domenica 20 marzo 2016

NAZARIO PARDINI: "LA BARCA"

















La barca

Sono una barca che s’inarca al mare,
sono un fuscello in balìa del vento
che cerca un porto dove rifugiare
le mie malinconie. A volte ho visto
una pallida luce di conforto
a indirizzare la prua. I remi stenti
hanno solcato mari indifferenti
verso il chiarore delle mie speranze.
Invano. Tutto spariva all’approccio.
E l’infinito gorgo riappariva
alle mie carni deboli e insicure.
Ho navigato incerto in queste acque
sbattuto spesso da onde pellegrine
in scogli aspri e crudi; in rocce scure.
Sono una barca che s’inarca al mare,
una barca disfatta che non tiene
i suoi legni compatti. La mia anima
azzarda fughe verso mondi nuovi
che non mi sono vicini. E vola,
seguendo gli indirizzi degli aironi
che battono le ali, per pentirsi
e ritornare presto ai cari legni
che hanno tenuto in seno i miei respiri;
gli amari pasti di un’intera vita.
Aspetto un porto. Un faro che m’illumini;
una scia che segni la mia rotta;
una guida che franga questo azzurro
nero. Mi dia qualche certezza e poi
restare quieto fuori dalle acque
di tale mare che non ha confini.

Nazario Pardini    20/03/2016












                                         

29 commenti:

  1. Una poesia di intensa animazione esistenziale: vita, mistero, ricerca, viaggio, scogli, mare, rendiconti. D'altronde è questo che si chiede l'uomo:"Quale il mio destino? quale la mia sorte". Ed una intera navigazione fra i gorghi non sarà mai sufficiente ad approdare al porto del poeta, se non ci sarà fede. L'endecasillabo sciolto maneggiato con misurazione classica dà un tono austero
    e estremamente musicale all'insieme. Opera interessante e piacevole alla lettura.
    Prof. Angelo Bozzi

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  2. Grande impatto lirico che fa riflettere. La filosofia epicurea del Pardini volge a dubbi che fanno dell'uomo un essere senza mete precise; alla ricerca di luci in un mare di nere tempeste. Forse se la poesia avesse concluso la sua navigazione con un approdo illumninato da un faro, non sarebbe stato male...

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  3. Che dire? Poesia che denota maturità metrica e intensità emotiva. Pardini c'è...
    Carmelo

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  4. Sono emozionata a tanto contenuto arginato da versi da sinfonia wagneriana
    Lorena

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  5. Rina Accardo La mia anima ancora azzarda fughe.
    Nazario, stupenda poesia! Mi riflette nel volo e nell'attesa di un faro...
    Un abbraccio carissimo.

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    1. Carissima Rina, grazie per essere con me su questa barca di sogni e di vita. Su questa barca che rischia il naufragio ogni giorno, ma che ogni giorno torna a navigare sempre più forte a dispetto dei suoi legni disfatti.

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  6. Federico Bondielli Meravigliosa questa poesia.
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  7. Pat Stefanelli E sei quieto mentre lo dici, fuori dalle acque di questo mare di Poesia. Oggi è il 21 marzo, la festa della Poesia e tu le rendi omaggio. Hai solcato e solchi questo mare e spesso ne hai avuto conforto, altre volte invano, perché all'approccio, quando tutto sembra compiuto, si torna a navigare con i legni disfatti, inarcati nello sforzo dell'approdo, con la malinconia e la speranza di una guida, di una luce che franga questo azzurronero. Emoticon smile Stupenda poesia. Grazie

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    1. Grazie carissima Patty; le tue parole arrivano sempre dritte al cuore!
      Nazario

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  8. Trovo un po' di contrasto fra la drammaticità del vivere e la musicalità dell'endecasillabo. Mi piacerebbe leggere tanta emozione in versi sciolti, liberi.
    Anna

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  9. Bella poesia. Trovo tanta corrispondenza fra lo scivolare della barca nelle onde e l'obiettivo della verità.
    Maria

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  10. Mi permetto di dissentire dal commento della signora Anna.
    La musicalità dell'endecasillabo non è in contrasto con la drammaticità del vivere poiché è un verso duttile, che il poeta forgia a sua necessità. Qui, attraverso l'uso di alcuni enjambement, il nostro Nazario riesce a "interrompere" il verso proseguendolo in quello successivo evitanto così la continuità ritmica.
    E lo fa sin dai primi versi:
    "... che cerca un porto dove rifugiare
    le mie malinconie. A volte ho visto
    una pallida luce di conforto
    a indirizzare la prua. I remi stenti
    hanno solcato mari indifferenti..."
    per giungere poi all'ossimorico, inquietante "azzurro/nero".
    Non solo, ma anche il lavoro di rime, sia baciate che più distanti tra loro, risponde ad una perfetta strategia di significanza: "remi stenti/mari indifferenti", "carni deboli e insicure/rocce scure", "mondi nuovi/indirizzi degli aironi".
    Direi, quindi che forma e significato siano in simbiosi veramente lodevole.
    Vorrei inoltre aggiungere che la "gabbia" metrica si allinea con "i legni/che hanno tenuto in seno i miei respiri;/gli amari pasti di un’intera vita." e la libertà è solo l'anelo di chi aspetta un porto, "una guida che franga questo azzurro/nero.
    I miei complimenti a Pardini per questi versi di intensa profondità anche formale.
    Grazie. E' sempre un immenso piacere leggere della Poesia con la maiuscola.

    Lorena Turri

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    1. Che meraviglia! Che tocco gentile e competente! Che piuma leggera e profonda a sollecitare le mie corde emotive. Il tuo commento, carissima amica, è un cammeo che luccica e profuma in questi primi giorni di primavera: tecnica, contenuto, allitterazioni, significato e significante, rime, assonanze, niente ti è sfuggito nella tua lettura attenta e puntigliosa; una collana che assembla in sé perle di parole.
      Grazie Lorena

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  11. Io non penso a Nazario Pardini come ad un “ fuscello” e so che questa immagine non sta alla persona bensì all'universale, all'uomo in generale. Ciò vale per l'altra figura: “sono una barca disfatta”. L'idea che mi sono fatto del Pardini è di un uomo bene in equilibrio, ben saldo, un nocchiere con possibilità di prefiggersi rotte difficili, sterminate. Se in un particolare momento il suo pensiero poetico lo fa esprimere in questo modo- mi sono detto- è un ulteriore segno della sua grandezza, dell'umiltà che sempre lo accompagna. Nessuna contraddizione quindi nei versi del poeta se non la garanzia che costituisce un faro per tutti noi, uno che sa sempre dove indirizzare la prua.
    Ubaldo de Robertis

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    1. Carissimo Ubaldo, sei sempre presente, e sempre esplicito con i tuoi interventi preziosi e commoventi. Ti ringrazio e serberò il tuoi generoso commento per la mia prossima pubblicazione.
      Nazario

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  12. Questa poesia mi riporta a un Ungaretti di Allegria o a un Quasimodo di Alle fronde dei salici. Un verso capiente che si lascia cullare da una musica di violini e chitarre per rimediare alle magagne della vita.

    Sandra

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  13. Riporto un commento inviatomi per e-mail da Francesco Casuscelli:

    Una poesia d’ampio respiro, come è nello stile euritmico e armonico con il quale il nostro poeta, spesso, ci affascina. Già nel verso iniziale s’avverte la malinconia del mare, la vita di un oggetto come quella di un frammento dell’umanità. Leggendola fino in fondo si apprezzano un susseguirsi di endecasillabi carichi di pause, di preziosi enjambement e di spontanea musicalità. La barca rappresentata il simbolo di una figura carica d’esperienza, con una certa stanchezza del vivere, non male fisico ma consapevolezza del tempo trascorso e da trascorrere, come può essere quella di un poeta, che grazie alla sua sensibilità viene attraversato dalle emozioni e guarda alla vita con occhi sempre pronti a cogliere i bagliori nel vasto orizzonte. Però quello che mi colpisce e mi ha fatto riflettere molto sono stati i versi della chiusa, in cui mi piace cogliere una chiave di lettura personale, che non so quanto sia condivisa dall’autore. Infatti l’anima del poeta conclude la poesia
    “...e poi
    restare quieto fuori dalle acque
    di tale mare che non ha confini.
    Rileggendola partendo dal significato di “confini” avverto la volontà dell’autore di parlare della barca usata per quell’ultimo viaggio, svenduta ai trafficanti per un uso improprio, e quindi non poter rimanere quieta fuori dalle acque, ma vivere un'ultima e orribile esperienza. Essere quindi, usata per trasportare i migranti, che affrontano il viaggio “...seguendo gli indirizzi degli aironi...” nella speranza di trovare un porto dove iniziare una nuova vita, con l’anima che “azzarda fughe verso mondi nuovi” e spesso purtroppo il sogno s’infrange per “...ritornare presto ai cari legni...”.

    Francesco Casuscelli

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    1. Grazie Francesco per le tue parole preziose che sanno mettere a nudo i miei più segreti sentimenti.
      Nazario

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  14. Molti di coloro che mi hanno preceduto hanno insistito sulle finissime qualità metrico-musicali di questa poesia (come del resto di tutta l'opera) di Nazario Pardini. Condivido e non mi diffondo su questo punto, ma approfitto per mettere a fuoco una poetica, quella pardiniana, che può sembrare diametralmente opposta a quella dell'"Allegria" ungarettiana, dove il naufrago riprende il viaggio con rinnovato ardimento, tuffandosi nel mistero. Pardini coglie lo smarrimento del navigante, il suo terrore nel trovarsi solo in alto mare, alla deriva. Coglie il suo desiderio di uscire dalle acque, di guadagnare una riva, qualsiasi riva. Tuttavia il suo desiderio umanissimo di quiete, la sua ricerca di un "porto dove rifugiare / le mie malinconie", non giunge al punto di fargli rinnegare la propria natura di "fuscello in balia del vento", ed egli resta consapevole di essere, e dover essere, un viandante ("migrante", come dice Francesco) "verso nuovi mondi che non mi sono vicini". Ognuno di noi è "una barca che s'inarca al mare". Il poeta, dice giustamente Ubaldo, è un nocchiere che sa "sempre dove indirizzare la prua". Sottoscrivo, con l'aggiunta che a volte la salvezza sta pure nel lasciarsi andare.
    Franco Campegiani

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    1. Grande Franco, carissimo amico, ineguagliabile cantore di cantori, cantore lui stesso nelle sue aperture umane e filosofiche. Ringraziarti è poco, è semplicemente poco per questo tuo dono di cui avrò estremamente cura.
      Nazario

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  15. C’è in questa barca che "s’inarca al mare" tutta la forza solitaria e metaforica della malinconia. Gli aggettivi traducono “in crescendo” lo stato d’animo: remi stenti, mari indifferenti, carni deboli e insicure, rocce scure, onde pellegrine… Musica, sinfonia. Si diceva un tempo che la malinconia era l’accidia: un torpore, un'assenza, una disperazione senza scampo, acuita dalla solitudine, che produce mutismo, anzi «afonia spirituale»; quella che Marsilio Ficino indicava come perdita eccessiva dello spirito sottile. La voce dell'anima che non parla più. Ma per fortuna i poeti ci insegnano che non è così devastante né catastrofica.Anzi...
    Pardini ce lo comunica con il susseguirsi metaforico inquietante e contemporaneamente affascinante: la barca –disfatta- che s’inarca è in balìa del vento, azzarda fughe,vola, cerca un porto certo, introvabile, un faro, un volo…e si pente. Ritorna. Un Giano bifronte. Per cogliere quei malinconici doni poetici sono necessari due ingredienti, il talento, se non il genio, e la sincerità senza alcun orpello narcisistico, l'amor del profondo, dello scavo, l’autenticità. E la padronanza della forma poetica. Toccano dolorosamente le radici del nostro essere, fino a farci avvertire un vuoto “ metafisico”. Il baratro ci attrae mentre ci fa paura. Come se la storia avesse perso la voce. Clio, colei che un tempo suonava la lira e cantava le gesta dei grandi, alla quale la Musa pardiniana si affidava, è diventata debole, come la più sciocca delle vecchie… . La tristezza sa aprire squarci che permettono di guardarsi dentro da una prospettiva nuova. Rende consapevoli. Dunque umani. Anche questo è un regalo delle Muse: ci fa capaci di avventurarci nell’ignoto: con un più di poesia, di essere, di quiete.

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  16. Faccio i miei complimenti a tutti gli amici ringraziandoli per il loro ingresso sulla mia Barca. Ma permettetemi di rivolgermi in maniera più attenta e e più diretta alla esegesi di Maria Grazia Ferraris: un gioiello di lettura, une explication che coglie con animo estremamente umano e poetico tutte le mie intenzioni significanti, aggiungendo anche, con la sua sensibilità, ciò che era rimaste dentro e che lei è riuscita a tirar fuori con la sua intelligenza critica. Grazie Maria Grazia

    Nazario

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  17. Leggo con interesse e partecipazione tutti gli interessanti commenti che a Nazario Pardini riconoscono il valore nella parola e nel sentimento. A quanti hanno espresso - e spesso con alata parola- il loro apprezzamento mi unisco con tutta l'anima, perché conosco ed ammiro il Poeta da...tempo. Questa sua stupenda lirica mi arriva ancor di più per certe immagini a me care e più volte condivise: la stanchezza esistenziale, il mare, il porto...ma anche la fiducia e la speranza nella quiete di un dopo. Insomma ,in questo fuscello riconosco ogni uomo in cammino, logorato stanco ma mai vinto, riconosco nella barca ...la mia "zattera di loto".
    Grazie, amico carissimo, poeta del cuore e della parola..Un abbraccio. Edda.

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    1. Carissima Edda,
      grazie e grazie di questo tuo intervento che dà valore umano e critico alla mia parola. Quanta verità nel tuo dire! quanta coscienza di un viaggio in cerca di un porto difficile da raggiungere! quanta vicinanza fra la mia barca e la tua immensa poesia!
      Un abbraccio, carissima amica
      Nazario

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    2. Una poesia "pardiniana"si avverte il tuo segnico equilibrio, la tua caratura, il tuo linguaggio forte e chiaro. Vi sei in tutta la tua forza e potenza lirica, nocchiero senza paura in gran tempesta, mai piegato, mai domo alla temperie di acque procellose.
      La barca arremba, ma il vigore, il valore umano, letterario e semantico dei tuoi versi sanno parlare sempre la lingua della Bellezza. Complimenti, carissimo amico, un abbraccio all'anima...
      Ninnj Di Stefano Busà

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    3. Carissima Ninnj, preziosissima amica, un tuo commento è sempre qualcosa di speciale; qualcosa che commuove ed esalta conoscendo la levatura della persona da cui proviene. Ti abbraccio, onorato ed entusiasta di esserti amico.
      Nazario

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  18. E mi unisco a Lorena nel dire che la barca s'inarca, segue la rotta, cerca un porto anche in virtù dei meravigliosi endecasillabi. Liriche come queste, che contengono il viaggio, grande allegoria dell'esistenza, raggiungono vette così alte proprio in virtù della scelta stilistica. Ho viaggiato con Nazario, erede dell' ulissismo e Uomo del nostro tempo, ho visitato le sue paure e mi ci sono specchiata... perchè vivo su uno scafo come Lui, come tanti e so che le onde, come pendoli, annunciano lo scorrere delle stagioni. Malinconica meravigliosa dolcezza e senso dell'ineffabile, dell'imprevedibile,in questi versi di velluto, che come mare notturno, cullano riflessioni, timori e speranze e pongono annosi quesiti esistenziali... Grazie, mio caro Professore. Il Suo mare mi appartiene da sempre.
    Maria Rizzi
    Maria Rizzi

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