giovedì 28 febbraio 2013

CONCORSO DI NARRATIVA

CONCORSO INTERNAZIONALE DI NARRATIVA
“PREMIO STEFANO BENASSI”
 
II Edizione
 
 
Regolamento
 
 
Si partecipa al concorso inviando un racconto inedito a tema libero in lingua italiana. La lunghezza del racconto dovrà essere compresa entro le 5.000 battute, compresi gli spazi. Ovvero due pagine A4 scritte in carattere Garamond, dimensione 16, con margine superiore, inferiore, destro e sinistro di 2 cm. Non verranno presi in considerazione racconti che abbiano una lunghezza superiore. I fogli inviati dovranno essere stampati su un solo lato. I partecipanti potranno inviare un unico racconto in 6 copie, di cui una soltanto dovrà contenere i dati anagrafici dell'Autore. Si precisa che possono partecipare al concorso persone di età non inferiore ai 18 anni.
Diritti d'autore – Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al concorso, cedono il diritto di pubblicazione a Università Aperta "Giulietta Masina e Federico Fellini" di Rimini, senza avere nulla a pretendere come diritto d'autore. La proprietà delle opere rimane comunque dei singoli autori.
Le opere inviate non saranno restituite.
Quota di partecipazione € 10
Il versamento della quota di partecipazione deve essere effettuato tramite bonifico bancario, IBAN: IT80P0628524201CC0016712502, intestato a Università Aperta Rimini, causale: Premio Stefano Benassi.
Le opere dovranno essere inviate entro il 20 aprile 2013 in forma cartacea a mezzo raccomandata (farà fede il timbro postale), a Concorso Internazionale di Narrativa "Premio Stefano Benassi" c/o Università Aperta "Giulietta Masina e Federico Fellini" - via A. Gambalunga, 74 – 47921 Rimini.
Nella busta contenente il materiale l'Autore dovrà includere la fotocopia della ricevuta dell'avvenuto pagamento e la scheda di partecipazione al concorso.
La premiazione si terrà nel settembre 2013, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 2012/2013 di Università Aperta.
La data e il luogo della premiazione saranno comunicati in seguito.
Premi:
Primo classificato: € 500
Secondo classificato: € 300
Terzo classificato: € 200
Premio speciale al miglior Autore della provincia di Rimini: un buono acquisto libri di € 100, da spendere presso la Libreria Riminese, piazzetta Gregorio di Rimini 13, Rimini.
La Giuria, presieduta dallo scrittore Michele Marziani, selezionerà 10 racconti che successivamente saranno letti dai partecipanti a uno dei gruppi di lettura attivi presso la Biblioteca A. Gambalunga di Rimini. Ciascun lettore darà un voto ai singoli racconti, voti che andranno a sommarsi a quelli dati in precedenza dalla Giuria.
La Giuria ha la facoltà di attribuire Segnalazioni o Premi Speciali per particolari meriti dei lavori inviati.
I risultati della II Edizione del concorso saranno resi noti a partire dal 25 agosto 2013, con la pubblicazione del nome dei vincitori sul sito internet di Università Aperta "Giulietta Masina e Federico Fellini" di Rimini, www.uniaperta.it
I vincitori dovranno essere presenti alla cerimonia di premiazione; in caso di indisponibilità potranno delegare altri a partecipare, in loro vece, alla premiazione. Diversamente i premi non saranno in alcun caso recapitati ai vincitori, e le somme saranno destinate a finanziare eventi culturali nell'ambito dell'attività svolta da Università Aperta.
Il giudizio della Giuria è insindacabile e inappellabile.
Garanzia di riservatezza - Il trattamento dei dati personali che riguardano i partecipanti viene svolto nell'ambito della banca dati dell'associazione Università Aperta "Giulietta Masina e Federico Fellini" di Rimini e nel rispetto di quanto stabilito dalla legge 675/1996 e del d.lgs. 196/2003 sulla tutela dei dati personali. I partecipanti potranno richiedere in qualsiasi momento la loro cancellazione dalla banca dati scrivendo alla suddetta associazione.
Il Premio non ha scopi di lucro. Le quote di iscrizione saranno utilizzate per coprire i costi complessivi dell'organizzazione dell'evento, quali ad esempio le spese di segreteria, le spese postali, l'acquisto dei premi, la cerimonia di premiazione, e quant'altro risulterà necessario.
Info: Università Aperta, tel. 0541 28568 / 22323, segreteria@uniaperta.it

CONCORSO DI POESIA E NARRATIVA

In breve


Da estraneo a straniero 2013

L'Associazione Culturale Tufarapuntonet indice per l'anno 2013 la terza edizione del concorso letterario 'Da estraneo a straniero', dedicato alla memoria di Wanda Petrone.
Al concorso possono parecipare tutti i cittadini italiani e stranieri che abbiano compiuto i sedici anni di età. L'associazione ha previsto due sezioni: Racconti (dedicati al tema dell'emigrazione) e Poesie (a tema libero).
I racconti (fino a 4 cartelle per un massimo di 7200 battute) e le poesie potranno essere inviate entro il 31 maggio 2013, secondo le modalità espresse nel bando, consultabile e scaricabile all'indirizzo http://www.tufara.net/?page_id=1159
Per la partecipazione al concorso è richiesta la quota di 5 euro.
I premi saranno di 300 euro ai primi classificati di ogni sezione.
Tutti i dettagli e le inforrmazioni si trovano sul sito www.tufara.net e sulla pagina facebook Tufarapuntonet
 
 


GABRIELLA PISON SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"


Gabriella Pison

Scrivere poesie non è difficile, scriveva Bukowsky, è difficile viverle e questa recentissima ed esaustiva raccolta rappresenta il primo solido tentativo di dare una classificazione alla dimensione del simbolico di quest’ultimo ventennio, individuando nella matrice antropologica culturale di ideali creativi esperienze di vita ordinaria.Certo è che la poesia non ha bisogno di classificazioni, anche se c’è stato un fiorire in ogni epoca di riunire brani scelti , non solo come esempio di buona scrittura, ma proprio per consentire una visione d’insieme del panorama letterario, a partire dal Canzoniere di Petrarca o dalle esperienze del Novecento, per citarne qualcuna ; questa Antologia vuole essere una panoramica esauriente di quelli che sono gli attori del mondo poetico contemporaneo, diversi per percorsi, età, aree geografiche, ma nei quali si può riconoscere un filo conduttore comune, quello di esprimersi, al di là di rigidi schemi “tassonomici” con autenticità, nell’essenza del proprio sentire e del proprio codice stilistico.
L’Evoluzione delle forme poetiche
La presentazione dei testi di quest’opera eccellente si accompagna a quella che potrei definire la sapiente strategia paratestuale di Ninny Di Stefano Busà: anticipando la lettura con il suo ricco preludio, rende evidente la necessità non solo letteraria ma anche storica di dare un corpus alle poesie selezionate , vieppiù  analizzando con rara capacità sintetica, lo stato dell’arte della quinta musa, in uno sconvolgimento epocale che non ha lasciato indenne la produzione poetica.Si è tentati di usare un verso di John Keats-the poetry of Earth is never dead-  per augurarsi che questo poderoso testo diventi  testimone, in termini filologici e storico-culturali, della novità con cui irrompe la poesia tra secondo e terzo Millennio: non  più poesia inascoltata, o sterile iato irrigidito da stereotipi linguistici e ontologici,  ma poesia arricchita da una riflessione esistenziale di maggior ampiezza, tensione continua verso l’assoluto, rugiada  consolatrice dell’arido Vero leopardiano
                                       Trieste,26 febbraio 2013

martedì 26 febbraio 2013

N. PARDINI: LETTURA DI "SULLA BOCCA DEL VENTO" DI G: RESCIGNO


Gianni Rescigno: Sulla bocca del vento. Il Convivio. Castiglione di Sicilia. 2013. Pp. 136

 

Alleggerire il peso della vita per trasferirlo in cielo

 

 

Un lavoro di diacronica complessità poetica, di rielaborazione intimistica, e di grande impegno strutturale, questo di Gianni Rescigno. Diversi rivoli confluiscono in un unico fiume che, scorrevole, armonico e cristallino, ben protetto da argini solidi, sfocia in un mare d’amore e di speranza. Un’Antologia poetica che rivela, in una successione di momenti espressivi, continuità d’intenti, di esperienze umane, e di tecniche prosodiche. Un’Antologia che riunisce piecès tratte da cinque sillogi che sanno trovare la loro unicità, la loro voce unisona, monocorde sia per tecnica che per ricerca poetica. É proprio la forza lirica di Rescigno, il suo stilema a mantenere il poiein su livelli di alto spessore etimo-fonico, linguistico-figurativo. E non di rado sia il verbo che la sintassi subiscono dilatazioni, e originali violenze creative per accompagnare quantità emotive che sgomitano per uscire: “Ci consegniamo muti/ al cammino dei sogni”, “La luce odorava d’umidore”, “Gonfio di spine/ ingrosso mare nello sguardo”, “e una mano amica che ti poggia/ sull’omero parole d’amore non dette”, “Sono filo d’erba/ sula  bocca del vento”.

         Ad arricchire l’opera, a renderla più preziosa, a livello filologico e linguistico, la traduzione in francese, testo a fronte, per mano di due autorevoli scrittori, quali Paul Courget e Jean Sarroméa. Traduzione che denota uno sforzo non indifferente. E rendere in altra lingua l’originalità dello stile di Rescigno non è certamente cosa semplice. Comunque, considerando che la lingua d’oltralpe contiene già innate, nel suo substrato, grazia e armonia, e che tali peculiarità non sono secondarie nella cifra espressiva del Nostro, credo che questa lingua aiuti, non poco, il compito del traduttore. Ma si devono pur mettere in evidenza, obiettivamente parlando, le difficoltà verso cui si va incontro, dovendo rendere a livello etimo-fonico, tecnico-metrico, e più ancora emotivo-creativo, il messaggio originale. Visto che, non di rado, l’autore ricorre a forzature sintattiche volte ad assecondare le richieste del sentire. E che non sempre è facile reperire parole e sintagmi che accostino tanto patrimonio umano.
E tanti sarebbero gli esempi cui ricorrere, e su cui riflettere per evidenziare l’importanza della disputa critico-lettreraria sulla resa delle traduzioni. Cosa che si accentua, naturalmente, trattandosi di poesia. Dovendo questa dire dell’autore con un linguaggio più conciso, più immediato e più folto di pointes allusivo-creative. In questo caso, non si vuole sminuire affatto il lavoro del traduttore, che riconosciamo il più possibilmente vicino agli intenti contenutistico-formali  del Nostro. Ma non mi voglio dilungare oltre, scendendo nei particolari. 
         Ma, per tornare al nocciolo della questione Rescigno, sono molteplici le occasioni poetiche di questa Antologia; e la scelta è oculata, quasi tematica, direi, e basata sui principi estetici e vicissitudinali di un modo di pensare, e di sentire, che spesso è turbato dalla coscienza di una fine. Tutto ritorna al poeta, al suo pensiero. Niente è solo descrittivo. Tutto contribuisce ad esaltare la sua intimità. Ed il linguaggio si fa di un allegorismo pronto ad ampliare il messaggio. Si spazia dal realismo quotidiano, alla malia del sogno; dalla caducità dell’esistere, a un memoriale di grande intensità emotiva; da questioni prettamente terrene, ad altre di valore escatologico; dal patema di essere mortali, alla fuga da tale ristrettezza. E non di rado il poeta fa sentire il bisogno di una spiritualità che vada oltre il contingente:    

 

Dacci oggi la speranza

come ce l’hai data ieri

(…)

fino all’ultima sera

quando te la rimetteremo

per sempre nelle mani. (Pp. 15).

 

A dominare su tutto, alfine, è questo motivo che fa da cucitura all’intera opera. E spicca un credo consapevole e determinato a produrre speranze pronte a vincere dolorose sottrazioni. Un credo che porta l’autore a staccarsi dalle cose, o meglio, a trasferirsi, zeppo di questioni esistenziali, oltre le questioni stesse. Pur carico di voci di mare, di estensioni di terra, di vini e di pozzi, di autunni morenti, di strade di sole, o di colline dormienti, il Nostro riesce a far leggero questo peso, volando verso cieli che sanno tanto di fede e di azzurro:

 

Dell’angelo ognuno sentiva

l’orma della mano sulla spalla.

L’aria di scirocco si calmava.

Diventava respiro di silenzio. (Pp. 13).

 

Sei punto d’arrivo o Luce.

Felicità e infinito.

Silenzio e Dio. (Pp. 131).

 

Ma è nella terra che Rescigno zuppa la sua essenza vitale. É nel miracolo dei suoi colori, delle sue forme, dei suoi profumi che si sperde e si annulla con un processo di metamorfosi spirituale di grande impatto panico-lirico. Persino l’idea di morte, che tanto l’assilla, si azzera al primo palpito del giorno:

 

La prima parola del giorno il vento.

E se ne vanno i morti dal pensiero. (Pp. 129).

 

Non hanno casa i poeti.

Vegliano il sonno del sole,

seduti sotto il cielo. (Pp. 119).

 

É in questi giochi naturalistici che riesce a trovare l’alimento indispensabile per dare vigoria visiva alla sua anima. Perché:

 

Siamo mare aria terra

viaggi di pensiero

cuori delusi affacciati

alla finestra della notte.

Per prendere forza dalla vita

le rubiamo gli occhi. (Pp. 45).

 

E il memoriale ha doppia faccia; assume un significato di dicotomico aspetto: da un lato di sofferenza per assenze e sottrazioni, dall’altro di conforto, di riavvicinamento a persone care, a momenti gioiosi, a episodi basilari del vivere e dell’esserci. D’altronde il Nostro sa che la vita è fuggevole, che l’attimo è fugace, e che siamo fili d’erba in preda alla intemperie, in uno spazio di luci ed ombre di effimera durata:

 

… ed è mio l’esilio d’un grillo

confinato dall’estate

su un ramo sfrondato

a cantare l’ultimo dolore d’autunno.

 

Entro senza accorgermene straniero

nel silenzio di un’altra stagione. (Pp. 11).

 

mi manca il tepore delle tue ginocchia

la terra sterminata della speranza

su cui lasciavi andare a larga

mano il magico seme della vita. (Pp. 75).

 

Mi pare d’annusare il tuo profumo

nel ricordo. Dove si nascondeva

la cicala lo raccoglievano

passando  i tuoi panni. (Pp. 93).

 

Escono con fluidità ed energia sonora quei grovigli interiori decantati nel tempo. Vogliosi di rivivere. Di riprendere i loro corpi negli orizzonti marini, nelle distese dei campi, o nel solatìo delle vigne; coscienti, anche, che nei cieli, solo nell’immensità dei cieli ci sono:

 

supermercati di fiori

e tutti i giorni le anime

se ne inghirlandano il capo.

Si festeggia il compleanno

di ogni profumo. (Pp. 81).

 

Sì!, questo è Rescigno, questo è il suo mondo e questa è la sua poesia. Una versificazione che abbraccia ogni ambito dell’animo umano. E anche se il suo discorso appare spesso terreno, troppo terreno e anche se si aggrappa con slanci spirituali all’oltre, pur tuttavia, è il profondo senso della sacralità della vita a fare della sua arte un poema edificante. Tanto è vero che sente questo bisogno continuo di ripescare il passato, di riattualizzarlo, quasi per annullarsi, e riprendere fiato dopo una corsa senza respiro; sì!, per annullarsi in stormi di primavere: 

 

Quando sei arrivato al traguardo

e t’accorgi che la vita

è stata una corsa senza respiro

vorresti che ti ripassassero sul capo

tutti gli stormi delle primavere

per poterne ascoltare le voci

e vederne i lanci in picchiata.

 

Nazario Pardini                                                                    21/02/2013

lunedì 25 febbraio 2013

P. BASSANI: "E' TORNATA LA NEVE"


E’ TORNATA LA NEVE
di Paolo Bassani
 

 

 

 
Questa mattina, come avvenne nel lontano 1985 e nel più recente dicembre 2009, ho trovato la neve nel risveglio.  Invero, ieri avevo ricevuto una telefonata di “allerta neve” dalla Protezione Civile del mio Comune. Da alcuni mesi funziona egregiamente questo servizio. Effettivamente, la neve può creare problemi nella viabilità e non solo, soprattutto in territori che la vedono raramente. Nonostante questo, la neve ha sempre un suo fascino.  Da sempre addolcisce il paesaggio, lo trasforma, dandogli un aspetto di fiaba. Non stupisce allora che l’uomo di ogni epoca sia rimasto incantato davanti al fantastico spettacolo che si presenta dopo una nevicata. Pensieri e poesia hanno interpretato un sentimento comune di riflessione, di silenzio, di pace. Sì, nel paesaggio innevato si ritrova un momento di quiete per ammirare e meditare; una pausa ove la poesia torna a cantare.
Tra gli innumerevoli poeti che hanno cantato la neve, mi piace ricordare Giosuè Carducci. Nella sua poesia “Nevicata” si rivive questa atmosfera…
Anch’io nel mio piccolo, all’inizio del mio percorso poetico, sentii il bisogno di scrivere, di dedicare alla neve una lirica. Lo volli fare nel modo tradizionale: in rima e con il verso decasillabo. Anch’io intitolai la poesia “Nevicata”.
 

 

                     NEVICATA
 
Oh, che bella, felice sorpresa!
Nella notte, col bioccolo lieve,
è caduta leggera, inattesa,
silenziosa, la candida neve.
Con la soffice coltre, ha ammantato
ogni cosa d'un nuovo splendore.
Pare che sia il mondo irreale, fatato,
a quel timido primo chiarore
che saluta l'inizio del giorno.
Or, guardando quei monti e la piana
sotto il candido manto, ritorno
a vedere l'infanzia lontana:
a sentir come un bimbo allegria,
impazienza d'uscire a saltar
tra la neve, a giocar sulla via
o sui campi, senz'altro pensar.
Io conosco il perché della festa
che la neve nell'animo infonde:
sia che scenda a vestir la foresta,
imparziale su arbusti e su fronde,
sia che ammanti la valle od il monte,
il giardino o la terra vangata,
sotto l'unico bianco orizzonte.
E' la pura incorrotta nevata
che nasconde la terra ai mortali,
come un lembo che viene pietoso
a coprir le miserie ed i mali.
E' la pace del mondo nevoso,
della tacita neve modesta,
la sua pura, inviolata giustizia,
che profuma quest'aria di festa:
di serena, innocente letizia.
 
                             Paolo Bassani                       
 
 

domenica 24 febbraio 2013

F. CAMPEGIANI SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"

 

L’EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE

(La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio)

a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

 
 
Franco Campegiani

L’amico Sandro Angelucci, da attento critico qual’è, pone giustamente in risalto il significato storico del poderoso documento approntato da Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, sotto il titolo “L’evoluzione delle forme poetiche” (Kairòs editore). Mi trovo anch’io tra i selezionati autori della preziosa antologia e capisco bene la discrezione che spinge la Busà a dire che “questo consuntivo non ha la pretesa di essere il vangelo”. Tuttavia esso rappresenta uno spaccato davvero significativo dell’ultimo ventennio poetico italiano: un censimento, un’indicazione, meglio, di percorsi che, come lei scrive, possono stare al livello della storia. Non nascondo che ciò mi inorgoglisce, anche se mi rattrista sapere da Spagnuolo, in postfazione, che “il panorama non risulta completo perché diversi autori (bontà loro!) hanno declinato l’invito, adducendo scuse a volte puerilmente banali, a volte prive di quella necessaria cultura umanistica che distingue lo scrittore autentico”.
Duecentoottantasette autori, tutti di levatura, con moltissime punte decisamente eccellenti, non sono comunque pochi e testimoniano il grande valore letterario e storico del volume in questione (780 pagine). Felicemente Angelucci evidenzia l’indirizzo critico dei due curatori, teso a mostrare la controtendenza della poesia selezionata rispetto alla standardizzazione linguistica ed alla omologazione imperante, imposta dai linguaggi televisivi e tecnologici. Allo stesso male, la Busà fa risalire la reazione eccessivamente anarcoide ed individualista di alcune tendenze insofferenti nei confronti della massificazione in atto, con il risultato di contribuire pesantemente all’imbarbarimento letterario e linguistico. “Non esistono due linguaggi, afferma la Busà: uno surreale, magico, ermetico, inaccessibile ai molti, e uno feriale, per i comuni mortali”. O meglio, i due linguaggi esistono (come esistono da sempre), ma sono complementari e non alternativi l’uno all’altro.
Così, laddove la Busà scrive che “la poesia può vibrare ovunque in maniera del tutto naturale”, Angelucci aggiunge che essa possiede “la forza primordiale che le permette di spuntare, come un filo d’erba, tra le crepe dell’asfalto”. Sarebbe davvero un errore legare la poesia esclusivamente alla sfera del sublime, come si credeva un tempo. Dante, poeta del Paradiso, l’ha colta felicemente anche nell’Inferno. Dovunque può nascere la poesia, se c’è il poeta capace di cogliere i lati sottili della vita: dunque, anche nell’aridità e nel degrado dei nostri tempi. Scrive Spagnuolo: “Il punto di partenza di questo percorso è il verso che dà libera metafora e che evoca una visione apocalittica del destino e del degrado della civiltà contemporanea”. Ma subito aggiunge, giustamente, che il riscatto deve venire sostenuto da un impianto formale e ritmico di forte musicalità e sonorità espressive, secondo le modalità tipiche della poesia.
 
Franco Campegiani    

 

sabato 23 febbraio 2013

MIRIAM BINDA: INTERVISTA A N. D. S. BUSA' SU "L'EVOLUZIONE DELLE FORME..."


INTERVISTA RILASCIATA da Ninnj Di Stefano Busà a Miriam Binda

 

Domanda: L'evoluzione delle forme poetiche è un Almanacco edito dall'Edizioni Kairos di Napoli.  Raccoglie le  poesie di molti autori-poeti italiani. Lei, in qualità di  Curatrice, insieme al Prof. Antonio Spagnuolo,  perché  nella prefazione  sostiene che la poesia, nell'età post-moderna  sta attraversando sentieri  nebulosi e asfittici?  Questi sentieri , come lei sostiene   riguardano  soprattutto  il mondo della scuola, oppure, lei individua altri  ambiti in cui l'indifferenza  o meglio il menefreghismo toglie vigore  al pregio artistico abbinato allo studio e approfondimento  dell'arte epica e/o poetica?

 

Risposta: la responsabilità di questa grave crisi che io denuncio nell’introduzione dell’Almanacco Storico da me curato è da addebitare soprattutto alla latitanza ed emarginazione del mondo editoriale. Lì, si crea la frattura tra la Poesia e la Storia, tra la cultura e la non cultura della parola poetica, che sta per estinguere il suo ruolo di apertura e di rivelazione di un sistema linguistico, che rendeva viva e mirabilmente intensa la pagina letteraria dei secoli passati: Lì, bisognerà insistere e tracciare segni di persuasione, perché non respingano tout court la poesia adducendo il motivo che non rende commercialmente sul mercato. E’ vero, la poesia non rende, (perché non è tangibile, non è prodotto combustibile), ma è molto più grave non offrire la possibilità di cimentarsi, piuttosto che avere un secolo senza poesia. In ogni modo sono convinta che se le case editrici offrissero la possibilità di istruire collane di medio/grande spessore, si stupirebbero di quanto sarebbero affollate le redazioni, e quanto denaro potrebbero incassare (in termini di mercato!!!). Invece i loro organi direttivi restano sordi, incapaci di captare l’esigenza della poesia, come la Russia ad es. che promuove e apprezza il messaggio poetco al di là della sua reale capitalizzazione in termini economici. Il che, in tempi di crisi, sarebbe auspicabile. Il poeta è l’unico a voler pagare di tasca sua il libretto di poesia e anche considerando il rigore economico fa un certo effetto...ma dall’altra parte trova un muro, una negazione netta e precisa, fatta esclusione per piccoli editori che ci speculano alla grande. La poesia non serve per gli addetti ai lavori del ns. secolo e non se ne parla di pubblicarla. In effetti sono gli addetti, i famosi direttori editoriali a decretarne la fine, lenta e inesorabile.

La nuova figura del Web entro l’ambito della poesia ha decretato quasi del tutto l’esclusione del “cartaceo”. Oggi l’edito poetico si rivolge all’editing online, all’e.book soprattutto. La nuova generazione dei giovani poeti, vista la riluttanza e latitanza dell’Editore elitario, fa leva sulle tecnologie e strumentazioni del web, che sul piano tecnologico risulta valido a dare pubblicazione e divulgazione maggiori e di buon rendimento d’immagine.  

 

Domanda: Le nuove  tecnologie  e strumentazioni elettroniche "web"    possano favorire la divulgazione di nuove forme poetiche anche attraverso  la pubblicazione di testi e riferimenti  bibliografici degli autori.  Un tale servizio tecnologico  era impensabile, nelle epoche passate, perché  l'opera letteraria riceveva il consenso, per l'eventuale pubblicazione, dagli editing  e dai  critici letterari  al servizio delle case editrici.   Molti autori, soprattutto  critici letterari  squalificano   l'uso delle nuove tecnologie   perché   sulla rete o nella rete di internet,   manca la "garanzia di qualità"  garantita invece dalle case editrici che pubblicano  i libri di  noti autori selezionati.   Eppure se andiamo a vedere gli sviluppi delle arti figurative, anche musicali  l'uso di impianti tecnologici e strumentazioni d'avanguardia sono  utilizzati  per creare opere d'arte  che ricevono consensi internazionali. E questo aspetto tecnologico abbinato all'arte non offusca minimante  l'avanguardia artistica anche del passato.   Esempio:  Benedict Radcliffe   ha presentato una creazione o   installazione reticolare  con schemi web-elettronici,  in collaborazione con una nota  casa automobilistica  ha poi presentato, questa sua opera d'arte,  a Milano in occasione del  Design Week. Lei pensa  che per  l'arte - poetica -  non ci sia la possibilità di creare forme di comunicazione artistica o nuove installazioni  in  grado di  unire   l'arte della parola epica   alla tecnologia informatica  ?

 

Risposta: certo, il “nuovo” che avanza a grandi passi, soppiantando l’antica supremazia e offuscando la priorità e il potere editorialistico del passato, viene respinto a priori e declassato, additandolo come squalificato o solo avanguardistico. Ma sono stati loro per primi a trattare la poesia così marginalmente, e, al contempo, così elitariamente da escluderla dai canali di rappresentazione e includerla tutta entro gli ambiti della conoscenza e delle congreghe strumentalistiche amicali, tali da ridurre le pubblicazioni a mere rarità, rarefatte a tal punto da contarle annualmente sulle dita di una mano. Non possono davvero lamentarsi ora che la poesia sfugge loro dalle mani, per avviarsi su sentieri tecnologici di sviluppi ulteriori e di diversificati canali di distribuzione e di ricchezza culturali. Riguardo poi l’ultima parte della sua domanda, perché no? Internet ha aperto orizzonti di vastissima connotazione moderna. Le nuove installazioni tecnologiche sono in grado di unificare il concetto d’arte, rendendolo accessibile a tutti. In tal senso può sopperire alla mancanza dell’editoria che “non ha capito” la fonte virtuale di mercato, in quanto bacino sotterraneo di grandi risorse e di alfabetizzazioni linguistiche proprie dell’evoluzione delle forme poetiche.

Scopo della mia opera è di stimolare ai vari livelli la più ampia diffusione del fattore “poetico”, sollecitando la voglia di aprirsi ad una palingenesi di forme di scritture e di linguismi più evoluti.

 

DANIELA QUIETI SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"

L'evoluzione delle forme poetiche.La miglior produzione poetica dell'ultimo ventennio (1990-2012)

a cura di Daniela Quieti
 
È in libreria Evoluzione delle forme poetiche - La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio (1990-2012), un consuntivo storico realizzato per le scuole a cura degli autorevoli critici letterari Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, pubblicato per i tipi della casa editrice Kairòs nella prestigiosa collana"Le parole della Sybilla". Si tratta davvero di un lavoro pregevole.
Come dalla quarta di copertina, l’'opera "raccoglie una vasta scelta di autori che operano nel settore ‘poesia’ al fine di poterne studiare le modalità di oggi, attraverso gli stili e l'evoluzione che hanno subìto negli anni le forme poetiche; mettere a confronto i poeti stessi e le loro diverse posizioni di fronte alla parola scritta che ha attraversato il tempo e le sue varianti. Una testimonianza, questa, della nostra tradizione poetica quale percorso significativo di una cultura contemporanea, configurata nei suoi tracciati differenziati, alla ricerca di prospettiche novità del linguaggio, quale forza segreta di una sostanza esistenziale che la rappresenti”.
In un'’epoca d’'impoverimento della poesia, dunque, in cui più sentita se ne percepisce l'’urgenza, questo pregevole archivio della migliore nomenclatura e produzione poetica odierna offre una stimolante e insostituibile documentazione conoscitiva dei variegati fenomeni linguistici e sperimentali che negli ultimi venti anni hanno traghettato, fra due millenni, “nuove e sempre immortali forme d’arte e di scrittura”.
 

venerdì 22 febbraio 2013

N. PARDINI SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"


L’EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE

(La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio)

a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo



             Nazario Pardini

Analisi precisa, attenta, questa di Sandro Angelucci sulla corposa opera frutto di un meticoloso e puntuale lavoro di Antonio Spagnuolo e Ninnj Di Stefano Busà. Un volume di quasi 800 pagine che raccoglie le voci poetiche più o meno rappresentative dei nostri giorni. E già di per sé il titolo spaventa per il suo carattere di monumentalità. Sì, quanti i poeti che si presentano sulla scena letteraria attuale! Quanti i Premi che coinvolgono ambiziosi e più o meno fortunati scrittori ogni giorno. Si possono contare? Cifre senz’altro a tanti zeri. Quindi, partendo già da questo punto di vista, la selezione appare meticolosa e puntigliosa, anche se il numero prescelto non è, poi, certamente piccolo. Ma il nocciolo del discorso, come bene si evince dallo scritto di Angelucci, riguarda l’impegno e la profusione per la diffusione e la valorizzazione del linguaggio poetico; l’importanza che può avere, attualmente, tale linguaggio in questo mondo sostentato da meno edificanti nutrimenti. E il fine di quest’Opera è proprio lì: far notare come, nella sua molteplice varietà espressiva, questa Poesia dia vita a tante voci che ostacolano, in qualche misura, la spaventosa omologazione volta proprio ad annullare i suoi intenti. Sì!, perché la Poesia è individualità, unicità, ma che può essere universalità quando raggiunge l’obiettivo principale: avvicinarsi il più possibile a ciò che è irraggiungibile. La Poesia è cura della parola, è cura dell’armonia, è pazienza, meditazione, riflessione, è suono, messaggio, anche, il cui spirito nasce e si evolve, sempre, su storie di vicissitudini dolorose, gioiose, ma pur sempre su combinazioni di dire e sentire. Di grande simbiosi di sentimento e lingua. Che già di per sé tende a valorizzare il tempo e il verbo, la ricerca e lo scrupolo, la dedizione e la rielaborazione, l’attenzione e l’osservazione, l’analisi e la lettura, l’etimo e la sonorità, la descrizione e la comprensione. Tutti obiettivi sacrosanti che devono proporsi di raggiungere gli insegnanti nella Scuola di qualsiasi grado. Perché sono obiettivi trasversali. Che riguardano tutte le materie. Comprendere bene un testo non è solo questione di un insegnante di lettere. Nella nostra società invece tutto è pilotato dalla fretta. Tutto è generico. I linguaggi nuovi sono frutto di cancellazioni, di sottrazioni, per che fine poi non si sa. E per questo il valore di quest’Opera è incommensurabile. E il suo scopo principale deve essere proprio didattico. Perché è lì che la Poesia, nella sua complessa varietà, deve incidere. E’ lì che deve costruire o ricostruire il tessuto emotivo e cognitivo della nostra gioventù. La Poesia ha una grande voce e può avere una grande missione in questa società estremamente materializzata e svilita di valori fondanti. Basta saperla proporre. Va fatta amare non solo per i contenuti che può comunicare, ma per il piacere di gustarla. Una volta che la si ama, ottempererà, senz’altro, ad altre funzioni importanti: come a quella di sensibilizzare, di educare l’animo ad immagini ed invenzioni creative di grande effetto emotivo. E’ lì che i nostri giovani devono crescere. E’ alla Poesia e alla comprensione della vastità dei linguaggi che devono riavvicinarsi. Devono riappropriasi del valore del dono che ci è dato, anche, riflettendo sugli input esistenziali attorno ai quali la Poesia stessa fa riflettere. Uscire da vicoli  lastricati di falsi miti. Ripercorrere le vie un po’ dimenticate dell’amore, e del culto del Bello. A scapito di quelle che conducono a imbrattare la vita. Amare non è tanto difficile e la Poesia ci può insegnare a farlo. Perché chi la ama, ama. L’uomo è nato con la  musicalità che la anima, l’ha in corpo. Ballava, già prima di parlare, al suono della sua musica. E’, dunque, nostro dovere rifarci alla sua storia; attualizzarla con quegli amorosi intenti di cui si sono armati i nostri due encomiabili curatori.
E bravo Sandro che hai colto nel segno. E che sai dare, con la tua missione, esempio di professionalità.               

            Nazario

SANDRO ANGELUCCI SU: "L'EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE"


L’EVOLUZIONE DELLE FORME POETICHE

(La migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio)

a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo

 
              Sandro Angelucci
 

      E’ uscito - per i tipi di Kairos Edizioni - un corposo volume antologico, a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo, che si propone un fine ambizioso: essere un resoconto della migliore produzione poetica dell’ultimo ventennio.
      Un’ambizione orgogliosa ma tutt’altro che altera se è vero, come è vero, ciò che si legge nell’introduzione a firma della Curatrice stessa dell’opera: “Questo consuntivo oggi non ha la pretesa di essere ‘il vangelo’. Si presenta con l’intraprendenza e il rischio di un tentativo di storicizzare la produzione meritevole di essere trasferita alla pagina della Storia della Letteratura, sintetizzare, (magari in modo opinabile) un referente storico che intende essere un censimento, una sperimentazione ‘in limine’”.
      Bene: cosa si evince da queste parole? Io credo che, intanto, non possa mettersi in discussione la buona fede del criterio selettivo (discutibile? Ci mancherebbe altro, ma senza dimenticare che dal dibattito prendono vita le nuove idee). C’è, però, una riflessione - a mio avviso - molto più importante da fare: parlare del coraggio con cui si è affrontata un’operazione che presta il fianco a critiche di vario genere; non ultima, quella di ritenerla un’impresa improba e, dunque - a causa della sua stessa complessità - deficitaria a diversi livelli (che so - tanto per addurre un esempio - restringere la cerchia in modo tale da riservare l’abbondanza delle pagine all’inclusione di una sommaria appendice critica).
      Reputo necessario, a questo punto, un onesto e doveroso chiarimento: mi trovo anch’io tra i poeti antologizzati, e la mia disamina potrebbe apparire partigiana, se non fosse che spesso le cose si vedono meglio dall’interno che dall’esterno; e, “da dentro” - posso assicurarlo - non si percepisce nessuna sensazione negativa. Voglio dire che nei versi proposti è riscontrabile - ed è già tanto - quell’amore per la scrittura che, secondo Antonio Spagnuolo (autore della postfazione), indica una “qualche ribellione, un certo fermento, una volontà di riappropriazione del linguaggio”.
      Mi sento di condividere appieno la sua opinione, in considerazione del fatto che quanto sostiene il Critico partenopeo equivale a mettere il dito nella piaga, ossia sull’inquinamento di quello che ama definire “il patrimonio culturale della società civile”. E quale migliore retaggio eredita, ed è in grado di trasmettere, un popolo al di fuori della miniera di valori contenuti nella propria lingua e dalla stessa, in successioni evolutive, tramandati?
      Ecco, allora, che impellente torna il bisogno di opporsi alla vacuità e - sarà bene non dimenticarlo - in misura proporzionale al dilagare della crisi etico-culturale. “La comunicazione di oggi appare un modello standardizzato” - scrive la Di Stefano Busà - e Spagnuolo parla di omologazione, di “appiattimento palese della validità linguistica”: entrambe le argomentazioni riconducono alle cause, sono gli effetti della dittatura tecnologica, della dipendenza televisiva sulle masse.
      Ma la poesia come vive, come si colloca in tutto questo? “Diciamolo subito - sostiene ancora la Curatrice - non esistono due linguaggi: uno surreale, magico, ermetico, inaccessibile ai molti, e uno feriale, per i comuni mortali. La Poesia può vibrare ovunque in maniera del tutto naturale”. È questa la sua arma segreta, il suo asso nella manica, la forza primordiale che le permette di spuntare, come un filo d’erba, tra le crepe dell’asfalto. L’uomo, seppure “decapitato”, non potrà mai farne a meno, non potrà fare a meno della poesia della vita complessivamente considerata: sarebbe come rinunciare alla parte più vera di se stesso.
      L’archivio storico, alla cui realizzazione meritoriamente si è voluto lavorare, assume quindi un valore che va oltre la crestomazia e si presenta diffusivo di un discorso non più derogabile. La parola poetica necessita di un terreno fertile, dev’essere riabilitata agli occhi dei giovani, i quali sono stati disabituati a capire che “la fruizione del testo poetico non si esaurisce con la comprensione” (vedi di nuovo la postfazione); il loro orecchio è quello meglio predisposto a seguirne il ritmo interno, la musicalità che può - ne sono assolutamente convinto - ridare dignità e ossigeno.
      Nel concludere, accolgo perciò con vivo piacere l’intenzione degli autori di portare l’antologia nella Scuola: da lì si deve ripartire, anche per superare quella “sorta di soggettivismo-individuale” che - come dice la Busà - sembra essere impazzito.
      Per la stessa ragione, e ovviamente per non far torto a nessuno, ho fondato la mia riflessione sull’efficacia storico-educativa dell’opera.

 
 Sandro Angelucci

giovedì 21 febbraio 2013

R. CARIFI: LA POETICA DI NINNJ DI STEFANO BUSA'


La poetica di Ninnj Di Stefano Busà,
a cura di Roberto Carifi




Quasi tutta l’opera Ninnj Di Stefano Busà si affaccia sul silenzio percorrendo tutte le strade del dolore. Del resto i poeti, quelli veri, giungono all'’ultima parola dopo aver percorso fiumi “di dolore e di destino”. L'’autrice sa cos’'è il lento dipanarsi della vita, “la distanza tra il grido e la ferita” e sa come attraversarli, come portare la sua croce, e tuttavia sa come si spegne “la nuda realtà della sete”. La realtà della sofferenza (del dukkha, per dirla con il pensiero buddista) è in quasi tutte le poesie di Ninnj Di Stefan Busà per superarlo, per raggiungere il silenzio, la pace. Tuttavia bisogna viverlo fino i fondo, fino all’'abisso, fino a scorticarsi l'’anima. “Ogni piccolo filo d’orizzonte/ si ritrae, si ripete la meraviglia/ che serve alla cecità/ per estinguere il suo pianto”. Versi alti, di una poetica che resta ai bordi della sofferenza, persino del male dettato dal destino. Il tragico, ricorda Hoderlin, ha più fato e virtù atletica, rispetto a ciò che è “dùsmoron”, privo di destino. Ma Ninnj Di Stefano Busà vuole liberarsi dal destino, preferisce il silenzio, la libertà, l'’aperto. La sofferenza è il sottofondo della sua scrittura, ma la liberazione è lì, a portata di mano. La poesia di Ninnj Di Stefano Busà è bagnata da quella forza contemplativa che ha in sé la rivelazione e il dono, è accostabile al ringraziamento che fa di ogni lingua poetica una pietà del pensiero. A volte si ha l’'impressione di sentirla quasi respirare, offrirsi all'’esterno, all'’aperto, fare tutt’uno con la libertà che caratterizza in fin dei conti, la sua poesia.