Le insidie
della luna
di
Fulvia Marconi
La prima cosa
che avvince ed entra in animo con delicatezza e a passo quieto è la grande
armonia, la intonatissima musicalità che l’artista sa dare ai suoi versi per
accompagnare le molteplici effusioni sentimentali che scaturiscono dall’opera. E la natura non fa
certo da contorno; è viva e attiva nella sua funzione di guida, e di
concretizzazione dei ritmi interiori. Uno spartito di grande maturità artistica
dove la simbiotica fusione fra spazi esistenziali e significanti metrici fa
della silloge della Marconi un’opera esemplare per compattezza e autenticità ispirativa. E se l’autrice è
intenta ad osservare o la luna specchiarsi nel lago, o un’alba che si adagia
mollemente, o tanta luce a colorare i fiumi, o quel cielo ormai di polvere
bruciata, non è che sia motivata solamente da un sentimento idillico-elegiaco,
piuttosto, direi, da una ricerca continua di equivalenze per l’anima. Perché i
colori ora tenui, ora cadenti, le immagini ora vive e poi vane, meglio delle
confessioni dirette sanno esprimere quel senso di caducità dell’esistere che
affiora dai suoi versi. E il consuntivo della vita, spesso, è foriero di
rammarichi e ripensamenti: “… trascino ormai pesanti questi passi / tra
ciottoli di giochi e delusioni.”.
Nazario Pardini
Nessun commento:
Posta un commento