sabato 15 luglio 2017

N. PARDINI LEGGE: "LE POLVERI DI ROMA" DI MARCO DEI FERRARI




Roma, la città eterna, la storia, la grandezza monumentale, il libro aperto che dice di papi, principi, imperatori; che parla di augusti, di ciceroniane arringhe, di catulliani amori, di fori, di incontri di padri, di lingua avita, che ha dato etimi a popoli barbarici, che ha dato leggi e civiltà a nuovi arrivati. Tutto splende sui marmi  che sanno di vicissitudini secolari. Sì, ci chiama a giorni di fede, di orgoglio, di gloria, di coscienza civile e politica. Poi il medioevo. Non tutto è negativo. Basta pensare all’industria, al commercio, al grande sviluppo dello spirito imprenditoriale; all’iniziativa privata, alle associazioni comunali, alla salvaguardia del bel prodotto. Non tutto è buiore. C’è Dante, Petrarca, Boccaccio; c’è Guinizzelli, Cavalcanti… Le grandi cattedrali del romanico, del gotico. Eppure si deturpavano i monumenti per costruire chiese o case. Se il Colosseo ci fosse arrivato nel suo pieno lucore, nel suo meraviglioso splendore!!! Ma vi si predavano marmi e pietre a scapito  della sua originalità. E pestilenze e carestie, e invasioni di popolazioni incivili che si lasciavano dietro miserie, e devastazione… Campagne incendiate, vie deturpate, predoni insaziabili, voraci, portatori di fame… In alto castelli, rifugio e prigione di gente disperata. 
Ebbene Marco si rifà a quella Roma; alla città non più eterna, non più esempio di grande bellezza, non più città da ammirare; non più città ai cui piedi inginocchiarsi commossi per rievocazioni e unicità: boschi di Remo ululano giardini, Cesarei ruderi acquitrini, mausolei di lupi, Via Sacra di cinghiali, cani grufola porci, regesti di tarli a rodere rovine, gladiatori giocolieri di astrologi maghi, Mos Maiorum capre pecore buoi, Terme e Fori voragini in gloria,  stalle di cripte pagane,  martìri per piazze penitenti cloache, Cristi in taverne e bordelli, da Pietro il primo a Romolo l’ultimo, marmi e falcetti sull’Appia antica, biolche di statue misurano le polveri di Roma.
E strade sconnesse; impotenza; negligenza; incuria; orde straniere che mozzano statue, che rovinano barcacce, che scassano gradini di trinità; sporcizia, baraccopoli di sopraggiunti emigrati lasciati all’abbandono; miserie senza scampo; baracche per animali. E brutture, confusione, stress, polveri sottili, smog che abbraccia e punisce; che insozza e uccide; che accompagna irriverente la grande bruttezza. I verbi di Marco Ferraris si accavallano, si inseguono gli uni dietro gli altri, con prepotente intrusione; si strizzano, si accucciano, si scorciano, si affastellano in una corsa significante, in uno stile a grappoli, in una forma a singhiozzi, sconclusionata e affascinante; azzoppata e ammansita, incrinata, sì, come un monumento annoso,  accomodata pure, come non lo è l’Urbe.

                                         Nazario Pardini


LE POLVERI DI ROMA
(medioevo)

Marco dei Farrari,
collaboratore di Lèucade

Dai boschi di Remo ululano giardini
Cesarei ruderi acquitrini
smozzicano tane in mausolei di lupi
Via Sacra di cinghiali
brancola cani grufola porci
arche di fasti imperiali locande
regesti di tarli rodono rovine
macerano retori orde di chierici
rocchi di colonne Colossei ai dadi
gladiatori giocolieri di astrologi maghi
   per Apollo Venere e Diana
patene patere decorano mosaici
Mos Maiorum capre pecore buoi
trainano manenti e bobulci
tripodi bacili rapinati nei secoli
Terme e Fori voragini in gloria
assediano stalle di cripte pagane
basiliche cristiane taurobolii Matris Magnae
obelischi di Iside demoni di Mitra
pagliericci tralicci con brocche e sgabelli
 martìri per piazze penitenti cloache
reliquiano Cristi in taverne e bordelli
da Pietro il primo a Romolo l’ultimo
tra marmi e falcetti sull’Appia antica
biolche di statue misurano
le polveri di Roma

Marco dei Ferrari


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