venerdì 21 aprile 2017

MARIA RIZZI LEGGE: "E' PASQUA" DI ANNA VINCITORIO


Maria Rizzi,
collaboratrice di Lèucade


La magnifica poetessa fiorentina Anna Vincitorio  nella sua lirica "E' Pasqua?" palesa un'esperienza del quotidiano di natura mistica. Il giovane disteso sull'asfalto 'biondo e di gentile aspetto', - cita Manfredi, uno dei personaggi più famosi della Commedia dantesca - , è una massa scura circondata da pezzi di pane spezzettato. L'immagine evoca un canile e lascia lievitare la rabbia, la vergogna. Il sudario è immagine forte, sanguigna della pochezza di noi uomini.L'Autrice narra il suo sdegno in versi accorati e poderosi come sferzate. Versi cesellati in forma di domande:
"Si sente bene? Dorme?"
 "Perché, perché? "
 "Ci sarà anche per lui una Resurrezione?"
Incontenibile il gettito d'immagini. Annebbia la vista, induce a posare lo sguardo su ciò che abbiamo davanti ogni giorno e non guardiamo. Perché è comodo far finta di non vedere, l'ignavia rappresenta l'unica via di scampo. Anna ci mette dinanzi a una delle tante realtà nude e crude. E non adotta anestetismi verbali... d'altronde chi la conosce sa bene che non è Donna, né Artista che ricorre a simili artifici... Il ragazzo biondo non conoscerà carezze, mani tese a stringerlo, sogni di costruire un domani. Eppure l'Autrice non sta rinnegando. Sta intonando una melodia al Gesù che non potrà risorgere con un materialismo solo apparente. Le storie di ogni giorno divengono note della realtà spirituale. Ogni esperienza resterebbe ignorata e ineffabile se non ci fosse la rivelazione del Poeta. Anna rivela. E' la voce di ogni creatura addormentata tra i rifiuti, dei derelitti, degli abbandonati; è il loro urlo muto; è lo strumento buono e grande che ci suggerisce di prestare tempo, attenzione e amore al prossimo.
Il suo ultimo interrogativo lo pone,in chiesa:
"Ma Tu, Cristo Risorto
 nulla puoi
 con la tua mano destra
 per l'infelice inerme sul selciato?"
Un brivido lungo attraversa la schiena, mentre l'ultimo verso annuncia, in un magistrale gioco di contrasti, che 'è Pasqua".
Poesia che non si arrende, che non teme di rompere gli stampi, che improvvisamente si mette a piangere in mezzo alla strada.
                                                                                                Maria Rizzi


E' PASQUA?

Un solare tepore
stamattina
Sul selciato
la raccolta organica
e la cupola del vetro
Scorgo una massa scura
In disparte, del pane
spezzettato
Attraverso la strada
pulita e deserta
Un corpo disteso
coperto da un panno
Non scorgo il volto
"Si sente bene? Dorme?"
Da quel sudario sgualcito
affiora un viso:
"biondo era e bello e di gentile aspetto..."
E' calata l'ombra
d'improvviso
Perché, perché?
Dov'è sua madre?
E' il giorno della Resurrezione,
del tripudio degli Apostoli,
della Maddalena
Io vedo abbandono, cedimento
Un corpo esausto
Mi avvolge un silenzio,
non posso pregare,
non capisco
Ci sarà anche per lui una Resurrezione?
Vado alla messa,
le dita intrise
di acqua benedetta
Un battesimo e
un bimbo nuovo e amato
Ma Tu, Cristo Risorto
nulla puoi
con la tua mano destra
per l'infelice inerme
sul selciato?
Si benedice l'uovo
E' Pasqua!

Firenze, 16 Aprile 2017
Anna Vincitorio


4 commenti:

  1. Mi piace mettere in risalto un aspetto di questa lirica di Anna Vincitorio, e lo faccio attraverso una domanda: avete fatto caso al luogo che "ospita" la "massa scura" che cela "un corpo esausto"? E' il selciato compreso tra "la raccolta organica" e, più in là, "in disparte" qualche pezzo di pane.
    Bene, è tutto lì: Cristo, il battesimo del "bimbo nuovo", la Pasqua; ma nessuno se ne accorge. Forse, sono tutti troppo occupati a selezionare l'organico dall'inorganico, gli altri da quel giorno, il bene dal male. Sarà mai Pasqua?

    Sandro Angelucci

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  2. È Pasqua! Questa è la certezza dunque, questa è la risposta, in chiusa, al titolo interrogativo.
    E Anna Vincitorio, pur interrogandosi (quante domande struggenti in questa lirica), lo sa bene qual è la realtà: sulla strada “un corpo disteso coperto da un panno” e in chiesa, durante la messa pasquale “un battesimo”. “Un infelice inerme sul selciato” e “un bimbo nuovo e amato”.
    Morte e vita, realtà duale, nella riflessione che la poetessa ci propone con la sua sensibilità, con la dolcezza triste dei suoi tanti interrogativi. Sì, sembra dire, forse “ci sarà anche per lui una Resurrezione”. Anna può sperare che Cristo risorga e che Dio esista proprio per farsi carico degli ultimi, dei derelitti, per arrivare là, dove l’egoismo e l’indifferenza mettono un telo.
    Appropriata e intensa quindi la conclusione di Maria Rizzi: Poesia che non si arrende, che non teme di rompere gli stampi, che improvvisamente si mette a piangere in mezzo alla strada.

    Annalisa Rodeghiero

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  3. "Poesia che... improvvisamente si mette a piangere in mezzo alla strada". La nota di Maria Rizzi aggiunge struggimento a struggimento. E' Pasqua, "il giorno della Resurrezione, del tripudio", ma il giovane reietto ("biondo era e bello e di gentile aspetto": quanta sottile ironia in questa citazione dantesca!) appare come "massa scura" gettata tra i rifiuti sul selciato. "Ci sarà anche per lui una Resurrezione?", si chiede la Vincitorio. Quanta retorica sul Cristo Risorto, sul Cristo che ha salvato gli umani! Chi può salvare gli uomini se loro non si vogliono salvare?
    Franco Campegiani

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  4. “Eppure l'Autrice non sta rinnegando”, afferma (si augura?...) Maria Rizzi nella sua appassionata nota ai dolenti versi di Anna Vincitorio; versi che senza cedimenti di tipo, per così dire, “religiosamente corretto”, mettono a nudo la vulnerabile fragilità dei valori spirituali dell'uomo di fronte alla realtà di un mondo disarticolato e diseguale, cinico e indifferente; un mondo che sembra avere perduto ogni traccia di solidale umanità. Quel “corpo disteso / coperto da un panno”, infatti, mette subito in chiaro lo sgomento e l'inquietudine per l'assenza assoluta di risposte alle domande fideistico-esistenziali che con accorata sequenza la poetessa si pone. E sotto quel “sudario sgualcito” non si nasconde solo un'altra vittima della nostra indifferenza (e poco importa che si tratti di uno stremato clochard o, come in questo caso, di un giovane “bello e di gentile aspetto...”, arreso magari agl'infernali miraggi dei paradisi artificiali), ma lì è sepolta anche la nostra residua umanità. E quel “non posso pregare, / non capisco”, forse certifica la resa imminente del credente, la tentazione di abbandonare definitivamente il campo. Non sentiremo, infatti, quell' “Alzati e cammina!”, la voce salvifica e rigeneratrice del Gesù miracoloso che riporta in vita Lazzaro; né vedremo la mano benedicente del “Cristo Risorto” per questo suo moderno alter ego, abbandonato nel disinteresse generale tra cassonetti e rifiuti. E non è difficile scorgere, in quella domanda (“E' Pasqua?”), il grido stesso dell' “infelice, inerme / sul selciato”, grido che perfettamente può sovrapporsi a quello del Cristo morente sulla Croce: “Dio mio, perché mi ( /ci) hai abbandonato?”. A quella domanda non risponderà che il silenzio, l'eco della solitudine cosmica che solo l'eventuale montaliano “anello che non tiene” potrebbe aiutarci a scalfire. Sono dunque l'urgenza pedagogica di rifondare eticamente il mondo, insieme alla profondità di pensiero (al di là della semplicità descrittiva di un evento così drammatico e, insieme, così “normale”), i caratteri distintivi della poesia di Anna Vincitorio; che per i tempi che viviamo rappresentano, a ben vedere, un merito non da poco. E grazie a Maria Rizzi, che ha saputo proporci questi versi di grande valenza civile e morale con la consueta empatica adesione e con la sua puntuale abilità dialettico-denotativa.

    Umberto Vicaretti.

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