(il mio borgo antico)
In questo mio borgo antico,
disteso all’ombra del monte,
s’ode l’eco d’una voce misteriosa
che colma i vuoti dell’anima,
le memorie dei sogni dimenticati,
in una strana fusione dei sensi
che si perdono nella strada
del dolce silenzio dell’attesa,
che non cedono alle lusinghe
della maschera dei giorni immobili,
dei volti inutili, delle ragnatele
che catturano la percezione del nulla,
lo sterile avvicendarsi delle abitudini.
disteso all’ombra del monte,
s’ode l’eco d’una voce misteriosa
che colma i vuoti dell’anima,
le memorie dei sogni dimenticati,
in una strana fusione dei sensi
che si perdono nella strada
del dolce silenzio dell’attesa,
che non cedono alle lusinghe
della maschera dei giorni immobili,
dei volti inutili, delle ragnatele
che catturano la percezione del nulla,
lo sterile avvicendarsi delle abitudini.
In questo mio borgo antico,
si riscopre il sapore della vita,
si ascolta il canto lieve del vento
che pare giocare con la natura,
si ritrova la quiete dell’anima,
quella realtà altrove perduta
che, limpida, sgorga dalla roccia
e risveglia le lontane promesse
che tornano, come l’onda sugli scogli,
come un’ombra che vaga impaziente
tra fasci di false luci e di falsi colori
superando muri in rovina, vacillanti,
e le barriere costruite dai silenzi.
si riscopre il sapore della vita,
si ascolta il canto lieve del vento
che pare giocare con la natura,
si ritrova la quiete dell’anima,
quella realtà altrove perduta
che, limpida, sgorga dalla roccia
e risveglia le lontane promesse
che tornano, come l’onda sugli scogli,
come un’ombra che vaga impaziente
tra fasci di false luci e di falsi colori
superando muri in rovina, vacillanti,
e le barriere costruite dai silenzi.
Oltre i confini dell’infinito
Invano ho provato a spingermi
oltre i confini dell’infinito,
ma non ci sono riuscito
e mi sono chiuso nella
solitudine
ad ascoltare il vento della
sera
che scardina sogni di
giovinezza
ingabbiati dai recinti della
vita
fatti di lame taglienti, di
pietre
consunte dalla pioggia e dal
tempo.
Ho aperto le ali ai miei sogni
per pescare nelle onde
d’argento
quella realtà ch’è acqua che
disseta
come gocce di lacrime perdute.
Eravamo solo noi due, gabbiani
che il vento trasporta lontano
tra le onde che s’incontrano
su scogli di variopinte
conchiglie,
su fasci di luce, colori,
armonie.
Poi d’improvviso fu solitudine
e cademmo nel buio senza fine,
tra silenzi distorti e confusi
nascosti da muri crollati e
barriere
di ombre che vagano impazienti
nel gioco di una vita non più
vita
che si annulla e lentamente
muore.
Nessun commento:
Posta un commento