giovedì 15 ottobre 2015

IVAN POZZONI: "INEDITI"


LA DOPPIA LINGUA

 La doppia lingua non è un organo da bestiario
serve ogni giorno al tipico critico letterario:
se non hai due lingue, dai forti talenti ondulatori,
non avrai opportunità, non appena cambi il direttore editoriale Mondadori,
di leccar sederi, recuperando il tempo dell’esilio causa òstrakon di cera (c’era?),
e, colla doppia lingua, di risparmiare i soldi dell’inserzione sul Corriere della Sera.

La doppia lingua è un organo di utilità marginale
all’aumentare del consumo di un sedere, la serietà non sale,
dispensatrice di «giudizi critici» oggettivi, a naso,
ricorda il caso di un artista calabrese che, da amico, era sovrano del Parnaso,
dopo un litigio si è trasformato in animale.

Questa è la bellezza immune del mestiere del critico letterario,
aver la doppia lingua rende, su ogni cosa, dissacrante e turiferario.
Intellettuale controcorrente, svelto a dedicar salmoni al massimo offerente,
immune da ogni critica, non immune dall’essere immuno-deficiente
a furia di scambiar siringhe di formalina contro ogni reazione irriverente,
consolida la doppia lingua, incassando un tot. d’assegni di reputazione al mese
nella speranza di riuscire, dopo anni di italiano anonimato, a diventar svedese.  

Perché la doppia lingua, a forza di mulinare, t’abbia finalmente annichilito il frigno,
abbia neutralizzato il mantra «nessuno mi commenta», «nessuno mi rammenta»,
t’abbia dato, quasi ottuagenario, i tuoi quindici minuti di celebrità col ballo della lontra, 
è dovuto intervenire addirittura il Chelsea di Mourinho.

*

ASSALTO AI FORNI

Panem et circensens si chiede all’artista contemporaneo,
fare il buffone ai readings concede 15 minuti di successo estemporaneo,
leggono chilometri di versi, scritti in mezz’ora, con atteggiamento scafato,
declamerebbero anche versi in arabo se l’Isis instaurasse a Palermo un Califfato.

Leggono, leggono, leggono, tutta farina del loro infinito sacco
e noi, con la bavaglia, a subir sbrodolamenti da finire sotto scacco,
la regina, annoiata, è indecisa se scopare il re od un cavallo,
e il contemporaneo legge, legge, legge, senza concederci intervallo,
senza concedersi intervallo, tra una boiata e un’altra, senza mai essere appagato
deve menare a casa la michetta, ohi, da artista che vaneggia d’esser strapagato.

*

LA BALLATA DELLE BESTEMMIE

Oggi, involontariamente, ho offeso dementi, morti di fame cronici, ignoranti e inconcludenti,
in realtà mi interessava mandare a bersaglio un unico messaggio a un malato di mente
non è che se sbrodoli un milione di sillabe al secondo hai diritto di rompere il cazzo al qui presente
se sei cretino e te ne vanti fai la figura della Bruschezzi davanti a un nugolo di studenti.

Cazzo, ho fatto l’errore di paragonarmi, in forma ironica, a Gesù Cristo,
innanzitutto, io non trasformo l’acqua in vino: so trasformare il vino in orina.
Circondato da lazzaroni, non ho mai tentato di ridestare Lazzaro per ravvivare il palinsensto,
se fossi stato davvero Gesù Cristo, in un minuto, i miei nemici sarebbero stati unti da un’angina,
come minimo, e non ho ancora imparato a camminare sull’acqua, nella società fluida ci nuoto,
senza il miracolo di esser diventato un miliardario giocator di pallanuoto.
Quando morirò, dopo tre giorni, non sarò affatto sicuro di resuscitare
l’unica certezza è che chi vende l’arte al tempio riceverà il mio stonato vaccagare,
sinite parvulos venire ad me, senza rompermi troppo i cojoni
odio l’emergente arrogante e i vati ottuagenari conciati da barboni.

Per essere politically correct, in verità vi dico, sostengo che Buddha è figlio di buddhana,
Maometto, inch’allah, non ha niente, lo stimo molto, je ne suis pas Charlie
non tengo affatto a finir nella buriana di una bomba pakistana,
Abramo, Geova, Vishnu e Zoroastro mi sanno di frifri,
finirò arancione, Hare Krishna o tifoso dell’Olanda, a suonare un tamburo
sempre meglio che, dando retta ai deficienti, continuar a piallo ar culo.

Questa ballata contiene tutto: turpiloquio, bestemmia, offesa al sacerdozio,
non mi resta che aspettare che Joshua risorga un terza volta,
così da chiedere il grandioso miracolo dell’auto-fellatio,
o, se la fisiologica estensione del mio membro non necessiti d’intercessione arcana,
ti chiedo, caro Yahweh, di tener Joshua alla tua destra e di far resuscitar Moana.

Ho messo abbastanza immagini?

*

Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Ha diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora con numerose riviste italiane e internazionali. Tra 2007 e 2015 sono uscite varie sue raccolte di versi: Underground eRiserva Indiana, con A&B Editrice, Versi IntroversiAndroginiMostriGalata morenteCarmina non dant damenScarti di magazzino e Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni con Limina Mentis, Lame da rasoi, con Joker, Il guastatore, con Cleup, Patroclo non deve morire, con deComporre Edizioni; tra 2009 e 2015 ha curato una trentina di antologie di versi. Tra 2008 e 2015 ha curato cinquanta volumi collettivi di materia storiografico filosofica e letteraria; tra il 2009 e il 2015 sono usciti i suoi: Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso (Limina Mentis), Grecità marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici (IF Press), Libertà in frammenti. La svolta di Benedetto Croce in Etica e politica (deComporre) e Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati(Limina Mentis). È con-direttore, insieme ad Ambra Simeone, de Il Guastatore – Quaderni «neon»-avanguardisti; è direttore de L’Arrivista; è direttore esecutivo della rivista internazionale Información Filosófica; è, o è stato, direttore delle collane Esprit (Limina Mentis), Nidaba (Gilgamesh Edizioni) e Fuzzy(deComporre Edizioni).




19 commenti:

  1. Grazie della coraggiosa ospitalità: attendo commenti (nessuno) e querele (dai meno spiritosi). tanti abbracci a tutti

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  2. Probabilmente qualche lettore di Leucade si troverà spiazzato di fronte al modo di scrivere di Ivan Pozzoni. Perciò ritengo non superfluo fornirgli qualche strumento utile a una più adeguata comprensione di questo autore.
    Pozzoni è persona di cultura (lo si può dedurre anche dal suo curriculum) , di ampie letture e di molteplici iniziative letterarie. È autore, tra l’altro, di numerose antologie dove ospita gli autori che stima, di qualsiasi credo letterario. Dà spazio soprattutto a scrittori emergenti e alternativi, perché la sua missione è quella di trovare nuove strade per la poesia, mandando al macero la poesia tradizionale, narcisistica, snervata e priva di originalità. Si sente -e in effetti è- un guastatore, un rivoluzionario. Vuol fare terra bruciata intorno alle forme poetiche che attingono al passato, perché il suo sguardo è volto al nuovo. È una sorta di neo-futurista. Ma, molto più arrabbiato dei futuristi, lancia la provocazione estrema, dissacratoria, sarcastica, paradossale. Pozzoni non rinuncia ad alcuno strumento che reputi funzionale allo scopo dell’eversione dei vecchi schemi e della poesia “appigionata”, per dirla con Alfieri. Per questo adotta il linguaggio dell’immediatezza e della fremente attualità, della cocente delusione e della feroce ( e quasi brutale) indignazione. Linguaggio talvolta anche blasfemo, se vogliamo: ma dettato da un cuore che molto ha patito -e patisce- l’insincerità, l’alienazione e la codardia dei nostri tempi. Si (ri)leggano in questa ottica le poesie riportate sopra. Poi si potrà essere d’accordo o no sulla validità poetica della scrittura di Ivan Pozzoni, ma non si potrà negare che ci troviamo di fronte ad una persona di specchiata intelligenza e dottrina, certamente ammirevole per la perseveranza con la quale porta avanti le proprie idee.
    Pasquale Balestriere

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    1. Grazie, Pasquale
      della spiegazione corretta e cortese, ad uso di chiunque sia spiazzato dal brutale ingresso della morte, della banalità, dell'ignoranza, della ferocia, della battaglia, nel finto "felice" P(o)rnaso della «poesia», che, "altrove" definisco «Repubblica del Carnaio».

      La banalità mass-mediatica, dei discorsi quotidiani («quotidianeità» à la Bellezza o à la Bukowski), dei discorsi alla tv, dei discorsi nei quartieri, dei discorsi dei nostri «politici» corrotti, contamina, e deve contaminare, a mia opinione, un linguaggio, il «poetico», oramai (oramai oramai) privo di «soggetti» e «oggetti», vuoto d'«identità».

      I riferimenti a Emilio Villa e Gian Pietro Lucini sono d'obbligo. Il mio neon-avanguardismo, essendo tardo-moderno, non avrà mai l'attitudine di neo-futurismo: il tardo-moderno, infatti, ci schiaccia nell'attualità, nell'istante, bruciando «passato» e «futuro», e ci abbandona, liminali, sulla «soglia», a attendere angosciati l'istante successivo (caduta di ogni «progettualità»). È lo stesso meccanismo del «consumismo» (desiderio/insoddisfazione del desiderio/nuovo desiderio = desiderio mai soddisfatto) che cerco di rappresentare/condannare in una non-forma-«poesia» che, a differenza di esperienze moderne (anacronistiche) sopravvalutatissime (Tranströmer), abbia un frastico e un neustico.

      Ti ringrazio, inoltre, della stima umana nei confronti della serietà delle mie iniziative. Certi ex-maestri, a tradimento, con la classica pugnalata nella schiena, hanno iniziato a dubitarne, non appena ne hanno subodorato il successo «civile». Purtroppo a moltissimi, troppi, «poeti» manca ciò che tu correttamente definisci: «specchiata intelligenza e dottrina».

      Hai detto benissimo: «[...] lancia la provocazione estrema, dissacratoria, sarcastica, paradossale [...]», sulla scia dell'ironisme di un Derrida o dell'ironic doubt di un Rorty. Con l'unico linguaggio idoneo a una comunicazione reale: il linguaggio della «quotidianeità».

      un abbraccio
      Ivan

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  3. E perché mai dovremmo considerare coraggiosa l’ ospitalità di Leucade? è un’isola aperta, generosa, calma, amicale, che ama la poesia. Anche se intorno al che cosa essa sia i pareri sono diversi e contrastanti. Non sempre esibisce i commenti dei suoi frequentatori, che nondimeno leggono con attenzione e partecipazione: “Leggono, leggono, leggono, tutta farina del loro infinito sacco…. senza concederci intervallo”, …ma senza irritazioni o malevolenza polemica ed esibizionistica.
    A me pare che di fronte a questa scrittura che è soprattutto di denuncia: “La doppia lingua non è un organo da bestiario/serve ogni giorno al tipico critico letterario/:
    se non hai due lingue, dai forti talenti ondulatori,/
    non avrai opportunità, non appena cambi il direttore editoriale Mondadori…”,
    non abbia più alcun senso parlare di avanguardia o di retroguardia, futurismo e neofuturismo…; la poesia di Ivan Pozzoni è ironica e diretta, priva di nostalgia del Novecento e dei suoi miti, ma nasce con sincerità da un’ecatombe di culture vissute, rimeditate: ha una bella vena dissacratoria, irridente e paradossale che dà pensieri, emozioni, umori nuovi al lettore, “contiene tutto”

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    1. Non ti conosco. Ma ti stimo un casino, "sorella". :-)

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  4. P.s. Ricordo, inoltre, l'amico Simone Cattaneo, vittima dello star system e del «consumismo» esasperato. Scriveva versi feroci, di una dolcezza estrema: da estrema unzione.

    L'unica fregatura, Simone, è che sei caduto vittima del «desiderio insoddisfatto» che ti ha ucciso; io, invece, sto cercando di uccidere il meccanismo del «desiderio insoddisfatto», con ogni mezzo, nella certezza, non euclidea, di finire anche io schiacciato, distrutto, annichilito, devastato.

    La certezza, incertezza (Unsicherheit), del «so che» e «non so come, dove e quando». Amen

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  5. Però mi attendo anche i soliti commenti, anonimi, ignobili di diffamazione e denigrazione umana. Forza ragazzi!

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  6. Nelle frequenti sortite dall'ambiente tecnico scientifico, dove non mancano inquietanti problematicità, ho spesso cercato, ingenuamente, copertura nella Letteratura. Rifuggendo però da quella di largo consumo mi sono trovato di fronte a testimonianze che in vario modo documentano i tanti fallimenti della società contemporanea. Vale per le opere di narrativa che di poesia. Quest'ultima comprende, come nel caso di materia e antimateria, anche la non-poesia (dichiarata dall'autore) di Ivan Pozzoni. Alla luce della suggestiva riflessione dell'amico Ivan, pur sapendo che nei momenti di crisi culturale e sociale si vive un generale disorientamento, avverto amaramente che l'abdicazione riguarda anche me. Che fare contro la manipolazione diretta e indiretta delle coscienze da parte dei vari poteri?
    La non- poesia di Ivan contiene elementi di ilarità e dileggio, ma di certo, a me, non restituiscono il buon umore.
    Ubaldo de Robertis

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    1. Caro amico mio Ubaldo, sono contento!

      La mia non-«poesia», i miei frammenti chorastici, non sono realizzati al fine di divertire («dilettantismo imperante» di scrittoruncoli e romanzettari che esconono con i medi/grandi editori in cerca di 15 secondi di celebrità).

      Hanno - a differenza dell'indifferenza cagionatami da moltissimi "artisti" contemporaneissimi (come scrive bene Balestriere, non tutti: «Dà spazio soprattutto a scrittori emergenti e alternativi, perché la sua missione è quella di trovare nuove strade per la poesia, mandando al macero la poesia tradizionale, narcisistica, snervata e priva di originalità»), un fortissimo nucleo di neustico (un nucleo deontico). Quindi - a differenza dei "grandissimi" autori svedesi che si frasticizzano in immagini, come Tranströmer,- in me rimane un energico obiettivo comunicativo: da buon ironiste, fare incazzare, fare riflettere, angosciare e creare terrorismo.

      Sono contento, dunque, che i tuoi testi non ti abbiano restituito il buon umore. Spero che, a molti, l'abbia tolto.

      un abbraccio sincero
      Ivan

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  7. Una provocazione la tua, caro Ivan... E una voglia di essere dissacrato nella dissacrazione, scusa il gioco di parole, che é testimonianza pura di una verve narrativo - poetica di indubbio spessore, ma di altrettanto indubbia accusa alla poesia e alla letteratura. Sembra che tu ponga il guanto di sfida basandoti sulle tematiche, ma anche sull'impostazione di fondo: prolissa e...oserei dire... manichea. Eppure,ti dirò, senza alcuna piaggeria, che nel tuo modello di opera frammentaria, prosastica, riesci ad avvicinarti, a mio umile parere, a Whitman, grazie al respiro onnicomprensivo e vaticinante, che é indica la volontà di dare al tuo impianto l'aspetto di un affresco storico. Vi é sovrabbondanza di materia, zelo ideologico messo a fuoco più volte, coinvolgimento passionale. Ricorri senz'altro a un'assenza di verseggiatura fluida, ma supplisci con un caleidoscopio stupefacente di immagini, da una capacità inesausta di variazione nell'ambito di uno stile inconfondibile.
    Provochi, non v'é dubbio, ma proponi 'quadri figurativi' che non possono passare inosservati e che non credo stia a noi contestare...
    Io ti ringrazio. La diversità ci aiuta a crescere
    Maria Rizzi

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    1. Cara Maria,
      ogni pro-«vocazione» è «vocazione»; ogni «dissacrazione» implica un «sacer». Pro-«vocazione» alla dissacrazione è conseguenza della «vocazione» a un «sacer». Questo «sacer», tuttavia, non è la «poesia». Non è, soprattutto, la cd. forma-«poesia», trasformata in forma-«sacer» da un manipolo di visionari che dissertano di Tranströmer o Mandel'štam come del «[…] futuro della poesia italiana […]», rinchiudendo l’arte in un «museo». L’arte non sarà mai «museo», essendo «soglia»: i «musei» hanno ingressi e uscite, molte uscite di sicurezza. L’arte tardo-moderna non ha «progetti», non ha ingressi e uscite, non ha uscite di sicurezza: ha moltissime «soglie» di insicurezza (Unsicherheit).

      Letteratura e «poesia» sono due delle centinaia di documenti storici utili all’uomo al fine di «abbracciare» il mondo reale (e non sono nemmeno i documenti storici maggiormente rappresentativi di esso mondo).

      Whitman, effettivamente, è morto: io sono della generazione degli intelle(a)ttuali «fantasmi».

      C’è molto altro, di me: http://www.poesia2punto0.com/2014/10/17/quaderni-n-65-ivan-pozzoni/ .

      Ti ringrazio moltissimo del commento
      ciao Ivan

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  8. Che 'é' indica.... é un evidente refuso... Perdonatemi.

    Maria Rizzi

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  9. Poesia antagonista innanzitutto , con guizzi del verbo e dello spirito che possono ricondurre a un Marziale in salutare crisi d'itterizia dopo una visitina alla nostra italietta letteraria ...
    La "misura" , lo spessore linguistico di Ivan Pozzoni fa le scarpe ad una Tradizione che non vedeva l'ora di essere tumulata ( anche se con l'onore delle armi ) .
    grazie -
    leopoldo attolico

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  10. Che dirti Ivan? Ho apprezzato e molto, non mi sono scandalizzata, ho riconosciuto l'acutezza delle tue osservazioni, ,la profondità di riflessioni che, vestite di sarcasmo,hanno ancora più sapore, il tuo poetare, senza apparenti regole codificate. Amo chi sa innovare con intelligenza, chi sa usare le parole appropriate all'argomento, detesto tromboni, palloni gonfiati, leccaculi e barche che pescano solo sarde.Ti stimo. Flora Restivo..

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  11. Gentilissimi Leopoldo e Flora, vi ringrazio del commento. Tra l'altro, sul blog del carissimo ed attentissimo Nazario Pardini (vero «critico letterario», dotato, intelligente, umile, colto), nessuno vi censurerà mai, o cancellerà i vostri commenti. Sono cancellati tempestivamente i diffamatori: è lasciato aperto il dialogo ai cittadini onesti.

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  12. Qualche riserva l'avrei, ma più che altro sul io/voi dell'anti-divo. Detto questo, se uno non accartoccia con un semplice gesto le risultanti di secoli di letteratura, e non smette di darsi una voce canterina per permettersi una raucedine, ben difficilmente riuscirà a percorrere nuove strade, o se non nuove, almeno le proprie. Bravo Ivan.

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    1. Come diceva il marchese Del Grillo: [...] «Perchè io so io […]»! Grazie, sinceramente, del commento, Lucio [chiaramente, come sempre, quando non mi costringono con tutte le loro forze a deprimermi, amo scherzare]. Sono d'accordo, infatti, nel sostituire all' «io» un «noi», e vi attendo, tutti, tutti, tutti, «massaie e impiegati del catasto» senza discriminazioni, senza eccezioni, senza esclusioni. Credo fermamente nella democrazia lirica e mi impegno, in tutta sincerità, a combattere contro ogni forma di «museo» e di censura (sia che essa arrivi dai sotto-boschi, sia che essi arrivi dai «contro»-sotto-boschi della cultura italiana).

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