tempo.
La tensione della corda guidava al bersaglio.
Inciampata nell’aut aut non mi sono disperata
e ho addentato il mare.
Il sangue pulsava su un ring di tempesta
nel prendere a pugni creature di abissi.
Illusa da tracce madreperlacee o stracci di nuvola
ho mantenuto la rotta,
nascosto – in cabina – sacchi di desideri e  juta,
ho mantenuto la rotta,
fatto scalo in porti di gesso e visite in bettole tristi,
ubriaca di vini cattivi, vendemmie di precarietà.
Questo ricordavo aggrappata a un timone, insieme ad altre cose,
come infanzie di abbondante semina, adolescenze di stagioni variabili,
giovinezze di magri raccolti.

Un tempo era la freccia del tempo.
Oggi è la semiretta infinita e ciò che si muove è persistenza di punti.
Sottocoperta ho intravisto macerie di sogni,
Cariddi risucchia, Scilla dilania,
il futuro è soffocato dalla coda di sirena e
la clessidra sabotata da Calipso.
Mi manca l’aria, urge la luce e mi scopro naufraga,
non comandante.
Contro il tramonto si disfano altre vele e altri sguardi,
come il mio.
Barche a vela ondeggiano nel sole, forse cento, forse mille.
Il blu è profondo, la riva è miraggio.
Miraggio è Achille che raggiunge la tartaruga.



IL VENTO SILENZIOSO DELLA MORTE   17B    25,5  Vittorio Di Ruocco
Ottava  


È un vento silenzioso quasi astratto
a trascinarci verso l’orizzonte
che appare come l’orlo dell’abisso
a noi viventi all’ombra della morte.
La piazza vuota al colmo del mattino
rende lo sguardo muto e sconsolato
a chi quasi a difendersi dal nulla
s’affaccia appena ai bordi della vita.

Il tempo sembra immobile, è un tormento
come una spada pronta a trapassare,
che fissa ad un centimetro dal cuore
non indietreggia né si lascia andare
al colpo che dilegua l’agonia.
Stammi vicina amica mia speranza
rinuncia ai tuoi propositi di fuga
da questa terra amara e maledetta,
rendimi almeno un palpito di luce.

Fa’ sì ch’io qui non resti a consumarmi
tra pile di ricordi e di rancori
ma possa ancora prendere per mano
la donna mia che attende sulla soglia
avvolta nel vestito dell’amore.
E se grida più forte la tempesta
e la paura annera ogni sorriso
perché il nemico occulto ci divora,
tu non abbandonarci alla deriva
ma guidaci nel tempio dell’aurora,
lontano, via da questa infausta notte.

Insegnaci ad usare le parole
raccolte lungo i viali del silenzio
per colorare di nuova bellezza
il volto sfigurato della vita.
Vedrai ritorneremo a camminare
con gli occhi accesi dalla meraviglia,
e finalmente ancora a respirare
il brivido innocente di un abbraccio.


  
24,9375 nona  Victorina Maria Dos Santos

IN ATTESA DEL TESTO IN WORD



ISOLA VERDE   250A      24,875  Emilia Fragomeni
decima

Irradiata da un sole senza tramonti,
senza limiti di spazi e di tempi, l’isola
verde apparve, tra l’incenso di una pineta
nelle mani della sera e campanule lilla
sulla ringhiera, mentre l’ultima onda
si scioglieva nelle nuvole e il vento
s’avviluppava alle lancette di un prato
senza tempo.
Marinai brindavano con l’acqua di sole,
anime antiche danzavano lievi le musiche
degli avi. Cantilene di suoni scivolavano
dolci, giochi di libertà, sulle pagine
della fantasia.
Noi intravvedemmo l’isola un mattino,
azzurra, emersa da innocenti acque,
che si offriva alla vista e al desiderio,
certa promessa di felicità.
Le finestre aperte come ali
spalancavano in volo, senza confini,
un dolce effluvio di parole e suoni.
Ad essa volgemmo i nostri sforzi,
navigando con braccia tese ai remi.
Ma fuggiva all’orizzonte, se c’illudevamo
di raggiungerla, e vano era l’affanno
dei nostri petti, accesi dall’evento
che fioriva, nell’urgere dell’ora,
dentro il candido solco della prua.
Questa terra di basse scogliere
sembrava un invito al pentimento,
una preghiera genuflessa al mattino.
L’animo ci rapì per sempre.
Ma restò un miraggio. Il tempo
s’è fermato in un incerto limbo,
ove ogni cosa arresa or si confonde.
Lontano è oggi l’isola, persa in mari
splendenti, forse persi per sempre.
Si fa buia la sera. Ma il sogno dura.
Noi vaghiamo ancora, gli occhi fissi
a una luce viva, fresca, fraterna,
ad addolcire il ritmo dei giorni,
come un tempo, quando solo
la quiete la frequentava assidua
(eco remota di un luminoso regno).
E se gli occhi ne accarezzavano
le coste, parole antiche ci ritornavano
alla mente, eterne...
Ancor oggi ne ritroviamo il senso e
il suono, ammaliante come allora.
Ma, sotto questo cielo senza cielo,
trasparente, sotto tutto questo cielo
senza cielo solo le assenze dicono
del tempo.
I fiori hanno rubato la voce ai pianti.



24,75  undicesima  Federico Cinti
A INIZIO ESTATE

Traslucida armonia nel cielo il raggio
dell’eterno: si perde azzurro il limite
tra mille scaglie d’oro
sull’ultima vertigine.

Voce che sa di sale, antiche favole
raccolte chissà dove sulla sabbia,
all’ombra della vita
dal cuore di conchiglia.

Il tempo corre immoto, muta immagine
ripetutasi uguale, arcana inerzia
della clessidra. Tutto
è e non è dentro l’anima.

Ride un volto dolcissimo. Per l’aria
il senso della festa. Si rincorrono
momenti senza fine,
gioie d’un desiderio.

S’avvera il sogno. Scioglie il cuore l’ansia
dell’attesa. Nell’essere e nell’esserci
cade il velo, sospiro
d’un già noto tripudio.



24,625 dodicesima Caterina De Martino

IN ATTESA DEL TESTO IN WORD