Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
Franco Campegiani collaboratore di Lèucade |
Una storia questa - La storia di
Pèras- di F. Campegiani, profondamente legata al suo percorso filosofico e
poetico, essenziale, della essenzialità necessaria che gli è congeniale, e che
ammiro profondamente.
Tuttàli, immemore del cielo originario, dell’Apeiron indeterminato
ed indefinito da cui è salpato, scelse la terra, il mare tumultuoso. Morì e si
risvegliò nuovo, guadagnò la terra, lo scoglio…e vide un mondo
chiuso in fulgidi e labili confini… E Pèras - limite
– misto di amore e morte, fu il suo nome nuovo.
Incontrò il mondo del divenire, delle
contraddizioni di luce e tenebre, notte e giorno, vita e morte, dove
le cose presero a separarsi a coppie di contrari, armonie e contrapposizioni:
un mondo rovesciato in cui l’homo novus, Pèras, fremente
fiore del finito, deve fare i conti con la solitudine, con i contraccolpi,
le inadeguatezze della vicenda umana…. Confusamente finito.
Era un mondo – così gli sembrava- ove
il big bang scaravoltasse l’infinito in uno stato di guerra radicale…
Una splendida fabula della creazione, una
nuova cosmogonia, che porta a nuove, originali rivelazioni del significato.
Ma è anche ricerca della verità, che si unisce al
bisogno eterno, ancestrale degli uomini di capire se stessi, la loro storia, la
loro origine, il senso del loro vivere.
E la ricerca di Campegiani è anche
ritorno agli archetipi, nel ricongiungere l’essere con se
stesso.
Le ali di Pèras sono bruciate. Dovrà avere
fede in se stesso, e la fede sarà il suo stesso dubbio, franando
volando in eterna pulsazione.
Poesia che affonda nella filosofia e nel
mito: contrappunto poetico e riflessione filosofica..
Eppure rimane poesia, non figlia di
filosofia, ma gemella. Del resto le due sorelle, pur indipendenti,
derivano dallo stesso parto.
È reinterpretata
magistralmente, direi rivissuta, viva, la storia greca,
quella del vicino oriente babilonese, ma anche della cultura orientale, il
racconto della Bibbia stessa.
Questo è un racconto di incanto e
disincanto, di umanizzazione del mito: vuol trovare relazione tra l'io e il
mondo, al di là della separazione e della fusione che hanno caratterizzato i
secoli e i millenni trascorsi . Mostra la sua forza poetica nell’energia
creativa delle immagini, (ah quell’uomo nuovo che sulla spiaggia ricompone
le due immense ali, le prova, scoprendo che gli vanno a pennello e… capisce!)
C’è capacità di
sognare, di dar corpo a nuove cosmogonie, a sorgive rivelazioni del significato
o dei significati della vita, insieme al rifiuto banale dell’immediatezza, dello spontaneismo
espressivo, del facile sentimentalismo. Solo POESIA:
M.Grazia Ferraris
La
storia di Pèras
Da quali porti salpò del Cielo
per infilare il cono, Tutte Ali,
da cui cadde morto alla deriva
nel liquido azzurro?
Si svegliò nel mare tumultuoso
e svelto guadagnò la riva.
Immemore dell’Apeiron, Tuttàli,
salì sullo scoglio e vide un mondo
chiuso in fulgidi e labili confini
(l’onda in mille voci mormorava:
Pèras, il suo nome nuovo
misto d’amore e morte; Pèras,
ripetevano le cose intorno,
in quel luogo di equilibri violenti
dove tutto si afferma e nega,
tutto s’avviva e muore)…
Dell’infinita infinitudine,
dove morte e vita sono amalgamate
in dolci e sudate armonie
(così in momenti magici pensava),
Pèras non ebbe mai memoria,
ma gli sembrò che questo
fosse un mondo rovesciato,
una terra ove il big bang
scaravoltasse l’infinito
in uno stato di guerra radicale
e si raccogliesse il Tuttonulla
nel cadente fremente fiore del finito.
Così rinvenne un giorno,
dopo orrenda mareggiata,
i resti bruciati sulla spiaggia
di due immense ali. Li ricompose,
li provò, gli andavano a pennello
e capì come stavano le cose.
Ebbe fede, Pèras, da quel giorno
e la fede fu il suo stesso dubbio,
franando volando in eterna pulsazione.
Franco Campegiani
Gentilissima Professoressa, la sua lettura critica mi lascia senza fiato. E' una magistrale interpretazione dei moventi filosofico-poetici che mi spingono in queste avventure. Ha ragione nel dire che ciò che mi induce a scrivere è il "bisogno eterno, ancestrale degli uomini di capire se stessi, la loro storia, la loro origine, il senso del loro vivere". Una ricerca, come giustamente lei dice, dove è fondamentale il ritorno agli archetipi, il ricongiungimento dell'essere con s e stesso". Sono davvero ammirato dal suo acume critico e ringrazio il Pro. Pardini per avermi dato l'opportunità di conoscerla attraverso le pagine di questo prestigioso blog letterario.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ottima, davvero ottima lettura de "La storia di Pèras" questa, di Maria Grazia Ferraris (credo bene che Franco sia rimasto senza fiato).
RispondiEliminaConosco la poesia, l'ho sentita recitare dalla viva voce del caro amico, e posso assicurare che le vibrazioni all'ascolto non sono dissimili da quanto trapela dalle parole critiche. Ci sono, nelle stesse, intuizioni molto acute e non facili da cogliere: lo dimostrano, anche, le citazioni di versi fondamentali che, uniti al commento, mi piace riportare: "Era un mondo – così gli sembrava- 'ove il big bang scaravoltasse l’infinito in uno stato di guerra radicale…'.Una splendida fabula della creazione, una nuova cosmogonia". E ancora: "Le ali di Pèras sono bruciate. Dovrà avere fede in se stesso, e la fede sarà il suo stesso dubbio, 'franando volando in eterna pulsazione'. Poesia che affonda nella filosofia e nel mito: contrappunto poetico e riflessione filosofica..Eppure rimane poesia, non figlia di filosofia, ma gemella...".
Cos'altro aggiungere? Questa si che è poesia, filosofia, autentica esegesi!
Sandro Angelucci
Non tutti gli uomini conservano, pur labile, memoria del nostro divenire.
RispondiEliminaFranco Campegiani non soltanto HA memoria di questi "transiti", ma ha il dono di saperli narrare con linguaggio poetico.
E questo è un dono di Dio.
Concezio Salvi