Ritengo che l’interrogativo posto dalla Busà riesca innanzitutto a
ristabilire un equilibrio perduto: quello della natura bipolare dell’essere
umano (ma io direi, meglio, di ogni creatura vivente). Questa bipolarità, che a
me piace definire “gianica”, ma che ovviamente si può definire con qualsiasi
altro termine, genera indubbiamente inquietudine, ma è anche la fonte di ogni
equilibrio, se equilibrio è bilanciamento di pesi contrastanti. Purtroppo, il
raziocinio umano non ce la fa a sostenere l’inquietudine derivante da questo
contrasto, misteriosamente armonioso, e mira spesso ad elidere uno dei due pesi
contrastanti. Una resezione di comodo, squilibratissima, che tende a ridurre il
campo della realtà: o esclusivamente alla materia o esclusivamente allo spirito.
Non è possibile, a parer mio, continuare con questa immatura ed ottusa
presunzione. Il dubbio e la fede ci appartengono entrambi. L’uno si ciba
dell’altro, in uno scambio vicendevole. Ci vuole una grande fede per poter
dubitare e ci vuole una forte capacità critica per poter crescere nella fede.
Ovviamente, il dubbio e la fede di cui sto parlando non hanno nulla a che fare
con la religione, ma riguardano esclusivamente se stessi, la propria
individuale pianta spirituale/materiale. Se si crede in se stessi, bisogna
credere che ciascuno di noi viene dall’Assoluto. E’ lì che risiede la nostra
più originaria e vera natura. Non si può tuttavia credere in se stessi
ciecamente, perché c’è sempre da fare i conti con l’illusione: nessuno può
pensare di esserne immune. Da qui l’esigenza di porsi continuamente in
discussione. Non di fronte al mondo, ma di fronte a se stessi. Per crescere,
dubitando, nella propria fede. O, se si preferisce, per crescere, credendo,
nella propria capacità di dubitare. Per essere più esplicito, vorrei dire che
si sbaglia a credere che la macchina pensante stia tutta rinchiusa nella nostra
scatola cranica. È vero esattamente il contrario: è la scatola cranica ad
essere inclusa, evidentemente con un ruolo da svolgere, all’interno del Pensiero.
Se così non fosse, non esisterebbe la possibilità di credere e neppure quella
di dubitare.
Franco Campegiani
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