La
mia “ prima volta”
Forse non tutti ci siamo resi
conto ed abbiamo considerato con attenzione che durante la nostra vita, negli
accadimenti che ci sono toccati o nelle esperienze che abbiamo fatte, per
ciascuno di noi c’è stata sempre una
“prima volta”. Solo il ricordo di
essa potrà darci di nuovo un’emozione tanto intensa, come fosse la prima volta.
Perché è della prima volta che ci ricordiamo.
Io sono uno scrittore che scrive,
pubblica libri e partecipa a concorsi letterari nazionali ed internazionali,
ormai da dodici anni e, durante l’arco temporale di questa mia attività, mi è
capitata una prima volta che ricordo sempre con gioia e soddisfazione. E’ stato
quando ho ricevuto il mio primo premio per la narrativa edita, per la prima
volta nella mia vita. Scrivevo già da sei anni quando ho ricevuto la
comunicazione telefonica, da parte della segretaria di un concorso letterario
al quale avevo partecipato con una mia pubblicazione, con la quale mi si
informava di avere vinto il I° premio per la narrativa edita con l’invito alla premiazione nella
manifestazione conclusiva del concorso.
Non è facile descrivere quello
che ho provato in quell’occasione, anzitutto, quella era per me una
consacrazione della bontà dei miei scritti, finalmente qualcuno, molto qualificato,
si era accorto anche di me e, considerato quella che è attualmente la galassia
dell’editoria e degli scrittori contemporanei, vincere un primo premio
costituiva un prestigio ed una rilevanza notevoli.
Non stavo più nella pelle e già
pensavo di organizzarmi per partire e andare a ricevere quello che per me
costituiva una grande soddisfazione e, soprattutto, era una cosa nuova ed
insolita partecipare pubblicamente e in prima persona ad una manifestazione di
cultura alla presenza di persone molto
qualificate nel campo della letteratura e di un pubblico intenditore ed
appassionato.
Fatte le valige, quindi, ed
avendo convinto anche mia moglie a seguirmi, con la mia macchina partimmo alla
volta della Campania dove giungemmo dopo due giorni di viaggio piacevole e
divertente. La cerimonia di premiazione era stata fissata nell’aula consiliare
del Comune, nel tardo pomeriggio, poi, alla premiazione sarebbe seguita una
cena offerta dall’organizzazione del concorso. Giunti in Albergo e prenotata
una stanza per la sera, ci recammo all’appuntamento, da parte mia con
trepidante attesa e comprensibile emozione. La sala era già occupata da un
folto pubblico che si era sistemato sugli scranni, in basso, tuttavia, vi erano
i posti riservati agli autori invitati
che sarebbero stati premiati, di fronte ad essi il tavolo della Giuria del
Concorso con i premi costituiti da coppe, targhe e trofei che recavano, ognuno,
il nome e cognome dell’autore al quale era destinato. Prima di accomodarci nei
posti riservati ebbi l’opportunità di scorgere quello che era il mio premio,
costituito da una grande coppa e una targa artistica nella quale spiccava il
mio nome e cognome. Quella vista, la presenza di tanta gente e l’arrivo di
alcuni dei personaggi deputati alla consegna dei premi, mi generò un’emozione
ed una commozione che a stento riuscii a
dominare e delle quali mia moglie fu testimone. Completato, in fine, lo
schieramento della Giuria, il Presidente prese la parola e con un sobrio
discorso attinente alla Cultura ed alla manifestazione, iniziò la presentazione
degli autori e dei premi loro conferiti, nella varie sezione del concorso
letterario. Quando venne il mio turno ebbe parole di plauso e di ammirazione
per la mia pluriennale attività letteraria e per la mia pubblicazione che si
era meritata il primo premio per la Narrativa
e consegnandomi il Premio mi chiese di prendere la parola per esternare
le mie impressioni e il mio stato d’animo. Non potei fare a meno di
dimostrare la mia emozione ed il mio compiacimento e con qualche difficoltà di
adattamento psicologico, trovandomi per la prima volta di fronte ad un
microfono, così mi sono espresso :
“Gentili Signore e Signori, buona sera, sono particolarmente
lieto di essere stato invitato a partecipare a questa bella manifestazione di
cultura. Ringrazio in primo luogo la
Giuria del Premio che ha voluto attribuirmi questo
riconoscimento e desidero esprimere un plauso agli organizzatori del Concorso.
Il fatto di avere vinto un primo
premio per la narrativa edita oltre ad essere un riconoscimento prestigioso è anche un omaggio alla Cultura, non capita tutti i giorni, la cosa
m’inorgoglisce e conferma la validità e la capacità tecnica nel comunicare del mio ordito narrativo.
In fondo che cos’è uno scrittore?
E’ una persona di una certa cultura ed una particolare sensibilità che ha
avvertito l’esigenza di comunicare agli altri, con la scrittura, il suo mondo
interiore, le sue conoscenze, la fantasia, i pensieri, le sensazioni, le
proprie esperienze di vita, i ricordi e,
in fine, i suoi sentimenti. Con questo mio libro, che è
autobiografico ho voluto raccontare alcuni episodi che hanno caratterizzato la
mia esistenza, e con essi alcuni personaggi che hanno interagito con la mia
vita contribuendo a formare il mio carattere e la mia personalità. Niente di particolare o di
eccezionale, semplicemente, normali accadimenti di vita che possono essere
riferiti a chiunque, tuttavia, quello che hanno mosso il mio desiderio di
raccontare, sono stati i sentimenti, i ricordi e, un po’, anche le cattiverie
dei nostri simili. Le difficoltà della vita, le
aspirazioni, i progetti sul futuro, l’amore, l’amicizia, lo sport, il destino
sopra tutti, sono il filo conduttore del mio racconto, in fondo, tutto un mondo
nel quale un giovane di cinquanta anni fa cercava di ritagliare i sui spazi
esistenziali. Ma, cos’è un libro? Qualcuno
illuminato ha detto: “ E’ la porta di un mondo che si apre, un invito a
restare, a fermarsi in compagnia di una storia, dei suoi personaggi. E’ una
traccia che ci portiamo dentro, se il libro che abbiamo letto ci ha conquistato
e che può anche cambiarci la vita”. Ritirare questo premio, in fine,
mi gratifica molto e mi sprona a proseguire nella mia attività di scrittore. Ho
sempre considerato lo scrivere un godimento dello spirito e un appagamento per
l’intelletto,esso costituisce per me una sorta di valvola di sicurezza, alle
ansie, alle angosce ed alle insoddisfazioni esistenziali della quotidianità. E, come nasce un libro? C’è un momento “magico” in cui la pagina
bianca si copre d’inchiostro e si riempie di lettere di parole, di frasi che
diventano, mentre leggiamo, immagini, emozioni, sentimenti e significati.
A ben riflettere, ciascuno di noi
è un “libro”, un meraviglioso contenitore che, a volte rimane chiuso per un po’
o per tutta la vita, se la persona che lo possiede non sa, o non vuole far
conoscere agli altri il suo mondo interiore. E questo libro immaginario, che
racchiude in se tutti gli accadimenti, le gioie, i dolori, le speranze e le
certezze della nostra vita, man mano che il tempo passa, inesorabile, aumenta
sempre più le sue pagine. Ma, quando invece, la porta viene
aperta e l’autore di quel libro ha deciso di comunicare con gli altri, avviene
il miracolo, perché non è calcolabile o immaginabile l’effetto di impatto e
comunicazione sui lettori di tutto quell’universo di bellezza, bisogno di
partecipazione, di racconto, di poesia e di sentimenti che esiste nell’animo di
ogni persona. Comunicare agli altri il proprio
sentire, le cose che contano veramente, le esperienze e le speranze, che non
debbono mai finire, costituisce per lo scrittore un modo per rendersi utile,
per far comprendere che, alla fine, non è la cattiveria umana o l’invidia e la superbia che vincono, nella vita, ma
sono l’amore, l’onestà e la fede che
trionfano. Questo fatto vorrà pur dire
qualcosa, chi scrive crede fermamente in questi valori e si è sforzato di
comunicarlo ai lettori, magari sommessamente, chi sa, se il suo messaggio verrà
recepito da tutti?
Grazie, per il premio,
l’attenzione e la considerazione!”
Vittorio Sartarelli
Vittorio Sartarelli nato a Trapani il 20/02/1937
Via G. B. Fardella, 237 – 91100 Trapani
Tel. 0923/ 540668 – Cell.: 3287454908
E-mail: vittorio.sartarelli@tiscali.it
Costume e Società
“Verità o false verità ?”
Ci
siamo mai chiesti che relazione intercorra tra la comunicazione di scoperta di
nuove tecnologie o di nuovi traguardi della medicina o della biologia o della
scienza in genere, e la verità sulle reali applicazioni di queste nuove
scoperte? Forse no, eppure spesso, per orientare l’opinione pubblica o la
maggior parte di essa, la verità sulle nuove scoperte della scienza e della
tecnica, viene taciuta o peggio, sofisticata
strumentalizzata quando, addirittura,
non viene sostituita con una di comodo.
Tutto
viene ricondotto, purtroppo, molto riduttivamente e poco eticamente,
all’imperativo del condizionamento ideologico delle masse a fini quasi
esclusivamente politici e di profitto. Quello che a dirsi può sembrare
un’enormità assolutamente inaccettabile per la morale antropologica, in realtà,
tuttavia, quotidianamente prendiamo
cognizione ed accettiamo informazioni, che non hanno altra funzione se non
quella di orientare le opinioni in una certa direzione.
Gli
esempi, a questo proposito, possono essere molti e riguardare le discipline più
disparate dello scibile umano. Chi può dimenticare le emozioni che
dispensarono, a milioni di telespettatori, le immagini del primo uomo sulla
luna? Era il 20 Luglio del 1969, per la prima volta l’uomo era riuscito, non
solo ad avventurarsi nello spazio, ma anche a mettere i suoi piedi su un corpo
celeste, al di fuori della Terra.
E’ a tutti
noto come in quel periodo, tra Stati Uniti ed Unione Sovietica, fosse in corso
una lotta senza quartiere e contro il tempo per la supremazia nello spazio.
L’episodio, storico ed epocale, fu pubblicizzato adeguatamente e forse, oltre
il necessario, dai mezzi d’informazione, non trascurando ma, anzi, evidenziando
il fatto che sul suolo lunare era stata piantata la bandiera statunitense. Quel
gesto, oltre a simboleggiare il possesso, indicava il primato.
Alcuni anni
dopo lo storico evento, cominciarono a circolare nell’ambiente giornalistico
americano, alcune perplessità sulla effettiva realizzazione dell’impresa,
forse, si diceva, c’era alle spalle di tutto il confezionamento di un filmato molto
accurato e, scenograficamente, quasi perfetto che sarebbe stato messo in onda
in sincronia con la data e l’ora dell’effettivo allunaggio.
A seguire, si
andò oltre, la cinematografia statunitense produsse addirittura un film, che
fece il giro del mondo, nel quale addirittura si spiegava, dettagliatamente,
come si fosse realizzato il falso
evento. Fu vera gloria, dunque, o siamo stati raggirati dalla più grossa
“bufala” del secolo XX? Non fu mai provato niente e il dubbio, anche se
inquietante, svanì pian piano, nell’oblio del tempo.
Di recente,
tuttavia, il problema è stato riesumato dai soliti bene informati e la
conclusione alla quale gli scettici sono pervenuti è che anche le successive
missioni della NASA con destinazione il nostro satellite, siano state una
perfetta sofisticazione dell’informazione, in quanto pare si sia trattato di
altrettanti film molto ben congegnati e sceneggiati. Credere o no è opinabile,
tuttavia, una cosa è certa, il dubbio rimane.
Altro
tema dibattuto che, oltre a riguardare l’ingegneria genetica e la bioetica,
investe anche e soprattutto la corretta informazione delle masse, è la scoperta
e l’applicazione pratica dei così detti “OGM” che altri non sono che degli
organismi geneticamente modificati. Di questa scoperta della biotecnologia non
è, attualmente, quantificabile l’entità ed il numero di applicazioni pratiche
possibili queste, infatti, possono riguardare sia il regno vegetale che quello
animale e, purtroppo, nel regno animale c’è anche l’uomo.
Quello
che stupisce, poi, oltre al fatto economico e speculativo che ne deriva, è che
queste modificazioni di organismi possono essere brevettate, con tutte le
possibili e intuibili strumentalizzazioni di ogni tipo, non escludendo la
relazione con l’industria, il commercio e quindi il profitto. La possibilità di
estendere questa pratica a tutti gli organismi più complessi e ai procedimenti
industriali che ne permettono l’ottenimento, suscita atteggiamenti diversi e
contrastanti, infatti, notevoli sono le perplessità sui possibili effetti a
lungo termine sulla salute umana del consumo di prodotti derivanti dagli OGM.
A questo,
punto sorge, inevitabile e necessaria, la corretta e veritiera informazione per
la pubblica opinione. Oggi, purtroppo, in un mondo ormai condizionato
fortemente dagli interessi economici e dalla ricerca del profitto, anche
l’informazione può venire manipolata e indirizzata con finalità che niente
hanno a che spartire con l’etica e la tutela della salute pubblica. E così, anche
di questi “OGM” non si sa esattamente se siano dannosi oppure no, e i dubbi
persistenti tendono ad ingrossare, alternativamente, le file dei fautori
dell’iniziativa da una parte e dei denigratori dall’altra. E allora, qual è la
verità vera? Il “popolo” rimane disorientato!
Che la
“Scienza” debba progredire non ci sono dubbi, che questo progresso debba essere
rivolto essenzialmente al miglioramento delle situazioni di vita dell’uomo e del
suo ambiente è altrettanto incontrovertibile, quello che non è assolutamente
accettabile, invece, è l’uso dei nuovi ritrovati della scienza e della tecnica
a fini esclusivamente utilitaristici, riservati ad una parte dell’umanità,
magari la più ricca, a danno dell’altra parte di umanità, quella più povera e
derelitta. Questo, oltre ad essere eticamente esecrabile, ci appare come un
crimine contro il genere umano.
La disamina
del problema iniziale continua, limitatamente ad un altro argomento che è
venuto alla ribalta, non molto tempo fa: intendiamo parlare delle “Cellule
Staminali”. Ma, gli esempi da trattare potrebbero essere molti altri, tuttavia,
lo spazio che ci è consentito non ci permette di ampliare la nostra
disquisizione etico-filosofica. Anche questo settore della scienza appartiene
alla ingegneria genetica e come tale contiene in sé il germe dell’umanità, per
la qualcosa, non si può intervenire in questo settore, senza prendere in
considerazione la sacralità dell’essere umano sin dal suo concepimento.
Se l’esistenza
di cellule e tessuti capaci di rigenerarsi è un fatto noto da tempo, la
scoperta delle cellule staminali è un fatto relativamente recente, l’isolamento
e la coltivazione di cellule embrionali umane risale al 1998. Una grande
quantità di queste cellule ottenute da embrioni congelati derivanti da
procedure di fecondazione in vitro, eccedenti per tali finalità, potrebbero in
teoria essere utilizzate per la ricerca. Nell’adulto le cellule staminali
permettono la ricostituzione di tessuti danneggiati, tuttavia, verso la fine
degli anni novanta è stato dimostrato che esse possiedono capacità inaspettate,
molte delle quali devono ancora essere scoperte.
L’impiego di
cellule staminali adulte, anche se disponibili in minore quantità e di più lenta
proliferazione di quelle embrionali, ha fornito risultati incoraggianti. Alcuni
ritengono, giustamente, inaccettabile l’uso di embrioni e pensano che le
cellule staminali prelevate dagli adulti rappresentino una valida alternativa
alla ricerca. Altri ritengono, invece, che la sperimentazione debba procedere,
parallelamente, su entrambi i tipi di cellule e che possa addirittura
integrarsi con le tecniche di ingegneria genetica. Anche qui, qual è la verità?
I mass media non ci aiutano!
Occorrerebbe,
a questo punto, auspicare un incremento della correttezza nel pluralismo
dell’informazione, ai fini della ricerca della verità, possibilmente aumentando
i dibattiti pubblici sui temi e chiamando al tavolo della discussione, proprio
i responsabili delle nuove scoperte e delle innovazioni tecnologiche. Quanto
precedentemente espresso, apre scenari inimmaginabili per la qualità della vita
futura dell’intera umanità. Basterebbe pensare ad un utilizzo più razionale ed
universale delle risorse a disposizione, che non sia in contrasto con la
coscienza morale e civile dell’individuo, fatto ad immagine e somiglianza dal
suo Creatore, con finalità sicuramente diverse da quelle finora perseguite da
alcuni dei suoi simili, non proprio ecumeniche.
Vittorio Sartarelli
Rimembranze
Ascoltare
i “suoni e silenzi dell’anima” equivale a raccontare e decodificare tutto
quanto è insito nella sensibilità di ciascuno, mettendone a nudo gli aspetti
più reconditi e profondi. L’anima, principio vitale di tutti gli organismi
viventi è, più specificamente, la parte immateriale ed incorruttibile
dell’uomo, di origine sicuramente divina e considerata sede delle superiori
facoltà umane, come il pensiero, il sentimento, la volontà, la coscienza
morale.
Tutto
questo ci induce a considerare, “i suoni”, le espressioni estrinsecate
materialmente nelle varie facoltà umane, “il silenzio”, i pensieri, i
sentimenti, i ricordi. Tutto quanto, in definitiva, attiene all’essenza più
intima ed elevata di una persona, con il corredo della sua cultura,
dell’esperienza, delle passioni e del suo intelletto.
Il silenzio,
spesso, incute timore e, al tempo stesso si configura come un’esperienza che
affascina. Perché incute timore? Perché ci rappresenta l’ignoto, ciò di cui non
abbiamo cognizione e che, quindi, temiamo e, tuttavia, induce a guardarsi
dentro, a fare un’indagine retrospettiva nelle profondità della nostra anima. Personalmente
, mi è sempre piaciuto il silenzio, sarà perché sono piuttosto introverso e mi
piace anche la solitudine. “Il silenzio è d’oro” dicevano i nostri avi e questi
per esperienze e per saggezza, difficilmente sbagliavano. Nella mia vita ho
sempre privilegiato il silenzio, sono di poche parole, parlo sempre il meno
possibile e mai a sproposito, sono fatto così.
In silenzio si
riflette meglio, si può meditare su ciò che si è fatto o su quello che si vuol
fare e poi, si apre uno spazio segreto e molto privato che può avvicinarci a
Dio con l’anima e la preghiera. Perché, poi, il silenzio può affascinarci?
Perché esso ci appare come un luogo magico ed ancestrale, nel quale possiamo
rifugiarci e dedicarci, al riparo da sguardi indiscreti, ad un faccia a faccia
con noi stessi. Alla scoperta dei
meandri più oscuri ma, anche più eccitanti e sconosciuti della nostra psiche. A
ricordare fatti, sentimenti e sensazioni, che hanno il contorno dolce e sfumato
di cose che costituiscono le nostre “memorie” più care degli anni trascorsi.
Da questo
punto di vista, il silenzio ci appare sempre più come un bene prezioso da
custodire e difendere dall’incessante rumore di fondo che accompagna la
modernità dell’uomo nelle sue giornate.
Le
considerazioni sopra esposte mi portano a raccontare episodi ed aneddoti della
mia più giovane età, partendo dalla prima infanzia, “memorie”, che sono rimaste
impresse nella mia mente e nella mia anima, per un concorso talmente
inscindibile di “suoni e silenzi”, che hanno permesso loro di fissarsi in modo
sicuramente indelebile.
Della
Via Garibaldi, altresì detta “La
Rua Nuova ”; della mia città, conservo diversi ricordi legati
alla mia fanciullezza e, man mano, fino alla mia adolescenza e poi alla
giovinezza. Il motivo dominante e giustificatore di questi ricordi è sempre ed
essenzialmente di natura sentimentale ed ha costituito, nel susseguirsi degli
anni, una costante degli accadimenti e delle attività della mia vita.
Questi
ricordi, ordinati cronologicamente nel loro divenire, mentre costituiscono la
memoria storica di un’epoca che ha dato la stura ad una serie di trasformazioni
e di cambiamenti epocali, sono stati i testimoni dell’evoluzione costante
dell’uomo e della società e, ancor oggi, il tempo dei mutamenti e delle sfide
non sembra essere finito.
La
mia nonna materna, era proprietaria di una casa ubicata proprio all’inizio della
strada; la nonna, assieme ad una zia,
gestiva una rivendita di tabacchi, questa, poiché era l’unica nella zona, era
sempre molto frequentata da un gran numero di clienti, giova ricordare che
correvano gli anni ’40 ed io avevo allora circa cinque anni.
Dolce
è il ricordo di quelle visite alla tabaccheria della nonna, la quale spesso e
volentieri, fiera del suo nipotino, mi metteva a sedere sul bancone di vendita
dal quale, intrattenevo, amabilmente, in conversazione gli avventori della
privativa.
La casa della
nonna, per un bambino, ha sempre un fascino speciale, quasi da favola; si
trattava, in effetti, di una vecchia costruzione che si sviluppava su tre
piani. Al terzo piano esisteva il salone di rappresentanza, lì, avvenivano i
pranzi e le cene con tutti i parenti, durante le grandi festività.
Spesso sostavo a lungo su quel balconcino
adorno di piantine sempre verdi e fiorite e mi piaceva guardare i passanti o il
tram che transitava, fragorosamente, sferragliando sulle rotaie con il
conducente che avvisava chi, incautamente, stesse attraversando la strada, con
un campanello a pedale, molto caratteristico, dal suono metallico e ritmico che
ho ancora negli orecchi.
Quel momentaneo fragore era
l’unico rumore molesto che si poteva percepire nella mia città a quell’epoca la
cui vita scorreva per quasi tutto il giorno in una apprezzabile quiete
piuttosto riposante
In
quel salone c’era poi, per me, un’atmosfera particolare, l’aria delle feste
familiari, quando tutti c’incontravamo trascorrendo insieme parte della
giornata festiva. Quegli incontri, dei quali ho vivo il ricordo, avevano il
sapore caldo e affettuoso delle vecchie famiglie patriarcali siciliane che,
nella riunione conviviale, celebravano l’unità e il rafforzamento del vincolo familiare,
con una ritualità di tradizione secolare. E i ricordi si affollano e ritornano
alla mia mente, sempre silenziosamente, avvolti nella nebbiolina del tempo che
è trascorso trasformandoci, tacitamente, quasi senza accorgercene, da bambini
in uomini maturi e, alla fine, purtroppo in vecchi.
In
quel contesto temporale della mia fanciullezza, esplose la seconda Guerra
Mondiale, i ricordi di quel periodo non sono tutti belli, ce ne sono anche di
brutti e spaventosi, legati alla guerra ed ai bombardamenti sulla mia città. Lo
sfollamento per motivi bellici, fu un fenomeno di massa caratteristico di
quegli anni, Tutti fuggivano dalle città, terrorizzati dai famosi
“bombardamenti a tappeto” effettuati dalle famose “ fortezze volanti”
americane.
Gli
altri ricordi della Via Garibaldi di una volta, paradossalmente, pure essendo
relativamente più vicini nel tempo, sono sfumati nelle nebbie degli anni che
sono trascorsi, mi vedo passeggiare per quella strada, mentre tornavo a casa
dalla Scuola Media, avevo ancora i calzoni corti ed ero insieme ad alcuni miei
compagni di classe, c’era ancora il tram, che sferragliava sulle rotaie
consumate dal tempo.
Più
avanti negli anni, quando frequentavo il Liceo Classico, percorrevo, di corsa,
la strada tutta d’un fiato con la bicicletta, la mattina presto, con i libri
sul manubrio, legati dagli elastici, i tram non c’erano più e neanche il
basolato a terra, era subentrato l’asfalto, anche perché, ai tram erano
subentrati i filobus ai quali, ben presto si sarebbero avvicendati gli autobus.
Gli
anni della gioventù sono sempre i migliori della propria vita e per me lo
furono in modo intenso e indimenticabile perché ho avuto il privilegio
d’incontrare l’amore e con esso la donna della mia vita. Ancor oggi, che ho
superato da un pezzo i settanta anni, mi assale il ricordo, con indicibile e
struggente nostalgia, di quegli incontri con la mia ragazza che sapevano di
gioventù e avevano la freschezza ed il profumo della speranza,
rappresentavano il raggiungimento di una
felicità nuova, mai provata prima.
La
gioia di guardare i suoi occhi scuri e profondi nei quali specchiarmi e
scorgere quella luce misteriosa che mi scaldava il cuore. La tenerezza di
tenerla fra le braccia, baciare la sua bocca e sentire il profumo inebriante
del suo corpo giovane e vibrante che, da solo, costituiva per me un grande
godimento. Era il tempo delle mele che in genere accade una sola volta nella
vita e, poi, non ritorna più. Il nostro, all’inizio, non fu un amore facile
perché eravamo troppo giovani e vivendo in un ambiente sociale ancora
fortemente legato alle tradizioni e agli usi “antichi”, non potevamo vivere il
nostro amore da vicino. Ci siamo amati a lungo in silenzio, da lontano ma,
ugualmente in modo intenso e fedele.
In
seguito, eravamo già agli inizi degli anni ’60, quasi prossimo alla laurea,
avevo trovato un posto di lavoro, fui assunto presso un settimanale politico
locale. La tipografia dove si stampava il mio giornale e dove passavo molte
ore, si trovava nella via Garibaldi, a due passi dalla casa di mia nonna, ma
quante cose erano cambiate e quante trasformazioni ci sarebbero state, ancora
nella mia vita!
Sartarelli Vittorio
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