Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
LA
SACRALITA' DELLA NATURA
NEL
“LUGLIO” DI NAZARIO PARDINI
Questi
versi tanto brevi quanto intensi di Nazario Pardini analizzano e trasformano
scenari, esseri viventi, misteri in formismi di calure frequenti nel “luglio”
ricco di suoni, gesti, colori, spazi.
Gli
spazi qui sono saturi di canti “stridenti” che brillano per odori e intense
delicate presenze (sesami, papaveri...), le brezze sono bruciate di sali e
sudori...
Qui i
calori si permutano e si trasferiscono nel sangue che imprime il suo indelebile
miracoloso macchio o nel latte offerto dalla “sacralità” sempre presente nel
lirismo trascendentale del poeta.
Qui lo
scenario si confonde quindi con la naturalità del “vivente” inteso nella
dimensione più ampia (la strada, le spalliere roventi, le vespe, la fronte...)
e identificato in un flusso intrinseco di intrecci tra Pardini e le sue
immagini incombenti di calure spietate.
Il
gesto si rampica (i convolvoli...) nell'attesa del sudario di ore interminabili
e pigre a costituire quasi un'espiazione lirica
spiritualmente, annunciata in un “luglio” essiccato e letale.
Il
colore produce peraltro amalgami inattesi anche alle “profondità” dell'artista:
languori pazienti, sussurri floreali, malinconie sepolte che accomunano esseri
viventi e cose dondolanti nella sensibile raffinatezza di pacatezze surreali.
E'
l'innesto, nella “filosofia” lirico-esistenziale del poeta, di una “cornice”
unitaria e riflessa nelle articolate suggestioni di una “risposta” che solo la
divinità della Natura può donare all'equilibrio delle coesistenze.
Di qui
il “rianimo” delle cose che questo “luglio” ci indica con emozionante crescendo
di tonalità apicali (il sale... le spalliere.... i vestiari... la mammella...
la clessidra... le reste...) dedicate ad una costante magica presenza dell'Assoluto
e del suo insondabile procedere.
Marco dei Ferrari
Luglio
E mi giunge acuto il canto
di stridenti cicale
portato da brezze di sale
lente, affannate di calura
giù per la radura lucente;
mi trai nel solito stradone
tra spalliere bruciate,
contornate d’acre fragranza di grano,
e ancora i convolvoli agresti,
i sesami, i papaveri
sparsi dintorno:
gocce di sangue disciolte
sui fulvi vestiari
o di latte
da mammella divina cadute;
dondolio di vespe
sulla tua fronte
tumida di sudore
sulle ore di una pigra clessidra.
Mi attendo paziente
uno spento languore
di fiori essiccati sulle reste
del tuo letale calore.
(Da Il
fatto di esistere. Lineacultura. Milano. 1996)
Nude le parole davanti all'illuminata introduzione di Marco dei Ferrari e ai versi 'a cascata' dell'impareggiabile Nazario. Luglio, nella 'sacralità' , sottolineata dal prefatore, è vissuto con i cinque sensi: fragranze, colori, caleidoscopi di immagini, sensazioni tattili, sapori... 'di latte / da mammella divina cadute'.E la chiusa è dormiveglia, stato di 'languore', presagio di un domani 'caldo' e vivo. Versi che nessun pennello potrebbe uguagliare... Sono estasiata. Grazie a entrambi.
RispondiEliminaMaria Rizzi
Ecco due poeti che sembrano in simbiosi tra loro nella passionalità descrittiva di una Natura lussureggiante...Vicino alla immaginifica poesia di Nazario la pagina di Marco ha accenti vibranti ,quasi di sensualità.
RispondiEliminaDalla lettura di entrambi un piacere quasi fisico. Un Luglio perfettamente consono al nostro presente.
Edda Conte.