A oriente di qualsiasi origine di Annalisa Rodeghiero, Ed. Arcipelago Itaca. 2021
La poesia di
Annalisa Rodeghiero appare radicata in un paesaggio assai simile, probabilmente
per prossimità geografica, a quello evocato da Zanzotto, specialmente nelle
poesie giovanili: il profilo dei monti, le abetaie, i fiumi, la neve, in un
costante colloquio (e qui traspare la lezione del Petrarca) con il proprio
mondo interiore, tra memorie e funzione catartica, quest'ultima già evidente
nel titolo stesso della silloge poetica A oriente di qualsiasi origine, in
cui la parola più ricorrente è alba, a sottolineare, testo dopo testo, il
virginio ricominciare della vita (ribadito da altri lemmi di grande frequenza
come “bianco” e “neve”) e il valore salvifico del silenzio, in cui brucia ogni
ostilità che separa.
Si apre, così, intorno al corpo e alla materia, uno spazio
di spiritualità intatta, in cui la poeta sposta la gravezza verso la
rarefazione della luce: Luce sopra ogni filo d'erba all'alba, / alba
di luce sugli abeti in fila. Ad ogni fronda di pioggia / una lanterna
(…) soprattutto attraverso la smaterializzazione della parola in un
lavoratissimo e purissimo gusto musicale.
La quotidianità ricomincia ogni volta da una sorgente di
freschezza archetipica, quella a cui allude l'indicazione non spaziale, ma
metafisica dell'Oriente.
Come osserva il prefatore Massimo Morasso, «la
quadripartizione del macrotesto ordina i quattro elementi fisici “classici” -
aria, acqua, terra, fuoco»; i quali, però, assumono in questi versi della
Rodeghiero, un valore soprattutto simbolico, che dirige verso un'alterità
sconosciuta quanto i sensi vanno sperimentando nell'arco delle ore.
L'acqua, in particolare, travalica la sezione che le è
dedicata, trasbordando ogni argine, secondo la sua natura anarchica,
così come il tempo di cui è figura, in cui si mescolano i fiumi del passato e
del presente, l'affermazione e la negazione, lo scorrere delle parole che
cercano di fissarlo su un foglio di segni scritti.
E, ricorrendo al mito, all'Est favolistico della nostra
immaginazione, la Rodeghiero sembra mettere insieme, poesia dopo poesia, una
sorta di libro magico, ricco di rivelazioni, di frammenti sapienziali.
E, tuttavia, in trasparenza, si intravvede l'elemento
autobiografico: l'infanzia, il paese nativo, la città di Padova in cui vive, le
delusioni, le gioie, in un perpetuo innamoramento dell'amore (con le sue estasi
e i suoi precipizi, i suoi dettagli e le sfumature), con una disposizione
sempre vivida al canto, che lo esalta mentre lo decanta, intanto che viene
evocando altri poeti con cui dialogare
(la Cvetaeva, Rilke, Brodskij, Eliot), nella convinzione che l'eros poetico sia
anche la capacità di interiorizzare le voci che le hanno insegnato
l'invisibile.
Franca Alaimo
5 febbraio 2022
Il profilo dorato dei rilievi
Nella terra
che più d’ogni altro luogo m’appartiene
il profilo dorato dei rilievi apre l’infinito.
Beata si adagia l’abetaia attorno,
tace l’autunno nelle sue schiarite.
Se è vero che siamo ciò che guardiamo,
in questa trasparenza inimitabile
noi siamo –
l’aroma dei rintocchi
che dalla legna scricchia dopo la pioggia
e svapora sopra la corteccia d’aghi,
messi in salvo i rami solitari,
saldi alla radice i sogni assolti.
XV
Se questo silenzio è l’eco di polvere
sul disordine di abbandoni inspiegati
e
delle colpe
se le madri anche avessero sbagliato
nella bontà, se nella semina
avesse avuto radici storte il seme
e il tropismo della terra non ne avesse corretto
il verso, servirebbe ora sfasciare
– invocato,
dei semi maturi, il dio – per
ricostruire a norma,
a norma sgusciare come il giorno
nella chiarità – origine, distesa arata, solco.
Il corsivo rimanda a una poesia della raccolta Dir zur
Feier di Rainer Maria Rilke nella traduzione di Raffaella Fazio in Silenzio
e tempesta, Marco Saya edizioni, 2019
XVI
Essendo presenti a tanto stupore, trattenere l’oro
dell’alba
sui boschi ancora neri del nord, nella ferita dei venti,
delle radure il respiro – dei semi deposti dai merli.
Come torbiere custodire antiche memorie nel fondo.
Imparare dai campi riarsi, il sogno di neve.
Cancellarsi come neve, come neve crearsi.
XXIX
Comunque guardarsi intorno
da un punto distante, avvertire
nella fatica d’argine – agitarsi il fondo,
acqua anarchica nel ribaltamento.
Sarà questo gonfiarsi d’anse rabbiose
a condurci dove si rammendano le colpe,
inconsapevoli di cosa rimarrà
nell’iride della mancanza
quando spossati torneremo
–nel
nulla, nel tutto – che
siamo.
Ringrazio immensamente Franca Alaimo per l'ascolto prezioso e Nazario Pardini per l'attenzione e la cura.
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