LA MUMMIA
AL PRONTO SOCCORSO
L’UOMO HA PAURA DEL TEMPO
IL TEMPO HA PAURA DELLE
PIRAMIDI
Torino,
Museo Egizio di via Lagrange, un giorno qualunque.
Piero Rainero, collaboratore di Lèucade |
Il
Faraone guardava, con occhi inespressivi, il Libro dei Morti.
Il
Libro dei Morti guardava, incurante di tutto l’universo, il Faraone.
I bimbi
si affollavano intorno alla teca contenente la mummia di Amenofi settimo,
additandosi l’un
l’altro
le bendature, la forma del viso e la conformazione ossea, commentando
vivacemente
l’inconsueto
spettacolo. Giulia, una
ragazzina di 12 anni, pensò: “ Però, questi Faraoni!
Hanno
scovato il modo di turlupinare il tempo! Grazie ai processi di imbalsamazione
abbiamo ancora
le informazioni sulle loro cellule.
Chissà che un giorno non si trovi la possibilità di clonarli.
Amenofi
avrebbe allora un gemello nato però circa 6.000 anni dopo ” .
Giulia
fu l’ultima del gruppo di persone, adulti e non, che quella sera lasciò la sala
delle mummie.
Giulia
preferiva i profumi esotici a quelli francesi ed usava, all’insaputa della
madre, un’essenza egiziana
chiamata “ Alessandria di notte N.3 ”, un profumo dall’odore talmente pregnante
da far resuscitare
i morti.
E
Amenofi, infatti, lo avvertì.
Socchiuse lentamente le palpebre e guardò, con una strana luce negli
occhi, i papiri sulle pareti, papiri che narravano di una antichissima civiltà
che aveva edificato costruzioni
destinate a sfidare i millenni.
Amenofi si rizzò a sedere, ruppe la teca di cristallo, si
alzò
in piedi con movimenti lentissimi ed enorme fatica. Sentiva un dolore acutissimo in ogni
parte
del corpo.
Si
avvicinò alla bara di Ramsete ottavo, spezzò il vetro con un pugno, scrollò il
torace dell’illustre
collega
e lo svegliò dal lunghissimo letargo.
I
nostri due amici parlarono tra di loro. E’il caso di spiegare un po’ meglio
come avvenne il
colloquio. In realtà i due Faraoni non aprirono
bocca ( né avrebbero potuto ).
Conoscevano
una maniera di comunicare molto antica ed oggi decisamente in disuso: la
telepatia.
Eh...già!
I Faraoni non farebbero la fortuna dei gestori di reti telefoniche.
Vi
vedo un po’ perplessi.
Non
che Amenofi fosse vissuto molto tempo prima di Ramsete e parlasse una lingua
diversa:
semplicemente
Ramsete pensava in minuscolo mentre Amenofi ( che era sempre stato un
megalomane
) in maiuscolo, cioè in grande.
Vi
vedo ancora perplessi. Ah...dimenticavo:
siccome, presumo, non conoscete la scrittura
geroglifica,
vi fornirò la traduzione dei dialoghi fra queste altezze reali dell’antichità.
Ecco
dunque la fedele trascrizione in lingua italiana.
Amenofi:
“ Sfinge mia! Mi sento tutto rotto! Penso di aver dormito diverse ore, ma è
come se mi
fossi
appena coricato ”.
Ramsete:
“ Eh, già, non dirmi niente! Ho dei dolori intercostali insopportabili ”.
I
nostri due amici dal sangue molto blu, terminata questa interessantissima
discussione, svegliarono
dal
lungo sonno senza sogni gli altri due inquilini della sala delle mummie: Amon
terzo e Tutmosi
secondo. I quattro, appurato che le porte di
accesso al salone erano sprangate,
trascorsero la
notte
rileggendo da capo a piedi il Libro dei Morti, indi lo commentarono vivacemente
con uno
scambio
di opinioni a dir poco focoso ed infine enumerarono ancora i loro vari
acciacchi
lamentandosi
come vecchie comari.
Le prime luci dell’alba li sorpresero durante
una partita a tresette col morto.
Al
ragionier Pierpaolo Pierpaoli, da 27 anni custode del prestigioso Museo, venne
un colpo quando
aprì
la sala numero 6 e si trovò davanti quattro individui completamente bendati,
quattro persone la
cui
identità gli era nota come le sue tasche.
Si muovevano!
Lentissimi, come enormi dinosauri erbivori, ma camminavano!
Si
precipitò all’ingresso, strappò di mano il telefono alla signora Rosamunda e
tirò giù dal letto il
cavalier
Asdrubale, direttore del Museo.
Il
simpatico cavaliere, dopo 2 minuti e 17 secondi di catalessi, ripresosi,
ascoltò anche la signora
Rosamunda
alla biglietteria, per assicurarsi che il signor Pierpaoli non fosse
improvvisamente, e
senza
segni premonitori, impazzito.
Il
signor Asdrubale chiamò, in rapida successione e scrupoloso ordine cronologico,
la polizia, i
vigili
urbani, i pompieri, i carabinieri a cavallo, la finanza e la Croce Rossa.
I
primi ad accorrere furono, ovviamente, i volontari della Croce Rossa.
Constatate
le precarie condizioni di salute dei quattro personaggi, che si reggevano a
malapena in
piedi,
li caricarono sull’ambulanza che partì a sirene spiegate verso il pronto
soccorso dell’ospedale
“
Molinette ”. Nell’atrio del pronto
soccorso aspettavano il loro turno, pazienti, i nostri
inseparabili
amici Andrea, Elena, Manuela e Sara.
I
primi tre avevano accompagnato Sara, che si era ferita l’indice con la punta di
un vecchio
fuso,
mentre filava la lana che sarebbe servita a confezionare un vestito per la sua
Barbie.
I
nostri amici videro arrivare l’ambulanza, da cui scesero quattro persone
completamente ricoperte
di
bende. Anche il dottore di
guardia li scorse e capì subito tutto.
“
Presto ” disse “ portateli subito con l’ascensore al sesto piano, al centro
grandi ustionati! ”.
“
Guardi che non si sono bruciati ” lo informò gentilmente l’autista
dell’ambulanza “ sono quattro
faraoni,
ospiti del Museo Egizio ”.
Il
giovane dottore lo squadrò ben bene e sbottò: “ Mi sta prendendo in giro, vero?
”.
“
Neanche per sogno ” rispose il
milite. L’inesperto dottorino,
per essere convinto, dovette
ricevere
conferma pure dagli altri volontari presenti nonchè dal cavalier Asdrubale e
dal ragionier
Pierpaoli,
i quali avevano seguito l’ambulanza sfrecciando a folle velocità ( 15
chilometri l’ora,
quanto
permetteva la 500 del direttore del Museo ) per il centro cittadino, tra
passanti allibiti e vigili
compiacenti.
Il
dottore di guardia però recuperò il tempo perso tra prima diagnosi sbagliata e
incredulità
iniziale ordinando una raffica di accertamenti, controlli ed esami vari.
I
quattro bimbi dell’asilo si trovavano di fronte all’ingresso della Radiologia,
situata
vicinissimo
al pronto soccorso, a proprio agio nonostante la novità del luogo.
Manuela
disse “ Sara, cambia il fazzoletto, è tutto rosso di sangue, tieni il mio ”.
Poi,
mentre Andrea stava commentando l’arrivo degli uomini “impacchettati”, un
infermiere disse
al
radiologo incaricato: “ Ecco il foglio con la prescrizione per la TAC ”.
“Ah..!”
intervenne Elena “ ora dovrai aspettare un bel po’, Sara. Faranno la TAC a
quell’…Ambaradan
quinto ”. ( Elena non sapeva come chiamare quel ..coso, che rassomigliava
tanto
ad una statua prima dell’inaugurazione ).
“ Sì,
ma faranno prestissimo ” rispose la piccola paziente ferita “ per fare la TAC è
sufficiente che il
medico
accosti una lastra al corpo del malato e pronunci a voce alta “ TAC” ed ecco
che la lastra
rimane
impressa ”.
Andrea
rise di cuore e disse: “ No, che non è così che si fa. Io l’ho vista fare a mio nonno che
aveva
male a bronchi e polmoni, ma il radiologo non ha detto “ TAC” ”.
“ Sì,
che si fa così, me lo ha detto il mio papà ”.
“ No,
che non si fa così ” ribadì Andrea.
“
Chiediamolo al dottore ” si intromise la
pragmatica Manuela.
Il
medico, che aveva involontariamente ascoltato la discussione, cortesissimo
spiegò che fare la
TAC
era un po’ come cercare di vedere in una scatola buia.
Ma
seguiamo le sue parole.
“
Vedete ” disse “ immaginiamo che uno di
voi, per esempio il maschietto, abbia a disposizione 9
caselle,
come nel gioco del Filetto, o Tris, e possa collocare dei distintivi, ad
esempio croci, in
alcune
di queste caselle, dove vuole e quanti ne preferisce, a sua completa
discrezione.
Le tre
bimbe devono poi indovinare la disposizione dei contrassegni ponendo delle domande
ad
Andrea,
ti chiami così, vero, giovanotto?
Le
domande sono del tipo: quante croci ci sono nella prima riga? Quante sulla
seconda colonna?
E
sulla diagonale da sinistra in basso a destra in alto? E sulla linea obliqua
che tocca solo la prima
casella
in alto a sinistra? E così via.
Avete,
fatevi un disegno della scacchiera e, mentre aspettate, magari anche una
partita , 16 possibili
risposte. Potete fare questa specie di radiografia da
quattro direzioni diverse.
Confrontando
le 16 risposte avrete un’immagine precisa dell’esatta disposizione dei
distintivi.
La TAC
funziona esattamente così; solo che le caselle sono numerosissime, vari
pezzettini del
corpo,
ma le angolazioni possibili anche.
Inserendo i dati in un computer, si riesce poi a leggere il
risultato. Questa è solo la prima “ fetta ”, però, in
seguito viene sezionata tutta la zona che
interessa,
cranio, addome o quel che vogliate voi.
Noi,
per chiedere all’organismo se c’è più o meno materia, inviamo dei raggi X che
vengono
assorbiti
diversamente a seconda della densità di ciò che attraversano ”.
“
Tante grazie per la spiegazione ” disse educatamente Elena “ ma ora vada a fare
la TAC a quel
poveraccio
ridotto così male! ”.
Gli
esami non finiscono mai, si dice.
Bene,
mai detto fu più calzante a ciò che dovettero subire gli antichi Re durante
quella interminabile
giornata
( Sara fu medicata, con occhiata del medico, garza e cerotto, alle 9 di sera e
dimessa
mezz’ora
dopo).
Questo
l’elenco dettagliato dei controlli effettuati sulle quattro mummie:
Esame
del sangue
Esame
delle urine
Esame
delle lacrime
Roentgen
vari ( circa 15 )
Fotografie
in pose diverse
Due
ritratti
Un
affresco nell’atrio dell’ospedale, eseguito da un infermiere che di nome faceva
Michelangelo e di cognome
Nonmiricordopiù
Controllo
dell’osteoporosi ( uno a testa )
Risonanza
magnetica
TAC (
Tomografia Assiale Computerizzata )
PET
( Tomografia ad Emissione di Positroni )
PAT
PIT
Tutti
questi controlli, fatti da personale appositamente specializzato e
scrupolosamente addestrato,
permisero
di ottenere un quadro clinico di invidiabile chiarezza.
Finalmente,
alle 21.30, udito anche da Sara e compagni che stavano uscendo, venne diramato
il
bollettino
medico. Il primario di Radiologia,
dottor Chiaroscuro, di fronte a quattro bimbi di una
scuola
materna, otto giornalisti, il cavalier Asdrubale, il ragionier Pierpaoli ed una
paziente con la
sciatica
lesse gravemente:
“ Gli
accertamenti effettuati in data odierna nei confronti dei signori Amenofi settimo
e Tutmosi
secondo
hanno dato i seguenti riscontri: Ossa iliache di dimensioni e struttura
regolare. Falangi
sinistre
distese, ingrossate, alitiasiche.
Qualche millimetrica cisti parapielica a carico di entrambi i
piedi
”.
“ Non
ho capito molto, e tu, Manuela? ” chiese
Elena.
“
Neppure io ” confermò quest’ultima.
Sara
ed Andrea si scambiarono un’occhiata che sottintendeva l’esotericità di quel
frasario.
Il
direttore del Museo Egizio, vistosamente preoccupato per le sue amate creature,
intervenne:
“ Ma
insomma, di cosa soffrono? ”.
“
ARTROSI ” rispose laconicamente il
primario, che, ignorando gli sguardi increduli dei presenti,
continuò:
“ Gli
accertamenti a cui sono stati sottoposti invece i signori Ramsete ottavo ed
Amon terzo hanno
consentito
di evidenziare la seguente situazione: Pancreas non completamente visualizzato.
Non
estasia
dei dotti biliari. Infiammazione corticale polare superiore del femore destro.
Fegato senza
apprezzabili
lesioni focali ”.
“
Hmm…” si limitò a commentare Manuela.
“ Che
limpida esposizione! ” disse Elena.
“ Io non ho capito nulla ” sbottò, spazientito, Andrea.
“
Proprio un nome azzeccato, Chiaroscuro, anche per come si esprime ” lo catalogò Sara.
“
Quale è la loro malattia? ” implorò,
quasi gridando, il cavalier Asdrubale.
“
ARTRITE ” specificò il luminare (
mezzoluminare, se il destino è già insito nel cognome ).
Qualche
minuto dopo il signor Asdrubale fu ricevuto dal primario di Radiologia, per un
colloquio
riservato,
in una saletta anonima. Il cavaliere
era distrutto, non sapeva darsi pace, aveva già
intuito,
ancor prima che il dottore aprisse bocca, che le condizioni dei suoi quattro
conoscenti erano
serie
e che le patologie si sarebbero rapidamente aggravate.
“
Indubbiamente ” gli confermò il dottor Chiaroscuro “ in un clima come quello
torinese non c’è da
stare
per nulla allegri. Sconsiglio nel modo più assoluto il ritorno al Museo della
nostra città.
Per
l’artrosi è necessaria una temperatura media decisamente più alta, mentre per
l’artrite il caldo è
controindicato,
pertanto Ramsete ed Amon dovranno trasferirsi in un luogo più fresco e
ventilato.
E
questo è tutto ”.
Asdrubale
ringraziò lo specialista e si trasferì all’uscita del nosocomio, dove Andrea,
Manuela,
Elena
e Sara stavano per separarsi.
I
quattro amici notarono il palese sconforto in preda al quale era il direttore
del Museo, gli si
avvicinarono
e cercarono di alleviargli, per quanto
possibile, la sofferenza.
“
Povero me, sono disperato ” si lamentava
il distinto signore “ Che fine faranno le mie mummie?
Non
posso certo mandare Tutmosi alle Seychelles, Amenofi all’isola Mauritius, Amon
ad Helsinki
e
Ramsete ad Ottawa. Che tragedia! ”.
“
Manu, Andre, sentite! ” disse Sara e cominciò a parlottare sottovoce con loro
due.
Poco
dopo li raggiunse anche Elena ed incominciò un rapido e concitato scambio di
idee.
Non
avevano molto tempo: il signor Asdrubale, in compagnia del fido Pierpaoli,
stava per
allontanarsi
dall’ospedale.
I due
attempati signori vennero intercettati dai nostri piccoli eroi proprio mentre
si accingevano ad
aprire
la porta ( l’unica che funzionava ) della 500.
“
Sentite ” disse Elena, portavoce del gruppo in quanto più anziana degli altri (
si fa per dire )
“
Abbiamo una proposta da sottoporvi ”.
“
Come? ” rispose distrattamente il direttore.
“ Sì,
ascoltate: Amenofi e Tutmosi soffrono di artrosi e devono stare al caldo,
mentre Amon e
Ramsete
devono andare al freddo per l’artrite, giusto? ”.
“
Purtroppo è tutto vero ” confermò Asdrubale in preda ai più cupi pensieri.
“
Bene, abbiamo la soluzione! E’
semplicissimo: Ramsete ed Amon verranno ospitati dal British
Museum
di Londra. Stia tranquillo, signor Asdrubale, saranno curati amorevolmente,
come due
bebè ”.
“ Ah.. beh.. sì. Non ci avevo pensato. Lì
c’è una parte adibita alla conservazione di mummie egizie,
è
vero! ”. Il viso del direttore
iniziò a rischiararsi. “ Ma Tutmosi
ed Amenofi? ”.
“
Elementare, cavalier Asdrubale! Impacchettateli e spediteli al Museo del Cairo.
Certamente
staranno
al caldo ” gli fece di rimando Elena.
A
questo punto l’esimio cavaliere, vinta ogni inibizione, improvvisò per la gioia
un girotondo con
Sara,
Andrea, Pierpaolo, Manuela ed Elena, tra lo sconcerto dei parenti dei pazienti.
Il
direttore del Museo, finito di ruotare, organizzò per bene tutto in quattro e
quattr’otto.
Disturbò
la digestione ad una mezza dozzina di influenti politici che gli dovevano
alcuni favori e,
alle
23.51 in punto, due piccoli aerei privati erano pronti sulla pista di rullaggio
dell’aeroporto di
Caselle.
Sara e
C. furono invitati dal cavaliere ad accompagnarlo per dare l’addio agli ex
potenti della Terra.
I
bambini guardavano incuriositi i preparativi per l’imbarco. Le quattro casse vennero equamente
divise
tra i due velivoli che, quasi simultaneamente, decollarono in direzioni
diametralmente
opposte:
quello degli artrosici verso Sud-Est e quello degli artritici a Nord-Ovest.
Gli
sguardi dei presenti seguirono i due aerei sino a che divennero puntini
indistinguibili
dall’oscurità
ormai completa.
I
bimbi, orgogliosi di aver contribuito al buon esito del problema sanitario,
pensarono, con un velo
di
tristezza, che le antiche incarnazioni del Sole stavano imboccando strade
diverse.
Si
sentirono stringere da un nodo in gola, presagio di una nostalgia non ancora
avvertita, ma in
agguato
nel loro futuro. I Faraoni infatti
erano pur sempre quattro amici che il destino avrebbe
separato,
forse irreversibilmente.
E se
un giorno lontano la stessa sorte fosse toccata a loro?
Grande inventiva, notevoli capacità narrative, e tatto analitico. E' sempre un piacere leggere i suoi racconti. Ed io attendo con ansia il nuovo mese.
RispondiEliminaProf.Angelo Bozzi