Quell’incontro con Padre Pio
Ci sono eventi
nella vita di ciascuno che rimangono per sempre come pietre miliari della
propria esistenza e il ricordo di questi eventi è talmente vivido e presente
che non può essere dimenticato. Con questi crismi e queste caratteristiche
esclusive è connotata l’esperienza personale dell’incontro che Sara e Marco
hanno avuta con il Santo nel lontano 1964, subito dopo il loro matrimonio, il
cui excursus pre matrimoniale era stato molto lungo e tormentato. Si erano
conosciuti dieci anni prima quando avevano appena quindici anni, il loro era
stato un amore sbocciato per caso durante un’estate magnifica e nel corso di
una stagione balneare di ampio respiro.
Sara doveva
iniziare la frequenza al primo anno di Magistrale e Marco si apprestava a
frequentare il I Liceo Classico, seppure ancora molto giovani avevano già nello
spirito e nell’intelletto il germoglio avanzato di una maturità adulta. I loro
sentimenti e la loro conoscenza iniziati quasi per gioco e per una curiosità personale, era cresciuti di pari
passo con un crescendo progressivo molto veloce e deciso. Si erano giurati
eterno amore ma, non sapevano quello che li attendeva nel prosieguo della loro
esistenza, per i contrasti e le difficoltà di vario genere che li avrebbero
accompagnati.
Dopo un paio
d’anni di contrasti ed opposizioni anche molto duri da parte della famiglia
della sua ragazza, una volta diplomati Marco con la Maturità Classica
e la sua ragazza con il Diploma Magistrale, finalmente, grazie all’intervento
in loro favore da parte del padre di Marco che avanzò personalmente richiesta
di fidanzamento ufficiale, la loro vita si rasserenò. Marco si iscrisse
all’Università di Palermo nella Facoltà di Giurisprudenza e la sua ragazza
cominciò la trafila burocratica per insegnare nelle Scuole Elementari.
La loro vita
trascorreva serenamente e il loro amore cresceva sempre più, si frequentavano
sia fuori che nelle rispettive abitazioni e tutto sembrava essersi indirizzato
verso un futuro molto prossimo roseo e rassicurante. Ma, “il bel tempo e il
cattivo tempo non dura tutto il tempo” e i proverbi antichi sono sempre sacrosanti. Marco era al terzo anno di studi
universitari quando una tegola pesante si abbatté sulla sua famiglia: suo padre
si ammalò. Dapprima non si capiva bene cosa avesse ma ben presto constatarono
che era caduto in depressione, una malattia subdola e molto pericolosa per la
sua evoluzione patologica.
Nonostante le
cure e i tentativi terapeutici di diversi specialisti del settore suo padre non
guariva ma, anzi, la sua situazione mentale peggiorava sempre più. Essendo egli
l’unica fonte di sostentamento della famiglia con il suo lavoro di artigiano,
non essendo più in grado di lavorare vennero meno le disponibilità finanziarie che
prima non erano loro mai mancate. In
famiglia Marco era il più grande di quattro fratelli, tutti ancora in età
scolastica, la situazione economica e finanziaria era diventata insostenibile.
Sua madre
cominciò a lavorare in casa imparando il mestiere di pellicciaia per signora da
sua nonna e sua zia che lo esercitavano da anni, Marco si mise alla affannosa
ricerca di un posto di lavoro per aiutare finanziariamente gli sforzi di sua
madre. Cominciò per lui il periodo più buio e sconfortante della sua vita,
aveva venti anni e non sapeva come fare, non si era mai trovato in quelle
condizioni penose. Le richieste di occupazione che faceva, lasciavano il tempo
che trovavano, la cattiveria e l’ipocrisia delle persone alle quali si
rivolgeva lo deprimevano e lo facevano soffrire.
In quel periodo
infelice l’unica consolazione per lui era l’amore per la sua ragazza che era
corrisposto in modo totale e coinvolgente. Lei gli fu sempre vicina, non solo a
lui ma anche a sua madre che era colei che aveva maggiormente accusato il colpo
proditorio del destino e che portava su di sè il peso maggiore della famiglia
con tutte le preoccupazioni che ne seguivano e per la salute malferma di suo
marito e per l’avvenire dei suoi figli che appariva senza sbocchi.
Nel complesso
delle situazioni ambientali che si erano modificate e nell’ambito degli aspetti
psicologici che mutarono la vita di
Marco, ce ne fu uno che cambiò radicalmente il suo modo di essere in meglio,
con una modificazione dei suoi sentimenti religiosi. Durante l’adolescenza e la
prima gioventù era sì, credente e cattolico ma, di certo lo era stato solo per
definizione, il suo rapporto con Dio e con i Santi non era stato mai intenso,
forse perchè da giovane, si pensa ad altre cose e, soprattutto, quando non si
hanno preoccupazioni esistenziali, non esiste una reale esigenza in tal senso.
Ma, in quel
periodo tenebroso e tribolato della sua
vita, quando tutto sembrava perduto, anche la speranza di poter cambiare lo
stato delle cose che, per un perverso gioco del destino, non solo non evolveva
ma, si complicava sempre di più, non lasciando intravedere alcuna soluzione, l’unico aiuto e l’unico
rifugio diventò Dio. Solo lui, infatti che si trova al di sopra di tutti e
tutto, poteva far cambiare la sua vita. Marco si rese conto che doveva solo
aver fede e pregare, l’aiuto sarebbe arrivato.
In questo suo
cambiamento epocale l’aiutò molto ed ebbe una parte rilevante la sua donna,
lei, non aveva mai smesso di pregare perché la loro situazione potesse
cambiare, ovviamente in meglio. In quegli anni anche Marco pregò molto, lo faceva
la sera, prima di coricarsi, si rivolgeva con fede al Signore, alla Madonna e
ad un frate cappuccino di cui si cominciava a parlare a quell’epoca, per le
grazie e i miracoli che aveva fatto ricevere a tanta gente che, da tutto il
mondo, a lui si era rivolta. Quel frate era Padre Pio da Pietrelcina, ora
Santo.
Sara
e Marco, a quel frate straordinario avevano promesso che, se li avesse fatti
sposare presto, sarebbero andati a trovarlo a San Giovanni Rotondo, per
ringraziarlo personalmente.
Marco, non seppe mai valutare
compiutamente, nel graduale, lento ma
generale assestamento della sua situazione familiare, quanto avessero
contribuito la Divina
provvidenza, il loro impegno continuo e l’unità familiare, tuttavia il
miglioramento ci fu, anche se di questo non si accorsero subito.
Grazie
all’interessamento di un compagno di Liceo che aveva uno zio politicamente
influente, Marco fu assunto da un settimanale politico locale, in nero e con
una piccola paga, successivamente, grazie alle sue capacità giornalistiche
ottenne la corrispondenza di un quotidiano nazionale dello stesso orientamento
politico del suo giornale e dopo, tre anni, come ciliegina sulla torta, grazie
alla raccomandazione di un onorevole amico d’infanzia dello zio della sua
fidanzata, fu assunto in Banca con un contratto a tempo indeterminato.
La sua vita, improvvisamente cambiò, dopo un
anno poté coronare il suo sogno d’amore, sposando la sua ragazza con la quale,
felici come non lo erano stati mai, subito dopo il matrimonio, partirono con
una Fiat 500 per il loro viaggio di
nozze. L’itinerario fu molto articolato, attraversarono tutta l’Italia
fermandosi nelle principali città fino a giungere in Svizzera a Lugano dove
viveva un parente di sua moglie, emigrato molti anni prima per trovare lavoro,
che li ospitò per una settimana.
Sulla
via del ritorno, lungo la costa adriatica, improvvisamente si ricordarono della
promessa fatta a Padre Pio, la felicità del momento e la ritrovata serenità
familiare avevano fatto dimenticare loro
quella promessa solenne, dovevano passare da San Giovanni Rotondo, sul Gargano,
per incontrare quello che sicuramente era stato l’artefice della loro ritrovata
felicità ma, essi in quel momento, avevano trascurato questo piccolo dettaglio
che invece era enorme per la sua grandezza e aveva cambiato la loro vita.
Avendo
pernottato a San Severo un paese vicino, nella mattinata successiva giunsero a
San Giovanni Rotondo, il paese sembrava ancora addormentato, c’era poca gente
in giro, nella piazza principale era allocato il Convento dei Cappuccini.
Correva l’anno 1964 e il mese di Giugno, il piccolo paese, allora, con tante
piccole case sparse, appollaiato su
un’altura di circa seicento metri e connotato come un piccolo centro
agricolo probabilmente abitato sin dall’età preistorica. Una località quasi
isolata dai grossi centri urbani- Foggia si trova a circa 40 Km -eppure, già allora,
mèta continua di pellegrini e visitatori.
Sia
sua moglie che Marco avevano un forte desiderio di vedere da vicino, toccare
forse e avere un colloquio con quel frate cappuccino, straordinario per le sue
qualità ascetiche e, conosciuto in tutto il mondo, per le sue virtù
taumaturgiche. Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina,
piccolissimo comune alle porte di Benevento, il 25 Maggio 1887. Egli salì per
la prima volta al convento di San Giovanni Rotondo nel Luglio del 1916, due
anni dopo davanti a un grande Crocifisso nel coro della piccola Chiesa del
convento, ricevette le sacre stimmate. Per più di cinquanta anni portò sul suo
corpo quei segni sicuramente manifestazione della presenza di Dio in lui.
L’avevano
pregato tanto quel frate, durante il periodo peggiore della loro vita, quando
tutti i sogni sembravano svanire, diluiti in un tempo che sembrava non dovesse
finire mai e in quel momento, che finalmente eravamo diventati marito e moglie, pensavano fermamente che
quel frate aveva, di certo speso una buona parola per loro presso il buon Dio,
il quale li aveva sollevati dalle
angosce e dalle tribolazioni quotidiane che li avevano afflitti per tanto
tempo.
Quella
mattina Marco, avvicinatosi al Convento, chiese al Padre Guardiano, se era
possibile essere ricevuti in privato da Padre Pio, soggiunse che venivamo dalla
Sicilia. Il frate, sulle prime, tentennò, gli rispose che non sapeva se se la
cosa era possibile, poi, dal momento che Marco gli mise in mano una generosa
offerta, improvvisamente cambiò il suo atteggiamento e questo gli diede
fastidio perché, gli sembrò di avere comperato qualcosa.
Il
frate, dopo avere incassato l’offerta, diventò molto più conciliante e disse
loro che avrebbero dovuto aspettare e che, nel pomeriggio, dopo le meditazioni,
il Padre sarebbe sceso dalla sua cella e, attraversando la chiesetta, avrebbe
incontrato non solo loro due ma, anche altri pellegrini che avevano manifestato
il desiderio di vederlo. In conclusione, un’udienza collettiva, piuttosto
frettolosa, facilitata, era fin troppo evidente, da un obolo consistente.
Ringraziarono
un po’ delusi ma, d’altra parte non c’era alternativa e si avviarono a visitare
il paese, dovevano pensare a dove consumare il loro pasto quotidiano. Man mano
che le strade si animavano e crescevano i visitatori, si potevano osservare,
quasi ovunque, piccoli negozi e bancarelle, letteralmente traboccanti di
souvenirs, gadget, con immagini e soprammobili piccoli e grandi di Padre Pio.
Era
evidente, attorno alla figura carismatica del quel “grande” fraticello, come si
fosse sviluppato, a dismisura, un affare commerciale di rilevanza imponente,
tutti coloro che si recavano in quel luogo compravano qualcosa e comunque
spendevano dei soldi per soggiornare. Marco sapeva che il grande ospedale “Casa
sollievo della sofferenza” che esisteva già in paese, inaugurato nel 1956,
fortemente voluto da Padre Pio, era stato costruito, arredato ed attrezzato,
esclusivamente, con le offerte dei fedeli e ciò era senza dubbio una cosa
straordinaria, incredibile, ma vera.
Egli
non riusciva a capire, tuttavia, dalle sensazioni che aveva ricevuto, se
quell’aspetto commerciale ed in un certo senso affaristico, costantemente onnipresente in quel luogo,
fosse entrato, certo non per volere di Padre Pio, anche dentro il Convento dei
Cappuccini. D’altra parte, riflettendo bene, bisognava considerare che spesso la Divina Provvidenza
percorre delle vie a noi , non solo sconosciute, ma insospettate e
inimmaginabili.
Nel
primo pomeriggio di quel giorno, appena la Chiesa aprì, Sara e Marco entrarono e si sedettero sui banchi a pregare, nell’attesa
di quell’incontro, della cui importanza ancora non si rendevano conto ma che metteva loro addosso un po’ d’ansia e molta
trepidazione. Erano trascorse due ore e la chiesetta si era quasi riempita, si
trovavano quasi compressi dalle altre persone, in un ambiente piccolo e
scarsamente illuminato da pochissime lampade che era deputato alla preghiera ed
al raccoglimento, non ad un incontro pubblico con un bagno di folla.
Improvvisamente,
sulla porta della sacrestia, avevano visto comparire il Padre, era accompagnato
da quattro frati, due dei quali quasi lo sorreggevano, una sorta di guardia del
corpo che lo guidava attraverso un corridoio transennato all’interno della
chiesetta, ai lati del quale c’erano, assiepati, i fedeli. Lui, passando si
fermava a parlare solo con alcuni. Aveva un aspetto emaciato e sofferente,
un’andatura malferma e si potevano scorgere le sue mani, fasciate con bende di
tela grezza molto spessa.
In
quell’ambiente piccolo, nella penombra, regnava un’atmosfera sommessa e quasi
irreale che, all’improvviso, con l’apparizione di Padre Pio, si animò e
cominciò a rumoreggiare, i presenti erano tutti desiderosi di toccare e
ricevere anche una sola parola da quell’uomo. Sara e Marco pensarono di essere
dei predestinati o, di avere avuto fortuna, perché Padre Pio si fermò davanti a
loro, sembrava non sentire bene e di non essere del tutto nella comune dimensione
terrena, tuttavia guardando fisso negli occhi Marco, con i suoi molto scuri e
profondi, gli chiese da dove venisse.
Marco, un po’ impacciato e a
disagio per quella forte presenza, non riuscì a baciare le sue mani, come avrebbe
voluto ma, la vista di quelle bende, orrende, che nascondevano le sue ferite
divine, gli creò una sensazione di ripulsa.
Rispose
quindi, quasi balbettando, che venivano dalla Sicilia e che si erano sposati
una ventina di giorni prima, il Frate gli rispose come se non avesse capito o,
se avesse capito e volesse muovergli un rimprovero: “Tutto questo tempo per
arrivare fin qui?”. Al che, Marco non seppe giustificarsi, del resto, sarebbe
stato troppo lungo raccontargli il loro viaggio e poi, c’erano le altre persone
che attendevano, pressando da tergo e reclamavano il loro tempo d’attenzione,
perciò il Padre diede loro la
benedizione e passò avanti.
Marco,
allora, non capì il significato di quella domanda, volutamente retorica, ché
anzi, era rimasto piuttosto deluso da quell’incontro frettoloso e con tutta
quella gente intorno, avrebbe voluto che li avesse ricevuti privatamente e da
soli, forse allora avrebbero aperto la loro anima parlando liberamente e confessandogli la loro riconoscenza. Non
seppe apprezzare, all’epoca, l’importanza di quell’incontro e la sua reale
portata, ricevendone invece solo un’impressione negativa che gli rimase
impressa per molto tempo, di un povero vecchio, stanco e malato, condotto in giro
dai confratelli con il fine, poco trascendentale, di ricavarne del denaro.
Dopo
quaranta anni, con il senno di poi ed alle soglie della vecchiaia, oltre a comprendere
la grandezza dell’evento e il privilegio che avevano avuto d’incontrare e di
parlare con un Santo vivente, Marco e Sara hanno compreso, purtroppo con
ritardo, il perché di quella domanda e questo ritennero rientrasse nell’ambito
del mistero divino di quel frate.
Padre
Pio, infatti, pur non avendoli mai visti prima, li aveva riconosciuti, loro in
fondo erano solo due fra la moltitudine dei suoi devoti che, da ogni parte del
mondo si era rivolta a lui, tuttavia,
egli sapeva tutto di essi, quasi che fosse stato presente quando si
inginocchiavano di fronte alla sua immagine e, con fede, chiedevano di essere
aiutati. Quella domanda, quindi, che era sembrata loro banale, quasi inutile e
priva di un vero e proprio significato, fatta da un uomo vecchio, stanco,
sofferente e, solo in apparenza poco lucido e presente, era stata in effetti un
vero e proprio rimprovero.
Sarebbe
stato giusto, infatti, che la prima tappa del loro viaggio di nozze fosse stata
San Giovanni Rotondo, invece, con l’egoismo proprio dei mortali, una volta
affrancati dalle preoccupazioni e dalle situazioni difficili della vita e senza
uscita, raggiunto lo scopo sublime del matrimonio e dimenticati i guai passati,
con la gioia di vivere che si ha da giovani, com’era giusto che fosse per due
innamorati, avevano preferito pensare prima, a loro stessi, lasciando come
ultima cosa, o quasi, il ringraziamento dovuto a quel Santo che, sicuramente,
era stato l’artefice del radicale cambiamento
della loro vita, segnata per sempre, in modo indelebile da
quell’incontro, dalla fede e dalla certezza che quel Santo era stato per loro
un intercessore autorevole verso la misericordia di nostro Signore Gesù Cristo.
Vittorio Sartarelli
Notizie
biografiche e pubblicazioni
Vittorio Sartarelli è nato a
Trapani 75 anni fa, per la sua istruzione ha scelto l’indirizzo umanistico
frequentando il Liceo Classico “L, Ximenes” di Trapani e l’Università degli
Studi di Palermo nella Facoltà di Giurisprudenza. Nel 1958 è assunto dal
settimanale trapanese “Il Faro” nel quale opererà nell’arco di quattro anni.
Nel 1960 diventa corrispondente del quotidiano nazionale “il Popolo”. Nel 1963
inizia la carriera bancaria che si concluderà dopo 35 anni di onorato servizio.
Debutta come scrittore del 2000,
ecco le sue pubblicazioni :
Anno 2000 – “Francesco
Sartarelli” biografia di un campione trapanese degli anni ’50. iniz.personale
Anno 2005 – “Viaggio nella
memoria” - il suo primo libro di narrativa autobiografica. Ed. Il Grappolo
Anno 2006 - “Territorio e motori” - un tascabile di tradizioni, sport e cultura
varia. Ed. Giuffrè
Anno 2007 – “Cara Trapani…”
- un delicato affresco di storia,
tradizioni ed etnologia. “
Anno 2007 – “I Racconti nel cassetto”
– narrativa autobiografica. Ed. Nicola Calabria
Anno 2008 – “I Racconti del
cuore” - narrativa autobiografica. Ed.
Montedit-Melegnano MI
Anno 2008 – “Profili esemplari” –
narrativa autobiografica. Ed. Aletti – Guidonia RM
Anno 2009 - “La famiglia, oggi” – breve saggio di
sociologia. Ed. Leonida RC
Anno 2009 - “Memorie di un bancario” narrativa Ed.
Montedit –Melegnano MI
Anno 2009- “Racconti” - narrativa. Ed. Carta e Penna – Torino
Anno 2011 – “Una vita difficile”
– narrativa Editore ALBATROS Il FILO – Viterbo
Anno 2012- Storie vere di vita
vissuta – narrativa- auto pubblicazione – Gruppo Editoriale l’Espresso.-Roma
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