martedì 1 luglio 2025

Pietro Rainero :"Divinità molto diverse "

Offriamo alla lettura dei Leucadiani   " Divinità molto diverse " dell'amico Pietro Rainero, testo che è stato premiato a Perinaldo, nel corso delle celebrazioni dei 400 anni dalla nascita di Cassini, l'astronomo che ha scoperto gli anelli di Saturno.

Nazario Pardini




                                                         Rainero a Perinaldo


Il professor Halvorsen, presi in mano due gessetti colorati, si avvicinò alla lavagna e, quasi con noncuranza, tracciò questo disegno, una sfera completamente azzurra con, nei pressi dell’equatore, una macchia a forma di ellisse.

 



 

 

Rivolgendosi poi ai suoi 22 alunni, chiese loro: “Sapete dirmi quale pianeta ho disegnato?”

La più veloce fu  Lene Berg, la più diligente della classe, che di solito si sedeva nella prima fila di banchi “E’ Nettuno, il pianeta che è circa tre volte più distante di Saturno dal Sole”

“Brava. Si tratta proprio di Nettuno, il sovrano misterioso dei sogni, dio del mare e imperatore delle metamorfosi, che abita nella periferia del firmamento” approvò il professor Arvid Halvorsen, che come potete constatare a volte mostrava un animo piuttosto incline alla poesia.

Il docente, di 54 anni e con contratto a tempo indeterminato, continuò: “Conoscete la storia della sua scoperta?” “No, prof” risposero all’unisono 22 bocche.

“Beh, cominciamo a ripassare alcune nozioni: quali sono i pianeti del Sistema Solare?”

“Questo è facile. Mercurio, Ven…” “No, tu no, Lene. Voglio sentirlo da qualcun altro”

 Allora Erling Jensen alzò la mano per rispondere: “In ordine di distanza dal Sole sono Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Plutone non viene più considerato un pianeta” “Benissimo, bravo” lo premiò Arvid Halvorsen, 54 anni, con contratto a tempo indeterminato del Liceo Grieg situato in via Borg 27, che poi chiese ancora “E chi sa dirmi quanto dista dalla nostra stella Nettuno?” “Nettuno!” Disse ridendo Jan Dahl. “Volevo dire nessuno, prof” aggiunse poi ancora. Jan amava giocare sulla somiglianza delle parole, in questo caso Nettuno e nessuno.

“Apprezziamo la tua battuta, ma qualcuno forse sa la risposta, anche se la domanda non è semplice” “Se ricordo bene dovremmo essere intorno a 4 miliardi di chilometri” rispose Jens Karlsen, il capoclasse.  “Uhm, abbastanza bene, ma sono circa 4 miliardi e mezzo di chilometri” lo corresse il docente. “4 miliardi e poi ancora mezzo chilometro?” disse sottovoce il solito Jan Dahl alla sua compagna di banco, Lene Berg, che gli rispose “Piantala, buffone”

Intanto il professor Arvid Halvorsen, 54 anni, con contratto a tempo indeterminato del Liceo Grieg situato in via Borg 27 a Tromsø, continuava “Nettuno compie una rotazione sul proprio asse in poco più di sedici ore. I suoi venti superano i 1.500 chilometri orari e sono i più violenti mai rilevati su un pianeta. Possiede una sorgente di calore interno che irraggia un’energia doppia rispetto a quella che riceve dal Sole. Ha probabilmente un piccolo nucleo roccioso, ma è principalmente formato da uno strato gassoso e sarebbe proprio il metano nella parte superiore della sua atmosfera, interagendo con i raggi solari, a conferirgli quel caratteristico colore blu. Sapete dirmi se anche Nettuno possiede degli anelli?” “Forse no” tentò Fredrik Hagen.

“Invece sì. Non sono ovviamente spettacolari come quelli esibiti da Saturno, dei quali ci ha inviato spettacolari immagini nel 2017 la sonda Cassini, così battezzata in onore del grande astronomo nato in Italia, a Perinaldo. Questi di Nettuno risultano molto scuri al pari di quelli posseduti da Giove e Urano. Il più esterno si chiama Adams ed è apparentemente formato da tre archi; più internamente c’è un anello attualmente privo di nome che orbita insieme al satellite Galatea, poi c’è Le Verrier, le cui estensioni più esterne sono chiamate Lassell e Arago, e infine l’ampio anello Galle” “Che nomi strani!” osservò Margit Løvland.

“Oh, beh… non sono poi così strani. A parte Galatea, una delle 50 ninfe del mare, sono tutti astronomi o studiosi che hanno avuto a che fare con questo pianeta. Per esempio Lassel scoprì un satellite di Nettuno. Ma sono Galle, Adams e Leverrier quelli che ci interessano oggi”

“E perché?” domandò incuriosita Linda Nilsen. “Perché parleremo della scoperta di questo pianeta, una vicenda decisamente interessante!” “Ci dica, prof, ci racconti” lo esortò Gunnar Jacobsen.

 “Dunque, verso la metà del XIX° secolo Giove, Saturno e Urano erano i più grandi pianeti allora conosciuti, ma le osservazioni astronomiche suggerivano che, mentre Giove e Saturno si muovevano secondo le previsioni, con una piccola differenza dell'orbita reale dall'ellisse perfetta di Keplero, causata dall'attrazione degli altri pianeti, Urano faceva qualcosa di bizzarro. Secondo te, Anders, questi calcoli riguardanti le orbite dei vari pianeti, su quale legge fisica si basavano?”

“Lo so, prof! Sulla legge di Newton della gravitazione universale” rispose prontamente Anders Larsen, fiero delle sue nozioni culturali.

“Bravo. Ebbene, Urano sembrava proprio infischiarsene di Newton e della sua legge. Due astronomi però, il francese Urbain Le Verrier e l’inglese John Adams, suggerirono che le perturbazioni osservate nell’orbita di Urano fossero dovute a un pianeta non ancora scoperto e, usando la legge di Newton per capire dove un pianeta più lontano avrebbe dovuto trovarsi per causare le deviazioni osservate, giunsero entrambi quasi contemporaneamente alla stessa risposta. I loro calcoli predicevano la presenza di un pianeta simile ad Urano ad una distanza di circa 30 unità astronomiche dal Sole” “Prof, che cosa è una unità astronomica?” chi aveva posto questa domanda era Asbjørn Kristiansen.

Prontamente gli rispose Unni Thoresen, una giovane con occhi azzurri contornati da una lunga chioma dorata, “Una unità astronomica è equivalente alla distanza media della Terra dal Sole, circa 150 milioni di chilometri” “Brava Unni” disse Arvid Halvorsen, 54 anni, con contratto a tempo indeterminato del Liceo Grieg situato in via Borg 27 a Tromsø e alto un metro ed ottantacinque. aggiungendo:

“Le Verrier fu però più fortunato di Adams, perché l’astronomo francese inviò una lettera al direttore dell’osservatorio di Berlino e… a proposito, dove si trova Berlino?”

“Lo sanno tutti, prof, è la capitale della Germania!” gli fece subito eco Arne Bergen.

“Ok, bene. Dicevo che Le Verrier mandò una missiva a Johann Galle, presso l’osservatorio di Berlino, specificando le coordinate celesti dove, secondo lui, puntando i telescopi si sarebbe dovuto vedere il nuovo pianeta. Galle individuò il nuovo ospite del sistema solare la notte stessa del giorno, il 23 settembre 1846, nel quale ricevette l’informazione. Nettuno fu scoperto poco dopo la mezzanotte dopo meno di un'ora di ricerca e a meno di un grado dalla posizione prevista da Le Verrier, una corrispondenza notevole. Oggi si ritiene però che il francese sia stato anche fortunato, perché non tutte le sue ipotesi che stavano alla base dei calcoli erano esatte. Viceversa uno degli astronomi di un altro osservatorio, quello di Cambrigde, al quale Adams aveva anche lui scritto, leggendo la richiesta dello scienziato inglese commentò: “Assurdo, questo tipo se ne sta lì con carta e matita e viene a dirci dove trovare un pianeta nuovo!” E, di conseguenza, non puntò il telescopio verso la zona del firmamento indicatagli da Adams”

“Accipicchia, prof, che sfortuna questo Adams!” commentò la gentile Sissel Fosse dalla quarta fila di banchi. Sissel Fosse abitava a Kaldfjord, sull’isola prospiciente Tromsø.

“Già, però…” continuò a spiegare Arvid Halvorsen, 54 anni, con contratto a tempo indeterminato del Liceo Grieg situato in via Borg 27 a Tromsø, alto un metro e ottantacinque e sposato con Stine Gundersen “Anche i calcoli di Adams, sicuramente, erano inficiati in parte da assunzioni sbagliate.  Le critiche arrivarono subito, sul fatto che sia Adams che Le Verrier erano stati troppo ottimisti riguardo alla precisione da loro pretesa per i propri calcoli, ed entrambi avevano sopravvalutato ampiamente la distanza del pianeta dal sole. Inoltre, si disse che entrambi erano riusciti ad ottenere la longitudine quasi esatta solo a causa di un caso fortuito nei tempi orbitali

“Quindi sono stati fortunati!” esclamò Henrik Bjørnson.

“Sì, ma anche molto bravi: si sono meritati tanta fortuna. Comunque, ragazzi, rimane il fatto che la scoperta del Dio degli oceani è sicuramente uno dei successi più rilevanti nella scienza, perlomeno relativamente a quel secolo. Dimostrò l’enorme potenza dell’analisi matematica e accrebbe di molto la fiducia riposta nel metodo scientifico. Pensate che, dopo altre due notti di osservazioni seguite a quella storica del 23 settembre, necessarie per verificare la posizione e il moto di Nettuno, Galle rispose a Le Verrier con stupore ed enfasi: il pianeta di cui avete calcolato la posizione esiste veramente! E Francois Arago affermò, con appropriate parole, che Le Verrier aveva scoperto un pianeta con la punta della sua penna

“Insomma, ebbe una vasta eco nella comunità degli studiosi e, in generale, nella società di allora, giusto?”  “Esatto, bravo Henrik, hai proprio ragione. Ma ora, cari ragazzi, voglio narrarvi un’altra storia, una storia incredibile che si svolse… nel cuore del sistema solare”

 “Nel cuore del nostro sistema stellare, prof?” chiese Gunnar Jacobsen, molto incuriosito.

“Sì, quale pensate sia il cuore del nostro sistema?” “Ma… la parte più interna…” disse Arne Bergen. “Sì, esatto, quindi?” “La zona in vicinanza del Sole, fino alla Terra?” ribadì Arne Bergen.

“Io direi anche più vicina alla stella, diciamo dal Sole fino a Venere” lo corresse il professor Halvorsen, 54 anni, con contratto a tempo indeterminato del Liceo Grieg situato in via Borg 27 a Tromsø, alto un metro e ottantacinque, sposato con Stine Gundersen e padre di due figli.

“Giusto: Venere, la dea dell’amore. E l’amore è una questione di cuore, no?” se ne uscì quel mattacchione di Jan Dahl. “Apprezziamo la tua battuta, Jan, ma ora torniamo alle cose serie. Sto per raccontarvi la storia di un fantasma. Mercurio, il piccolo pianeta più vicino al Sole, aveva rappresentato un enigma fin dall’inizio del 1700. I passaggi del pianeta davanti al Sole, che si possono osservare solo al telescopio nel quale si vede un punto nero attraversare il disco della stella nel giro di poche ore, sono prevedibili e utili per confrontare il moto reale di Mercurio con quello previsto. Ma il pianeta si ribellava alle leggi di Newton passando davanti alla stella con uno scarto anche di diverse ore rispetto al momento calcolato. Il problema fu affrontato anche da Le Verrier che nel 1849 trovò che il perielio di Mercurio si spostava più rapidamente di quanto previsto dalla teoria newtoniana” “Cosa è il perielio, prof?” chiese Turid Lindgren. “Già, cosa è? Chi sa rispondere a Turid?” “Il perielio è il punto di minima distanza di un pianeta dal Sole. Perì in greco antico vuol dire vicino” snocciolò con sicurezza Tove Skakke, la compagna di banco di Turid.

“Brava! Ed Elios è il nome della divinità che i greci identificavano col nostro astro. Una delle tante divinità presenti nel sistema solare: Marte, dio della guerra, Venere dea della bellezza, Giove re degli dei, Saturno padre di Giove… e via dicendo. Comunque… Le Verrier scoprì che l’avanzamento residuo del perielio, rispetto a quanto previsto dalla legge di Newton, ammontava a 38 secondi d’arco al secolo. Nel 1859 l’astronomo francese annunciò che la discrepanza poteva essere spiegata con le perturbazioni operate da un pianeta che circolava intorno al Sole su di un’orbita interna rispetto a quella di Mercurio.” “Una previsione teorica, come quella sull’esistenza di Nettuno!” commentò ancora Tove. “Sì. Ora vi faccio una domanda difficile: come si potrebbe, secondo voi, osservare questo nuovo corpo celeste e confermare i calcoli di Le Verrier?”

“Beh… puntando un cannocchiale in quella zona e trovando che effettivamente l’intruso è lì” rispose Reidun Mattson, una delle più brave della classe.

“Come è stato il caso di Nettuno” aggiunse Sigurd Syr, il più svogliato, ma quel giorno stranamente attento. “C’è un problema: il nuovo pianeta sarebbe molto vicino al Sole, corpo celeste di elevatissima luminosità. Così come il fuoco di una candela non è visibile se avvicinato ad una fonte potente di luce, che lo sovrasta, anche la luce di un pianeta è troppo debole da osservare se il pianeta è troppo vicino alla sua stella” “E allora come si fa?” domandò  la bella Synne Andreassen.

“Già, come si fa?” insistette il docente. Nessuna delle 22 bocche pronunciò il minimo suono. Arvid Halvorsen aspettò qualche attimo, lanciò un occhiata in giro e poi, pacatamente, riprese: 

“Ci sono due modi. Esplorando i dintorni del Sole durante una eclissi totale oppure cogliendolo mentre transita, come Mercurio e Venere, avanti al disco solare”

“E hanno fatto così? Cosa è successo, prof?” chi pose questa domanda si chiamava Linda Nilsen.

“Avendo sentito parlare dei calcoli di Le Verrier, il dottor Lescarbault, un medico che viveva ad Orgères ed era un astronomo dilettante, si decise a render nota una osservazione che aveva fatto il 26 marzo 1859. Il 22 dicembre di quell’anno scrisse a Le Verrier per dirgli che appunto a marzo aveva visto un oggetto rotondo di diametro piccolissimo che era passato davanti al Sole. Le Verrier si precipitò ad Orgères dove Lescarbault gli mostrò i rudimentali strumenti usati e gli disse che non esisteva il registro delle osservazioni perché, a corto di carta, annotava tutto su di una lavagna che poi cancellava. Pertanto ricostruì l’osservazione a memoria e Le Verrier stimò per il nuovo pianeta una massa solo di un diciassettesimo di quella di Mercurio attribuendogli un periodo di rivoluzione di poco meno di venti giorni. Ah… mi stavo dimenticando… gli diede pure un nome: Vulcano”

“Vulcano?” chiese conferma Aase Haugen, la più bassa di statura. “Già. Chi era Vulcano, nella mitologia antica?” “Era il signore del fuoco e della lavorazione dei metalli” rispose subito Unni Thoresen, alzando la mano.

“Bene. Giusto. Quindi un nome appropriato, non credete? La zona vicino alla nostra stella è molto calda, con temperature elevate, come quelle che fondono i metalli. Vulcano quindi il fabbro degli Dei. Vedo che manca poco però alla fine dell’ora di lezione. Volete che finisca rapidamente la storia?” “Sì, prof, la prego!” lo esortò Bendik Pettersen, l’adolescente vicino alla finestra dotata di termosifone. “Sì, sì” gli fecero eco gli altri.

“Ok. Allora… la notizia di questo secondo successo teorico di Le Verrier varcò la Manica, fu accolta con entusiasmo in Inghilterra e diede poi vita però ad una lunga polemica che si protrasse per molti anni, caratterizzata da una contrapposizione tra una serie di astronomi convinti di aver visto il nuovo pianeta e una serie altrettanto lunga di loro colleghi certi della sua non esistenza”

“E poi come è andata a finire, prof?” la solita, solerte, Lene Berg.

“Che finalmente nel 1885, con il miglioramento delle tecniche osservative, si ebbe certezza che Vulcano era una invenzione e che lo spostamento del perielio era anche maggiore di quanto stimato fino ad allora e sfiorava i 43 secondi d’arco al secolo”  Halvorsen si fermò un momento aspettando qualche commento, che non arrivò. “Vi vedo perplessi. Beh, anche se il campanello sta per suonare tra pochi secondi finisco il racconto” Ma in quell’istante, proprio in quell’istane, il campanello squillò. Ora che la lezione è appena terminata, cari lettori che conoscete a menadito il professor Arvid Halvorsen, 54 anni, docente a tempo indeterminato del Liceo Grieg sito in via Borg 27 a Tromsø, alto un metro e ottantacinque, sposato con Stine Gundersen, padre di due figli e nato oltre il circolo polare artico e che, volendo, potreste anche in sua assenza ormai sostituire facendo l'appello della 4°B (se scorrete attentamente il racconto trovate nome e cognome di tutti gli alunni), vorrete certamente anche voi sapere come andò a finire tutta la faccenda. Bene...

“E’ finita , andiamo a casa” urlò quasi Sigurd Syr alzandosi dal suo posto.

“Un attimo, Sigurd. Un minuto. Il colpo di scena definitivo avvenne alla fine del 1915, quando Einstein completando la teoria generale della relatività trovò che essa comportava un eccesso nell’avanzamento del perielio del pianeta in perfetto accordo con le osservazioni più recenti. E questo perché la teoria einsteiniana migliora quella classica di Newton nel caso di forte gravità o corpi che si muovono molto velocemente. E Mercurio è il pianeta che ruota più velocemente intorno al Sole ed è il più vicino alla stella, dove la gravità è più intensa. Ma della relatività parleremo la prossima volta. Per finire… quale è la morale della lezione odierna?”

“Beh, prof, che la scoperta di Nettuno fu il trionfo della gravitazione universale, mentre le traversie di Vulcano ne hanno decretato la fine” sentenziò Margit Løvland, un filo grassoccia.

“A voler essere un poco più precisi, Margit, che la scienza procede spesso per approssimazioni. Ad esempio, la relatività generale ingloba la teoria newtoniana e ne amplia la portata”

“E abbiamo capito anche un’altra cosa, prof!” gli disse deciso Jan Dahl, sempre lui!

“Ah, sì? Quale?” “Che non tutti gli Dei del Pantheon greco e romano esistono. Il Dio degli oceani esiste, ma quello del fuoco no!” Halvorsen sorrise, concludendo, mentre alcuni dei suoi allievi lasciavano già l’aula: “Hai proprio ragione, Jan. Nettuno esiste, là nel cielo. Vulcano no. Indubbiamente sono due divinità molto diverse. A domani, ragazzi”

 

 

 

 

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