martedì 1 luglio 2025

Maria Rosaria De Lucia traduce :" De Lingua Latina " di Marco Terenzio Varrone


Esce per i tipi di Miano editore la bella ed appassionata traduzione di "De Lingua Latina " di Marco Terenzio Varrone  di Maria Rosaria De Lucia. Traduzione che attraverso un cammino costellato di interessanti note accompagna il lettore a gustare l'opera dell'autore latino. Mi fa sempre piacere interessarmi agli autori latini e alle radici della nostra lingua perchè appartengo a quella generazione che ha avuto la possibilità, anzi direi il privilegio, di studiare il latino e i suoi autori per apprezzarne la bellezza senza doversi interrogare sulla sua utilità o meno. 

Nazario Pardini




PREMESSA ALLA II EDIZIONE

 

 

La favorevole accoglienza riservata alla I edizione del presente testo ha indotto a pubblicarne una II, ampliata, riveduta e corretta. Ampliata con una appendice contenente termini latini mascherati da termini inglesi,  simpatici scioglilingua in latino ed altro ancora. Riveduta, con l’aggiunta degli accenti nelle parole in carattere greco, e, nell’indice dei numeri dei paragrafi relativi alle varie voci.  Corretta, nei se pur pochi ma inevitabili errori di composizione.

 

 

Le recensioni apparse nei bookstore sono state lusinghiere. Se ne riportano testualmente due:

 “Impressionante come Varrone sia riuscito a fare un lavoro talmente documentato con citazione di moltissimi autori, considerando che non poteva sfogliare libri comprati facilmente come noi, ma doveva srotolare manoscritti rarissimi. Ovviamente al doversi limitare a comparazioni con la lingua greca non poteva scoprire la diffusione ben più ampia degli etimi (concetto da lui molto usato), e che quindi poche delle sue origini greche che lui postula lo sono realmente e molte delle sue teorie etimologiche sono del tipo "popolare". La maggiore utilità dell'opera è per me il fatto che cita molti termini latini antichi, non più riscontrabili in dizionari latini. Lodevolissimo anche il lavoro della traduttrice, visto che qualcuno non avvezzo al latino come me non è in grado di leggere un testo del genere nonostante la maturità classica (tanto più che non lo si ascolta più nemmeno in messa) e lei ci ha messo in condizione di accedere a questo documento di egregia erudizione romana. Grazie”.

La surriportata recensione offre l’opportunità di far presente che le uniche due traduzioni italiane integrali dei libri superstiti del De lingua latina, precedenti la nostra, risalgono al 1874 (Pietro Canal) e al 1974 (Antonio Traglia). Ragion per cui, questo nostro lavoro ha prodotto viva soddisfazione.

Per coloro che volessero seguire la messa in latino si rimanda all’emittente Radio Vaticana che la trasmette quotidianamente alle ore 7:19; mentre il sabato mattina, sempre su Radio Vaticana, è possibile ascoltare Hebdomada Papae, notitiae vaticanae latine redditae, la settimana (hebdomada = spazio di sette giorni) del Papa, notiziario vaticano in lingua latina. Un’ultima segnalazione per la trasmissione Anima Latina in onda la domenica, ancora dall’emittente vaticana.

 

Per tornare alle recensioni, un’altra lettrice ha rassicurato circa la qualità della traduzione.

 

Un acquirente, che comunque giudica valido l’acquisto, lamenta la mancanza del testo latino a fronte, facendo scadere la pubblicazione ad “una edizione minimale”. “L'opera è interessante, purtroppo si tratta di una edizione minimale. Senza testo a fronte e privo di un apparato critico e di approfondimento. Comunque merita l'acquisto”.

Rispondo che già con il solo testo in italiano il volume ha raggiunto le  246 pagine ad un costo di € 15, se si fosse aggiunto il testo latino avremmo raddoppiato le pagine (il che avrebbe costretto a dividere il lavoro in due volumi) ed il relativo costo sarebbe, conseguentemente, raddoppiato. Tutto ciò avrebbe inficiato il carattere divulgativo dell’opera e ristretto il numero dei potenziali acquirenti.  Inoltre, il medesimo recensore lamenta l’assenza di “un apparato critico di approfondimento”. Con apparato critico si definisce la parte di un’edizione che documenti lo stato della tradizione di un testo, cioè l’esistenza di uno o più manoscritti destinati a tramandarlo.  E che spieghi le scelte operate nella costituzione del testo stesso. Nella Introduzione, e precisamente nel paragrafo “Il manoscritto”, si è fatto riferimento all’archetipo, ossia al manoscritto più antico che riporta il testo varroniano e nel corso della traduzione si è detto, più volte, delle scelte operate nella traduzione stessa per renderla più coerente con quello che doveva essere stato il dettato dell’autore.  Per arrivare ad un pubblico più vasto, senza appesantire il testo con argomenti specialistici, che si sarebbero risolti in una edizione critica, si è voluto offrire uno strumento più snello per sollecitare la curiosità di una più variegata platea di lettori, come testualmente scritto in chiusura alle “Avvertenze” della I edizione:  “La vastità della materia ha obbligato a cenni esplicativi essenziali, lasciandone alla personale cura/curiosità del lettore l’approfondimento”.

Per gli studiosi, gli specialisti, si rimanda al testo della Loeb classical Library, De lingua latina, tradotto in inglese da Roland G. Kent.

 

Nella introduzione alla I edizione si era specificato che la suddivisione del testo in paragrafi non era originaria di Varrone, ma era stata introdotta da Karl Ottfried Mueller nella sua edizione del 1833.  Si precisa che il Mueller si era limitato alla suddivisione, mentre i titoli sono nostri.

 Credo non sia necessario specificare che le note, sia nella I che in questa II edizione, si differenziano dal testo della traduzione per il font usato  (Lucida handwriting).  Un breve accenno al perché il carattere tipografico si chiami font: è un termine dell’antico francese che significa fusione, a sua volta derivato dal verbo latino fundere. Dalla fusione di una lega metallica, versata in apposite forme che riproducevano la matrice dei simboli alfabetici e dei varî segni di interpunzione,  si ottenevano poi i caratteri di stampa.

 

 

   

    In conclusione di questa introduzione, un appunto benevolo, ma sempre appunto è, alle istituzioni, al mondo della scuola (che pare si stia orientando circa un ritorno dell’insegnamento del latino già dalla seconda classe delle scuole secondarie di primo grado): CARMINA NON DANT PANEM, dicevano i Latini. Allargando il discorso alla cultura in generale, non solo non si può vivere cercando di diffondere cultura, ma non se ne riceve neanche apprezzamento morale.  Nonostante la segnalazione del presente lavoro a Fondazioni e Istituti superiori di Rieti, capoluogo che a Varrone diede i natali, a varie istituzioni che si occupano di insegnare e tenere viva la lingua latina, non si è ricevuto altro che un cortese ringraziamento per la segnalazione. Ma il più delle volte,  neanche quello.  Per non parlare poi del ritorno economico: per svariate categorie di cittadini  sono state introdotte una infinità di bonus, - altro termine latino usato nell’accezione di  “vantaggio”, - nulla per autori e traduttori.  Al di là della platea dei destinatari, sarebbe corretto definirli bona, dato che il termine che indica un vantaggio è di genere neutro (bonum) il cui plurale è bona. Come pure la clausola RC Auto doveva essere definita bonum malum (vantaggio, svantaggio. Vantaggio per gli automobilisti virtuosi che non provocano incidenti e quindi hanno un premio assicurativo corrispondente ad una classe inferiore a quella originaria; svantaggio per gli automobilisti disattenti o poco prudenti che vedono lievitare il loro premio, poiché salgono di due classi).

 

 Nonostante questo, o meglio, proprio in virtù di tutto questo, diamo alle stampe la II edizione cui auguriamo un successo pari o superiore alla I edizione.   

 

 

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