venerdì 5 ottobre 2012

V. Sartarelli: La famiglia, oggi


 La famiglia, oggi.


La famiglia può essere identificata, senza tema di essere smentiti, come la prima delle Istituzioni Sociali. Questo assunto non è, concettualmente, qualcosa di cui si è preso coscienza di recente, ma esiste, riteniamo, da, quando l’umanità ha deciso di organizzarsi in comunità e di regolarizzare i propri rapporti sociali, privati e pubblici. Sicuramente la famiglia, come nucleo centrale della Società, risponde oltre all’esigenza di perpetuare la specie umana, ad alcuni bisogni fondamentali dell’aggregato sociale, che non si possono risolvere in un modo diverso: l’esigenza di vivere in comunità per combattere la solitudine, quella di procreare, educare i figli e di inserirli proficuamente nel mondo degli adulti, quella di cercare la felicità nell’instaurazione di un rapporto duraturo, che racchiuda in sé un affetto profondo ed una forte attrazione fisica con l’altro sesso.
La famiglia, quindi, definita dal dizionario della lingua italiana come “nucleo sociale rappresentato da due o più individui, legati tra loro con il vincolo del matrimonio o di rapporti di parentela o di affinità” costituisce, dal punto di vista sociologico, la più importante e antica tra tutte le istituzioni.
Storicamente, la famiglia era additata come il più elementare degli aggregati sociali e, come tale, presenta in ogni tempo caratteristiche etiche, sociali e giuridiche, conseguenti al legame tra padre, madre e figli che è essenzialmente affettivo e di sangue. Nella Grecia Antica - per avere un riferimento ai primi aggregati sociali derivati da una delle più evolute società del mondo allora conosciuto- la famiglia formava un aggregato sociale comprendente persone, cose, riti, allo scopo di perpetuare la stirpe, di conservare riti e tradizioni familiari. Gettandoci alle spalle tutto l’insieme delle notizie storiche originarie dell’istituzione familiare, che pure hanno valore fondante della stessa, occorre occuparci della famiglia di oggi che, per motivi molteplici, di natura economica, sociale, politica ed antropologica, non è più, per molti versi, la stessa famiglia di due o tremila anni fa. Per capire perché questo è avvenuto, bisogna andare indietro nel tempo, almeno di duecento anni. La famiglia, ha assunto svariate configurazioni nel corso dei secoli, già alla fine del 1800, in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale - volendo considerare questa parte del mondo più avanzata dal punto di vista civile e sociale- era iniziato il primo dei più profondi processi di trasformazione della struttura familiare.
In Italia, il territorio che più ci riguarda strettamente, questo processo di modificazione della cellula familiare prese il via nel primo ventennio del 1900 e più segnatamente, continuerà,  dopo la prima guerra mondiale caratterizzato da una costante accelerazione.  La cosiddetta famiglia patriarcale contadina, sulla quale essenzialmente si fondava l’economia agricola del paese, era già in trasformazione. Le cause determinanti di questi mutamenti che nel passare degli anni diventeranno oltre ché sociali, generazionali, sono diverse ancorché spesso concomitanti. Si può parlare di urbanesimo e industrializzazione, di miglioramento degli standard di vita, sicuramente di progresso sociale, certamente di miglioramento economico. Alla vecchia famiglia contadina che, nonostante la sua funzione sociale di sostentamento del paese, aveva in comune un profondo stato di duro lavoro e di miseria, si andava pian piano sostituendo la famiglia operaia. I giovani provenienti dall’agricoltura emigravano nelle città, dove, nelle immediate periferie sorgevano le prime industrie, presso le quali trovavano un lavoro che permetteva loro di affrancarsi dalla famiglia d’origine e di crearsi una propria famiglia con caratteristiche nuove e più premianti. Il decollo dell’industria e lo sviluppo del commercio portarono ad un miglioramento economico generale e, al modello delle famiglie operaie, cominciò a farsi strada un altro tipo di famiglia, di condizione sociale più elevata: la famiglia borghese. Quest’altro modello costituiva ciò cui tutti aspiravano e che, in breve volgere di tempo formò l’ossatura di quella che sarebbe divenuta la “classe media” italiana, i cui appartenenti non erano né poveri né ricchi, ma di certo potevano godere di una vita relativamente più facile e fruire di comodità e beni di consumo impensabili da raggiungere fino a pochi decenni prima.
Il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine del 1900 è storia di oggi e, la famiglia, pur rimanendo tuttora la maggiore cellula di aggregazione sociale, non è più quella di una volta, come contenuti etici, economici, affettivi e di costume. L’avvento del cosiddetto “miracolo economico” che conteneva in sé i semi del nuovo edonismo culturale e pragmatico della nuova società italiana, conteneva anche le spinte innovative del costume e la rivoluzione culturale della sessualità del 1968  insieme con usi e costumi provenienti dall’America. Il progresso, tecnico, scientifico o sociale che sia, accorpa il complesso delle situazioni ambientali, politiche e antropologiche che sono contestuali al periodo temporale di riferimento con gli influssi, le pressioni, i comportamenti e le importazioni di qualunque genere, che tendono a modificare il modo di vivere, le aspirazioni e i modelli da imitare o da raggiungere per essere “alla page”. Dall’America abbiamo importato di tutto, dall’elettrodomestico alla carne in scatola, dalla tecnologia al costume, ma anche la droga, un modo di vivere tutto particolare, dove un eccesso di democraticità porta a vivere spesso da “single” indipendente e ribelle, con una promiscuità di rapporti sentimentali e sessuali sia etero che omo.
Persino il modo di alimentarsi è cambiato: anche qui c’è la tendenza ad assimilare comportamenti d’oltre Oceano, con un assurdo disordine sia nel modo di mangiare sia in quello che si mangia. Tutto è contestualizzato da un sistema di vita convulsa e caotica, dove ogni cosa deve essere fatta in fretta, perché il tempo, che è sempre tiranno, non consente pause. I giovani, diretti discendenti della famiglia, sono in genere di difficile identificazione, scontenti, irrequieti, desiderosi di godere oltre ogni limite, per una caduta verticale di valori irrinunciabili ed eterni, si ubriacano e si impasticcano di droghe nelle varie discoteche, per finire il più delle volte, dopo una folle corsa in macchina, contro un muro o in uno scontro frontale, gettando alle ortiche la loro vita. Fra le altre storture e devianze dell’odierna società non va sottovalutato il fatto che, quasi ogni giorno, salga alla ribalta della cronaca un episodio di cruda brutalità tra gli uomini e, quello che fa rabbrividire di più e, che molte di queste crudeltà a volte sono compiute a danno di bambini, piccole vittime innocenti di “orchi” redivivi da favole ancestrali. Vogliamo soffermarci brevemente sui reati di violenza sui minori in genere, di per sé orrendi ed esecrabili che, purtroppo, spesso vengono perpetrati in ambito familiare. Sono note, infatti, le conseguenze psicologiche sul minore che patisce le violenze, che si possono successivamente trasformare nell’età adulta, in scompensi della personalità, con condotte aberranti. E nel peggiorerei casi si presenta il rischio di far diventare il soggetto, non solo uno psicopatico ma, anche un efferato serial killer. L’aumento dei fatti criminosi e dei delitti più spaventosi della nostra epoca è stato messo in relazione contestuale alla odierna globalizzazione, la quale non porta soltanto benefici, notizie, informazioni ed immagini utili, bensì anche episodi criminosi e cruenti nella loro più deleteria espressione, che possono anche servire da stimolo alla emulazione per quei soggetti già deviati mentalmente o addirittura affetti da gravi patologie psichiatriche. Questo fenomeno sconvolgente ed in continuo aumento si configura come momento di follia, ormai purtroppo consolidata come ordinaria e nel degrado di esseri umani generati, ahimè, da una società malata, per molti versi non evoluta e più civile, ma regredita per una serie di motivi molteplici. Questi sono molto variegati e possono essere di natura familiare, sociologica, di costume, di mancanza di educazione formativa o di mancanza di identità. Tutti, in ogni modo, contestuali e generati dall’attuale società dei consumi, del benessere, dell’informazione globalizzata ma anche della droga, della delinquenza, della mancanza di valori e di certezze, di una giustizia troppo garantista e permissiva. Se andiamo, infatti, ad analizzare le varie componenti che interagiscono nel fenomeno che si può definire complessivamente come “violenza assoluta”, giova iniziare sempre dalla famiglia perché in essa alberga il germe della vita che i genitori daranno ai loro figli che dovranno crescere ed educare. Che la prima cellula della società sia in crisi ormai da diverso tempo è un fatto notorio; che questa cellula non sempre adempia a quelle funzioni educative, formative e d’indirizzo verso i valori universali di una volta è altrettanto una cosa conosciuta. Si può disquisire sui motivi di queste discrepanze che appaiono fondamentali nella formazione del carattere e della personalità dei figli che nascono e crescono in queste famiglie nelle quali esiste un deficit di educazione, di moralità, di cultura, di socialità di buon costume. E’ chiaro, tuttavia, che da queste famiglie, in ogni modo, con buona probabilità e in una quantità statisticamente prevedibile, usciranno i nuovi “orchi” della società. Il ruolo ed il significato della famiglia, nella nostra società, si sono modificati nel corso degli ultimi decenni, motivo per cui essa, come oggetto/soggetto della società, si presenta oggi di complessa interpretazione e di difficile connotazione. Il ruolo dei genitori, nell’ambito delle relazioni interpersonali ed affettive con i propri figli e, di vitale importanza nel compito essenziale di educatori ed è diventato di una difficoltà impensabile e incredibile. Infatti, se è già improbabile non avere dei rapporti conflittuali ed esistenziali in una famiglia, di tipo tradizionale, immaginiamo come possano essere gli stessi rapporti con i figli, in una famiglia dove i coniugi sono separati o divorziati ossia in una famiglia, così detta allargata. Per quanto riguarda le coppie dei separati o dei divorziati, i figli, ora assegnati ad uno o all’altro dei coniugi, sono quanto meno disorientati, non hanno più un riferimento preciso per entrambi i genitori ma per uno solo di loro che, non sempre, è la persona migliore per la loro educazione. Inoltre non è trascurabile il trauma psicologico e la sofferenza che una separazione crea nei figli, destinatari innocenti dello sfacelo della loro famiglia. Ciascuno dei coniugi tende, in genere, ad andare per proprio conto, rendendo più alienante e incomprensibile il rapporto genitore-figlio. Quest’ultimo rischia, a causa di risentimenti personali fra i coniugi, di essere snaturato di degenerare, con l’instaurazione tendenziosa ad opera di uno dei coniugi a danno dell’altro, di sentimenti ostili nella mente e nel cuore del figlio medesimo. Tra i problemi, quindi, che assillano la nostra società e che sono al centro di dibattiti, conferenze e studi da parte di sociologi, educatori, giuristi e legislatori, c’è l’espressione di un disagio generazionale che attraversa obliquamente tutto il tessuto sociale del Paese.
Nell’ambito, poi, di questo disagio generico è ancor più marcata ed avvertita l’espressione di un “disagio giovanile” che è alla base di taluni comportamenti deviati, asociali e spesso delinquenziali. Basti pensare  all’assunzione abitudinaria di droghe da parte di alcune frange di giovani che, purtroppo, si estendono pericolosamente ad intere genie di adolescenti. Il quadro sociale, dunque, che si presenta agli “addetti ai lavori” non è dei più rosei e, sicuramente, di difficile interpretazione esaustiva. Le difficoltà vanno dal degrado ambientale alla corruzione politica e di alcuni membri delle Istituzioni, alle mancate integrazioni multi etniche, alla crisi nel mondo del lavoro, al dilagare preoccupante della criminalità a tutti i livelli, alla illusoria prospettiva di benessere e di eccellente qualità della vita, fondata esclusivamente sul consumo e sull’ampia disponibilità di beni economici e finanziari. Nella società di oggi, una cultura dell’immagine e dell’apparire, il crescere dei messaggi negativi che giungono ai giovani dal mondo degli adulti, ingenerano il sorgere di miti utopistici e alimentano comportamenti di violenza gratuita come il “bullismo”. La cultura della legalità, i principi di rettitudine e solidarietà, “le regole” del vivere in comune ed il rispetto degli altri, tutti corollari di una società sana e progredita, sono sempre stati proposti e mai realmente attuati. La causa determinante di questo fallimento di “obiettivi” viene identificata nella mancanza o- se si vuole essere più buonisti- nella scarsa collaborazione di due pilastri fondamentali come motori essenziali e necessari della società: la Famiglia e la Scuola. Questo “normale disagio quotidiano” che affligge ormai da anni molte famiglie italiane, è fin troppo ovvio che tanto “normale” non sia. Non vorremmo essere pessimisti ma, di questo passo, dove andranno le famiglie, i giovani, la società del domani? Il futuro del mondo non è certo roseo. In una società ormai cosmopolita si riscontrano problemi d’incomunicabilità, disinteresse, mancanza di moralità (che poi, chi sa più cosa sia?), di onestà anche intellettuale: esiste solo la precarietà del tutto. Parlando della famiglia come “soggetto sociale” da parte di sociologi e politici, si è fatto spesso solo retorica, utile magari ad accaparrarsi i consensi, senza pensare, invece, a focalizzare i nodi cruciali dell’attuale crisi e promuovere una concreta attività che coinvolga la società, la politica, e la legislazione per un adeguato sostegno alla famiglia. Oggi, si parla spesso della violenza che determinate frange di giovani esercitano, specie negli stadi e fuori di essi, in una sorta di contestazione ancestrale e, per certi versi, incomprensibile, verso le forze dell’ordine. In questa deprecabile guerriglia urbana intervengono, senza dubbio, fattori molteplici, anche di matrice politica tendenti a destabilizzare e affiora un sottobosco delinquenziale latente, che si mescola all’interno di quella che può sembrare un’azione semplicemente dimostrativa. Anche in quei deprecabili episodi di inciviltà e di disordine sociale, bisogna intervenire cercando di identificare, alla base, che cosa generi questi fenomeni e qui, come si suole dire, “casca l’asino”.  Ci troviamo di nuovo, di fronte alla mancanza di educazione adeguata che, prima di tutto, deve venire dalla famiglia e poi dalla Scuola, di fronte alla mancanza di attenzione per determinati valori che, una volta, costituivano i cardini essenziali del vivere civile. Ma, la famiglia e la scuola di cinquanta anni fa non erano le stesse istituzioni di adesso. La famiglia di oggi, poi, anch’essa per svariati fattori non del tutto contingenti, un po’ disattenta e superficiale, anzichè avocare a sé la funzione importantissima dell’educazione genitoriale, delega alla scuola la sua funzione educativa che è insostituibile in una realtà sempre più critica e complessa e di difficile comprensione sociale. La mancanza di indirizzi chiari e precisi, la scarsa considerazione dell’autorità dei genitori e dell’autorevolezza degli educatori istituzionali, spesso derisi e messi alla berlina da scolaresche ribelli e reazionarie, hanno contribuito al disordine sociale e civile delle nuove generazioni, le quali mancano di punti di riferimento certi e di modelli sicuri nei quali identificarsi. Viviamo, purtroppo, in una società nella quale sono saltate tutte le regole e questa “deregulation”, di fatto, ha portato ad un’insicurezza diffusa. Molti ragazzi appaiono come sbandati, in balia di se stessi, la loro vita è costantemente provvisoria, saltano da un’esperienza all’altra, come un insetto passa da un fiore all’altro per gustarne il suo nettare e subito  passare ad un altro. Questa smania irrefrenabile di fare sempre nuove esperienze, deriva da un’ormai diffusa,  insoddisfazione esistenziale, per la mancanza di valori  e obiettivi da raggiungere, di esempi da seguire e, spesso, proietta i giovani verso l’uso  della droga, nella ricerca sfrenata di nuove sensazioni sempre più forti e sconosciute e nel presupposto, purtroppo vano, della ricerca di un appagamento totale. In questo clima di estremo disorientamento, alcuni finiscono con il seguire “il branco” alla guida del quale c’è chi grida più forte: il “Capo”. Un’inchiesta sociologica europea ha definito i giovani di oggi, “generazione senza bussola”, per questo è urgente la restaurazione dell’ordine, la necessità di seguire le ”regole” che devono essere poche ma essenziali e applicate fin dalla più tenera età. I genitori devono essere capaci di prendere decisioni chiare: in una famiglia tutto è più sereno ed ordinato se c’è chi, quando si presenta la necessità, ha il coraggio e l’autorevolezza di fare da bussola e indicare la via da prendere. I figli, in fondo, hanno bisogno dei limiti e, inconsciamente, li vogliono; i limiti costituiscono l’ordine del quale i ragazzi necessitano e danno il senso della sicurezza e della protezione. Occorre ridare entusiasmo ai figli per gli ideali che contano e che danno senso alla vita, bisogna dare dei punti di riferimento, dei valori, che concettualmente sono astratti, ma la loro comprensione è importante, dei modelli da seguire che devono essere concreti, visibili e convincenti. I primi modelli sono i genitori stessi e poi, le persone che i genitori ammirano e stimano, non per quello che sono ma per quello che fanno e l’esempio che danno. Nelle famiglie, oggi, si tende a concedere molto forse perché la vita caotica e convulsa che si è costretti a vivere, fa dei genitori degli individui stanchi di lottare, anche con i figli, di mostrarsi con loro duri e risoluti. Questo atteggiamento, per altro comporta fatica, e di fatica se ne fa già tanta. L’educazione, tuttavia, è anche saper dire di no, non soltanto sì, educare significa anche saper essere duri e risoluti. E’vero, dunque, che l’istituzione familiare è in crisi per una serie di motivi e di fattori che ci siamo sforzati in precedenza di ricercare ma, è altrettanto vero, che è la Società di oggi che è in crisi, anzi, se si volesse andare più a fondo, si potrebbe dire che la società di adesso è malata e di questa malattia, purtroppo, si conoscono solo i sintomi nefasti e, non solo non si è pensato a curarla  ma quasi nessuno sembra essersene accorto.
Secondo il nostro parere personale, quindi, se si vuole venir fuori dal tunnel buio e senza sbocchi, bisogna affrontare il problema alla fonte, certo non è un’impresa facile né semplice, ma si deve ricominciare tutto daccapo, tornare alle origini per quanto attiene ai principi e ai valori intrinseci, irrinunciabili ed eterni dell’umanità. La famiglia, quella vera, quella sacra, quella unica, fondata sui cardini essenziali costituiti dai genitori, deve prendere in mano le redini della vita dei propri figli, educarli con passione e rigore, reintroducendo i valori attualmente mancanti o scarsamente attenzionati, in pratica deve fare la sua parte, assumendosi la responsabilità di creare la società di domani. Il fine dell’educazione è la costruzione di una personalità autonoma e responsabile.
I genitori, quindi, hanno un compito importantissimo, guidare i figli, sinda piccoli, in tutto dipendenti da loro, alla piena e responsabile indipendenza. Essi vanno aiutati nel loro processo di crescita, incoraggiati ad affrontare rischi, ad assumersi responsabilità sempre più proporzionali alla loro età, vanno stimati ed aiutati ad accettarsi, facilitati ad acquisire quella indipendenza che permetta loro di inserirsi, autonomamente e con piena responsabilità nel mondo degli adulti, consapevoli della loro crescita e del loro ruolo sociale. L’altra parte, non meno importante della prima, deve svolgerla la Scuola che va considerata come il tempio della cultura e dell’istruzione, dove in un ordinamento più responsabile, ordinato e lungimirante, gli educatori facciano fino in fondo il loro dovere, consapevoli del compito delicato loro affidato che oltre l’insegnamento, quello serio, comprende anche una necessaria, giusta disciplina e un’adeguata ripartizione dei ruoli. Non ci deve essere più posto per insegnanti svogliati e disattenti, né per alunni rivoluzionari e contestatori, negligenti e irriguardosi verso gli educatori. Se un discorso di questo tipo può suonare come un tentativo di restaurazione o una difesa a spada tratta del conservatorismo più ostinato, ebbene- a volte crediamo che sia utile- fare un passo indietro rispetto alle correnti progressiste e riformiste. Un ritorno al senso del dovere, all’obbligo della correttezza e dell’onestà, al rispetto per gli altri, anche ai correttivi “antichi”, se si vuole, per le eventuali devianze non costituirebbe certo uno scandalo, tenuto conto che talune idee, travisate da ideologie profondamente errate della nuova tendenza progressista, non solo non portano da nessuna parte ma piuttosto arrecano danni alla programmazione della nuova società.
La Scuola, una volta tempio della cultura e fonte di sapere e di educazione, appare inadeguata ai tempi, con docenti non sempre all’altezza dei compiti loro affidati, con un’organizzazione approssimativa dove l’ordine e il rispetto dovuto ai docenti sono spesso ridicolizzati da scolaresche maleducate, ribelli e contestatarie, spesso violente e irriverenti che considerano la Scuola  un “optional” e una ribalta per il bullismo, la maleducazione e l’uso incontrollato ed esibizionistico del sesso.
La Scuola di oggi, purtroppo, è troppo disattenta ed è diventata quasi “obsoleta” rispetto alle problematiche esistenziali di sviluppo e progresso delle nuove generazioni. Essa tenta e si limita a esercitare generiche e normali attività didattiche e a far rispettare superficiali norme di comportamento, quando vi riesce ma, è incapace di farsi carico del profondo malessere degli adolescenti, della loro esigenza di senso della vita e, a volte, della loro solitudine.
Lo stato infine e le sue Istituzioni guardino, con maggiore attenzione a quella cellula elementare che è la famiglia, che deve essere protetta e difesa, perché dispensatrice di uomini e donne, di cervelli, energie e laboriosità, che costituiscono la linfa vitale per la società di domani. Infatti, i giovani che escono dalle Università o dai laboratori artigianali o dalle varie scuole professionali costituiranno le
nuove classi sociali emergenti del futuro. Senza programmazioni lungimiranti, sia politiche che sociali, non si va da nessuna parte. Se l’Italia vuole continuare ad essere considerata uno dei paesi più rappresentativi del mondo occidentale e come tale ottenere prestigio e rispetto internazionale, le scelte su menzionate sono irrinunciabili; contrariamente, per tutti noi, per i nostri figli e i nostri nipoti non si prospetta certo un avvenire sereno e auspicabile. Molti giovani oggi, di sesso diverso che si amano e vogliono vivere la vita insieme, preferiscono la convivenza al tradizionale matrimonio; ciò non fa altro che accentuare la precarietà del rapporto che, in questo modo, manca del valore fondante che tiene conto di quello che questa unione produrrà: i figli. La necessità di sentirsi “liberi” di fare quello che si vuole, anche di interrompere quindi un rapporto al quale sono legati dei figli, ci da il senso di questa nuova e, secondo noi, errata interpretazione del vivere in comune, in una società civile che ha le sue regole e i sui dettami etici che vanno rispettati. In conclusione, dai nostri politici è lecito attendersi qualcosa di meglio di quanto, finora, è stato fatto che è poco e si configura come un tentativo raffazzonato di equilibrismo politico, tendente più che altro alla conservazione della “poltrona”, piuttosto che essere utile alle necessità incombenti. Ad integrazione di quanto precedentemente espresso, occorre ricercare e sperimentare nuove forme di interventi legislativi socio-familiari per far fronte ad una trasformazione della famiglia che richiede soluzioni nuove capaci di rispondere, in tempi brevi, ai rapidi cambiamenti in atto. In questi tentativi di mettere a posto le cose, si è notata una sorta di emulazione, nei confronti del mondo occidentale, facendo vedere che anche l’Italia si sta ponendo al passo con gli altri paesi, per quanto riguarda il progresso sociale, se di questo si può parlare, nella circostanza. A ben vedere, non si può privare la famiglia “legittima” del suo ruolo fondante di programmare e organizzare la società del domani, si rischia di mandare in tilt il sistema, di far perdere l’orientamento alla società stessa, all’ordinamento giuridico e alle altre istituzioni, di accorgersi improvvisamente che regole e leggi non vanno più bene. Al punto in cui siamo, è necessaria una riflessione profonda ed un alto senso di responsabilità, da parte di tutti, per evitare che la prima istituzione sociale creata dall’uomo scada nel degrado e vada, irrimediabilmente, verso una lenta ma progressiva disgregazione. Questa eventualità e le altre storture sociali che si stanno attestando in nome di un falso progresso, secondo noi, avrebbero un effetto “domino”, devastante, nei confronti dell’ordine e delle istituzioni sociali che sovrintendono al benessere ed al giusto progresso dei popoli.
In fine, a voler trarre delle conclusioni valide, è fin troppo evidente che l’intera società attuale è attraversata da una profonda crisi di valori fondanti e fondamentali: nel caos, apparentemente ordinato, in cui oggi viviamo dove sono poche le cose certe che valgono ancora e che funzionano, dove la litigiosità politica e la lotta per il potere non permettono l’attuazione di riforme necessarie, progetti validi,  promulgazione di leggi e provvedimenti veramente utili e necessari alla collettività, è necessaria una svolta epocale, forte e decisa che crei un’inversione di tendenza all’attuale declino di valori e di principi. La Società, in fondo, siamo tutti noi per cui, nessuno può esimersi dalle proprie responsabilità. E’ auspicabile, quindi, che ciascuno faccia la sua parte con coscienza e serietà d’intenti per ciò che gli compete, perché la complessità del mondo giovanile e i suoi mutamenti generazionali esigono una improcrastinabile, urgente e necessaria attenzione, costante ed impegnata, e non soltanto superficiale ed episodica.  
Vittorio Sartarelli





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