LA LASTRA DI GHIACCIO
Sun Sun Kwang dipingeva
Dipingeva disegni bellissimi: bianchi, trasparenti,
freddi svolazzi impressi sull’enorme candida tela.
Intriganti virgole scolpite sulla fragile,
grandissima lastra. Le lamine scaldavano
la liscia distesa ghiacciata imprimendovi le proprie orme. Il suo caldo e
giovane cuore assecondava la sua fantasia e linee, curve sinuose e nuovi
originali segni prendevano vita sulla superficie del lago generando forme
simmetriche, equilibrate, perfette.
Sun Sun Kwang pattinava
Nascosto
tra le canne, in prossimità del grande stagno ghiacciato, Kim Ho Yang lo
osservava.
-Quel
ragazzo arriverà di sicuro alla rappresentativa olimpica – pensò Kim Ho.
Sun
Sun Kwang, promessa del pattinaggio coreano, futuro campione di quella
affascinante disciplina. Il freddo era
pungente, in quel fine inverno asiatico.
Sporadici fiocchi gentili si posavano delicati sui nudi rami di
scheletri arborei.
Tutto
era bianco, intorno a Kim Ho Yang: tutto gli parlava di un mondo freddo.
Sulla
lavagna di acqua infreddolita impeccabili rette incontravano piccoli cerchi,
oblique parabole sposavano in più punti bianche spirali infinite. Geometrici quadri astratti prendevano vita
sulla lunga distesa. Kim Ho scrutava l’incredibile numero di ghirigori stampati
sul piatto marmo.
Sun Sun Kwang si allenava
Ogni
giorno, alle prime luci dell’alba, immerso in un freddo glaciale, Sun Sun
pattinava nello stagno adiacente la casa. Inseguiva il suo sogno. Una fiaccola
olimpica riscaldava il suo animo. La sua calda fiamma ardeva dentro ai suoi
occhi, isolandolo dal freddo totale che lo avvolgeva.
Sun Sun Kwang sorrideva
Sorrideva felice strisciando
sul ghiaccio. I suoi sogni, spinti dalla giovane età, non incontravano attrito.
Procedevano veloci insieme a lui, verso una gloria futura. Kim Ho Yang lo
guardava, lo osservava incantato. Kim Ho, il vecchio docente di arte, lo
fissava incatenato. Il solido ghiaccio, al passaggio di Sun, cambiava di stato
dipingendo binari d’acqua nei quali transitava il ragazzo. I solchi scavati
registravano i desideri di Sun, ciò che voleva comunicare, il segno che voleva
lasciare. Kim Ho Yang pensò ai solchi dei vecchi dischi di vinile. Ma quei
segni non sarebbero stati indelebili, scritti nella debolezza, nella fragilità
del ghiaccio. L’arte di Sun sarebbe stata immortale, ma la grezza materia, la
sostanza su cui era impressa si sarebbe sciolta col caldo, distrutta
dall’ardore di una soltanto tiepida primavera. La precarietà della fredda
sostanza contrapposta al all’eternità del vivido pensiero. Eppure proprio l’indifferente
sostanza fermava le calde, vibranti idee. Solo il freddo incastonava in sé
rendendo eterni i pensieri appena abbozzati sulla tavolozza bianca. Ma anche la crosta di ghiaccio avrebbe ceduto:
quelle meravigliose simmetrie si sarebbero infrante.
Rimpianse di non avere con sé la macchina
fotografica, per registrare quelle idee che si rincorrevano sul lago ampliando
il quadro, riempiendo lo stagno.
L’esercizio libero che il giovane avrebbe presentato ai Giochi Olimpici,
una manciata di annate più tardi, sarebbe stato memorabile, sì!
Sun Sun Kwang scivolava
Scivolava via lieve; quasi
volava.
Il vecchio professore rimaneva nascosto, tra le
canne. Temeva di interferire, se visto
da Sun, con l’evento che si stava consumando, con l’opera che stava nascendo.
Le linee prendevano forma, Sun Sun saltava e
danzava, le sue piroette graffiavano il ghiaccio.
Con i pattini scriveva. Sotto di lui nascevano nuove
figure: incredibili alci azzoppate, orologi deformi e stregati, improbabili
mostri marini, leoni e boscaglie incendiate.
Di una bellezza suprema
Una bellezza sublime. Ma di
una bellezza caduca.
Il sole si alzava: la vita del ghiaccio si sarebbe
prolungata ancora, forse, un’ora. Il sole, poi, alto nel cielo, avrebbe
cambiato il suo stato, lo avrebbe movimentato. Non era possibile congelare,
ibernare il dipinto. Quella meraviglia,
costretta a perire. Non sarebbe rinata: Sun Sun Kwang improvvisava, non aveva
mai eseguito due esibizioni uguali. Esercizi sempre originali, sempre diversi.
Kim Ho Yang era un privilegiato: stava osservando
qualcosa che nessuno avrebbe mai più visto.
Un quadro destinato all’oblio.
Kim Ho pensò a Sun Sun come ad un pittore fra le
pareti del suo studio, un laboratorio assediato dalle fiamme di un impietoso
incendio deputato a bruciare le tele.
NESSUNA MEMORIA: un’opera d’arte che non sarebbe mai
divenuta cultura.
MA UNA COSA BELLA NON E’ MENO BELLA, ANCHE SE NON
DURA IN ETERNO.
Sun Sun Kwang si fermò.
Era stanco. Si slacciò i
pattini, quei pennelli inusuali che con superba maestria aveva condotto
sull’azzurro, ovale specchio. Guardò le sue tracce. Sorridendo, si avviò verso
casa.
Kim Ho Yang guardò ancora una volta, l’ultima, il
lago ghiacciato.
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