venerdì 7 marzo 2025

Anna Vincitorio legge :"Apologia del silenzio " di Tomas Tranströmer


   Silenzio: espressione di qualcosa d'indefinito che ci avvolge.

         Può assumere diversità d'intensità e di calore a seconda della persona o dell'evento a cui si riferisce. L'uomo ha momenti della sua vita in cui ha bisogno di solitudine in cui immergersi e da cui trarre conforto o evasione. Il silenzio, anche come parola. ha il suo fascino. Può assumere le sembianze di un mostro e stritolarti, o l'inconsistenza gassosa di una nuvola che t'irradia di luce. Ogni atto creativo nasce dalla meditazione e dal silenzio. Il silenzio si vive, si racconta. La poesia, nella magia delle sue immagini, pause, sogno, nasce dal silenzio costruttivo in cui si muove il poeta. La sua ricerca è di suoni melodici, onirici che, trasportandoti oltre il razionale, aprono la porta al dolore o alla gioia.

         Essere avvolti dal silenzio è come essere a fior di un'acqua ignota o vagare nelle nebbie dell'inconscio. Alla base rimane la ricerca incessante d'amore, linfa vitale di ogni uomo.

         Silenzio, ricco di parole non pronunciate ma che scalpitano come cavalli alla ricerca di spazi in cui perdersi. La meta è l'infinito che può divenire una forma d'arte. Solo la parola quando assume valore di poesia, può infrangere il silenzio e librarsi. Puoi leggere, rileggere uno scritto non curandoti del tempo ma solamente dell'emozione che può suscitare. Silenzio è dolore, gioia, immersione nell'indefinito che può appagarti come distruggerti.

         Tomas Tranströmer è il poeta che cantava il silenzio ed è dal silenzio, che scaturisce come musica (da lui molto amata[1]), la sua parola.

         Silenzio, inteso come flusso vitale. Uomo che viveva appartato; amante della natura, ma, al contempo, con la sua professione di psicologo, negli anni sessanta, aveva lavorato in un centro per il recupero dei ragazzi “perduti”. Uomo sensibile, attento e partecipe al dolori che straziano la vita. Nel 1990 è colpito da un ictus che lo priva di gran parte del movimento e della parola (afasia). Tutto questo non gli impedì di continuare a scrivere. Si ricorda per la sua completezza e importanza La lugubre gondola del 1996. Dal silenzio sgorgavano la sua presa di coscienza del mistero, la luce che vince le tenebre, il sogno che può rendere luminosa la vita.

         Adotta come metodo di scrittura il frammento e la metafora che eludono i limiti imposti dal tempo e accrescono la magia dei concetti, attraverso l'essenzialità della parola. Veniamo a conoscenza della visione della sua realtà attraverso immagini cristalline come l'acqua nel suo scorrere. Con i suoi versi ci ha introdotto nella sua interiorità la più segreta. Il suo sentire va oltre l'esistenza terrena e, sulla carta, concetti, parole, visioni d'eterno. La natura, le passeggiate nella neve al chiaro di luna e l'acqua di Runmarö, un'isola dell'arcipelago di Stoccolma, quasi deserta. Nella sua palude, orchidee di specie diverse. Ogni poeta ha la sua isola. Il suo mondo costellato di visioni traslucide in cui perdersi per poi ritrovarsi.

         Abbiamo la visione di lui bambino perso nelle strade di Stoccolma; i ricordi di scuola, la maestra, severa che esigeva silenzio ma che poi offriva una caramella. Con l'immaginazione, Tomas che amava la luce, poteva scorgere notti dal sole splendente e, nel silenzio, sentirsi libero da ogni legame e leggero, fluttuare in spazi aurorali.

         Ho pensato di riportare alcuni frammenti della poesia di Tranströmer tratti da Poesia dal silenzio – Crocetti Editore – Testo tradotto a cura di Cristina Lombardi.

 

                            Da Dister – 1954:

 

Immagini si susseguono: “sotto la quiete punto volteggiante della poiana/ avanza rotolando il mare fragoroso nella luce...”. La luce che è incorporea,                                                          acquista massa e la poiana, se ferma il suo                                                      volo, diviene stella. Quindi luminescente                                                       e ferma in un cielo buio. Questa                                                                          trasposizione di elementi e in altri di                                                               consistenza e natura diversa, provocano                                                                   nella mente un ondeggiare di immagini che,                                                    mutate nel loro iniziale significato, creano                                                     simboli sonori. Si va oltre lo scibile in una                                                     celeste armonia.

“L'alba batte e ribatte sui/ cancelli granitici del mare e il sole crepita/ vicino al                                                   mondo”. La visione del mare diviene simile                                                    a cancelli di granito. Un mare che ha perso                                                     la sua fluidità guadagnando in forza e il sole                                                      si avvicina al mondo crepitando come un                                                  fuoco tra le braci. Il sogno si anima e navi                                                       sospese nelle nebbia gridano in spazi di                                                         immobile acqua.

“Eppure la tempesta infuria/ il vento sta/ forte contro il volto di chi abborda./”                                                    Salire è andare verso la Morte. Il silenzio si                                                   anima e “suona come una sveglia/                                                                   un'improvvisa corrente... e una porta si                                                           chiude”. Sulle speranze dell'uomo? Non ci è                                                        dato saperlo.

         C'è un luccicare frammisto al silenzio di città scomparse. In alto le stelle e “nella profondità/ della montagna dov'è la grotta dei pipistrelli/ vi stanno fittamente appesi anni ed eventi…/ Nell'albero scuro si volta una foglia".

                                                        I versi di Tranströmer si susseguono come                                                      sospesi in un cielo fuori del tempo. Non c’è                                                    razionalità, ma immagini che volteggiano                                                       come uccelli in alternanza di luce e tenebra.

In una Svezia dai lunghi, bui inverni “estate sotterranea vicina ad ogni uomo”.

 

1958 – Da segreti sulla via: “Come quando un uomo è così immerso in un sogno/ che mai/ ritornato al suo spazio,/ ricorderà di esserci stato”.

                                                        Ricorrente il sogno, che schiude orizzonti di                                                   magia, e di luci senza corpo che svaniscono                                                    all'alba e forse nemmeno resta il ricordo!

 

Descrizioni di una natura in cui nei campi vuoti “un brusio di voci segue l'uomo all'aratro./… Una dopo l'altra si staccano le ombre/ e precipitano nell'abisso del cielo d'estate…”

“Il villaggio odorante di stalla con gracili cani./ Il funzionario del partito sulla piazza del mercato/ del villaggio odorante di stalla con le case bianche…”

 

                                                        Descrizioni che trasmettono gli odori di una                                                   natura dal poeta amata che ha il suo fascino                                                    agreste in una atmosfera permeata di                                                              silenzio. Case, visioni di un villaggio “ad ali                                                  spiegate sul pendio della montagna”.

 

Da Il cielo incompiuto – 1962:

“un albero vaga nella spiaggia,/ ci passa in fretta davanti nel grigio scrosciante…/ Prende vita dalla pioggia/ come un merlo in un frutteto./ Appena smette di piovere l'albero si ferma/ S'intravede dritto e fermo nelle notti chiare./ come noi in attesa dell'istante/ in cui i fiocchi di neve si rovesciano nello spazio.”

 

                                                        Poesia incisiva. Un albero umanizzato; la                                                       pioggia gli dà vita. Se la pioggia si placa,                                                       l'albero si ferma e aspetta. Cоsа? L'istante in                                                  cui i fiocchi di neve si rovesciano nello                                                                  spazio. Poesia che non ha chiusure, animata                                                        da immagini simboliche. Il tutto in brevi                                                               istanti. Concetti vaganti in una notte pensata                                                      senza confini.

Da Echi e tracce – 1966 – Il poeta e gli uccelli.

 

… “Da una porta sul retro del paesaggio/ arriva la gazza/ bianca e nera…/ E il merlo si muove a zig zag/ finché tutto diventa un disegno a carboncino… Non ci sono qui spazi vuoti/ Stupendo sentire come la mia poesia cresce/ mentre io mi ritiro,/ cresce, prende il mio posto/ si fa largo a spinte,/ mi toglie di mezzo. La poesia è pronta”.

 

                                                        La forza della parola poetica s'impone;                                                           acquista quella identità che le permette di                                                       vibrare e diffondersi oltre ogni limite.

 

“Qui fui sul punto di morire una sera di febbraio./… Il mio nome, le ragazze, il lavoro/ lontanissimi mi si sciolsero e rimase/ soltanto il silenzio… Ero anonimo…”

 

                                                        Silenzio, unica realtà. Silenzio, cantato dal                                                     poeta. Silenzio, che acquista vigore negli                                                        attimi più scuri del vivere; silenzio che è                                                                 poesia del vivere e del morire.

 

Da La piana selvaggia – 1983.

 

“Stanco di chi non offre che parole, parole senza lingua/ sono andato sull'isola coperta di neve./ Non ha parole il deserto./ Le pagine bianche dilagano ovunque!/ Scopro orme di capriolo sulla neve/ lingua senza parole.”

 

                                                        Stanchezza; bisogno di andare                                                                         metaforicamente sull'isola: isola coperta di                                                    neve; non sole, né uccelli. Solitudine,                                                             deserto. Vanità della parola. Se la parola                                                                 scompare, rimane il silenzio.

 

E allora, …“uscire nel verde gremito/ di ricordi e mi seguono con lo sguardo: così vicini che li sento respirare benché il canto degli uccelli sia assordante…”

 

         Ma cosa resta realmente al poeta? Percorrere la strada dove i suoi passi muoiono “e cosi lo scritto, la mia prefazione al silenzio…” Il silenzio è connaturato in lui anche nel cammino verso casa (qualcosa di concreto): Il poeta è osservato “dalla luce del giorno estivo/ dalla pioggia e dal silenzio,/ osservato dalla luce”.

 

                                                        Anche la luna immobile nel suo pallore, è                                                       ammantata dal silenzio. Silenzio di stelle, di                                                  pianto, silenzio del vivere.

 

Mi piace concludere con qualche lirica haiku:

 

“Il sole bianco/ s'allena e corre al monte/ blu della morte”.

“Il sole è basso./ Ombre nostre giganti./ Sarà tutt'ombra”.

“Scorre la notte/ da est ad ovest svelta/ come la luna”.

 

                                              

                                               Presenza di Dio.

                                               Nel canto degli uccelli

                                               s'apre una porta.

 

                                               La speranza.

 

 

Firenze, 29 gennaio 2025

 

 

                                                                           Anna Vincitorio

NOTA BIOBIBLIOGRAFICA.

 

Tomas Tranströmer (Stoccolma, 15 aprile 1931 – Stoccolma, 26 marzo 2015).

 

Scrittore, poeta e traduttore svedese. Molto apprezzato in patria.

 

La sua opera è stata tradotta in 60 lingue. Suo traduttore e amico negli Stati Uniti Robert Bay. Nel mondo arabo, Adonis. In Italia è stato tradotto da Giacomo Oreglia (Poesie Cusl stampe, 1999), da Gianna Chiesa Isnardi – La lugubre gondola, Herreubaus, 2003, e dal 2001 da M. Cristina Lombardi per Crocetti – Poesia dal silenzio.

Vincitore del Nordic Council's Literature nel 1990; dello Struga Poetry Evenings; del Neustad International price for Literature nel 1990. Nel 2011 vince il Premio Nobel per la letteratura. Motivazione: “perché attraverso le sue immagini condensate e traslucide, ci ha dato un nuovo accesso alla realtà”.

 

Elenco delle opere

 

·        17 dikter (17 poemi, 1954)

·        Hemligheter på vägen (Segreti sulla strada, 1958)

·        Den halvfärdiga himlen (I semilavorati del cielo, 1962)

·        Klanger och spår (Canti e suoni, 1966)

·        Mörkerseende (Visione notturna, 1970)

·        Stigar (Percorsi, 1973)

·        Östersjöar (Lago dell'est, 1974)

·        Sanningsbarriären (Un muro di verità, 1978)

·        Det vilda torget (La piazza selvaggia, 1983)

·        För levande och döda (Per i vivi e per i morti, 1989)

·        Minnena ser mig (I ricordi mi guardano, 1993)

·        Sorgegondolen (La gondola del dolore, 1996)

·        Den stora gåtan (II grande mistero, 2004)

·         Galleriet: Reflected in Vecka nr.II (Galleria: riflessi della settimana n°2, 2007)



[1]      Tomas Tranströmer era un valente pianista e, dopo l'ictus, suonava con una mano sola.

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