sabato 25 agosto 2012

F. Vacchetta da "La strada luminosa"



E’ un’opera intensa, epica, direi, dedicata al fratello, dove la tragicità del male e del fatto di essere umani esonda sentimenti e passioni, amori familiari, tristezze di abbandoni, tormenti verso assenze irrimediabili. Ma al contempo tutto è regolato da una solida fede che permette di trascinare l’umano, per contenerlo, su una scala di forte poesia che azzarda i gradini verso la luminosità dell’Eterno... (Dalla recensioine di N. Pardini)



nella mia campagna
spoglia di cipressi
ballo una danza indiana
fuori luogo da quella padana
vado per boschi e stradine
invento frasi da dire al Signore
racconto ai figli quanto calore
emani questo messaggio d’amore
circondato da bosco di case
incontro donne scure
li esamino in faccia
i loro capelli lunghi
sembrano binari diversi
disegnano chiare terrazze
e case senza tetti
sepolte da delusioni
il recupero del cosmo perduto
è in atto, mutato in tutto
puoi crederci o meno
ma la verità?
Sai, cara
il mare all’ora dei vespri
diventa un’onda di traverso
senza accorgertene
t’investirà di scioltezza
i suoi occhi, cara
scalciano le tue parole
posso avvicinarmi
e soffiarti sulle labbra salate?
Dimmi di sì
e sarò oceano
mentre passeggiavo coi cani
scorgo un cinghiale coi piccoli
tra dorsi di divani
e artriti galoppanti
le dita rattrappite
cadevano insaporendosi
come funghi porcini
impaurito da tale situazione
minaccio di dare battaglia
improvvisamente, da una stalla
lì vicino, esce una capretta abbandonata
che, recitando novene, convince
il cinghiale a sposarla
sono stato invitato come testimone coi miei cani
quali nuvole d’aria
sentimento di cielo azzurro
respiro tra tanta bellezza?
Con stima e testardaggine
relaziono con mia figlia
sul soffio di vita
che ci circonda
orrizzonte demarcato azzurro

A Maria Santissima

mia tenerissima madre
agitata dal tuo sposo
che ti voleva ripudiare
in carne ed anima,
non spaventarmi del
tuo divino amore
tu che conosci
la fede dell’uomo
ti raccomando la tua
presenza, quotidianamente
e non tacere mai
anzi spronami sempre
al bene
fanciulla dolcissima
volgici lo sguardo
ed avvolgici sino
alle viscere interne
facci partorire del
tuo grande amore
donandoci la tua luce
oh, mammina che si bacia
volentieri
il tu sì sia
la nostra speranza
amen



Una ragazza col violino

suona il violino
mentre passa il treno
il passeggero fuma
sibelius ascolta
nella baia acerba
filtra la materia
e le cellule di sangue
e la musica?
I fiori del mio giardino
sono lucidi e bulbi
stanno sul muretto
in attesa di acqua
li sento parlare d’amore
mi ringraziano d’averli
ospitati a casa mia
sai amico
mia madre e mio padre
che non ci sono più
mai sono stati presenti
come adesso
questo ti voglio dire
ed aggiungere che li
sento parlare di me
se la poesia
s’appoggia alla chiacchiera
è da scartare
devi sapere che essa
è pagina d’acqua
proviene da oltremare cristallino
è un estremo perché
che non ti è dato conoscere
è nido d’aquila
un abisso di sabbia
tutto nasconde
con discrezione
nulla viene a galla
è un ponte di mondo
una manciata di vita
essenzialmente
esistenziale
amen
dovrò succhiarti goccia a goccia
o mio mare per averti?


  
La scala luminosa

se potessi del silenzio
studiarne la mappa
la tonicità del fiore agli occhi
per vedere me stesso, una candidatura al sole
questa quiete, questo fitto ricovero
è una penombra di guido
se potessi restare appeso semplicemente
tra mare e sole appena svelati
ah, cavalcherei quest’onda col mio dolore
ravviverei le acque del giordano sporche di chemio
nella scoperta della scala luminosa di guido
se potessi, se potessi
ah non poterlo fare
tuttavia custodirei
con malinconica ferita
il ricordo di guido
ma posso vedermi i nudi piedi
spalancarmi gli occhi
abbandonarmi al sole
riaprire al vento
le persiane di guido
tuttavia raccoglierò con fierezza
l’eredità di un esempio
sopra il cuore di guido



Ricordi campestri

seduto su panca verde
respiro soave
il silenzio mio
la felicità che
dura un attimo
un’arietta da sogno
abbaiare lontano di cani
e si sta bene
per chi sa
s.s.b.
Al colombè
tutto pare un sogno
e svolazzare su nuvola
spinta da venticello
celebre, glorioso
duraturo venticello
nonostante tutto
la raccolta di nocciole
profumava di vischio
la presa delle nocciole
dichiarata la fine
della giornata
il relativo obolo
agli operai in concomitanza
alle ore occupate
tutti, tutti la stessa paga
da fare un’ora
a farne venti – come da vangelo –
piccolo brivido
foce e canneto
la porta sbatte
la luce accesa – subito –
con o senza coperta di lana
ricchi e poveri
per chi suona la campana?
Il nonno mancato
a 44 anni a causa della guerra
ora, guardando il cielo
mi chiedo se la nonna
è con lui
due appezzamenti di nocciole
separati da rete metallica
uno nostra proprietà, l’altro no
ebbene alla raccolta di nocciole
si preferiva raccogliere in proprietà altrui
col rischio di pungersi le dita
nella rete miracolosa
quell’infinito problema del rischio
l’istinto del proibito
tutto in trasformazione
eppure stamane
ho mangiato come allora
il babbo e la mamma
belli
sempre
ora che mi ritrovo la foto
dinnanzi del loro matrimonio
sento come di voce chi fischia
indescrivibilmente e vicina
ecco la gioventù
a bordo di meteora
non hai tempo di
rendertene conto
resiste al tempo
“la palazzina”
è la nostra resistenza
che è effimera
siamo tutti responsabili
della fame nel mondo
eppure, ancora s’ha il coraggio
di non ammetterlo
s’erano costruiti
sulla cima d’albero
una capanna a mo’ di nido
i monelli guido e giampaolo
il batticuore della nonnabis
come un’ombra fissa
al ristorante sonia di bordighella
lucci e matti a pieno vortice
avvolti da odore di mare
dopo la dipartita
il ricorso allo psicologo
è inevitabile
forse il mio canto libero
si arenerà
come un lamento
ma forse, no
odore
misto a silenzio
e pace
come lava che cola
senza tregua
il profumo d’orto
fresco
di bagnato
forse l’applicazione
non è adeguata?
Si dice che
forse la poesia?
Un cenno
senza risposta
il richiamo
ricamato
di natura
bella
uva, uova
trovava nel pagliaio
ogni mattina
come dono di campagna
buttati nell’erba medica
immergiti nel sano profumo
di letame
arrovellati di benedetta campagna
la pioggia che
m’urla
dentro
scoppia
salpa
dallo stagno veniva a galla
una vispa biscetta
per depositarsi, indisturbata
nell’armadio di cucina
nonnabis metteva dentro
fustelli in alluminio
l’acqua piovana – non quella potabile –
per bagnare le ortensie
perimetralmente
correvano i fili
per indumenti bagnati
nel frattempo la recita
bisbigliata e fastidiosa
del santorosario e vespri
ora arrivano a fiotti
i ricordi campestri
incancellabili
alla sera di notti afose estive
la tv sul terrazzo
ad assistere ai films
di clarke gable
sotto il portico
la sfoglia di pannocchie
i canti tristi
accompagnati
da ricordi di guerra
le lucciole
il profumo denso intenso
del tiglio
il viale sontuoso di platani
il grido della civetta
le nocciole a riposo
nel granaio
ecco, finalmente
il tutto
in bicicletta, filavamo
spediti oltre gli scavi
io e la mia bellissima mamma
la mia cara genitrice
sulla strada sfatta di campagna
lungo il fossato zeppo d’acqua putrida
e l’incontro colla “mucca pazza”
che ci spaventò a morte
di due antichi ritratti
d’epoca
riportate le nobili figure dei nonni
entrambi orgogliosi, sorridono
io, li adoro
la scala a chiocciola
ripida ma eccitante
poi, nella spericolatezza
la caduta per grazia
fortunosa
nella culla fingevo di dormire
nella speranza
di nuove coccole di mamma lucci
ma ero ben sveglio, altroché
forse addirittura stanco d’essere sveglio
ma,
ne valeva la pena
quando
copiose
le coccole ricoprivano
lunghi attimi
d’amore filiale
i miei due piccoli ragazzi:
corrono, trafelati
sul sentiero dei platani
e ridono di nulla
ma felici
matti con l’automobilina in mano
simi colla bamboletta
respiro intensamente,
ah
e rido pure io
la “censa”
i “persi d’le vigne”
il silenzio notturno
interrotto
dal muggire di vacche grasse
rino
maria labella
jota
bias taric
inota
la corriera
se li è portati via
tutti
tutti quanti
dimenticandosene
nessuno
il ricordo
dei nostri morti
ci (li) riscalda
spavaldamente
credo
alla misticanza
il profilo eterno
della verdura
la voce della TUA parola
un farfugliamento
di colori
profumi
silenzi
amen



Sera

al momento sputo sentenze
imbrigliate e farcite.
Sera tranquilla
la pastiglia per dormire
corrisponde un fascio di luce
il cuore torbido
e un lascito sgarbo d’aria calda
mi stempera il cuore.
Difendo la natura
quale ci è stata tramandata
con i cieli e stelle
sui nostri capi
strascicati di ore notturne
e mari traditi
o aurore costruite.
Questo vento così fresco
così calmo così amico,
questo vento gioioso
opportuno e carezzevole
già lo possiedo tutto
io, desolato fra tanta bellezza,
esco dalla tana per rapire un ritratto
guardare e sognare dal balcone di casa
un orizzonte steso contro il cielo
che spolpa i miei occhi



Non trovo il tuo respiro

fratello mio
non trovo il tuo respiro
dove lo hai cacciato?
Nella piazza del paese
alla porta della parrocchiale
alla farmacia, caso mai
fosse introdotto in flaconi chemiotici?
Dove sei
dove è il tuo respiro?
Stagnante, forse
all’orizzonte del mare
in affanno d’acqua?
Dove lo posso recuperare
caro mio, il tuo santo respiro?
È il potere alleggerire
le tue colorate giornate
con un sorriso vero e vivo
con i jeans sparsi sul divano
e la doccia continuamente
in all’erta
se la morte è così pensosa
avvertimi
afferrami per un braccio
vedrò di evitarla
ingoiare un dolore quotidiano
metabolizzandolo
al punto di dare
problemi di petto
e poi svestirlo
e a nudo
costringerlo
a libertà
alla tua memoria
caro fratello mio
e che la poesia
faccia della sua inutilità
il suo campo di battaglia
come sabbia spinta
e riassorbita dal mare
dunque
sciogliersi
d’incanto



Talita’Kum
        I

Siamo con.te… nti
questa chemio mi lascia
l’amaro in bocca, dicevi
occorre un minimo di sostentamento
per passare le notti,
dicevi
leggevi attentamente la Sacra Scrittura
sottolineando di giallo
le antiche parole dal tuo
“amato latino”
la sera chiudevi gli occhi chiari
tentennando il silenzio
ti sfioravo appena
le tue tremanti mani
bianche
quante parole?
Tanti fatti?
Ora non ho voglia di elencarteli
mi dicevi
ora, in silenzio
è il venti aprile,
che giorno è nella
tua nuova dimora?
Ci sorprende il fatto
di non riuscire ad intrattenerti,
come se avessi voglia di fuggire
lontano e velocemente
prima il silenzio poi
lucci e beppe
da tempo reclamano
la tua assenza
instancabile presenza
dolcemente liberavi,
lasciandocelo
il tuo passaggio
sento e di gioia
l’eco della tua voce
nel cortile
che s’allontana
in unica voce

II

Raccolta dei giorni
sei immobile
in quella vecchia foto di alpino
colla penna ed il cappello
“sull’attenti”
salivi le scale con
immane fatica e fierezza
la Bibbia completava
le tue giornate
e quella foto da fisarmonicista
vestito da musicista?
Con fatica s’inoltra
un nuovo giorno
di malattia
comunque
ora ti prepari a morire
ma... non per molto
mi dicevi
inutile affondare in disperazione
dicevi, se mai
forse un miracolo
questo vento vento


III

Il senso di tutto ciò
nella foto s’era al mare
in mutande
entrambi abbracciati
da babbo nostro amato
ed ancora mi trovo fermo,
a quell’epoca spensierata
le parole che sbucciavi
al mattino al colombè
sono tre:
flavio, giampaolo, guido
i ricordi sui banchi
del liceo classico?
Gli amici del convitto
e del baruffi di mondovì
chi li dimentica?
Lascia, fratello mio caro,
trascorrere i minuti che ti
separano dalla distanza,
contali
oltre l’età dei
figli dei fiori, dicevi
un destino in panne
il nostro guido
dicevano i tuoi compagni liceali
chissà di quali pensieri è fatta
la tua protezione
verso di noi?
Le tue cene
risate
compagnia
ora tutto
un riaffiorimento
della tua vita leggera
lontana da giorni confusi
non rimane che un volo
di cenere
mai i nostri nomi
così vicini, fratello mio
ora che curi altri possedimenti,
devo considerare il nostro diario
interrotto?


IV

Nel nome tuo
conoscevi tutti i viaggi
nel minimo dettaglio
ora conosci il destino nostro
hai lottato fino in fondo
alla sorte amara
hai combattuto
ed infiammato le platee
presto arriverà per me
dicevi
un salutare riposo
non avendo nulla da rimpiangere
poca ma intensa la vita concessami
il tuo profilo assoluto
nitida circostanza
all’insaputa di tutti
a chi quei tuoi clienti
dell’assicurazione?
Forse che una voce famigliare
li raccoglierà tutti?
Resteremo orfani di quelle
81
lunghe passeggiate?
La tua voce sa di giorni


V

Mandaci una cartolina
sono stati i tuoi mesi di malattia
molto importanti per me
da fondere la tua colla mia vita
ora dicci
quale è il segno del tuo nuovo regno?
Quale la lingua parlata?
Ci chiediamo se sei in collera con dio
per l’inaspettato scherzetto
o se siete in buoni rapporti d’amicizia
preghiamo per chiedere giustizia
a quel dio che amavi tanto
e perché ti ha deviato il percorso
a noi tanto caro e stimato
facci sapere che colore ha il tuo
nuovo mare
ti invieremo un messaggio
in bottiglia


VI

Nuova residenza
ora navighi tra stelle
probabilmente
le più belle
ci appartiene
la tua vita
certamente
sei stato faro
di luce consono
al proprio percorso
dove il sangue
ha aperto ferite
ora tu raccogli
vita eterna
libera
senza sbavature
terrene
sono convinto che
potendo tornare in vita
non lo faresti
caro fratellino
ormai i tuoi sentieri
segnati da altre
indicazioni
desideriamo incontrarti
vivo tra vivi
saperti allegro
sereno e sorridente
come sempre
quegli occhi chiari
e mielosi
potresti almeno parlarci
della tua nuova vita
cosa mangi o bevi
a che ora la sveglia
vorremmo conoscere la
tua giornata e
poterla vivere
senza fiatare
a tua memoria
per questo tutti insieme
ti diciamo:
grazie
tutti siamo immersi
nella tua immensa
amicizia.


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