mercoledì 16 agosto 2017

GIUSEPPE PARINI: "LA VERGINE CUCCIA"



Un classico esempio di satira pariniana. Fino a qui (‘700), nella nostra letteratura, abbiamo avuto due tipi di satira: uno bonario di influenza oraziana e l'altro di indignatio d'influenza giovenaliana. Con il Parini inizia la satira di contrasto, quella che scaturisce da due scene messe a confronto, in contrapposizione: in questo caso fra due personaggi: la cagnolina vergine cuccia, “de le Grazie alunna,/ giovenilmente vezzeggiando, il piede/ villan del servo con gli eburnei denti/ segnò di lieve nota e questi audace/ col sacrilego piè lanciolla…” e il servo che si è permesso di reagire al dente eburneo dell'animale, e per questo licenziato: “… e il misero si giacque/con la squallida prole, e con la nuda/ consorte a lato su la via, spargendo /al passeggero inutili lamenti:/ e tu vergine cuccia idol placato /da le vittime umane isti superba.”. Altri esempi di grande creatività pariniana: Il risveglio del giovin signore, l’incipriatura… Tutto il libro (Il giorno) gioca su un dettato critico verso una società di cicisbei e fannulloni, antecedente la rivoluzione francese, che gozzovigliava a scapito di un  tiers état, sottomesso a ingiustizie macroscopiche.


La Vergine Cuccia
Il Giorno, il Meriggio, vv. 652-697
Tal ei parla, o signor: ma sorge in tanto
a quel pietoso favellar, da gli occhi
de la tua dama dolce lagrimetta,
pari a le stille tremule, brillanti,               
che a la nova stagion gemendo vanno
dai palmiti di Bacco, entro commossi
al tiepido spirar de le prim'aure
fecondatrici. Or le sovviene il giorno,
ahi fero giorno! allor che la sua bella    
vergine cuccia de le Grazie alunna,
giovenilmente vezzeggiando, il piede
villan del servo con gli eburnei denti
segnò di lieve nota: e questi audace
col sacrilego piè lanciolla: ed ella            
tre volte rotolò; tre volte scosse
lo scompigliato pelo, e da le vaghe
nari soffiò la polvere rodente:
indi i gemiti alzando: Aita, aita,
parea dicesse; e da le aurate volte        
a lei l'impietosita Eco rispose:
e dall'infime chiostre i mesti servi
asceser tutti; e da le somme stanze
le damigelle pallide, tremanti precipitâro. 
Accorse ognuno; il volto                      
fu d'essenze spruzzato a la tua dama:
ella rinvenne al fine. Ira e dolore
l'agitavano ancor; fulminei sguardi
gettò sul servo; e con languida voce
chiamò tre volte la sua cuccia: e questa
al sen le corse; in suo tenor vendetta
chieder sembrolle: e tu vendetta avesti
vergine cuccia de le Grazie alunna.
L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo
udì la sua condanna. A lui non valse    
merito quadrilustre; a lui non valse
zelo d'arcani ufici. Ei nudo andonne
de le assise spogliato onde pur dianzi
era insigne a la plebe: e in van novello
signor sperò; ché le pietose dame        
inorridìro, e del misfatto atroce
odiâr l'autore. Il misero si giacque
con la squallida prole, e con la nuda
consorte a lato su la via, spargendo
al passeggero inutili lamenti:                   
e tu vergine cuccia idol placato
da le vittime umane isti superba.




2 commenti:

  1. Una pagina che convalida la polivalente levatura culturale del nostro Nazario.

    Franco

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  2. Enormemente superbo, abbondanza culturale in un mondo in cui la letteratura si perde nei rivoli dell'ignoranza....
    Francesco

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