martedì 4 agosto 2020

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE: "NEL FRATTEMPO VIVIAMO" DI NAZARIO PARDINI



Nel frattempo viviamo, di Nazario Pardini

Nella prefazione a Nel frattempo viviamo, di Nazario Pardini (Miano Editore, Collana Alcyone 2000), Enzo Concardi avverte che il libro "contiene la coniugazione al presente del verbo, dell'azione del vivere


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade
Ed è un amore per la vita incondizionato, che viene prima di ogni domanda esistenziale e finalistica su questa nostra avventura umana, ancor prima dunque di aver scoperto o capito il suo significato, il suo senso". Vorrei spingermi oltre, su questa linea di pensiero, giungendo a dire che vivere il mistero, ovviamente accettandolo, è già di per sé una forma di consapevolezza, forse la più profonda e affidabile, senz'altro la meno illusoria ed astrusa, la meno azzardata.
In realtà, tanto più ci si avvicina al significato profondo della vita, quanto più si rinuncia ad afferrarlo per vie razionali. Tanto più si entra nel cuore del mistero, quanto più si rinuncia alla pretesa di poterlo catturare, ponendosene artificialmente fuori. Un conto è la consapevolezza di essere, un altro la conoscenza dell'essere fondata sulla separazione dall'essere stesso, ridotto illusoriamente ad oggetto dalla dea Ragione. "Nel frattempo viviamo", allora, rappresenta un appello a frenare le pretese dell'arido intellettualismo che conduce fuori da se stessi e dalla diretta avventura esperienziale, preferendo osservare la vita freddamente da lontano.
Ed è un lavoro innovativo nella produzione di questo vivacissimo poeta che non smette di sorprendere per l'incredibile capacità di rigenerazione che possiede. Un poeta, Pardini, secondo cui la vita, con le sue gioie e le sue pene, pretende di essere vissuta e goduta a piene mani, fuori dagli schemi, dalle illusioni, dai pregiudizi e da ogni sovrastruttura mentale. E qui un chiarimento è d'obbligo nei riguardi di quel Memoriale di cui molto spesso si parla a proposito del poeta pisano, confondendolo con il limbo mentale di chi cerca illusori rifugi onirici al riparo dalla vita, mentre rappresenta, al contrario, la risorsa interiore imprescindibile per affrontare i marosi esistenziali.
Non una memoria statica, pertanto, quella di Pardini. Non una memoria che risucchia verso il passato, bensì l'essenza stessa dell'essere, il dna che contiene ogni informazione per vivere, "il sesto senso / che l'anima / possiede / ... / e si cerca per questo a primavera / in gemme rinascenti, / nei tormenti si cerca degli inverni, / nella vita caduca degli autunni, / nella stagione arrogante dei colori". Una memoria che spinge in avanti e non indietro, travolgendo i limiti e superando ogni odiata/amata prigione, ogni blocco su cui si costruisce e si distrugge il generoso fluire della vita: "le guerre, / Pol Pot intrappolato / gli Albanesi che affogano / in mare come falene / bruciate da una luce virtuale / alla ricerca di una terra panamericana".
In natura i blocchi non hanno alcunché di statico e i contrasti sono la molla di una sofferta, dinamica armonia: "Ma non sono divisi / gli elementi; / sono tanti gli strumenti / che toccano i loro tasti, / le loro corde / sotto le sorde note dei divisi. / E l'armonia del mondo / si nasconde / e si confonde / in mezzo alle minuzie". Equilibrio violento, quello del creato, equilibrio sudato e pianto, che porta "in seno / il mestiere di esistere": "Uccide il cielo / un altro giorno ancora; / cadono frutti "paccoli" / consunti poi / da vespe e da formiche" (richiamo del famoso giardino leopardiano?).
Può sembrare sadismo questa vita fatta di promesse irraggiungibili, di gioie e speranze che prima o poi vengono annullate: "Sulle pareti della mia casa, / per una vita, / sono rimasti graffiti / i gridi delle feste familiari, / i canti di mio padre, / le esortazioni di mia madre, / ... / Poi sono state intonacate / e tutto sarà sepolto / come i loro corpi". Di fronte a questa cruda realtà, nessuna bolsa consolazione, ma neppure disillusioni disperate: "Quante storie / racconta il marciapiede / ... / E' là che ride: / a tutti ha visto i tacchi ed il sedere / e su tutti prolunga il suo potere". Il poeta accetta scherzosamente il mistero di vivere e ha fiducia, in fondo, nella vita: un motivo ci sarà per vivere e a nulla serve indagare.
Nessuna rassegnazione, pertanto. Egli continua a sognare e a lottare, proprio in quanto le utopie appartengono alla vita reale. Si, certo, egli dice: "E' inutile ambire all'infinito". Non tuttavia perché l'infinito non esista, o perché è morto, o è fuggito dal mondo insieme agli dei. Il motivo è un altro: l'Essere è qui, accanto a noi e conversa a dirotto con noi se solo noi lo vogliamo. Al bando il nascondimento dell'Essere di cui ciarlano gli intellettuali! Dice Pardini: "Ho pescato con la rete dell'anima / rumori nell'oceano del blu stellare. / Non sono affogati, / li ho mantenuti in vita / nel vivaio della poesia". Sogni? chimere? Questo può pensarlo soltanto un microcefalo che cancella, illudendosi, il nome segreto e più vero delle cose: Mistero.
Ma non per questo il poeta crede alla befana. Non per questo è disposto a lottare contro i mulini a vento: "Contro corrente / remare / con le piume / nell'ora / che il fiume / si riempie! // A che vale?". Bisogna sempre tenere a mente i limiti dello spirito umano, nel cui campo è già tanto se gli steli della fantasia riescono a cogliere qualche briciola di verità universali. Un realismo sorprendente, quello di Nazario Pardini, che in questo lavoro approfondisce, molto più che altrove, lo spessore filosofico che da sempre qualifica il suo canto, affermando la consanguineità della realtà coi sogni e arricchendo il tutto con il condimento di una briosa, e direi toscaneggiante ironia.  
La seconda parte, intitolata "Dal serio al faceto - Dal sacro al profano", si apre con una serie di composizioni di forma epigrammatica: quartine (ma non solo) di endecasillabi mordaci e variamente rimati, d'impatto satirico e sollazzevole, dove si esplicita l'impianto popolano, ma al tempo stesso classicheggiante, del realismo inconfondibile del noto poeta pisano: "L'amore è come il fiore di un giardino, / si può con l'ape trasformare in miele, / ma se la vacca ci si nutre il fiele, / la cosa è fatta, finisce nel tombino". Fuor di metafora, realtà e sogno sono chiamati a collaborare tra di loro, giovandosi reciprocamente l'una dell'altro. Al di fuori di questo mutuo soccorso, c'è soltanto illusione.
Ed è un realismo che tocca i toni della cronaca (il criminale O'Dell; lo stilista Versace), e finanche della denuncia sociale ("Il semaforo"). Un realismo spesso disarmante ed impietoso, incline non di rado a cedere al disincanto radicale, secondo cui la verità non esiste e la mente non è altro che la maschera che lei ama portare: "Se l'uomo si abitua a dire / costantemente le bugie / prima o poi si abitua / ad inventare la verità". E l'etimo, d'altro canto, sembra confermare: che altro potrebbe fare la mente se non mentire? e mentire in primo luogo a se stessa? Eppure non è così. Almeno non fino in fondo, per un poeta come Nazario Pardini, consapevole del detto che "in vino veritas". Lui, proprio lui, che astemio non è.

Franco Campegiani

2 commenti:

  1. Un grande Franco che recensisce un grande Nazario: davvero appagante questa pagina ricca di ogni sfaccettatura che possa valorizzare l'Opera del Maestro. Ho avuto la gioia e l'onore di leggere "Nel frattempo viviamo" e devo dire che il caro amico ne offre un'interpretazione magnifica. Vero che ci si trova di fronte a "un lavoro innovativo nella produzione di questo vivacissimo poeta che non smette di sorprendere per l'incredibile capacità di rigenerazione che possiede. Un poeta, Pardini, secondo cui la vita, con le sue gioie e le sue pene, pretende di essere vissuta e goduta a piene mani, fuori dagli schemi, dalle illusioni, dai pregiudizi e da ogni sovrastruttura mentale". E l'esegesi pone l'accento sulla determinazione a non arrendersi , a continuare a lottare e a sognare; sul realismo che talvolta caratterizza Nazario e che non risparmia gli episodi di cronaca. Mi complimento vivamente con Franco e con la sua forma smagliante che vibra, tuona e ci incatena. Abbraccio grata lui e il Maestro!

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    1. Ti sono immensamente grato, Maria, per questa tua condivisione. Un incoraggiamento prezioso, che mette le ali...
      Franco

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