lunedì 2 marzo 2015

N. PARDINI: LETTURA DI "ROSANERO" DI PATRIZIA STEFANELLI


Patrizia Stefanelli




Prefazione Patrizia Stefanelli: Rosanero
RUPE MUTEVOLE. Bedonia. 2015. Pg. 78

Un tappeto di velluto su cui scorrono i sentimenti

Abitami
nelle sere d’estate
e poi d’inverno, quando neve ghiaccia
e le ferite mordono.
Abitami i giorni a venire,
 quelli passati,
 abitami il dolore,
 che d’Albatro ha il volo e non sa…
restare.

Poesia intensa, zeppa di amore, di vita, di slanci oltre il comune senso dell’esistere. Un connubio di grande intensità emotiva che riesce a scalare le vette dell’anima, con passi  di velluto.
Mi piace iniziare da questa citazione testuale per entrare da subito nel focus della poetica di Patrizia Stefanelli. Una poesia del dubbio, del sospeso, dell’indefinito, della reticenza, di tutto quello che esiste fra una parola e l’altra; una poesia in cui il verbo ha il compito del sublime; quello di soddisfare le esigenze di tanto sentire; un verbo, che, mai compiuto definitivamente, lascia spazi al soggetto perché divenga egli stesso parte del tutto. Barthes auspicava che la poesia moderna dovesse suggerire al lettore un campo di risposte emotive e concettuali legate alla sensibilità del singolo. Al lettore va lasciata una parola che contenga simultaneamente tutte le accezioni (motivo ripreso da U. Eco); il simbolismo classico faceva per ogni figura un referente ben preciso, il simbolismo moderno è simbolismo aperto proprio perché vuole essere comunicazione dell’ambiguo. Il lettore va lasciato libero protagonista nell’avviare i meccanismi della conoscenza. Il poeta moderno è solo un ispiratore, nel senso che la poesia da lui prodotta si ponga come istanza non direttamente conoscitiva, ma stimolatrice. Il poeta oggi si colloca solo sulla soglia del fatto interpretativo, senza indicare rigorosamente una direzione. La poesia moderna è rivolta ad una pluralità di fruitori e, quindi, alla più estesa pluralità possibile di intuizioni fruitive: questo pare il valore fruitivo della poesia.
E qui sta la modernità della poesia della Stefanelli, la modernità del suo canto. Un canto che stimola, introduce, che si fa prodromico input nell’avviare quegli slanci emotivo-esistenziali che toccano l’empatia del singolo lettore: “abitami il dolore,/  che d’Albatro ha il volo e non sa… / restare”. Un canto che tiene tutta l’intima dualità di Patrizia: da un lato lo stato d’animo configurato in un inverno che cova stagioni mai finite e che tanto sa di terrenità, dall’altro l’impellente bisogno di volare, di andare oltre le nostre ristrettezze, oltre la siepe che demarca la nostra fragilità: un’inquietudine che deriva dal fatto di essere umani e che tanto sa di vita, di sogno, d’immaginazione, di voglie nascoste, di slanci iperbolici, grandi come i voli degli albatri, o come emozioni che dicano del mare e dei tramonti senza fine:

Vorrei, perché non le so scrivere,
emozioni che mi dicano del mare e di tramonti senza nome,
in descrizione d'onde che si frangono
cercando scogli come appigli.
 Vorrei, perché non so scriverla,
 una poesia che nel buio sia immagine di stelle
 e luna di universi quantici.
 Poesia Nuova, che imbrigli gli attimi,
 perché, così, d'amore, io non so scrivere.

Rosanero, il titolo della silloge. Un titolo di vitale armonia, dacché la vita è proprio la risultante di contrapposizioni che nel loro diacronico succedersi ne determinano la substantia: luce, buio; amore, odio; male, bene; Caino, Abele; spiritualità, materialità; Thanatos, Bios; ed è dalla fusione dell’eracliteo polemos degli opposti che nasce l’euritmica musicalità di questo poema. L’urgente forza creativa di Patrizia Stefanelli che tanto sa di tempo, di realismo naturistico, di passione, di barbagli e folgorazioni, di pienezza ontologica, di tutto ciò che coinvolge l’uomo in quanto tale. Un crogiolo di emozioni estemporanee o decantate in interiore homine che sentono il bisogno di guardare il sole, di respirare aria pulita, di cantare ex abundantia cordis quello stato di erotico stupore che dal reale decolla verso arditi approdi. E il tutto in una versificazione di polisemica energia fonosimbolica e metrico-semantica che niente  ha di pleonastico né tanto meno di epigonismo, considerando gli accostamenti inconsueti e i picchi poetici di queste composizioni che evidenziano, tra l’altro, la maestria della Nostra nel giocare tra classico e moderno, tra verso libero e metricamente combinato, in una molteplicità di espressioni di genere vario. Di complessa intensità epigrammatica, dove il sentimento la fa da padrone in questo voyage di scosse elettriche, di voli atti a sottrarre la bellezza ai rapaci artigli di Cronos:

Quante albe ad accarezzare i sogni appena toccati
e le mani si poggiano piano a cercare le parole
che sono, che saranno, in un inchiostro indelebile, colorato dai giorni.

Su una musica che va, leggo di te, e scusami se a volte piango.
 Non sono le parole, ma le virgole mancate, i controluce e i sussurri (Quando ti leggo poeta),

o atti a dire di amicizie plasmate da plurali richiami di affetti, da vincolanti affinità elettive:;

Questa sera il mio maestro
porta sassi nelle tasche.
Sono per me
per ogni giorno che ho vissuto.
Ho pensato lo facesse
per paura del mio volo
e m'ha seguita attento
sulle scalze rive
di un sogno d'acqua
(Sassi di vita).

Sinestesie, metonimie, invenzioni verbali, in versi di ampio respiro a raccogliere tanto sperdimento umano e disumano. O a raggiungere vette di tale impatto memoriale, e di tale effusione lirica da lasciare di stucco, per la loro serica spontaneità:

Ti ho visto morire ed eri salvo
in me, che ho contato sai, i minuti
del  tuo patire,
padre.

Lontano, voci  restano sospese
come la pioggia al vento a primavera
che va leggera a migrare nel sole
(… e tu sorridevi).

Niente è eccessivo, niente superfluo, ma tutto in perfetta sintonia con quelli che sono i motivi ispiratori della Poetessa. Ogni ambito del reale sembra farsi onirico, aleatorio. Sembra farsi tappeto di velluto su cui far scorrere i sentimenti.  “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce: lo si osserva in mille cose. Io sostengo che il cuore ama naturalmente l'Essere universale, e naturalmente se medesimo, secondo che si volge verso di lui o verso di sé; e che s'indurisce contro l'uno o contro l'altro per propria elezione. Voi avete respinto l'uno e conservato l'altro: amate forse voi stessi per ragione?"  (Pascal, Pensieri - - 1967. TO. Einaudi). Questa citazione per mettere ulteriormente in evidenza quanto il sentimento giochi nelle diverse attività artistiche. E soprattutto nella poesia dove la parola assume la valenza dei colori nella pittura.
Una parola, qui, ri-elaborata e puntualmente combinata in nèssi creativi che concretizzino un animo tutto vòlto all’azzurro; al superamento del termine usuale, del verbo consueto, per poter abbracciare tanta spiritualità di un mondo/altro, plenitudinis vitae:

E' la vita che va, che stinge rose
e poesie, fa cartocci di sogni
rubati a stelle, posandoli piano
sui muri a secco, del nostro giardino
(È la vita).
 
Sì, quella vita che va e fugit senza tener conto di affetti e promesse; “posando i sogni rubati a stelle sui muri a secco del nostro giardino”. Ma pur sempre di un giardino si tratta, fiorito di amore e di sensi, di attimi fulgenti, e sacre memorie, di Bellezze di cui la Nostra è cosciente, sprizzando nella sua poesia la positività, sebbene inquieta e tormentata, del suo canto:

Hai visto i fiordalisi? Guarda qui:
lapislazzuli, gemme innamorate
di noi, ancora, cresciuti tra i rovi!

Splendidi, come allora, quando tu
un pugno ne mettesti tra i capelli
i miei, tra le tue lunghe dita d'attimi
che penso e sento sulle labbra adesso
dove posi i tuoi occhi, che poi baci
(È la vita).

Una vita in cui l’erotismo a volte meditato altre più intenso la fa da nerbo portante; un erotismo che avvolge e sconvolge per la sua pluralità, per la sua totalità spirituale che raggiunge le soglie di edenico  amore oblativo in un mistero di suoni che si sfumano verso colli:
D'una sirena solo resta il suono
confuso a lungo nel vociare stretto
della valle che sale verso i colli
(È un mistero).

Una vera melodia di voci indefinite affidata ad una cascata di endecasillabi di estrema urgenza narrativa. Un melologo che fa della natura una compagna fedele in questo percorso che si nutre ora di sonetti classici, ora marotiques, ora di versi liberi, ora di canti in metrica; sì, un naturismo simbolico che dà forza e colore ad un pathos di frequentazione psicologica, di passioni “perse di nuove e pour vecchie”:  

E schiudo al gesto sacro della mano
quel che congiunge la mente al divino
mi coglie lieve  parola invocata
come una piuma che vola s’imprime

qui, sulle labbra che ripetono: ama
perse di nuove e pur vecchie passioni
sempre, dei giorni felici, di vita (Il tempo del ciliegio).
   
Ma anche di fatti e tragedie, che, disseminate su questa terra dimenticata da Dio, colpiscono la sensibilità della Poetessa:

Oh David! La tua stella sanguinaria è ignominia
e a sud di Damasco
la strage degli innocenti continua.

Poni, Signore, ti prego, sulla mia fronte un sigillo.
Non ho pensieri di fede.

Tu, che sei pane, porta pane
dona, l'acqua del Battesimo
a fiumi da bere
e, delle mille fosse, fa meraviglie!
Muoiono ed io, Signore, 
non ho pensieri di fede (Laudate Dominum).

Insomma un “Poema” a tutto tondo, complesso e polimorfico, i cui versi non sono altro che tatuaggi di un’anima che sente l’urgente bisogno di rovesciarsi sul foglio. E lo fa in uno stato di grazia, in un momento in cui ora tocca il cielo, ora la terra, ora colline sfiorate da soli calanti, ed ora da mani profumate d’alba; in versi che sappiano, nella loro spontaneità, abbracciare gli abbrivi impellenti del cuore:

Se volessi, potrei, scrivere in metrica,
ma non voglio.
Versi un po’ stanchi mi inseguono.
Sono liberi.
Sono strascichi informi di canzoni
tutte le canzoni che ho cantato
riverse ora, qui, in quest’inchiostro
che mi dileggia inutilmente
(È così che va).

Perché la Nostra ama la Poesia, e affida ad essa tutto il suo esistere; tutta  la sua sostanza vitale nella speranza che illumini un cammino, che porti un messaggio, o soltanto, con spirito foscoliano, che tramandi il suo canto ad un mondo nuovo; che tramandi tutta se stessa, in piena libertà, ad una storia in cui il rosa e il nero si avvitino in un verso che obbedisca ai ritmi dell’anima; ai richiami di Eros a che porti un’emozione a distorcere un pensiero a notte fonda:  

È, poesia, denuncia
è ciò che è 
il lascito d’un uomo ad altro uomo.

È emozione che a brivido
porta la mente e distorce un pensiero
a notte fonda.

Se tutto questo può fare, il perfetto
poetare da lima e da fatica
allora è poesia
ma
seppure estemporanea... ah!
che versi in versi e dia
! (Ma... che sarà mai ... poesia?)

Nazario Pardini






















1 commento:

  1. E' sempre come se la leggessi per la prima volta, questa pregnante prefazione. Mi prende l'emozione perché è come guardarsi allo specchio all'improvviso e vedersi contemporaneamente con le occhiaie e con uno sguardo fresco. Grazie Prof. Pardini, Nazario,amico oltre ogni misura, di un sentire fatto "di affetti, da vincolanti affinità elettive" Patrizia Stefanelli

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