GIOVANNI PETRONILLI:
Una vita per la cultura
Ricordo di Paolo Bassani
C'è un'antica massima che afferma: “Sono
le opere che fanno il vero ritratto dell'uomo"; antica massima che
ancor oggi custodisce tutto il suo valore: la verità, infatti, non ha tempo
anche se è figlia del tempo.
Ebbene, per conoscere lo scrittore
e l’uomo Giovanni Petronilli basterebbe leggere alcuni dei suoi numerosi libri pubblicati dal lontano 1935 al 1983: da
"Aspettazione" a "Cinque ritratti” da "Otto volante" a
"Teatro di Luni” da "Dialoghi" a "Vento sull' Acropolí",
da "Via di Gesù" a
“Ricordi di corte d’Assise”, da "Diario di un pensionato" a
"Rítratti e paesaggi di Lunigiana, da “Lunigiana” a "Cronaca di un
viaggio".
Petronilli riesce a farsi identificare, per eleganza di stile, chiara visione delle cose
e profondità di sentimenti. Nei suoi lavori si ritrovano le tre regole d'oro che
fanno un vero scrittore, come
soleva ripetere il grande linguista Aldo Gabríelli: chiarezza di idee, concisione,
semplicità.
Chiarezza d'idee: soltanto chi vede lucidamente; chi sa ascoltare i
segreti moti del cuore può trasmetterli ad altri. Concisione: regola così
necessaria per non perdersi e per non perdere il lettore; per vincere l'inflazione
delle parole, così inutile e dannosa come ogni inflazione. Semplicità: ultima
regola, ma non ultima per importanza. Con essa si crea un’immagine immediata, viva,
come l’opera di uno scultore , che scava la materia allontanando tutto ciò che
è di troppo. Anch’io vorrei fare un ritratto, o più modestamente un profilo di
Petronilli, affidandomi alle tre regole d’oro. Cercherò di farlo con l’aiuto di
valenti critici che di Petronilli hanno messo in luce con abilità le doti di
narratore limpido, acuto, armonioso. Sono tuttavia ben cosciente che non
è facile in poche righe: citando soltanto qualche testimonianza tratta, qua e
là, dal notevole numero di recensioni e note critiche apparse sulla stampa.
“Giovanni Petronilli è un artista
raffinato" scriveva il poeta versiliese Garibaldo Alessandrìni nel
1951, sul numero 1 della Rassegna Municipale della Spezia “e raffinati sono i suoi “Dialoghi”. A darne subito un’idea, si potrebbe
dire che oscillano tra le pagine più tristi del Leopardi e le più misteriose di
Maeterlinck. Abbiamo accennato al Leopardi,
per il gusto del vocabolo, la linearità della frase, la scarsezza del periodo,
la tristezza profonda. Al Maeterlinck abbiamo accennato invece, perché in
ciascun dialogo, oltre i personaggi che parlano, c’è una muta presenza come
d’un destino: destino dell’umanità. Destino
che però –mi pare- non suoni come una condanna, ma che si salda ad una concezione
filosofica della vita aperta anche alla speranza, come appare in “La via di
Gesù” e in “Diario di un pensionato”, a proposito del quale Umberto Marvardi scriveva nel 1961: … pensieri,
considerazioni, temi di meditazione, spunti di vita empirica sono elevati
all’altezza di conquiste filosofiche, di riflessioni edificanti, di certezze,
ma senza diventare pesante sistema, presuntuoso decalogo; anzi, alleggeriti e
illeggiadriti, nel tessuto di un paesaggio dato per accenni o, a volte, descritto
con la minuzia propria dell’osservatore.”
E io vorrei accennare anche al Petronilli ricercatore paziente e
scrupoloso come appare in “Lunigiana” del 1961 e in “Ritratti e paesaggi di Lunigiana”
del 1974. In
queste due opere, divenute testo e punto di riferimento, traspare tutto l’amore
per una terra che custodisce vestigia di un passato illustre e paesaggi dolci e
maestosi. A questo proposito mi pare molto significativo quello che scrisse
Carlo Drapkind nel 1962 sulla “Gazzetta di Parma”: “Per molte delle contrade di Lunigiana, che
noi ben conosciamo, Petronilli è stato preciso, discreto, essenziale… luoghi
così incantevoli, per chi ama la natura. In fondo lo scrittore non rappresenta
che se stesso, nutre l’ambiente e le figure di rilievo del suo intuito. Petronilli ci ha costretti a fissare la
nostra attenzione su aspetti del folclore che ci erano poco noti; ha svelato la
psicologia dell’ambiente con un richiamo attento a notizie lontane che hanno
una sfumatura di leggenda. Così, le immagini si illuminano. Ecco gli antichi
borghi, i castelli: dall’antica terra di Luni alla Val di Vara, da Fivizzano
alle Cinque Terre; e qui Petronilli ha armonicamente saldato natura e ambiente
resi vivi in un modo poetico, dove la vista del mare trasparente e inquietante
s’apre, dove il nervoso scoscendere delle rocce genera un clima ideale. Ecco la
storia dei santuari di Liguria che Petronilli traccia con cura in una
colorazione grottesca. Ecco le Apuane
così superbe e divine, candide all’interno e perennemente ricche di marmo come
una polla inestinguibile. Lo scrittore ci offre una serie di notizie minute e
attraenti, diremmo che si tratti di una breve storia del marmo apuano, inclusa
nella vasta antologia, e Michelangelo che alle cave Apuane s’accostò per trarne
i marmi da cui modello le sue opere, par qui alitare…
Abbiamo visto un Petronilli
acuto osservatore dei luoghi e degli uomini illustri della nostra terra: da
Giovanni Fantoni a Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, da Alessandro Malaspina a
Corrado Martinetti. Un Petronilli che si ritrova con eguale freschezza in
“Vento sull’Acropoli”, opera scritta in occasione di un suo viaggio in Grecia e
in Turchia. “C’è in queste pagine” scrive
Piero Raimondi nel 1980 sulla rivista “Liguria” la cronaca spicciola, l’imprevisto, l’aneddoto, il tipo caratteristico,
ma c’è anche una singolare capacità di osservazione della vita nelle sue più
intense espressioni, da Napoli a Smirne, da Marsiglia ad Atene. E non a caso –mi sembra- il libro ha per
titolo “Vento sull’Acropoli”: il cuore del diario è lì, ad Atene, fulcro della
civiltà greca, modello assoluto di una perfezione, luce dell’anima; e la pagina
più poeticamente valida (non ne mancano altre) è appunto quella dedicata
all’Acropoli, pagine ricche di cadenze ritmiche, di sensibili risonanze
interiori, di suggestivi scorci intuitivi”.
Uguale freschezza ritroviamo nel volume
“Cronaca di un viaggio” a proposito del quale lo stesso Raimondi scrive:
“Petronilli è riuscito a darci, con
queste pagine, non solo una chiara conferma delle sue qualità di scrittore
serio e controllato, teso ad una interpretazione umanamente cristiana della
vita, ma anche una commossa pagina di autentica autobiografia, che nella
profonda saldezza di un vero amore ha trovato lo stimolo, e la misura, per
rievocare un sereno episodio di vita coniugale, cosicché la figura della moglie
ritorna in questi fogli di diario con tutta la fresca immediatezza della viva
creatura; è quindi un “diario a due” tanto lo scrittore ha saputo accostare a
sé –ed accostarsi a sua volta- la donna che porta sempre nel cuore.”
Petronilli: scrittore intimista, drammaturgo, narratore,
storiografo. Quale il suo vero volto? In “Ricordi di corte d’assise”, il volume
edito nel 1976, ecco apparire anche un Petronilli sociologo. Riprendiamo le
note critiche scritte nel 1979 da Enotrio Mastrolonardo: “Giovanni Petronilli, sottile critico letterario e finissimo prosatore,
quando nell’aprile 1960, venne nominato giudice popolare presso la Corte d’Assise di Genova,
conobbe la stessa sorte del famoso scrittore francese André Gidenel nel dover
giudicare i suoi simili. Impegno giuridico e, soprattutto, morale della più
grande responsabilità, al quale l’autore aveva già pensato più volte con
turbamento, seriamente preoccupato di non riuscire ad essere all’altezza del terribile
compito, prima che esso gli venisse affidato dalla magistratura. Lo ricorda
egli stesso, attraverso un severo esame di coscienza, con dissertazioni di
carattere umano e morale, prima di rievocare , con puntualità espositiva e
chiarezza di linguaggio, la breve e intensa esperienza vissuta, con animo
sereno e obiettività di giudizio, nei diversi processi d’appello, presso la Corte d’Assise di Genova,
del cui collegio giudicante venne chiamato a far parte. Dalla precisa e
pungente descrizione dei vari dibattimenti, emergono a tutto tondo i
personaggi che vi prendono parte, tutti
autentici protagonisti nei vari ruoli a loro assegnati dalla vita: innanzitutto
gli imputati, con il loro pesante bagaglio di umanità, di colpe e sofferenze,
che è necessario vagliare con estrema equità e spirito di comprensione, perché
qualche volta è fatto solo di sorte avversa, magari d’innocenza. Attraverso i ricordi di Petronilli vengono
rievocati fatti di cronaca nera, drammi familiari, tragedie da senso arcaico,
vicende di un’umanità viva e sofferta, dentro cui bisogna calarsi con la propria
coscienza e una profonda pietà per cercare
una spiegazione, per trovare una ragione che sta sempre nell’antico
cuore dell’uomo e nel suo stesso destino”.
In “Cinque ritratti”, edito come altre opere di
Petronilli dalla Casa Editrice Carpena di Sarzana, lo scrittore si dimostra
saggista di valore, lucido, incisivo, come si legge nella nota apparsa su “Il
Giornale” del 25
settembre 1981 : “Petronilli
ha avuto la ventura di partecipare alla vita culturale del Novecento con
diretta esperienza, e venire così a contatto con personalità che, oggi scomparse,
hanno lasciato un’orma ben precisa nella storia della letteratura del nostro
secolo. Con questi ritratti Petronilli
reca un interessante contributo a questa storia, in quanto si serve di personali rapporti e ricordi,
corredati ed arricchiti da osservazioni critiche. I cinque personaggi da lui
scelti (fra molti con cui ebbe amicizia e frequentazione) sono: Manara
Valgimigli, Enrico Pea, Lorenzo Viani, Mario Piccini, Nicola Lisi. Tutti nomi
che sono ormai affidati al vaglio della posterità. Per quanto riguarda il
grosso pubblico, non hanno tutti eguale risonanza, ma –per poco che ci si
addentri nel tessuto culturale del Novecento italiano- si deve onestamente
riconoscere che questi uomini hanno
detto una loro parola, nei campi più
diversi: filologia, giornalismo, narrativa, poesia, arte. Una varia e vivace
galleria che, accostando tela a tela, consente un approccio di singolare originalità,
perché Petronilli ha saputo raccogliere quel materiale (biografico, culturale,
umano, critico) che l’amicizia, il rapporto con ciascuno di loro gli ha
permesso, accumulando tutto nel “libro della memoria” per dirla come Dante. Ma
sia ben chiaro: ci troviamo di fronte non a cinque biografie, ma a cinque
ritratti, il che equivale a dire: impressioni, scorci di vita, episodi,
rapporti epistolari, colloqui: tutto un insieme di fatti e sentimenti e idee quale
scaturisce sempre fra persone che hanno comuni interessi di cultura e sinceri
rapporti di comunicazione umana. I “fogli” di questo suggestivo diario, per lo
più datati, vanno dal 1932 al 1975: un quarantennio che Petronilli ha concretamente (ed anche
emotivamente) vissuto nella varietà degli interessi che offre sempre il mondo
della cultura; e di questa varietà sono chiara riprova i nomi dei personaggi
sopra citati, l’uno così diverso dall’altro per carattere, formazione
culturale, attività , ambiente.”
Ampio è l’orizzonte letterario di Petronilli, sviluppatosi in più di
sessant’anni di impegno culturale che non soltanto si identifica nei suoi
libri, ma anche in numerose e importanti collaborazioni come su “La fiera letteraria”,
“Frontespizio”, “La Gazzetta
di Parma” alla cui terza pagina collaborò per molti decenni. Si potrebbe
compendiare in quello che fu detto alcuni anni fa a Pontremoli durante
l’incontro dedicato al nostro scrittore dalla Fondazione “Città del libro”: “Petronilli si colloca in un suo spazio
poetico di rilievo nel Novecento italiano, accanto a quegli scrittori del
“Frontespizio”, Nicola Lisi, Bargellini, Betocchi, che nell’ambiente fiorentino
di Papini e Giuliotti hanno segnato un momento particolarmente importante per
la letteratura italiana del nostro tempo”.
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