venerdì 7 marzo 2025

Antonio Crecchia legge :" Pietro Paolo Parzanese" di Luisa Martiniello, Edizione Domenicana Italiana, giugno 2024


 



 Un saggio rivelazione questo di Luisa Martiniello sul poeta Pietro Paolo Parzanese [Ariano di Puglia ((oggi Ariano Irpino), 11 novembre1809 - Napoli, 29 agosto1852], pubblicato nel mese di giugno 2024 dall’Editrice Domenicana Italiana srl, Napoli.

Conferma di una propensione all’arte della ricerca e alla scrittura saggistica da parte dell’Autrice, la quale, in questo ambito ha già pubblicato altri studi: il primo su Fulvio Orga: (Bum Bum e altri racconti – Verso il futuro, 1978; 2) Nicola Buonopane:  (Le commedie – voce Altirpina n. 25, Centro Studi «G. Criscuoli», Polig. Irpina Lioni, 1992); 3) Gaetano Cipriano: Cristoforo Colombo, Poligrafica Irpina, Nusco 1992); rivelazione della genialità di un poeta dell’Ottocento, noto e celebrato in vita, inserito tra i minori poi, in seguito lasciato nel dimenticatoio.

Già lo spessore del volume (270 pagine) ci dice dell’impegno ermeneutico di Luisa Martiniello, nota come poetessa, con all’attivo tre volumi di liriche: La rondine sul filo (Editrice Ferraro, Napoli, 1998); La casa del sole (Editrice Ferraro, Napoli, 2003); il verso della vita (Editrice Ferraro, Napoli, 2009); un quarto volume dovrebbe vedere la luce quanto prima.

Strutturato secondo la logica della consequenzialità e dell’evoluzione storica delle potenzialità spirituali ed espressive del soggetto preso in esame, “il volume propone l’esame critico di tutta la produzione letteraria del presbitero P. P. Parzanese, terzo di undici figli, nato dall’unione di Giuseppe  con Giovanna Farètra [di Grottaminarda].  Fin dall’infanzia si manifestò “malaticcio ed irrequieto” e tutta la sua vita “fu travagliata da continue infermità”. Brillava la sua intelligenza, accentuata dall’amore per lo studio, condotto in solitudine, con la sofferenza della “malinconia e della taciturnità”. Conobbe le angherie e le brutalità dei suoi educatori, in genere sacerdoti, i quali non gli lesinavano duri castighi per il più piccolo fallo o disattenzione. La sua sfiducia e risentimento contro la classe sacerdotale lo portarono ad esprimere giudizi negativi anche per gli insegnanti che ebbe in seminario, luogo considerato “un bordello, sozzo e barbaramente condotto” da gente “con cervello piccolo e gretto, scostumata ed ignorante”.

Se dai suoi precettori non ebbe altro che “busse, picchiate, sprangate e staffilate”, nell’ambiente natale conobbe la più nera indifferenza, pari a quella sopportata da Giacomo Leopardi nella sua Recanati. In tanto squallore si levano limpide e chiare la forza dell’eloquenza e la fiamma della poesia; non meno alto e lampeggiante l’amore per la Patria, coltivando il sogno rivoluzionario della realizzazione dell’indipendenza italiana, affrancata dal dominio straniero.

Intellettuale eclettico, attivo e propositivo, con una solida cultura classica e biblica, e di una corretta conoscenza di lingue straniere (inglese, francese, tedesco), che gli offrì  l’estro a cimentarsi in traduzione (e imitazioni) di testi da Byron, Hugo, Lamartine, Fauriel,  Goethe…

Non meno salda l’erudizione in ambito filosofico, ottenuta con lo studio dei maggiori sistemi dell’ideologia speculativa.

Il volume propone l’esame critico di tutta la produzione letteraria del presbitero, poeta, oratore, traduttore e divulgatore di scrittori stranieri, da Byron ,Schlegel, Burger,  Hugo, Lamartine, Fauriel,  Goethe, a Klopstock…, su le riviste dell’epoca: Il Lucifero, il Poliorama pittoresco, Omnibus, Iride, ove chiarisce anche la sua posizione nella polemica classico-romantica dopo l’opera di De l’Alemagne di De Staël:  bisogna che la letteratura apra le ali a più largo volo che finora non fece, per rivelare i segreti dell’anima meglio che non seppero gli antichi, intuonare cantici di speranza e di fede, scrivere per il popolo più che per le accademie, rinfocolare nei petti il desiderio di affratellarci in una grande famiglia…

Scrisse molto, sia in versi che in prosa, elevandosi alla dimensione di poeta “cantore della fraternità umana”, traendo ispirazione dalle “fatiche e sventure” del popolo. Da qui l’iniziale giudizio, frettoloso e riduttivo, del conterraneo Francesco De Sanctis che lo qualificò “poeta del villaggio”, apprezzandone, però, l’attività di imitatore e conoscitore di autori stranieri.

 

Per Benedetto Croce “il buon canonico” P. P. Parzanese era da annoverare tra i migliori poeti popolari, da preferirlo a Pascoli nelle scuole elementari per la capacità di comporre testi aventi il carattere di “poesia pratica”, aderente alla realtà epocale ed ambientale.

La critica postdesanctisiana ha compiuto una vigorosa opera di “rilettura” e di rivalutazione dell’intera produzione letteraria di Pietro Paolo Parzanese, che era ampiamente coerente con l’intento  di armonizzare la sua ricerca espressiva sul piano del contenuto, della forma e dello stile, in modo da renderla comprensiva e facilmente assimilabile dalle masse popolari dell’Irpinia e non solo, delle quali auspicava un’uscita non soltanto dallo stato di secolare indigenza, ma anche una maturazione spirituale e culturale, tale da elevarle alla concretezza di una conquista umana, inclusiva di dignità e virtù evangeliche, da permettere a ciascun individuo  d’inserirsi meritoriamente  e responsabilmente nella comunità sociale.

Martiniello ci propone anche un Parzanese che coltivava il sogno rivoluzionario della realizzazione dell’indipendenza italiana, affrancata dal dominio straniero; è del 1841 la canzone La Patria mia, dalla raccolta Fiori e stelle, pubblicata durante il regime borbonico, un inno all’Italia unita,  sogno ribadito poi nel canto Qual è la patria degli italiani?: Iddio la pose colle sue mani/ a piè dell’Alpi sino a Pachino/ per l’ampio dorso dell’Appennino. In Sono italiano del 1848 la bandiera è il  tricolore, dato dall’unione di una rosa vermiglia e un gelsomino e una foglia d’alloro.

Martiniello ci propone soprattutto un Parzanese appassionato lettore e commentatore del poema dantesco con la pubblicazione  dei manoscritti inediti, in appendice all’opera, dal carteggio F. Lo Parco, conservato presso la Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli, sì da fissare una data ben precisa negli studi danteschi nell’Italia meridionale, ovvero prima della grande scuola napoletana di De Sanctis e Settembrini.

Alla luce della vastità, varietà e consistenza dottrinaria dei suoi scritti, ma anche dalle note critiche, qui riportate, dei vari studiosi che hanno analizzato i suoi lavori, si ricava l’impressione che, in rapporto al suo tempo, egli era molto di più di uno “scrittore di provincia”: era un personaggio geniale, di enorme statura intellettuale e culturale, frequentatore dei salotti letterari più in voga di Napoli.

Una “gloria letteraria” non soltanto  del nostro Meridione, P. P. Parzanese. E in questa prospettiva valutativa si configura l’ardita ed encomiabile pubblicazione, scandita con passione e rigore metodologico da Luisa Martiniello, che rende piena giustizia ad un valente intellettuale Meridionale con l’aspirazione ad un posto d’onore nella Storia della letteratura italiana.

Una gloria da affiancare ai tanti illustri scrittori e poeti entrati a far parte dell’ampio patrimonio culturale  del Sud, tra cui, tanto per citarne qualcuno, Giovanni Verga, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Rocco Scotellaro, Leonardo Sinisgalli… e, vorrei aggiungere, Pasquale Martiniello (Mirabella Eclano, 1928 – 2010), genitore di Luisa, che ha speso una vita nel dettare versi con l’obiettivo di liberare le masse popolari dalla “palude politica / di giunchi marci e acque fedite”, irpino dalla poderosa creatività, caratterizzata da una personale visione della realtà societaria, talmente distante dai principi universali scaturiti dalla  saviezza umana, da disporre il poeta ad un’assidua critica del presente mediante l’arte della poesia, in cui fu, indubbiamente, un originale e autentico maestro.

Grato a Luisa per avermi offerto in lettura un testo esemplare, che rende piena giustizia ad un valente intellettuale Meridionale con l’aspirazione ad un posto d’onore nella storia della letteratura italiana, mi dispongo a ripercorrere il sentiero battuto con una rilettura del volume, per vagliare compiutamente la preziosità di una straordinaria risorsa culturale.

Antonio Crecchia

 

 

 


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