martedì 4 ottobre 2016

N. PARDINI: "INTERVISTA A STEFANO LABBIA"

                        Intervista a Stefano Labbia


N. P.: Quali sono le occasioni della vita che più hanno inciso sulla sua produzione letteraria? quanto di autobiografico c’è nelle sue opere? lei pensa che ci sia differenza fra poesia lirica e poesia di impegno; o pensa che la poesia, essendo un’espressione diretta dell’anima, sia sempre lirica qualsiasi argomento tratti?

C'è una buona parte di me, nelle mie composizioni. Perché sentite, vive, quasi. Vere. Scrivo di getto quello che provo, ciò che ho provato. Quello che ho dentro. Nel bene e nel male. La poesia è arte, è cultura, è frutto dell'anima: quindi è sempre impegnata, è sempre diretta all'anima.


N. P.: Essendo uno degli interpreti della poesia e della cultura contemporanea, ci vuole illustrare la  sua poetica e  gli intendimenti sociali o estetici che ripone nei suoi scritti?

Sono un autore dei miei tempi, per quanto io ami e sia rivolto ai poeti del passato e pur sentendomi più vicino a loro che ai cosiddetti poeti moderni. Descrivo quello che vedo attorno a me: disagio, indifferenza, problematiche sociali che nell'ultimo decennio a mio parere hanno subito un'impennata devastante nell'oggi. Ma parlo anche di amore, della vita, riflettendo ed interfacciandomi con gli stimoli quotidiani che ricevo.

N. P.: Quali sono le letture a cui di solito si dedica e quale il libro che più le ha suscitato interesse? e quindi predilige? perché?

Sono onnivoro in letteratura. Amo, oltre alla poesia, i romanzi gialli. Quest'ultimo genere riesce a stimolare la parte razionale del mio io, mentre le liriche mi pervadono, rilassando la mia anima. La pettinano. La scarmigliano. I poeti che prediligo sono Dante Maffia, Alda Merini, Pablo Neruda, Khalil Gibran, Garcia Lorca. Ne dimenticherò di certo qualcuno... Per esempio ho da poco letto “Cartoline di mare”di Nico Orengo e le poesie inedite di Dylan Thomas apprezzando e scoprendo entrambi.

N. P.: Fino a che punto le letture di altri autori possono contaminare uno stile di uno scrittore? e se sì, in che modo?

La poesia, la narrativa e la letteratura tutta, vivono di contaminazioni. Ogni autore ha un suo stile che viene continuamente – almeno negli scrittori moderni – sconvolto, scombussolato, shackerato dalle letture che ha compiuto, che compie o che compirà. Arte chiama arte, poesia ispira poesia, libro invoca libro. Ma ognuno ha una visione personale, privata, propria delle cose. Un modo di essere, di pensare, di vivere. E ciò è bellissimo...

N. P.: Che cosa pensa della poesia innovatrice, quella che tenta sperimentalismi linguistici? quella che si contrappone e rifiuta ogni ritorno al passato? o, per meglio intenderci, quella che si contrappone ad un uso costante dell’endecasillabo, o a misure dettate da una rigida metrica?

Io sono un poeta anomalo. E sono, al contempo, un purista. Un “integralista” con molte aperture. Amo le liriche di un tempo,  l'uso di parole o modi di dire (andati perduti) dei poeti che furono. Scrivo e compongo col cuore, d'impulso. Spontaneamente. Non riassetto, non sistemo la composizione, o almeno lo faccio di rado. Non ho, dunque, pur avendo sempre amato comporre ed avendo una conoscenza sostanziosa della regole di composizione lirica, devozione ad una struttura. Ad una metrica. Credo che, come Keats affermava, «Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure.».

N. P.: Cosa pensa dell’editoria italiana? di questa tendenza a partorire antologie frutto di selezioni di case editrici? di questi innumerevoli Premi Letterari disseminati per tutto il territorio nazionale?

L'editoria vive un momento particolare. E non mi riferisco solo alla bagarre di Milano – Torino. Autori (emergenti e non) e le Case Editrici si sono avvicinate incredibilmente. Questo grazie anche alle nuove tecnologie che hanno svolto un ruolo primario e fondamentale nel rapporto autore – editore. Ma molto ancora c'è da fare... Perché in un legame forte come quello scrittore – casa editrice i contratti non bastano. Le regole non sono sufficienti. Gli “standard” servono sino ad un certo punto. Bisogna aprirsi, rischiare, talvolta, anche se la crisi del settore – a quanto ne so, statisticamente, si pubblicano in Italia più libri di quanti se ne riescano poi a vendere – costringe ad una cautela e ad una prudenza necessaria. Così troviamo case editrici (di medie o piccole dimensioni) che non possono investire, rischiare, lanciare un giovane autore in cui credono, in cui vorrebbero scommettere perché il mercato, la domanda, è quella che è. E troviamo in vetrina, nei grandi store, l'ultima perla dello sportivo di turno. I Premi letterari del Belpaese aiutano ma arginano, tamponano solamente il fenomeno del “visto in tv”, che ha, ormai, preso il sopravvento. Abbiamo, in Italia, giovani autori di talento che non possono permettersi il lusso di esplodere, di farsi notare, di dire la loro. Costretti all'auto pubblicazione o ad accettare di svendere i propri scritti. Per non parlare dell' EAP... Non è una questione di soldi... ma di dignità. Di cultura. Di crescita. Personale, autoriale e  civile.

N. P.: Certamente sarà legato ad una sua opera in particolare. Ne parli, riferendosi più ai momenti d’ispirazione, ai tempi di scrittura, alla scelta lessicale, alla revisione, più che ai contenuti. Che pensa della funzione del memoriale in un’opera di un poeta? e alla funzione della realtà nei confronti di un’analisi interiore?

Sono molto legato a tutte le mie opere, a tutti i miei scritti. Se dovessi scegliere, a fatica, ora come ora direi la mia prima pubblicazione, “Gli Orari del Cuore” edita da Leonida Editrice. Un viaggio, un cammino lungo trent'anni: amore, vita, satira... Corse, cadute, sogni, nuovi orizzonti, natura, vento, baci, feste, addii... Vita vissuta. Vita vera. Da me a voi. In poesia sono ciò che scrivo. Né più, né meno. La memoria, poi, è importante. Il ricordo è fondamentale. Così come l'analisi... Lo scandagliare l'anima attraverso gli scritti, compito più dei letterati quest'ultimo, che degli autori, forse. Mi riconosco nelle liriche che compongo. Sono parte di me. Nel bene e nel... meno bene.

N. P.: Cosa pensa della nostra Letteratura Contemporanea? raffrontata magari con quelle straniere? e dei grandi Premi Letterari tipo il Campiello, il Rèpaci…?
e del rapporto fra poesia e società? fino a che punto l’interesse per la poesia può incidere su questo disorientamento morale (ammesso che lei veda questo disorientamento)? o pensa che ci voglia ben altro di fronte ad una carente cultura politica per questi problemi?

La poesia deve mettere in discussione, deve alzare la voce, quando serve, deve sbugiardare la società. Mettere alla gogna i suoi atteggiamenti malsani, puntare il dito, schiaffeggiare. E coccolare, amare, carezzare quando serve. Riguardo ai Premi letterari... ho già espresso il mio parere: sono importanti ma non fondamentali nel panorama culturale italiano, all'oggi. La letteratura italiana contemporanea non ha nulla di che invidiare a quella attuale straniera. Basterebbe solamente rischiare un po' di più. Ma sono conscio che il momento non è dei più sereni per l'editoria tutta. Speriamo in un futuro migliore che possa alzare il livello culturale di un paese come il nostro, che è sempre stato esempio di fermento e cultura per tutti i popoli del mondo.

N. P.: Se potesse cambiare qualcosa nel mondo della cultura o dell’arte in generale, che cosa farebbe? se avesse questi poteri che cosa lascerebbe invariato e che, invece, muterebbe sostanzialmente?

In un paese dove la cultura domina e dà sostegno al proprio popolo, è difficile vi sia la guerra. La scuola, per i giovani di oggi - gli adulti del domani - è formativa e dovrebbe essere un perno nella cultura di un paese libero. Nell'ultimo periodo ho notato invece molto “Panem et circenses” e non nascondo di temere questa condizione... L'arte e la cultura andrebbero sponsorizzati, su ogni media esistente. In ogni modo possibile. Veicolati nelle case, nelle strade. Perché arte è espressione. Cultura è libertà. E senza queste non vi è crescita per un popolo ma solo morte civile.

La sua intervista è stata pubblicata sul BLOPG LETTERARIO: “ALLA VOLTA DI LEUCADE”.






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