QUARTA DI COPERTINA |
Ester
Cecere: con l’India negli occhi, con l’India nel cuore. WIP Edizioni. BARI. 2016. Pg. 64. € 8,00
Una
storia di grande efficacia emotiva, culturale, e sociale che Ester ha saputo
tradurre in versi di ampia e urgente resa poematica di piacevole e dolorosa
vicinanza; in una simbiotica fusione fra foto e canti; fra immagini di un paese colorito e plurale,
arretrato e speciale, e una scrittura semplice e diretta, a cui l’Autrice ha dato voce, pensiero,
attenzione, e passione. Con l’India negli
occhi, con l’India nel cuore, il titolo della plaquette che, distribuita in 64 pagine, è sta editata per i caratteri di WIP Edizioni di Modugno, Bari. XXV
composizioni che precedono una sezione fotografica di sedici immagini le quali
ci danno una visione corposa di un India devastata, anche se folcroristicamente
contaminante, da strutture verticali in cui i paria occupano ancora l’ultimo
strato della società per una concezione religiosa retriva: una visione che
porta ad adorare mucche ed altri animali e che fa morire sui marciapiedi
persone il cui contatto potrebbe contagiare in un paese dove le donne sono condannate
a una vita da cortigiane o concubine. La plaquette è ben fatta e rispettosa di quella
nobile arte che affonda le radici nel nostro medioevo: incunaboli e stampe; amanuensi e
testimonianze; libri e storia; piacevole e ben strutturato l’insieme dell’opera
per copertina, impaginazione, quarta e risvolti. Ed è proprio la copertina che
con la foto di una tipica donna indiana dal volto color cioccolato e copricapo
rubino, fa da prodromico invito ad un dipanarsi di poesie coinvolgente e rapace:
iniziamo, così, il cammino con la nostra poetessa:
Spinose acacie, soffocante
polvere
e il sole di foschia sporco
accompagnavano il cammino (I)
Una
natura aspra che fa da corona ad un prosieguo di sequenze descrittive e
introspettivo-meditative. E l’uso dell’imperfetto ci dà da subito l’idea di una
macerazione intima attraverso visioni ed azioni che, rimaste a decantare, tornano
a vivere con la loro forte significanza
insaporita da un animo zeppo di sorprese inquietanti:
Gracile ti accanivi
con la forza dei tuoi pochi
anni
sulla leva della pompa
per riempire di preziosa acqua
di lamiera un secchio lercio…
(II).
Tutto
è vòlto ad una panoramica intrusione, ad un articolato linguaggio visivo atto a
scatenare emozioni: ora, con un delicato
bocciolo che azzarda lo sguardo fra sterpi e rovi:
(…)
Fra sterpi e rovi germogliato,
delicato splendido bocciolo!
(XIV).
Ora
con la considerazione sul legno che appare merce rara:
(…)
Non erano in fondo che legnaie.
Lì dove anche il legno è merce
rara
(XVI).
E
ora, con la storia di donne costellata di crudeltà:
(…)
Costellata di crudeltà è delle
donne la storia.
Cortigiane, concubine, geishe,
schiave, streghe.
Strumenti di lavoro e di
piacere oggetti.
Anco’oggi, con nomi e modi
diversi… (XX).
E
tante altre le realtà endemiche che colpiscono la sensibilità della poetessa.
Per
finire con uno sprazzo di gioia che nell’ultima pièce Ester Cecere ri-vive risollevata
da un momentaneo tripudio d’arcobaleni e profumi:
(…)
Regine d’antiche miniature,
le donne in preziosi sari
avvolte
con gli occhi abbelliti da dal
Kajal.
Farfalle tropicali le
fanciulle
nei vaporosi lucidi vestiti.
Nuova luce ai volti donavano
bianchissime luminose perle.
Gioiva e festeggiava l’India
finalmente
-la tanta miseria per un po’
dimenticata-
negli allegri giorni della
festa di Diwali. (XXV).
Sono
le immagini a parlare, a dare corpo agli abbrivi emotivo-intellettivi; alle
vertigini paniche per ambienti da leggere e assorbire: configurazioni multiple
che rimangono appiccicate alla memoria dell’Autrice e che ben insaporite dalla
sua sensibilità tornano a respirare in campi semantici di potenza iconica. Ed è
proprio così che si chiude il poema. Con uno scarto di luminosa lucentezza; con
una profusione di sonora liricità che raggiunge il suo apice in un
endecasillabo di contaminante euritmia: “Farfalle tropicali le fanciulle”.
Nazario
Pardini
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