IO CONFESSO
Il custode del Monastero dei
Gerolamiti, o se preferite del Mosteiro dos Jerònimos, aveva appena aperto la
grande porta d’ingresso alla chiesa, quando comparve l’uomo con la pipa. Il vento ululava, ma c’era il sole e la
temperatura era mite. A Clews piaceva,
di tanto in tanto mentre passeggiava, accendere la vecchia pipa alla Sherlock
Holmes e farsi una fumatina. “Buongiorno,
fa freddo, fuori?” lo salutò il
custode. “Buongiorno. No, si sta bene.
Solo il vento è fastidioso. Ah! Anche questo continuo TUM TUM che si ode qua,
appena fuori dell’entrata e sulla strada, è decisamente fastidioso!” “Oh, non è nulla. Ha smesso di piovere
all’alba: sono gocce d’acqua che dalle gargolle cadono sui muri esterni” “Conoscete il detto “La goccia scava la
roccia?” di questo passo tra cento anni ….niente più Monastero!” “Venga” sorrise l’uomo “I suoi colleghi
la stanno aspettando”
Clews lo seguì verso il centro
della chiesa, camminando dalla parte sinistra dell’entrata. Superò un imponente monumento funerario, che
egli scoprì, buttando l’occhio sulle indicazioni, essere nientemeno che la
tomba di Vasco da Gama, il celebre navigatore a capo della spedizione che nel 1498
aprì la via marittima per le Indie orientali. Pochi passi dopo i due si
trovarono innanzi a sette porte, disposte rigorosamente a breve distanza l’una
dall’altra. All’occhio allenato dell’ispettore non sfuggirono le piccole
aperture, a forma di croce, che caratterizzavano la parte centrale delle porte,
unico ornamento delle stesse. Il
custode notò che le stava studiando. “Sono
per la confessione” lo informò “Il
monaco apre dall’interno la feritoia, ed il fedele può liberarsi l’animo dalle
sue colpe” “Lo so, lo so” si limitò a commentare Clews, con un breve
sorriso, prima di continuare a seguire il compagno verso la sacrestia. “Ispettore! Quale piacere!!” lo salutò Ignaçio Duarte, non appena egli
ebbe varcato la soglia della stanza. Duarte era a capo della polizia di Lisbona
da soli due anni, ma aveva già all’attivo diverse operazioni concluse con
successo. Era abile, sveglio ed
efficiente. Siccome però anche voi siete
svegli ed efficienti, nonché abili, vi starete sicuramente domandando perché la
scaltra polizia lusitana avesse chiamato in aiuto un ispettore francese, per la
precisione di Cannes. Meritate di certo
una spiegazione. Dunque, erano trascorse
solo poche settimane da che le prime pagine dei quotidiani di mezzo mondo
avevano riportato a caratteri cubitali la notizia, il furto dei magnifici sette
a danno della Banca Centrale Portoghese.
Ecco in dettaglio i fatti: il MUDE, il museo di moda e design, in via
Augusta 24, nel quartiere di Baixa, si estende su quattro piani, dei quali uno
è sotterraneo. Ospita mostre permanenti, e non, di oggetti dai profili
intriganti, collezioni di abiti da sposa e quant’altro illustri la fantasia e
la versatilità dei creatori di moda. Proprio l’ultimo dei quattro piani, quello
sotterraneo, è decisamente curioso e sorprendente! E’ stato ricavato da un precedente caveau di
una banca, situata antecedentemente lì, in rua Augusta 24, e consiste di 3.552
cassette di sicurezza con apertura a doppia chiave, a loro volta protette da
porte metalliche spesse 30 centimetri.
Molte delle cassette sono ermeticamente chiuse; quelle aperte contengono
invece oggigiorno…chicchi di frumento. Certamente una mossa azzeccata da parte
degli ideatori del MUDE: ieri nelle cassette si trovava la grana, oggi….il
grano! Ma non c’era da scherzare su quanto
accaduto. Qualche cervello fino degli
uffici centrali della Banca Portoghese aveva pensato, chissà perché, che i
lingotti d’oro del Tesoro sarebbero stati più al sicuro in un posto sotto gli
occhi di tutti, chiusi sì in un caveau, ma dove nessuno poteva immaginare si
celassero. Ed ecco allora che le
cassette chiuse a chiave erano state riempite di lingotti d’oro.
Il piano
sottoterra del MUDE era ridiventato una banca, la banca che custodiva nel posto
più innocuo l’oro del Portogallo!
Ma la banda dei magnifici
sette ( o, se preferite, dei sette uomini d’oro, come era stata anche
battezzata ) era venuta a conoscenza non si sa come del grande segreto, e
naturalmente…..In una mite serata portoghese, intorno all’ora di chiusura del
MUDE, i sette si erano introdotti con altre decine di visitatori nei locali del
museo e, armati di tutto l’occorrente, dalla pistole alle lance termiche
passando per le chiavi, avevano aperto sette cassette, una per ciascuno,
estraendo i lingotti presenti e riempiendo sette capienti borse tenendo sotto
la minaccia delle armi i terrorizzati astanti, per poi dileguarsi sotto gli
occhi increduli dei custodi e raggiungendo in un batter d’occhi, nonostante il
peso del denso metallo, la più vicina
fermata del metrò. Pochi attimi dopo erano spariti. Al
museo non c’erano nemmeno guardie armate: nessuno poteva aspettarsi una
rapina. Ora però che la banda aveva dato scacco alla banca, la polizia della capitale
brancolava nel buio; ecco perché aveva interpellato ed invitato Clews. In verità un piccolo barlume, una piccola
chance c’era, minuscola come quelle aperture a croce che contraddistinguevano
le sette porte del confessionale. Ignaçio Duarte, il capo dei gendarmi, aveva
sospetti ben precisi sull’identità dei magnifici sette, già autori nei mesi
passati di imprese pericolose, assalti a treni, scippi nelle gallerie d’arte e rapine
ai danni di sontuose ville. Sì, Duarte era
certo di sapere chi fossero i sette, ma non possedeva uno straccio, che era
uno, di prova. I sospettati erano stati
fermati ed interrogati, ma le labbra di quegli individui così determinati e
decisi rimanevano ben cucite. Neanche la
benché minima confessione! L’idea era
opera di Clews. Giunto a Lisbona e messo al corrente dei minimi dettagli, egli
si concentrò su quello che riteneva decisivo: i sette, straordinariamente religiosi,
o quantomeno bigotti, erano usi a confessarsi tutti insieme al Mosteiro dos
Jerònimos ogni venerdì mattina, poco dopo l’apertura al pubblico. Forse qualche frate conosceva già bene le
loro, chiamiamole così, marachelle, ma naturalmente era tenuto al più rigoroso
ed assoluto segreto d’ufficio. E proprio su questo contavano i sette
malfattori: rubavano, poi si confessavano contando sul segreto di quel
sacramento, credendo che quattro Pater Noster cancellassero completamente le
malefatte. L’ispettore francese allora
aveva suggerito ai colleghi il suo piano. E quella mattina, proprio la mattina
del giorno in cui si svolge la nostra storia, sette gendarmi travestiti da
monaci avevano raggiunto sul far dell’alba la sacrestia del monastero, guidati
dal solerte Duarte. Egli aveva ordinato ai frati di non presentarsi dietro la
rispettiva porta.
Quel
dì sarebbe stata la polizia di Lisbona
a confessare i fedeli!
E mentre i sette uomini d’oro,
e cioè Henrique Ferreiro, Eduardo Adraga, Mario Azeitao, Carlos Palmeda, Cristovao
Arrabida, Alfonso Flores, Pedro Carcavelos, si apprestavano ad aprire il cuore
a quelli che ritenevano innocui monaci, nella sacrestia Clews e Duarte discutevano
amabilmente del più e del meno, senza la minima preoccupazione (in questo il
presuntuoso ispettore francese era pressoché imbattibile). “Allora, caro collega, cosa gliene
pare della nostra città?” “Oh..è veramente molto interessante, parbleu! Molto bella” “Vero che è carina? Diventa sempre più
popolare come destinazione turistica, sia per visitare monumenti che per una
vacanza al mare. Il mio superiore, il dottor Ferdinando Mendez, questore, dice
sempre che chi non ha visto Lisbona non ha visto cosa buona” “Ha pienamente ragione. E’ vero che secondo
la leggenda è stata fondata da Ulisse?” “Sì, nel
suo viaggio di ritorno da Troia” Frattanto,
nel silenzio del buio della chiesa, attraverso le minuscole aperture a forma di
croce, un frate bisbigliò: “Nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen. Dimmi, figliolo, come ti
chiami?” “Carlos Palmeda” “Dove abiti?”
“E’ strano, padre, quando mi confesso non mi pongono mai questa domanda” “Ma oggi è una occasione speciale.
Confessandoti qui puoi ottenere l’indulgenza plenaria. Come se non avessi mai
peccato” “Ah, allora………..Abito qui nella
capitale, in via Serpa Pinto” “A quale
numero?” “Ma è proprio necessario?” “E’ necessario, figliolo,
è necessario” “Abito al numero 13” “Da
quanto tempo non ti confessi?” “Una settimana, giusta giusta” E poco dopo Carlos Palmeda cominciò ad enumerare
i suoi peccati, sia quelli grandi che quelli non tanto grandi. Ora voi vorreste
sapere se aveva tradito la moglie o si era messo le dita nel naso, ma non posso
accontentarvi, perché vedete…nel confessionale vige il più stretto segreto! Vi
basti sapere che il buon (si fa per dire) Carlos ammise di aver partecipato ad
una rapina. “Che cosa ha fatto, Clews,
da quando è arrivato e ci siamo sentiti telefonicamente, la segunda-feira
scorsa?” “La segunda feira?” “Sì, la segunda feira, lunedì” “Ah! Sì. Bien, lundi,
la segunda feira, come direste voi, sono uscito dall’hotel Mundial, dove
alloggio, e ho vagato tranquillamente per il centro; ho visitato le rovine
della chiesa del Carmen..” “La Igreja do Carmo, sì!” “Già, la chiesa con il tetto distrutto in
seguito al terremoto del 1755. Ho visto anche l’annesso museo archeologico, ospitato
nel coro e nella navata centrale. E’ très joli, molto interessante, in
particolar modo il sarcofago egizio e le piccole mummie dei due adolescenti.
Chissà come sono morti, ma?!” “Quasi
sicuramente per qualche patologia, Clews! Non si faccia prendere la mano dalla
deformazione professionale” “Probabilmente ha ragione, comunque le rovine
gotiche della chiesa sono impressionanti! Evocano il disastro del 1755, quando
le scosse fecero crollare parte dell’edificio, depositando tonnellate di
blocchi in muratura sui fedeli” “Ispettore” li interruppe in quell’istante Isidoro
Rodrigues a cui il saio di frate donava
un sacco “Ho lasciato la mia postazione assegnando per il momento tre Gloria
Patri, perché Mario Azeitao comincia a parlare. Mi ha confidato di essere uno
degli autori dell’assalto” “Molto bene,
Rodrigues, torni immediatamente al suo posto e cerchi di farsi dire
qualcos’altro!” gli comandò Duarte. “Non
ho dubbi che riusciremo a farli cantare, bien sur” commentò Clews “Dov’ero rimasto? Ah, sì, poi sono andato a
gustarmi un caffè in un locale una volta frequentato dagli intellettuali; fuori
c’è persino una statua di Pessoa” “Sì, è
famosissimo, quel bar. Si chiama “A
Brasileira” ed è in via Garrett, al numero 120” “Già, ottimo il caffè. Dopo
sono ridisceso con l’elevatore nel quartiere della Baixa, al centro,
incamminandomi poi verso il fiume” “Sì,
l’ascensore parte dalla zona del Chado e porta alla Baixa. E’ stato costruito
da un architetto apprendista di Gustave Eiffel, quello della torre. I
passeggeri possono scendere e salire in una delle due eleganti cabine rivestite
di legno, con le guarnizioni in ottone” “Dopo
ancora sono andat..” “So il nome di due
complici!” esclamò arrivando trafelato un altro finto monaco, nella fattispecie
l’agente scelto Josè Pergola. “Bravo!” “Ho dovuto insistere un bel po’ e far leva
sul sentimento religioso del nostro popolo” “Oui!
I portoghesi sono très religieux” “Non
voleva tradire i compagni. Gli ho detto “Figliolo, lava il tuo animo. Ricordati
che il caldo dell’inferno è ben
peggio del freddo dell’inverno! L’ho
convinto. Mi ha fatto i nomi di Alfonso Flores e di Pedro Carcavelos. Ora
ritorno prima che termini di dire le otto Ave Marie che gli ho assegnato” “Rodrigues ha già estorto qualcosa ad
Azeitao. Tu cerca di conoscere i nomi di tutti i complici, mi raccomando. Non
lasciarlo andare” “Uhm..un buon
lavoro. I suoi aiutanti stanno facendo un ottimo lavoro, mi creda. Le dicevo
che poi mi sono recato a comperare le famose confezioni di sardine Tricana, in
quel negozio………” “Conserveira de
Lisboa, vicino alla piazza del commercio, in rua dos Bacalhoeiros, 34” “Già.
Anche le scatolette sono bellissime. Ho acquistato acciughe, sardine, tonni,
polpo e baccalà” “A proposito del
nostro bacalhau, il baccalà, lo ha assaggiato?” “Non mi dica nulla, Duarte, sono quattro giorni che mangio baccalà a pranzo e cena. E’
strepitoso!” “Sì, le consiglio, per
oggi, se non c’è ancora stato, la Cervejaria
Trindade, una birreria con pannelli di azulejos nel quartiere del Bairro Alto. Fanno
delle prelibatezze uniche” “Oh..bien
sur, ci andrò sicuramente per cena. Mi ripete l’indirizzo?” “E’ nel quartiere alto, adiacente al Chado,
in via Nova da Trindade” “Ispettore,
ispettore” un terzo monaco irruppe nella piccola sacrestia “Credo di sapere
dove nascondono i lingotti. Ferreiro era particolarmente restio a dirmi dove
abita. Non gli ho chiesto l’indirizzo preciso, per non insospettirlo, ma sta
nel quartiere di Benfica” “Telefono
subito in Centrale, lì dovrebbero avere la sua residenza. Lei non insista,
dopotutto il Padreterno, per perdonare, non ha bisogno di conoscere pure
l’indirizzo” “A parte il dettaglio che
lo conosce già, oui!” “Va bene;
cercate di capire come hanno fatto a sapere che l’oro era al MUDE. C’è una
talpa al Ministero del Tesoro?” “Cosa
gli ha assegnato lei, come penitenza?” si informò un Clews stranamente attento
alle preghiere. “Due Regina Coeli ed
un Eterno Riposo” “Avranno modo di
riposarsi anche loro, ma in carcere, se tutto va come spero. Comme j’ espère” “Ora
torno al mio posto, a confessare” “A farlo
confessare, per meglio dire, oui! Torni di là, prima che si accorga della sua
assenza”
E Roberto Soares, efficiente e
fedele agente della Gendarmeria della capitale, tornò al suo posto. E, con un Credo prima di qui, un Salve Regina
dopo di là, un Angelo di Dio tre porte più in giù, il puzzle pian piano si
stava componendo agli occhi dei due funzionari (e soprattutto alle orecchie dei
loro aiutanti). Erano proprio stati
loro, i sette sui quali si erano appuntati subito i sospetti dell’ispettore Duarte, a svaligiare il
caveau. Ora non vi erano più dubbi, e grazie alla religiosità dei banditi vi era stata anche una confessione in piena
regola!
Rimaneva ancora il problema di
incastrare eventuali complici al Ministero. Come si erano sognati, i sette, che
i lingotti giacessero in quel luogo insospettabile? Ma a questo Clews non pensava: sarebbe stato
compito del collega Duarte, nelle settimane seguenti, dipanare quella matassa. “Allora, Clews, mi voleva dire??” “Volevo dirle che martedì sono venuto anche
qui, nel quartiere di Belém, a visionare di certo il Monastero e visitare il
suo chiostro bellissimo, ma pure per vedere, lungo il fiume Tago, il monumento
che ritrae i più famosi navigatori lusitani e per andare alla Torre”
L’ispettore Duarte precisò “Il
monumento alle scoperte venne innalzato nel 1960 per celebrare Enrico il
Navigatore a cinquecento anni dalla morte. Ricorda i marinai, i mecenati e
tutti coloro che diedero un contributo allo sviluppo del Portogallo nell’età
delle scoperte. Tra i vari navigatori, cartografi e re, vi sono le statue di
Cabral, che scoprì il Brasile, Vasco da Gama e Magellano” e poi aggiunse: “E mercoledì, come lo ha passato?” “Sono andato in Cattedrale e al castello di
San Giorgio” “La igreja del Sé, e il
castelo de Sao Jorge…” “Perché la
chiamano la chiesa del Sé?” “Sé è
l’abbreviazione di Sedes Episcopalis, sede vescovile”
“Mi è successo un fatto
strano: ho preso il tram che passa davanti al mio albergo, tra l’altro i vostri
piccoli tram rossi e gialli sono tres joli, e dopo qualche fermata si è
aggrappato alla porta posteriore , dall’esterno, un tizio che è sceso dopo
altre due o tre fermate” “Di sicuro un
povero diavolo che ha preso un passaggio, Clews. Vede, abbiamo anche tanti
poveri, a Lisbona” “E’ un vero
miracolo che non abbia sbattuto contro qualche auto in sosta! Sì, ho notato i
poveri per strada. Ce ne sono anche dodici in piazza dei Restauratori, fermi
come ..baccalà. Veramente impressionanti, li ho visti dal
tram” “Ma Clews!! Per forza quelli sono
immobili come stoccafissi! Sono dodici
statue che rappresentano altrettanti mendicanti. E’ un’esposizione temporanea
di uno scultore nordico, non mi ricordo più il nome” “Ah! Non potrebbe mica mandare un suo uomo
a prendermi una cioccolata calda in un bar , qui vicino?” glissò il furbo
francese. “Certo, qui
all’angolo c’e la Antiga Confeitaria de Belém, una pasticceria dell’800 nota in
tutto il Portogallo, che vende delle sfoglie ripiene di crema assolutamente
favolose. Le ordino qualche dolce divino” “E la cioccolata, s’il vous
plait” insistette Clews. “Certo, le
faccio fare anche una tazza di cioccolato. Andrès, puoi provvedere tu?” “Agli ordini, capo!” ed
Andrès Lopo uscì dalla piccola sala.
In un’altra parte del
monastero, frattanto, un fedele di nome Eduardo stava dicendo: “Padre, ho infranto il settimo comandamento. Con i miei complici ho
rubato ben 350 chili di lingotti d’oro” “E a quanto corrisponde, in euro, una tale quantità d’oro?” “Più o meno a quasi 15 milioni e mezzo di euro” “Dunque…vediamo. Grosso modo 15 milioni
di euro vogliono dire…beh, è una cifra ingente,
ecco …direi almeno 50 Ave Maria, 20 Padre Nostro e 15 Credo” “Io non credo invece che siano sufficienti, me
ne dia pure molti di più, io sono religiosissimo e voglio espiare i
peccati” Nel mentre il caro Clews aveva ripreso
l’amena, piacevole conversazione col collega: “Ci sono un mucchio di tram con il numero
28, in giro per Lisbona, il numero che ho preso io per andare al castello” “Sì, sono numerosissimi quelli
della linea 28” confermò Duarte.
“Non si può certamente dunque
dire” continuò Clews stentando a trattenere il riso “che qui di 28 ce n’è uno e tutti gli altri hanno il numero 31!” “Ah! Ah! Ha proprio ragione, caro mio” “A proposito di giorni del
mese, domani, che è il 30, voglio andare a Sintra, che ne dice?” “Assolutamente
da non perdere! Potrà rifarsi gli occhi con il meraviglioso palazzo Nazionale, che ha le cucine sotto i grandi
camini, e divenne anche la residenza dei reali di Portogallo, e anche col
palazzo di Pena, nel quale si fondono diversi stili architettonici. Possiede pure un bel parco. Sintra è stata
eletta dall’UNESCO patrimonio
dell’Umanità. Mi raccomando, faccia un salto alla pasticceria Casa de Sapa per
assaggiare le queijadas, specialità locali. Dopodomani tornerà a Cannes?” “Sì, certo, ormai il lavoro qui è quasi
concluso; devo tornare alla base” “Ma lei dove abita
esattamente?” “A La Napoule, ad un
tiro di schioppo da Cannes, dove lavoro al Commissariato” “Già, è ispettore capo. Ma è vero che
abita in un castello?” “Mais oui!
Certamente…Nel castello di mio nonno, Henry Clews. Io mi chiamo come lui, nome
e cognone, le meme prénom et le meme nom. Strano tipo, mio nonno. Era uno scultore quasi sconosciuto, uno
statunitense che si era trasferito con la moglie architetto in Costa Azzurra. I
due coniugi avevano acquistato il castello del paese di Mandelieu-La Napoule. Mia nonna aveva
ristrutturato il piccolo maniero secondo i propri gusti e mio nonno, dopo un
unico tentativo andato a vuoto di riscuotere consensi dalla critica con una
esposizione di sculture, si era ritirato in una spaziosa e luminosa stanza del
castello a continuare la sua opera, convinto più che mai che il suo genio
offeso avrebbe ottenuto la definitiva consacrazione solo dai posteri. In
seguito i due condussero la loro esistenza all’insegna dell’anticonformismo più
spinto, in un totale isolamento mitigato solo dalla nascita di mio padre, un
isolamento destinato a far crescere a dismisura il loro grande amore. Sa,
ispettore, sono sepolti ai piedi della più alta torre del castello, con le
tombe poste una di fronte all’altra. I grandi blocchi di marmo un poco spostati
dalla corretta posizione lasciano intravedere le due bare. La torre sepolcrale,
da loro voluta e fatta erigere, non presenta alcuna apertura alla sommità: le
loro due anime sono imprigionate per sempre dentro l’angusto spazio della
costruzione. Insieme fino alla fine del tempo!” “Che storia romantica. Ci fosse qui mia
moglie, piangerebbe”
“Abbiamo finito, capo, stanno per uscire,
tutti e sette insieme” li informò proprio in quel momento Isidoro Rodrigues, entrando eccitato
nell’angusta stanza. “Splendido. Sono
pronti, fuori, gli altri agenti?” “Certo,
sono ai loro posti” “Venga, Clews,
venga a godersi lo spettacolo” E Clews
uscì dalla chiesa costeggiando questa volta l’ala a destra, transitando a
fianco della tomba di un poeta che aveva magnificato le gesta di Vasco da Gama,
sepolto invece a sinistra, si affacciò poi dalla porta centrale in compagnia di
Ignaçio Duarte, giusto in tempo per veder scattare le manette ai polsi dei
loschi individui, catturati e scortati indi sui furgoni. “Bene, Clews, penso di poter ben dire,
senza tema di smentita, che quella di oggi alla chiesa dei Gerolamiti è stata
proprio una confessione con i fiocchi!” osservò Duarte sorridendo. “Bien sur, tout s’est bien passé. Nessuno è capace come me, a farli
confessare!” concluse il
modestissimo Clews.
FIM (fine)
Monastero dei Gerolomini è un'ambientazione giusta per un giallo. Questo giallo mi fa ricordare anche il luogo in cui giace Fernando Pessoa. Adeus in Portugal Ottimo viaggio e buona lettura, complimenti. Ciao Simo .
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