"Fratture - il volto plurimo dell'unità"
Un
furore dolcissimo
Mostra
dello scultore Gastone Primon presso le Scuderie Aldobrandini di Frascati - 19
/ 03 / 2016
La prima cosa che
viene alla mente, osservando i lavori materici e polimaterici di Gastone Primon,
è un confronto con i grandi dell’Informale (principalmente Burri e Fontana), noti
per aver evidenziato i processi degenerativi della materia, il ridursi graduale
delle cose a polvere e terriccio informe. Dal confronto emergono le peculiarità
del Maestro estense, Primon, romano di adozione, che tende invece a cogliere
l’azione proteiforme e metamorfica della natura: il suo distruggersi per rigenerarsi
in continuazione. E qui si attua, a parer mio, un superamento delle poetiche
informali. C'è poi un altro confronto, ed un altro superamento, che questa
poetica situata all'incrocio di esperienze materiche e concettuali, propone e induce
a fare. Mi riferisco al richiamo all'Arte Povera, al Bricolage e all'Assemblage.
Si osservi a tal proposito l'Omaggio a
Pistoletto, con quell'evocazione degli specchi
e degli stracci, che in Primon vuole essere molto più di
una pura e semplice contestazione dell'opulenza consumistica.
C'è anche questo
aspetto, ovviamente, considerata la spropositata mole degli scarti accumulati,
che oramai non può più venire ignorata. Ma il riciclaggio, nell'artista in
questione, non è soltanto una denuncia civile, un'esigenza imprescindibile
della civiltà in cui viviamo, bensì, innanzitutto, la possibilità per l'uomo di
tornare ad operare secondo natura, secondo quella Madre che è sempre pronta a
ripescare ogni scarto, a non sprecarlo per ricondurlo nel ciclo incessante
della vita. Accade spessissimo che Primon si affidi, per comporre le sue opere,
ad elementi e ad oggetti trovati in natura, là pervenuti da ere geologiche o da
una lunga consuetudine con la storia e le storie dell'uomo. Si osservi la Camicia del contadino, che per
estensione simbolica diviene il contadino stesso: immagine lisa ma
profondamente vitale, fusa con l'etere e con la bruna terra, con la linfa dei ramoscelli
radicati al suolo. Non è soltanto una denuncia dell'effimero, dei modelli usa e
getta della moderna cultura industriale, ma è soprattutto un tornare ai
processi genuinamente creativi della vita, secondo cui nulla si disperde e
tutto si rinnova.
Così il ready-made, l'oggetto trovato, per il nostro scultore non ha valenze di rottame
abbandonato, di relitto alla deriva, bensì quelle di riscatto e di valore
ritrovato, di essenza intramontabile che, dalla morte, si riaffaccia alla vita.
I suoi intenti - amalgamando reperti archeologici e reliquie fossili con
residui della passata cultura contadina, o anche con scarti della moderna
cultura industriale - non sono antiquari o nostalgici, bensì quelli di un necessario
e doloroso rinnovamento della vita. E' da qui che nasce la violenza della
poetica primoniana. E' un'esigenza di vita, non di morte, a spingere l'artista
a frantumare, a lacerare, a spezzare, a disperdere, a schiacciare. Così
facendo, infatti, egli pone le mani in pasta nel caos magmatico e incandescente
delle cose, nel pane lievitante del creato, nei processi generativi e distruttivi
del pianeta in cui viviamo. Una natura, quella di Primon, che torna ad essere
un nume primigenio, carico di forza affermativa e negativa.
C'è una tempesta in
corso, ma tra lampi e boati si fa strada una quiete soave. Ci troviamo nel
vortice di un cataclisma impietoso, entro i sinistri bagliori di una probabile
fine del mondo, ma siamo sorpresi dai lumi di un nuovo albeggiamento, di una
rosea rinascita, di un delicato rifiorire della vita. La poetica di Gastone
Primon è animata da un fuoco distruttore e costruttore nello stesso tempo. Il
furore (dell'uomo contro la natura e della natura contro l'uomo) è violento e catartico,
tremendo e dolcissimo a un tempo: apocalisse e palingenesi fuse in un unico
respiro. Quella di Primon è una poetica della ferita e dello smembramento, ma
anche una poetica dei tenerissimi idilli e dei colori aurorali, dei morbidi
nidi e dei promettenti albori. Una rappresentazione dell'uovo cosmico, una messa in scena della creazione universale, della nascita del mondo da una lacerazione
perenne, da un big bang, da uno
sconquasso, da un immenso dolore.
E' la rappresentazione
della Terra mater, del grembo che si
squarcia e si rinvergina, tornando sempre nella grazia di se stesso per poter ancora
creare e creare. Quella di Primon è la storia di un parto infinito, dello
strappo lancinante e dolcissimo che dà vita alla fraterna e rischiosa avventura
di tutti gli esseri, all'abbraccio e alla lotta del Molteplice, inteso come
manifestazione, e non come negazione, dell'Uno. Ed eccoci tuffati nei misteri del
Mediterraneo antico, nei culti eleusini per intenderci, nei miti arcaici della Morte-Rinascita o anche dell'Araba Fenice. Messaggio salvifico, in un
mondo squassato da guerre e insidie d'ogni tipo. Primon ci conduce nel cuore
segreto e pulsante, vorticoso e ciclico della Grande Dea, di quella matria dai
mille volti che circonda il mare nostrum,
scenario di albe e tramonti, di culle e di tombe, ma soprattutto luogo di
incontri fra millenarie e favolose culture. La presenza della Giordania, qui, oggi,
in alcune sue figure altamente rappresentative, testimonia questo comune anelito
e lascia favorevolmente sperare.
Gastone Primon ha
soggiornato ad Amman per tre anni, dal 1987 al 1990, inviato dal Ministero italiano
degli Affari Esteri per dare vita ad una attività didattico-istituzionale che
ha lasciato una forte impronta nella lavorazione della ceramica locale. Nel
contempo, egli ha acquisito elementi interessanti da quella cultura visiva, riscontrabili
in un simbolismo aniconico, vagamente mediorientale, bene amalgamato con il suo
astrattismo informale. Un'arte, quella di Primon, non a caso fondata sul collage, dove si accoglie di tutto e tutto
entra in gestazione: cassette della frutta, cartoni pressati, plastica
arrotolata, dipinta e poi bruciata. Una tecnica che non deriva dalla pittura,
ma dalla lavorazione della ceramica. E' materiale povero, il suo. I tubetti li
ha usati in passato, oggi non più. Gli acrilici pure. Predilige i colori
lavabili, e poi ama molto bruciare. La pietra gli piace, ed anche il legno,
soprattutto quando, prima di lui, l'ha già lavorato la natura, il fulmine. Utilizza
di tutto nel suo laboratorio creativo, ma predilige l'argilla, la terra, per la
malleabilità e l'immediatezza espressiva. L'argilla, cuore e collante, sangue
ed anima di ogni essere del creato.
Franco Campegiani
Ci sono osservazioni davvero notevoli in questo saggio di presentazione di F. Campegiani intorno all’arte dello scultore G. Primon: 1- il superamento (originale) dell’informale- il distruggersi e il rigenerarsi della materia con un simbolismo aniconico, vagamente mediorientale, bene amalgamato con l’ astrattismo.2- il ripescaggio dello scarto, (bricolage ed assemblage) e la sua valorizzazione che denuncia spreco ed effimero.3- “la rappresentazione della Terra mater, del grembo che si squarcia e si rinvergina”. Visione cosmica, fusione di presente e passato, cultura “consumata” “lavorata”, storia dell’uomo. Vita e morte che convivono in osmosi. 4- Consonanza felice di lettura con la filosofia del nostro critico.
RispondiEliminaUna mostra che a mio parere bisognerebbe vedere.
Carissima Maria Grazia, sono a mia volta stregato dalla lettura così profonda della mia esegesi. Sono convinto che anche Gastone ne resterà estasiato. "Vita e morte che convivono in osmosi". Non c'è fine senza inizio, e viceversa: è questa la visione creativa, non soltanto dello scultore, ma di ogni mente vicina alla creatività del creato.
EliminaFranco Campegiani
Cara Maria Grazia, conosco lo scultore e, in modo molto più approfondito, conosco Franco Campegiani, critico a trecentosessantagradi, che riesce a stupire e coinvolgere ogni volta che si esprime. Il titolo del post: "Un furore dolcissimo", è un ossimoro di rara efficacia, che sembra affrescato per le Opere di Primon. L'artista veneto, infatti,ci trascina in quel mondo che Franco magnificamente definisce "cuore segreto e pulsante, vorticoso e ciclico della Grande Dea, di quella matria dai mille volti che circonda il mare nostrum, scenario di albe e tramonti, di culle e di tombe, ma soprattutto luogo di incontri fra millenarie e favolose culture". Resta poco da dire a una profana come me. So che ho visto sculture ferite, spaccate, dallo stesso Primon, in nome del 'grembo che si squarcia e si rinvergina", per tornare a citare il nostro critico... La recensione è di tale completezza che annulla la possibilità di aggiungere parole. Un plauso a Gastone Primon e un grandissimo inchino al caro Franco! Auguri a tutti gli ospiti del blog.
RispondiEliminaMaria Rizzi
Carissima Maria, ti porto innanzitutto i saluti di Primon, grato per le tue calzanti osservazioni. Per quanto mi riguarda, non posso che confermarti la mia ammirazione ed il mio entusiasmo per la fresca e viva interpretazione del mio mondo poetico-filosofico, da te sempre incoraggiato. Ricambio i tuoi auguri pasquali, estendendoli anch'io agli ospiti del blog, e in primis a Nazario Pardini.
EliminaFranco Campegiani
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