Molto interessante la questione sulla
trascendenza sollevata da Ninnj Di Stefano Busà. Molto interessante e
certamente di non facile soluzione se poi, di soluzione, conviene ed è opportuno parlare. Sono decisamente d'accordo con lei circa
l'occasionalità, a tal punto da non convincermi affatto l'idea che la nostra
"vita sia il classico 'bingo'", uno scherzo del caso. Mi si lasci
dire, però, che il caso non scherza. Mi spiego: io credo in una legge di casualità
(non quella scientifica) portatrice di un'intelligenza non umana ma universale;
insita, per questo, in tutto il vivente. E non soltanto quello animato (nel
quale debbono essere inclusi anche gli animali: si presti attenzione alla
radice di questa parola) ma, anche, ciò che, a mio parere, erroneamente, si
ritiene privo di anima.
Ora, alla domanda, più che legittima, che si pone la Busà: "Come la mettiamo con l'anima?", che inevitabilmente spiazza il nostro intelletto razionale - vista l'incapacità della ragione di accettare la contrapposizione, la contraddittorietà esistente tra il trascendente e l'immanente -, non resta, a mio parere, che una sola possibile risposta, e mi piace esprimerla con l'illuminazione di biblica memoria: "In principio era il Verbo". Con queste parole inizia il Vangelo di Giovanni perché mai si dimentichi che lo Spirito si è incarnato nella materia fin dall'inizio così che il logos (ragione cosmica) potesse misurarsi con la realtà e, dunque, rendersi visibile: "La luce splende nelle tenebre" (si legge ancora nel suo vangelo).
Per cui comprendo perfettamente le conclusioni cui giunge la nota, cara e brava scrittrice ma mi piace pormi nel mezzo (tutt'altro che diplomaticamente), fermamente convinto, come sono e come - meglio di me - ha saputo dire Franco Campegiani, che "ci vuole una grande fede per poter dubitare e...una forte capacità critica per poter crescere nella fede" o, ancora, "per crescere, credendo, nella propria capacità di dubitare".
Ora, alla domanda, più che legittima, che si pone la Busà: "Come la mettiamo con l'anima?", che inevitabilmente spiazza il nostro intelletto razionale - vista l'incapacità della ragione di accettare la contrapposizione, la contraddittorietà esistente tra il trascendente e l'immanente -, non resta, a mio parere, che una sola possibile risposta, e mi piace esprimerla con l'illuminazione di biblica memoria: "In principio era il Verbo". Con queste parole inizia il Vangelo di Giovanni perché mai si dimentichi che lo Spirito si è incarnato nella materia fin dall'inizio così che il logos (ragione cosmica) potesse misurarsi con la realtà e, dunque, rendersi visibile: "La luce splende nelle tenebre" (si legge ancora nel suo vangelo).
Per cui comprendo perfettamente le conclusioni cui giunge la nota, cara e brava scrittrice ma mi piace pormi nel mezzo (tutt'altro che diplomaticamente), fermamente convinto, come sono e come - meglio di me - ha saputo dire Franco Campegiani, che "ci vuole una grande fede per poter dubitare e...una forte capacità critica per poter crescere nella fede" o, ancora, "per crescere, credendo, nella propria capacità di dubitare".
Sandro Angelucci
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