giovedì 28 maggio 2015

PAOLA MUSA: "L'ARSENICO E LA MANDORLA"


Lʼarsenico e la mandorla
lo zinco e il miele amaro.
Non solo il corbezzolo soffia col maestrale:
tra le narici ora vibrano metalli.
Un fango rosso e denso si rapprende
poco distante da unʼacqua blu cobalto.
Fintamente fiere, sʼergono le scogliere,
forate come i nostri polmoni.
Un tempo era il carbone che anneriva.
Poi venne il grigio della fabbrica,
la tredicesima, la televisione.
Accettammo il nuovo colore innaturale,
una modernità col cellofan del danno necessario.
Sopportammo la coltre fumosa tra le dune,
per il pane, perché,
questa è la dura legge –
a che giova respirare bene,
se poi non hai niente da mangiare?
Ora anche i cancelli delle fabbriche son chiusi
e un vago sentimento da schiavi
ci fa sentire abbandonati.
Saccheggiate le speranze, offeso anche il futuro,
non osiamo più guardare in faccia i nostri figli,
mentre il turista immortala affascinato
la nostra tristezza antropologica.
Ansima il vento trascinando a stento
le nostre sagome sempre più pesanti.
Che cosa siamo?
Il nostro posto non è più nel cuore della terra,
né in mezzo allʼaria e a troppa luce che trafigge.
Che cosa siamo, dunque?
Umiliati, vaghiamo tra discariche
e quasi rimpiangiamo.
Con vergogna sostiamo
allo sportello della cassa integrazione.
Intanto lʼangelo della morte osserva,
e lenta e silenziosa sʼinsinua nello scolo
che arriva fino al giardino della scuola.
Qualcuno dice che i bambini qui
non crescono per troppo piombo
e sono meno intelligenti,
che lʼalluminio provoca lʼalzheimer
e consuma la memoria,
che il cadmio fa diventare pazzi.
Che cosa siamo, allora?
Siamo anime di minatori
assurti a nuova specie minerale.
Siamo pastori di pecore a più teste.
Siamo raccoglitori di grano avvelenato.
Siamo i segreti dei poligoni
con il sangue andato a male.
Siamo il popolo eletto dalla nazione
a mutazione genica.
Per lʼopinione generale
però abbiamo un bel mare.

Paola Musa


Nota dellʼautrice: la poesia si riferisce in particolar modo al territorio del Sulcis-iglesiente in Sardegna, la zona più povera e depressa dʼItalia, con altissimi casi di depressione e suicidi, tumori, malattie respiratorie e genetiche, compromissione dellʼintelligenza e della crescita dei bambini. Fenomeni causati dallʼinquinamento e dallʼaltissima presenza di metalli pesanti e polveri ultrasottili. Gli ultimi versi accennano anche allʼuranio impoverito e alle sperimentazioni di armi nei poligoni
militari.

Paola Musa è scrittrice, traduttrice, poetessa e paroliere. Una selezione di poesie è stata pubblicata dalla casa editrice Arpanet, recensita da Elisabetta Sgarbi. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Condominio occidentale (Salerno Editrice), selezionato al Festival du Premier Roman de Chambery e al Premio Primo Romanzo
Città di Cuneo. Nel 2009 il suo secondo romanzo Il terzo corpo dellʼamore (Salerno Editrice). Con Albeggi Edizioni ha pubblicato la silloge Ore
venti e trenta.



2 commenti:

  1. Ringrazio Paola Musa per questa denuncia poetica, rivolta a noi tutti, che dovrebbe farci vergognare di essere capaci soltanto di avvertire l'odore del mirto e restare estasiati di fronte al colore del mare. Forse farebbe bene respirarne un po' di quelle polveri sottili per comprendere fino in fondo il fascino della Sardegna.

    Sandro Angelucci

    RispondiElimina
  2. "A che serve respirare bene, / se poi non hai niente da mangiare?". Giusto, entro certi limiti, ma è pur giusto il contrario. D'altra parte oggi che cosa mangiamo? Cibi di plastica, cibi avvelenati, cibi che rattristano il palato e l'anima! E se vogliamo un piatto genuino, di quelli che fanno trasecolare, è alla tradizione che ci dobbiamo rifare, proprio a quel tempo in cui - così si dice - non c'era da mangiare. Oggi il progresso sta conducendo tanti a rovistare nei cassonetti dell'immondizia. Siamo seri, allora! Il Materialismo (questo è il nome segreto del Progresso che abbiamo voluto creare) ha procurato alla Materia offese mortali, così come le ha procurate allo Spirito (ma questo lo sappiamo). Dovremmo fare mea culpa, tutti indistintamente (nessuno escluso). I nostri nonni vivevano di stenti, ma erano sicuramente più felici di noi. Non si deve confondere la povertà con la fame. Anticamente, nel mondo nessuno moriva di fame. Mi complimento con Paola Musa per i suoi versi ispirati, pieni dei colori, dei profumi, delle immagini e dei suoni della Sardegna. E mi scuso per avere forse calcato la mano più sui contenuti che sulle suggestioni poetiche della sua scrittura.
    Franco Campegiani

    RispondiElimina