E’
un’opera intensa, epica, direi, dedicata al fratello, dove la tragicità del
male e del fatto di essere umani esonda sentimenti e passioni, amori familiari,
tristezze di abbandoni, tormenti verso assenze irrimediabili. Ma al contempo
tutto è regolato da una solida fede che permette di trascinare l’umano, per
contenerlo, su una scala di forte poesia che azzarda i gradini verso la luminosità
dell’Eterno... (Dalla recensioine di N. Pardini)
nella
mia campagna
spoglia
di cipressi
ballo
una danza indiana
fuori
luogo da quella padana
vado
per boschi e stradine
invento
frasi da dire al Signore
racconto
ai figli quanto calore
emani
questo messaggio d’amore
circondato
da bosco di case
incontro
donne scure
li
esamino in faccia
i
loro capelli lunghi
sembrano
binari diversi
disegnano
chiare terrazze
e
case senza tetti
sepolte
da delusioni
il
recupero del cosmo perduto
è
in atto, mutato in tutto
puoi
crederci o meno
ma
la verità?
Sai,
cara
il
mare all’ora dei vespri
diventa
un’onda di traverso
senza
accorgertene
t’investirà
di scioltezza
i
suoi occhi, cara
scalciano
le tue parole
posso
avvicinarmi
e
soffiarti sulle labbra salate?
Dimmi
di sì
e
sarò oceano
mentre
passeggiavo coi cani
scorgo
un cinghiale coi piccoli
tra
dorsi di divani
e
artriti galoppanti
le
dita rattrappite
cadevano
insaporendosi
come
funghi porcini
impaurito
da tale situazione
minaccio
di dare battaglia
improvvisamente,
da una stalla
lì
vicino, esce una capretta abbandonata
che,
recitando novene, convince
il
cinghiale a sposarla
sono
stato invitato come testimone coi miei cani
quali
nuvole d’aria
sentimento
di cielo azzurro
respiro
tra tanta bellezza?
Con
stima e testardaggine
relaziono
con mia figlia
sul
soffio di vita
che
ci circonda
orrizzonte
demarcato azzurro
A Maria Santissima
mia
tenerissima madre
agitata
dal tuo sposo
che
ti voleva ripudiare
in
carne ed anima,
non
spaventarmi del
tuo
divino amore
tu
che conosci
la
fede dell’uomo
ti
raccomando la tua
presenza,
quotidianamente
e
non tacere mai
anzi
spronami sempre
al
bene
fanciulla
dolcissima
volgici
lo sguardo
ed
avvolgici sino
alle
viscere interne
facci
partorire del
tuo
grande amore
donandoci
la tua luce
oh,
mammina che si bacia
volentieri
il
tu sì sia
la
nostra speranza
amen
Una ragazza col violino
suona
il violino
mentre
passa il treno
il
passeggero fuma
sibelius
ascolta
nella
baia acerba
filtra
la materia
e
le cellule di sangue
e
la musica?
I
fiori del mio giardino
sono
lucidi e bulbi
stanno
sul muretto
in
attesa di acqua
li
sento parlare d’amore
mi
ringraziano d’averli
ospitati
a casa mia
sai
amico
mia
madre e mio padre
che
non ci sono più
mai
sono stati presenti
come
adesso
questo
ti voglio dire
ed
aggiungere che li
sento
parlare di me
se
la poesia
s’appoggia
alla chiacchiera
è
da scartare
devi
sapere che essa
è
pagina d’acqua
proviene
da oltremare cristallino
è
un estremo perché
che
non ti è dato conoscere
è
nido d’aquila
un
abisso di sabbia
tutto
nasconde
con
discrezione
nulla
viene a galla
è
un ponte di mondo
una
manciata di vita
essenzialmente
esistenziale
amen
dovrò
succhiarti goccia a goccia
o
mio mare per averti?
La scala luminosa
se
potessi del silenzio
studiarne
la mappa
la
tonicità del fiore agli occhi
per
vedere me stesso, una candidatura al sole
questa
quiete, questo fitto ricovero
è
una penombra di guido
se
potessi restare appeso semplicemente
tra
mare e sole appena svelati
ah,
cavalcherei quest’onda col mio dolore
ravviverei
le acque del giordano sporche di chemio
nella
scoperta della scala luminosa di guido
se
potessi, se potessi
ah
non poterlo fare
tuttavia
custodirei
con
malinconica ferita
il
ricordo di guido
ma
posso vedermi i nudi piedi
spalancarmi
gli occhi
abbandonarmi
al sole
riaprire
al vento
le
persiane di guido
tuttavia
raccoglierò con fierezza
l’eredità
di un esempio
sopra
il cuore di guido
Ricordi campestri
seduto
su panca verde
respiro
soave
il
silenzio mio
la
felicità che
dura
un attimo
un’arietta
da sogno
abbaiare
lontano di cani
e
si sta bene
per
chi sa
s.s.b.
Al
colombè
tutto
pare un sogno
e
svolazzare su nuvola
spinta
da venticello
celebre,
glorioso
duraturo
venticello
nonostante
tutto
la
raccolta di nocciole
profumava
di vischio
la
presa delle nocciole
dichiarata
la fine
della
giornata
il
relativo obolo
agli
operai in concomitanza
alle
ore occupate
tutti,
tutti la stessa paga
da
fare un’ora
a
farne venti – come da vangelo –
piccolo
brivido
foce
e canneto
la
porta sbatte
la
luce accesa – subito –
con
o senza coperta di lana
ricchi
e poveri
per
chi suona la campana?
Il
nonno mancato
a
44 anni a causa della guerra
ora,
guardando il cielo
mi
chiedo se la nonna
è
con lui
due
appezzamenti di nocciole
separati
da rete metallica
uno
nostra proprietà, l’altro no
ebbene
alla raccolta di nocciole
si
preferiva raccogliere in proprietà altrui
col
rischio di pungersi le dita
nella
rete miracolosa
quell’infinito
problema del rischio
l’istinto
del proibito
tutto
in trasformazione
eppure
stamane
ho
mangiato come allora
il
babbo e la mamma
belli
sempre
ora
che mi ritrovo la foto
dinnanzi
del loro matrimonio
sento
come di voce chi fischia
indescrivibilmente
e vicina
ecco
la gioventù
a
bordo di meteora
non
hai tempo di
rendertene
conto
resiste
al tempo
“la
palazzina”
è
la nostra resistenza
che
è effimera
siamo
tutti responsabili
della
fame nel mondo
eppure,
ancora s’ha il coraggio
di
non ammetterlo
s’erano
costruiti
sulla
cima d’albero
una
capanna a mo’ di nido
i
monelli guido e giampaolo
il
batticuore della nonnabis
come
un’ombra fissa
al
ristorante sonia di bordighella
lucci
e matti a pieno vortice
avvolti
da odore di mare
dopo
la dipartita
il
ricorso allo psicologo
è
inevitabile
forse
il mio canto libero
si
arenerà
come
un lamento
ma
forse, no
odore
misto
a silenzio
e
pace
come
lava che cola
senza
tregua
il
profumo d’orto
fresco
di
bagnato
forse
l’applicazione
non
è adeguata?
Si
dice che
forse
la poesia?
Un
cenno
senza
risposta
il
richiamo
ricamato
di
natura
bella
uva,
uova
trovava
nel pagliaio
ogni
mattina
come
dono di campagna
buttati
nell’erba medica
immergiti
nel sano profumo
di
letame
arrovellati
di benedetta campagna
la
pioggia che
m’urla
dentro
scoppia
salpa
dallo
stagno veniva a galla
una
vispa biscetta
per
depositarsi, indisturbata
nell’armadio
di cucina
nonnabis
metteva dentro
fustelli
in alluminio
l’acqua
piovana – non quella potabile –
per
bagnare le ortensie
perimetralmente
correvano
i fili
per
indumenti bagnati
nel
frattempo la recita
bisbigliata
e fastidiosa
del
santorosario e vespri
ora
arrivano a fiotti
i
ricordi campestri
incancellabili
alla
sera di notti afose estive
la
tv sul terrazzo
ad
assistere ai films
di
clarke gable
sotto
il portico
la
sfoglia di pannocchie
i
canti tristi
accompagnati
da
ricordi di guerra
le
lucciole
il
profumo denso intenso
del
tiglio
il
viale sontuoso di platani
il
grido della civetta
le
nocciole a riposo
nel
granaio
ecco,
finalmente
il
tutto
in
bicicletta, filavamo
spediti
oltre gli scavi
io
e la mia bellissima mamma
la
mia cara genitrice
sulla
strada sfatta di campagna
lungo
il fossato zeppo d’acqua putrida
e
l’incontro colla “mucca pazza”
che
ci spaventò a morte
di
due antichi ritratti
d’epoca
riportate
le nobili figure dei nonni
entrambi
orgogliosi, sorridono
io,
li adoro
la
scala a chiocciola
ripida
ma eccitante
poi,
nella spericolatezza
la
caduta per grazia
fortunosa
nella
culla fingevo di dormire
nella
speranza
di
nuove coccole di mamma lucci
ma
ero ben sveglio, altroché
forse
addirittura stanco d’essere sveglio
ma,
ne
valeva la pena
quando
copiose
le
coccole ricoprivano
lunghi
attimi
d’amore
filiale
i
miei due piccoli ragazzi:
corrono,
trafelati
sul
sentiero dei platani
e
ridono di nulla
ma
felici
matti
con l’automobilina in mano
simi
colla bamboletta
respiro
intensamente,
ah
e
rido pure io
la
“censa”
i
“persi d’le vigne”
il
silenzio notturno
interrotto
dal
muggire di vacche grasse
rino
maria
labella
jota
bias
taric
inota
la
corriera
se
li è portati via
tutti
tutti
quanti
dimenticandosene
nessuno
il
ricordo
dei
nostri morti
ci
(li) riscalda
spavaldamente
credo
alla
misticanza
il
profilo eterno
della
verdura
la
voce della TUA parola
un
farfugliamento
di
colori
profumi
silenzi
amen
Sera
al
momento sputo sentenze
imbrigliate
e farcite.
Sera
tranquilla
la
pastiglia per dormire
corrisponde
un fascio di luce
il
cuore torbido
e
un lascito sgarbo d’aria calda
mi
stempera il cuore.
Difendo
la natura
quale
ci è stata tramandata
con
i cieli e stelle
sui
nostri capi
strascicati
di ore notturne
e
mari traditi
o
aurore costruite.
Questo
vento così fresco
così
calmo così amico,
questo
vento gioioso
opportuno
e carezzevole
già
lo possiedo tutto
io,
desolato fra tanta bellezza,
esco
dalla tana per rapire un ritratto
guardare
e sognare dal balcone di casa
un
orizzonte steso contro il cielo
che
spolpa i miei occhi
Non trovo il tuo respiro
fratello
mio
non
trovo il tuo respiro
dove
lo hai cacciato?
Nella
piazza del paese
alla
porta della parrocchiale
alla
farmacia, caso mai
fosse
introdotto in flaconi chemiotici?
Dove
sei
dove
è il tuo respiro?
Stagnante,
forse
all’orizzonte
del mare
in
affanno d’acqua?
Dove
lo posso recuperare
caro
mio, il tuo santo respiro?
È
il potere alleggerire
le
tue colorate giornate
con
un sorriso vero e vivo
con
i jeans sparsi sul divano
e
la doccia continuamente
in
all’erta
se
la morte è così pensosa
avvertimi
afferrami
per un braccio
vedrò
di evitarla
ingoiare
un dolore quotidiano
metabolizzandolo
al
punto di dare
problemi
di petto
e
poi svestirlo
e
a nudo
costringerlo
a
libertà
alla
tua memoria
caro
fratello mio
e
che la poesia
faccia
della sua inutilità
il
suo campo di battaglia
come
sabbia spinta
e
riassorbita dal mare
dunque
sciogliersi
d’incanto
Talita’Kum
I
Siamo
con.te… nti
questa
chemio mi lascia
l’amaro
in bocca, dicevi
occorre
un minimo di sostentamento
per
passare le notti,
dicevi
leggevi
attentamente la Sacra Scrittura
sottolineando
di giallo
le
antiche parole dal tuo
“amato
latino”
la
sera chiudevi gli occhi chiari
tentennando
il silenzio
ti
sfioravo appena
le
tue tremanti mani
bianche
quante
parole?
Tanti
fatti?
Ora
non ho voglia di elencarteli
mi
dicevi
ora,
in silenzio
è
il venti aprile,
che
giorno è nella
tua
nuova dimora?
Ci
sorprende il fatto
di
non riuscire ad intrattenerti,
come
se avessi voglia di fuggire
lontano
e velocemente
prima
il silenzio poi
lucci
e beppe
da
tempo reclamano
la
tua assenza
instancabile
presenza
dolcemente
liberavi,
lasciandocelo
il
tuo passaggio
sento
e di gioia
l’eco
della tua voce
nel
cortile
che
s’allontana
in
unica voce
II
Raccolta
dei giorni
sei
immobile
in
quella vecchia foto di alpino
colla
penna ed il cappello
“sull’attenti”
salivi
le scale con
immane
fatica e fierezza
la
Bibbia completava
le
tue giornate
e
quella foto da fisarmonicista
vestito
da musicista?
Con
fatica s’inoltra
un
nuovo giorno
di
malattia
comunque
ora
ti prepari a morire
ma...
non per molto
mi
dicevi
inutile
affondare in disperazione
dicevi,
se mai
forse
un miracolo
questo
vento vento
III
Il
senso di tutto ciò
nella
foto s’era al mare
in
mutande
entrambi
abbracciati
da
babbo nostro amato
ed
ancora mi trovo fermo,
a
quell’epoca spensierata
le
parole che sbucciavi
al
mattino al colombè
sono
tre:
flavio,
giampaolo, guido
i
ricordi sui banchi
del
liceo classico?
Gli
amici del convitto
e
del baruffi di mondovì
chi
li dimentica?
Lascia,
fratello mio caro,
trascorrere
i minuti che ti
separano
dalla distanza,
contali
oltre
l’età dei
figli
dei fiori, dicevi
un
destino in panne
il
nostro guido
dicevano
i tuoi compagni liceali
chissà
di quali pensieri è fatta
la
tua protezione
verso
di noi?
Le
tue cene
risate
compagnia
ora
tutto
un
riaffiorimento
della
tua vita leggera
lontana
da giorni confusi
non
rimane che un volo
di
cenere
mai
i nostri nomi
così
vicini, fratello mio
ora
che curi altri possedimenti,
devo
considerare il nostro diario
interrotto?
IV
Nel
nome tuo
conoscevi
tutti i viaggi
nel
minimo dettaglio
ora
conosci il destino nostro
hai
lottato fino in fondo
alla
sorte amara
hai
combattuto
ed
infiammato le platee
presto
arriverà per me
dicevi
un
salutare riposo
non
avendo nulla da rimpiangere
poca
ma intensa la vita concessami
il
tuo profilo assoluto
nitida
circostanza
all’insaputa
di tutti
a
chi quei tuoi clienti
dell’assicurazione?
Forse
che una voce famigliare
li
raccoglierà tutti?
Resteremo
orfani di quelle
81
lunghe
passeggiate?
La
tua voce sa di giorni
V
Mandaci
una cartolina
sono
stati i tuoi mesi di malattia
molto
importanti per me
da
fondere la tua colla mia vita
ora
dicci
quale
è il segno del tuo nuovo regno?
Quale
la lingua parlata?
Ci
chiediamo se sei in collera con dio
per
l’inaspettato scherzetto
o
se siete in buoni rapporti d’amicizia
preghiamo
per chiedere giustizia
a
quel dio che amavi tanto
e
perché ti ha deviato il percorso
a
noi tanto caro e stimato
facci
sapere che colore ha il tuo
nuovo
mare
ti
invieremo un messaggio
in
bottiglia
VI
Nuova
residenza
ora
navighi tra stelle
probabilmente
le
più belle
ci
appartiene
la
tua vita
certamente
sei
stato faro
di
luce consono
al
proprio percorso
dove
il sangue
ha
aperto ferite
ora
tu raccogli
vita
eterna
libera
senza
sbavature
terrene
sono
convinto che
potendo
tornare in vita
non
lo faresti
caro
fratellino
ormai
i tuoi sentieri
segnati
da altre
indicazioni
desideriamo
incontrarti
vivo
tra vivi
saperti
allegro
sereno
e sorridente
come
sempre
quegli
occhi chiari
e
mielosi
potresti
almeno parlarci
della
tua nuova vita
cosa
mangi o bevi
a
che ora la sveglia
vorremmo
conoscere la
tua
giornata e
poterla
vivere
senza
fiatare
a
tua memoria
per
questo tutti insieme
ti
diciamo:
grazie
tutti
siamo immersi
nella
tua immensa
amicizia.
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