Ringrazio per aver potuto leggere una parte dell’intervista a G. Oldani.
Mi colpisce la forza metaforica nella traduzione poetica del suo pensiero (il realismo terminale).
Il nostro vivere quotidiano si snoda nei posti che ci sembrano conosciuti, confidenziali, amici: la casa ed i suoi oggetti, la fontana, il quartiere…. Gli oggetti però diventano i veri protagonisti, e sono potenti e senza anima. È violenta dietro l’apparente familiarità la metafora che li descrive ed interpreta, è una guerra- un incudine- su cui siamo battuti e modellati: verbi duri e drammatici, che spaventano.
La storia tutto trasforma, piega, capovolge, infradicia, smunta….e dimentica.
s’infradicia e farcisce d’acqua fredda
nella fontana quasi ad affondare
un quotidiano piegato e senza scampo.
….
la lente d’acqua ancora più ingrandisce,
la pianta secca al bordo non stormisce
sporge la luna in presso a un pesce e a un sasso.(La storia)
ci sono nell’armadio sui ripiani
scarpe con deformati tacchi obliqui
e calze dai rammendi o i fori tondi,
pattine a cerchi come gli ombelichi
giornali a plichi e sparsi anche dei tappi;
come se queste fossero le armi
di guerre a torte in faccia e senza scuse,
e i feretri o i loro decimali
sono gli stessi arnesi della pugna
che al suono delle trombe giudiziali
risorgeranno un giorno coi beati. (Rinfusa)
da Maria Grazia Ferraris
Nessun commento:
Posta un commento