domenica 24 dicembre 2023

Nota critica di Angela Ambrosini per :" La sorpresa di Natale " di Nazario Pardini

 Rinomato poeta, saggista, ordinario di lingua e letteratura italiana, divulgatore culturale e direttore del Blog letterario “Alla volta di Lèucade”, il Professor Nazario Pardini non ha certo bisogno di presentazioni. È qui nostro intento porre all’attenzione del lettore una sua bellissima lirica non direttamente ispirata al Natale, ma che, senza intenzione retorica alcuna, può inserirsi nel solco del vero Natale evangelico, opposto con fermezza alle varie manipolazioni di stampo commerciale o fatuamente bambinesco da cui ci sentiamo sopraffatti. Un Natale perduto in una infanzia lontana “che non aveva nubi”, un Natale non certo maciullato, anche e soprattutto a livello valoriale, dall’ingranaggio della mercificazione moderna. L’invocazione del poeta, introdotta dalla semplice interiezione “o”, si reitera fino a metà della lirica pudicamente mai scandita da punti esclamativi quasi a voler trattenere un’emozione che, pur insopprimibile, nulla vuol concedere a smaccati compiacimenti, per poi dilatarsi, con la martellante eco della stessa vocale, nel repentino lamento del verso “Dove, dove, quel pioppo solitario”, a svelare la parallela simbiosi emotiva tra la pianta e il poeta, timido ragazzo “solitario”. La lirica spazia dalla vivida visione della casa d’infanzia, focolare domestico quasi presepiale tratteggiato con potenti pennellate a forza di parole, fino all’intimo ricordo dei familiari che la abitavano, “stanchi di povertà nascosta dentro il cuore”. Il viscerale ma composto climax ha il suo acme nel tema classico dell’ubi sunt?, non a caso sottolineato, come da tradizione, da punti interrogativi. “O tutti voi miei cari, dove siete finiti?” La domanda angosciata del poeta investe anche la sua stessa gioventù, quasi sdoppiatasi in un’esistenza a lui estranea e stupore e dolore sono così cocenti da dover invocare lo stesso Dio: “O mio Dio, che cosa ho fatto mai della mia giovinezza…?”. Lo sguardo della memoria nuovamente indugia sulla casa, sulle sue stanze “che diffondevano spifferi di gelo”, sull’albero che non esiste più poiché “non c’è più niente attorno a quella casa”, laddove l’uso del deittico (il dimostrativo “quella”) dilania nella lontananza del tempo e dello spazio ogni brandello di ricordi. Il gioco allitterativo della consonante “c” ora occlusiva (“cullanti…piccolo occupato”), ora schiacciata (“lucidare bici per tre bicci” e qui avvolta dall’efficace guizzo di una paronomasia nel gioco di parole con il termine vernacolare “bicci”), enfatizza l’alone del ricordo che come spesso accade si sostanzia anche di suoni. La forma, nella sua tessitura lessicale immediata, concreta e, proprio poiché aderente al tema della povertà, estranea a ogni volontà di canto aulico, espande purtuttavia la pregnanza del poetabile nella dimensione del quotidiano, di pascoliana memoria, fino a toccare le corde più intime non solo di chi scrive, ma anche di chi legge. Una poesia delle piccole cose, di un minimalismo non programmato che per antifrasi sconfina nei grandi valori, quelli veri, dell’esistenza.

Splendida la chiusa di quest’altrettanto splendida lirica: nel riquadro mentale di una “finestra smilza e sverniciata”, quasi un varco temporale, torna in vita la silhouette del padre che, prostrato dal lavoro e dalle pene, raccoglie le forze per donare al figlio la sua semplice ma insostituibile compagnia gustando insieme a lui un panino “come fosse la sorpresa di Natale”, corollario di un’infanzia che, sia pur nell’indigenza, si fa gioiosa e trepida attesa di rinnovate, umili speranze, autentico messaggio di pace interiore e intimo spirito natalizio.

 

 

NAZARIO PARDINI

LA SORPRESA DI NATALE

  

O stanze fredde dove mi specchiavo

ancora immerso in rivoli di cielo

che non aveva nubi. O scaletta

mezzo diroccata che portavi

a soglie di speranza. O finestra

che aprivi ad orizzonti larghi e vasti,

o familiari stanchi

di povertà nascosta dentro il cuore

di chi conobbe stelle,

e lune a riposare dentro un pozzo

di una madre sfinita;

o padre, o fratello, o focolare

dove scaldai le quattro mie nozioni

prima di andare presto alla città

che mi voleva giovane. O tutti voi miei cari

dove siete finiti? O mio Dio,

che cosa ho fatto mai della mia giovinezza,

dei sogni che restavano aggrappati

ad un ragazzo nudo e solitario?

Eppure oltre il chiuso si giocava

mentre tu stavi a parte nel silenzio

a rimestare storie

in attesa di stanze

che diffondevano spifferi di gelo.

Dove, dove, quel pioppo solitario

con le fronde cullanti l’innocenza

di mio fratello piccolo occupato

a lucidare bici per tre bicci?

Non c’è più niente attorno a quella casa.

E la finestra smilza e sverniciata

è rimasta nel cuore di colui

che è a rivivere con occhi semichiusi

giorni di un padre stanco

che spendeva la sua ultima fatica

ad attendere un figlio al superiore

e stare con lui  

a gustare un panino

come fosse la sorpresa di Natale.

 

 

 

(in Dagli scaffali della biblioteca, Guido Miano Editore, 2020)


 N. 200 NOV.DIC. 2023 - BOLLETTINO LUNIGIANA DANTESCA

 

 

2 commenti:

  1. Mi complimento per l'emozionante tributo al professor Nazario da parte diella dottoressa Angela Ambrosini. La lirica delicatissima "La sorpresa di Natale" è aderente all'anima del Poeta dalla vita in cui i sogni si reificano nel proprio viaggio emozionale e trasmutano in poesia. Nella eco di questa doppia "sorpresa" stringo i leucadiani tutti nell'augurio di pura pace.
    Rita Fulvia Fazio

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    1. Ringrazio Rita Fulvia Fazio per il suo bel commento esprimendo a mia volta a lei, al professor Pardini e a tutti i leucadiani, in questo ultimo giorno dell'anno, i più sentiti auguri di "pura pace".

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