Un
poemetto di intensità ontologica che una maestra del verso, dell’endecasillabo
libero in tutte le sue misure, dedica alla madre; e lo fa con ritmi asso
consonantici, onomatopeici e fonico-significanti distesi su un tappeto di allitterazioni
che richiamano non di rado suggestioni pascoliane. La natura, i giochi di una
gioventù altra, le memorie, le luci ora meridie, ora crepuscolari, accompagnano
la poetessa in questo suo viaggio di particolare vivacità emotiva.
N. Pardini
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Carla Baroni, collaboratrice di Lèucade |
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Carla Baroni: La Rina. Edizioni ETS. Pisa. 2016 |
ERA
TEMPO D’ALLODOLE E DI MERLI
Era
tempo d’allodole e di merli,
i
salici solcavano con l’ombra
le
acque chiare del Taro a San Secondo.
Rina
gioca coi granchi – non lasciate
che
vada tra i filari la bambina,
i
figli dei mezzadri e gli altri bimbi
fanno giochi
da adulti,
si
spogliano, si mostrano, si toccano -.
Sì, i
fanciulli qui sono precoci
non si
mettono
a
tirar con la fionda ai passerotti
e le
fanciulle poi col padroncino
che ha
le pretese
di
quello ius antico primae noctis
vanno
con finta ritrosia avendo
già
fatto mille prove col garzone
o
nella stalla o in mezzo ai pomodori
mangiati
a morsi quasi fosse l’uva
del
San Giovese o quella dl Trebbiano,
la
bocca cola e il bacio sa di sole
di
latte buono e di campagna sana.
(…)
E
sempre qui in questa pace mistica
Rina
vede una mano dietro un drappo
-un
drappo rosso quasi come un manto –
Che
accende tremolante una candela.
Dirà
per anni d’aver visto Cristo…
L’ULTIMO
ANNO DEL GINNASIO
(…)
E se
al cinema si va in settimana
coi
cugini e la serva al matinée
nella sala
risuonano festose
le
note della Carmen, Toreador
sottolinea
le scene più importanti
sia
nel pianto o nel riso, stessa musica.
Ed
un giorno d’inverno, forse è sera,
c’è
una ressa di folla al botteghino
-la
pellicola nuova ora richiama
più
persone al cinema Odeon –
alla
Rina recidono i capelli
lunghe
trecce che arrivano alla vita.
Lei
non sente lo sfregio, solamente
quando
fa per portarsele davanti
non le
trova, le cerca e non ci sono.
E con
le trecce un’epoca finisce;
ora è
grande, il suo corpo si trasforma
e
diventa una donna, la bambina
che
cercava i porcini sopra i colli
troppo
tardi al mattino non c’è più.
La
Rina qui descritta era mia madre.
La poesia sfumata di campo e di campagna sa di cose buone....la madre nei ricordi. Bella anche l'immagine in copertina. M.Binda
RispondiEliminaUn racconto in versi che, per me, ha sapori e sentori gozzaniani. Anche se so perfettamente che qui Carla non ha inteso imitare né Gozzano, né altri, ma mettere la sua ars poetica al servizio di una storia: quella che vede sua madre come protagonista e interprete di situazioni e atmosfere tardo-ottocentesche per caratteristiche letterarie, ma primo-novecentesche per aspetti biografici.
RispondiEliminaUna piacevole lettura, anche per il tono ironico e disincantato che alimenta la narrazione. Con questa nuova prova Carla Baroni amplia e ulteriormente arricchisce la sua già notevole varietà e pluralità creativa.
Rinnovo i complimenti che già le ho rivolto in privato.
Pasquale Balestriere