Pasquale Balestriere, collaboratore di Lèucade |
Carla Baroni, collaboratrice di Lèucade |
Carla Baroni
Oltre la siepe buia dei pensieri
Blu
di Prussia, Monte Castello di Vibio (PG), 2017, pp. 77
Preliminarmente
va detto che l’endecasillabo Oltre la siepe buia dei pensieri è contemporaneamente titolo e primo verso della lirica
incipitaria ed eponima di questa silloge
monotematica, strutturata in percorso poematico, dove i titoli dei singoli
componimenti hanno solo lo scopo pratico di alleggerire, adattandolo alla
nostra debolezza di lettori moderni, un testo poetico di circa mille versi, peraltro
molto compatto sotto l’aspetto della sostanza comunicativa.
Oltre la siepe buia dei pensieri
si
attestano le stelle dei tuoi cieli.
Dai vetri
colorati dei tuoi muri
un angelo
guerriero ora discende
la spada
sguainata, una corona
di fiamme
lo circonda ed il suo raggio
va sopra
la mia ombra ad infierire.
Lo so che
Tu di nuovo mi respingi
nell'irrequieto
tribolìo del giorno ...
(Oltre la siepe buia dei pensieri)
Oltre all’ostilità
dell’angelo guerriero e al respingimento da parte di un “Tu” che presto
conosceremo, si avverte al primo assaggio testuale una nota che si rivelerà ben
presto dominante in questa ultima silloge
di Carla Baroni, e cioè una forte tensione religiosa, un’esigenza non
più differibile di una epifania del divino che conforti e dia qualche
escatologica certezza a chi si pone
quesiti metafisici o problemi teleologici, a chi insomma si interroga sull’aldilà
e sul senso della propria vita. È una religiosità, questa, da intendersi nel
senso etimologico del termine (religio
da religare, cioè legare saldamente, con allusione allo stretto legame che si
instaura solitamente tra il credente e la divinità); nel caso della Baroni una
religiosità intima e sofferta , non immune da dubbi (“Ignoro se Tu esista veramente /
o sia soltanto frutto del pensiero” Ignoro io da sempre) né
priva di contrasti con quel “Tu” , pronome per mezzo del quale la poetessa indica Dio, l’entità superiore a
cui lei sente di dover muovere qualche non troppo timido appunto per quel
“dono” della vita così deficitario e avaro di momenti felici.
Ignoro io
da sempre
se mi facessi
dono del respiro
o
solamente quello del sospiro.
(Ignoro io da sempre)
Deborda
l’amarezza, al punto che mai come in
questa silloge, che ha il sapore di un
resoconto finale, mi è capitato di imbattermi in allusioni frequenti e davvero
poco velate alla vicenda biografica e ai
problemi fisici che hanno reso la vita della Nostra diversa e difficile e ne
hanno profondamente influenzato le relazioni sociali e i rapporti affettivi,
anche all’interno del suo stesso nucleo familiare.
Se io ero
davvero un folle Arcangelo
che Tu
azzoppasti
privandolo
dell'ali e della spada
e
gettandolo
nei
gironi infernali della vita
perché
scontasse l'empio suo peccato
mi è
rimasta una lama che ferisce
più
d'ogni altra al mondo, la parola
che
adopero sovente inconsapevole
dell'eterna
mia vera dannazione.
Ridammi
allora le mie ali nere ...
(Ridammi allora le mie ali nere)
Qui il riferimento - anzi il sostanziale accostamento - alla condizione di “folle Arcangelo” sottolinea una percepita situazione di
esclusione e di alterità, di non voluta emarginazione; temperata però dalla
speranza:
A me
cicogna dell'egizio suolo,
candido
uccello che non sa cantare
e che si
regge su una zampa sola,
la voce
donerai d'un usignolo.
(A me cicogna dell’egizio suolo)
Isolamento e solitudine sono compagni severi e pervicaci,
anzi secondini incorruttibili, avuti in sorte senza colpa alcuna. Ne consegue
una condizione che appare come quella di “un frutto nato senza seme” (Furia di vento a volte i solchi indora):
Forse è
la solitudine che preme
come una
coltre che non lascia spazio
a un
quieto respirare ...
Vorrei
aver qualcuno che mi ascolti
che
sappia consolarmi all’occorrenza
con uno
sguardo o il tocco di una mano...
(Ecco che il cerchio adesso si richiude)
Quest’opera in versi si manifesta come un fitto colloquio - a volte
fidente, a volte conflittuale- tra un’anima che molto ha sofferto e un Essere superiore del quale l’anima stessa
fatica a capire essenza e atteggiamenti.
Se Tu ci
sei, dall'alto del tuo scanno
dammi la
Fede, dammi la preghiera
che mi
fecondi con dolcezza l'anima.
E un
granello di miele avrà il tuo favo
anche da
me piantaggine palustre.
(L’anacoreta dalle braccia bianche)
Perché Ti
penso sempre lì a punirmi
e non come
un buon Padre che mi accolga?
Forse
perché un padre io non ho avuto ...
(Ecco che il cerchio adesso si richiude)
Un colloquio, sì, ma che ha il tono della preghiera, di una ininterrotta
preghiera magari un po’ particolare e risentita, che si fa via via più
incalzante, con qualche scarto o accenno di rivolta:
... la preghiera
che non
so dire e che non dirò mai.
(L’unica cosa che so percepire)
Non c'è mai stato dialogo fra noi.
Il mio
monologo
s'infrange
contro muri di granito.
Ma io non
prego, mormoro soltanto
il mio
scontento...
(La vita è una cometa che si sfalda)
E allora,
adesso che all'ultima stazione
già si
conclude l'aspra mia via crucis,
pur se
non prego e inghiotto pane azzimo,
fa' che
germogli in me quella certezza
che mi
distolga dalla scura ombra
che esita
di Te nella mia voce
e che nel
gloria si concluda il rantolo
dell'ultimo
mio transito nel mondo.
(Sulle rotaie docili del sogno)
Fu da
sempre difficile il mio credo,
non ne
conosco neanche le parole
ma io ne
so profondamente il senso.
Su dammi
pace, c'è ben altro al mondo
che
litigar con me, su dammi pace.
(Fu da sempre difficile il mio credo)
Sì, io
prego seppure non l'ammetta
prego con
le parole che conosco
senza
giaculatorie ...
(Prega in silenzio la mia voce insonne)
Allo stesso modo, però, la ricerca di Dio e l’esigenza di colloquiare con Lui diventano
imperative, assolutamente necessarie; si colorano di un’umanità vigile,
pensosa, dolente, talvolta persa nella vita, priva com’è di certezze:
È questo
lo sgomento che mi assale:
d'essere
un treno ad un binario tronco
fermo tra
i rosolacci e le ginestre
che
sembrano indicargli il Paradiso
mentre
insidiosa ruggine lo coglie.
(Vorrei avere il grembo di una spiga)
E premono anche domande esistenziali, che richiedono urgente
risposta, ma che si scontrano con il silenzio di Dio:
Dimmi,
prima che termini la cera,
perché
qui sono ...
(Stele dai geroglifici imperfetti)
Infine la scoperta, lo svelamento almeno di una parte del
mistero (doloroso), nei versi che
chiudono la silloge; con una pointe, nell’ultimo, commossa ma non orante.
Non ho capito
che la solitudine
era il
dono prezioso che mi desti
per il
mio canto senza lira o cetra.
Tardi non
è, congiungo ora le mani
non già
in preghiera ma in forma di saluto.
(Declina il giorno in lenta litania)
Oltre la siepe buia dei
pensieri -
libro prefato con acume, dottrina, partecipazione e saggezza da Orazio Antonio
Bologna dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, e con una nota puntuale e
pregevole di Eugenio Rebecchi, editore espertissimo di poesia - è certamente opera di densa umanità, che svela
dubbi, incertezze, sgomenti, conflitti interiori, problemi esistenziali, profonda
esigenza del divino, desiderio di conoscenza e di corretta interpretazione di
una realtà dalla quale spesso Dio sembra essersi assentato o distratto. Di qui
la continua, dignitosa invocazione -non so se Carla Baroni se ne sia resa conto
appieno, ma questa sua silloge è ininterrotta preghiera- a Dio
perché le venga in soccorso, rimuovendo gli ostacoli che le impediscono
il cammino verso la salvezza.
Occorre però
dire che la vera forza di quest’opera sta nell’afflato creativo che la pervade,
perché la Baroni è artista di vaglia, sa
vivere poeticamente ogni sua esperienza, anche quella del dolore abbondantemente
effuso dalla vita; o semplicemente quella di una religiosità profondamente
percepita. I suoi versi scorrono tersi e lievi, armoniosi e carezzevoli e
rivelano mano abile e sicura, sapienza di canto. Ma, più, leggono la vita. Meglio
ancora se poi lo scrigno che li racchiude -il libro- si segnala per la sobrietà e l’eleganza
dell’edizione e per l’eccellente qualità dei materiali impiegati.
Pasquale Balestriere
Caro Pasquale un sentito grazie per la tua bellissima presentazione. Questo mio libro ha avuto vita molto accidentata in quanto i testi sono stati scritti nel tempo mentre mi occupavo di altri lavori e quindi le pagine si sono accumulate senza neanche me ne rendessi conto.
RispondiEliminaIl mio rapporto con Dio è stato sempre difficile perché la vita che dall'Alto mi è stata assegnata non è stata mai rosea, non ho avuto gratificazioni di alcun genere, ed è stata sempre improntata a una normalità che non è mai esistita. Il burka del sorriso, che ho esibito per anni, è stato la maschera dietro cui mi sono lungamente nascosta soprattutto per celare la mia sofferenza a chi mi stava vicino. Solo che se per molto tempo ho espresso nei miei scritti un malessere generale, ora ho il coraggio di dire, senza falsi pudori, il perché di questo mio scontento, della apartheid che la mia condizione di “diversa” mi ha procurato. E soprattutto di farne partecipi gli altri.
Ecco il perché di questa mia conflittualità con Dio, che mi diede tutto alla nascita e che mi tolse poi tutto repentinamente quando ancora non ero in grado di capire. Ora, andando a ritroso, mi accorgo che ci sono dolori più grandi, disgrazie maggiori della mia ed è per questo che ho raggiunto una quasi serenità, un “modus vivendi” che mi avvicina maggiormente a quel Dio lontano che, per un suo imperscrutabile disegno, ha voluto che così fosse la mia vita.
E tu, Pasquale, hai saputo cogliere con grande acume questo mio anelito verso l'Alto, forse, come dici tu, questo mio “mugugno interiore” è solo e soltanto “una preghiera, magari un po' particolare e risentita” a Chi non sembra accorgersi di me.
Ancora grazie per la tua illuminata lettura.
Carla Baroni
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RispondiEliminaCara Carla,
RispondiEliminaè stato per me un vero piacere leggere la tua silloge. Il resto è venuto da solo.
Complimenti per questa bella pubblicazione.
Pasquale
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RispondiEliminaPasquale Balestriere propone una lettura veramente bella del recente testo di Carla Baroni. Procede tra gli endecasillabi del poemetto con sapiente finezza. Con altrettanta acribia ne seziona i frammenti e li ricompone. In effetti il testo è ricco di spunti e riflessioni. Nella produzione di Carla è presente una componente dedicata al sacro. Appare subito, già nella prima opera, "Lo zufolo del dio Silvano". Si sviluppa ulteriormente, quasi nascosta dalla prioritaria poetica dell'emarginazione e dell'alterità, per poi rivelarsi in "Origami di stoffa" o in "Rose di Luce". Opera quest'ultima particolarmente segnata dalla forte tensione religiosa. Quella di Carla è una fede disorientata, titubante tra l'adesione ad una religiosità solida e antica e le insidie di un mondo presente che ha smarrito se stesso nella indifferenziazione fra l'ego e l'alter. Ridurre tutto al proprio egocentrismo deformante impedisce di fatto un vero colloquio con il divino. L'anima che ha molto sofferto fatica a dialogare con un essere superiore di cui alla fine non capisce atteggiamenti e statuto ontologico. Nelle ultime opere poetiche si è accentuata la personalizzazione biografica del mondo dell'autrice. Nello stesso tempo si è sviluppata una coralità del dolore che accomuna l'umanità intera. Sono allora tutte da studiare le valenze tra un padre terrestre che ha abbandonato la figlia e il Padre celeste dal quale reclamare risposte esistenziali fondanti. Nella chiusa del testo poetico l'accettazione della propria solitudine come dono divino apre il discorso verso una nuova religiosità. Solo cercando all'interno del proprio essere, l'uomo può rivolgersi al divino in maniera autentica e cogliere la realtà metafisica. Vedremo questo nelle prossime opere di Carla? Gianni Cerioli
RispondiEliminaStraordinario, come sempre, per profondità, chiarezza e finezza, questo scritto di Pasquale Balestriere che mostra ancora una volta di raggiungere in prosa risultati eccellenti, non inferiori alla sua squillante poesia. Di Carla Baroni so poco o nulla, ma trovo che i versi citati, con la loro forte tensione al sacro, e al sacrificio del sacro, siano particolarmente dotati di grazia musicale. Sono partecipe delle sue sofferenze e so che Dio è irraggiungibile, ma condivido il pensiero di Gianni Cerioli laddove scrive che "solo cercando all'interno del proprio essere, l'uomo può rivolgersi al divino in maniera autentica e cogliere la realtà metafisica". Ho idea che potremmo sapere qualcosa di più di noi stessi interrogando, non Dio, ma l'Angelo che Lui ci ha dato in dono.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Carla Baroni non è nuova a mostrare questa sua religiosità sofferta sia in poesie singole (in tal senso ha vinto numerosi premi letterari), sia in poemetti, quali « Origami di stoffa » e « Rose di luce » di cui esiste anche una bella versione teatrale « E luce adesso finalmente sia » – testi tutti che hanno avuto importanti riconoscimenti. Tuttavia, non si era mai esposta in maniera così aperta, come
Eliminaraccontarsi in quel viaggio dell'anima che Pasquale Balestriere ha così acutamente commentato, dandone una lettura appassionata, ardente, e sottolineandone, quasi con pudore, alcuni aspetti affidati solo ai versi di Carla. Grazie a entrambi, poiché sapete davvero regalarci spesso momenti di vera poesia. Luciano Montanari
Straordinaria la presentazione che Pasquale Balestriere fa della silloge di Carla Baroni che ancora non ho letta. Conosco però Carla dal tempo di "Origami di stoffa" e da allora l'ho vista - metaforicamente - spogliarsi (cosa che solo una grande poetessa sa fare) mettendo a nudo quell'essere che nel vivere quotidiano copriamo, nascondendolo anche a noi stessi. Carla, nel suo dialogo interiore (e qui va un solenne ringraziamento alla bravura di Balestriere che ci propone un'appassionata lettura della silloge) è giunta all'anima, al nocciolo. Spogliatasi anche dell'essere dialoga direttamente con Dio, con quel "Tu" che ci risponde pure nel silenzio.
RispondiEliminaGrazie, Carla, della tua Poesia ... e di quella che verrà. Claudio Gamberoni
Una vicenda dolorosa, una ascensione sofferta attraverso una via crucis personale e meditata; un sentire spontaneo, di sostanziale e vera intrusione umana dove un'anima nobile trova riscatto e consistenza in una versificazione di alto spessore poematico; di convincente armonia lirica; di ineguagliabile livello estetico-ontologico. Il verso si dona generoso ad un cuore traboccante di vita, e, con estrema duttilità, l'abbraccia, lo accarezza, lo tiene e nei momenti di maggior inquietudine lo addolcisce con la sua potenza metrica; con tutti i marchingegni stilistici che tiene in serbo per impiegarli solo in quei versi degni del cielo.
RispondiEliminaNazario
Per quanto riguarda l'intervento di Balestriere poco c'è da dire. Tutti conoscono ormai la valenza dei suoi scritti pubblicati e su questo blog e su altri che meno frequenta. Un'analisi profonda e documentata, da vero filologo, ricamatore di parole. La sua perspicacia verbale va di pari passo con le sue impennate poetiche. Per questo è noto. Chi non bramerebbe avere una sua importante nota sul curriculum personale.
EliminaNazario
Cara Carla, anch'io vivo il tuo stesso handicap, sono spesso in conflittualità con quel Dio che ci ha punite così severamente senza che noi lo meritassimo. Non avendo io le stimmate della santa, non godo assolutamente del cilicio a noi imposto senza la nostra volontà, senza che, come contropartita aspirassimo a una qualche eccellenza in Paradiso tanto da compensare i vuoti della vita terrena. Condivido con te i versi riportati in questa sapienziale recensione di Pasquale Balestriere:
RispondiElimina"ignoro io da sempre
se mi facessi dono del respiro
o solamente quella del sospiro"
perché è proprio la lamentazione spesso silenziosa, che ha accompagnato molti momenti della nostra esistenza. Malgrado che il commento di Balestriere sia molto esaustivo e dia una visione completa dell'opera, non vedo l'ora di avere in mano l'intero libretto con i suoi melodiosi versi. Disma Bonsi
Cara Carla, anch'io che vivo il tuo stesso handicap, sono spesso in conflittualità con quel Dio che ci ha punito così severamente senza che noi lo meritassimo. Non avendo io le stimmate da santa, non godo assolutamente del cilicio a noi imposto senza la nostra volontà, senza che, come contropartita, aspirassimo a una qualche eccellenza in Paradiso tanto da compensare i vuoti della vita terrena. Condivido con te i versi riportati in questa sapienziale recensione Di Pasquale Balestriere:
RispondiElimina“ignoro io da sempre
se mi facessi dono del respiro
o solamente quella del sospiro”
perché è proprio la lamentazione, spesso silenziosa, che ha accompagnato molti momenti della nostra esistenza.
Malgrado il commento di Balestriere sia molto esaustivo e dia una visione completa dell'opera, non vedo l'ora di avere in mano l'intero libretto con i suoi melodiosi versi.
Disma Bonsi
La lettura di un testo poetico non è pura e semplice esercitazione scolastica. Quella che fa Pasquale Balestriere dell'opera di Carla Baroni, per esempio, è fulgido esempio di immedesimazione, tanto nei confronti del testo, quanto nei confronti dell'autrice. Balestriere si accosta agli endecasillabi con la scrupolosa attenzione che si deve ai versi, con la capacità di viverli egli stesso e di realizzarne il senso. Si frappone tra figura umana e scrittura per concepire, poi, un sorprendente affresco in cui si alternano colori e suoni, personaggi e pensieri. Balestriere non spiega Baroni, la identifica; sottolinea minuziosamente i passaggi di un'opera, di per sé straordinaria, offrendo non una semplice chiave di lettura, ma la geniale interpretazione di un canto intimista, di un racconto in versi di grande audacia lirica.
RispondiEliminaHo avuto l'onore ed il piacere di pubblicare la bellissima e intensa raccolta di Carla, ora, non posso che ringraziare Pasquale per il godibilissimo commento alla stessa, sicuro che questi due amici continueranno a percorrere la strada della scrittura con analoghi, mirabili risultati
Eugenio Rebecchi
Ringrazio sentitamente tutti coloro che, a vario titolo, hanno partecipato con calore e acume alla nascita del mio diciottesimo "pargolo".
RispondiEliminaCarla Baroni
Sono grato a tutti voi che siete intervenuti, per l'attenzione mostrata nei confronti della scrittura poetica di Carla Baroni, per la qualità e la ricchezza dei vostri commenti, per l'apprezzamento che avete voluto comunicarmi per la nota che la coinvolgente poesia di Carla mi ha dettata.
RispondiEliminaGrazie a Carla che mi ha dato lo spunto per scrivere e che mi ha permesso di tenere a battesimo il suo "diciottesimo pargolo"; e a Nazario per l'ospitalità.
Grazie, ancora, a tutti
Pasquale Balestriere