IL QUOTIDIANO DEL GIORNO DOPO
Il postino suonò di buon ora, quella
mattina, a casa Neri, in Via dei Tigli 39.
Infilò il giornale nella cassetta
delle lettere, assieme ad altre 3 o 4 missive ed inforcò di nuovo la bicicletta
per indirizzarsi alla volta del numero 41.
Enrico percorse, indossando ancora la
vestaglia, la discesa erbosa verso il cancello, si avvicinò ad una delle due
pile di pietra, infilò la mano nell’apertura della buca e ne estrasse il
contenuto.
Recuperò anche la bottiglia del latte
( di norma il lattaio era più mattiniero del portalettere ) e rincasò.
Preparò il caffelatte, diede una
distratta occhiata alla corrispondenza e poi, con il CORRIERE DELLA MEZZANOTTE
aperto sul tavolo, iniziò la colazione a base di brioche e bevanda fumante.
Lo sguardo scivolò veloce sulle
notizie di carta e poi, per pura combinazione, sulla data: 12 – 10 – 2013. La
sua attenzione fu calamitata da quelle cifre.
C’era una svista grossolana, perché era la mattina di martedì undici
ottobre, non certo di mercoledì 12.
“ Il solito ERRORE DI STAMPA ” pensò.
Le notizie riportate gli parevano
assai strane, poiché nessuna era riconducibile a quanto ascoltato nel
telegiornale visto solo mezz’ora prima. Si leggeva infatti di un terremoto di
forte intensità nelle isole giapponesi, dei risultati definitivi delle elezioni
politiche norvegesi, di una rapina in pieno centro a Milano e di una vincita
stratosferica al Casinò di Saint Vincent.
“ Molto strano ” si sorprese a pensare Enrico mentre si
radeva.
Comunque si vestì di tutto punto,
elegante come al solito con giacca e cravatta, ed uscì per recarsi in ufficio. Il lavoro del signor Neri era ripetitivo anziché no, consistendo
nel trascrivere fedelmente su registri eserciti
di dati riguardanti ordinazioni fatte pervenire alla società di cui era
dipendente.
Il nostro giovane impiegato quindi
accendeva spesso il suo piccolo apparecchio radiofonico per ascoltare musica
mentre accatastava diligentemente righe e colonne di cifre.
Alle nove in punto gli capitò di
sentire casualmente anche il giornale-radio e, con visibile stupore, udì lo
speaker dire “ Apprendiamo ora che poco fa, alle otto e trenta, nelle vie
centrali di Milano una banda composta da cinque malfattori ha dato con successo
l’assalto al furgone che trasferiva valori dalle banche meneghine all’ufficio
postale principale del capoluogo lombardo.
Dalle prime sommarie notizie il
bottino sembra essere di circa 2 milioni di euro, ma ulteriori particolari vi
verranno forniti nella prossima edizione del nostro gazzettino”.
C’era qualcosa che non quadrava.
Prese il quotidiano al quale era
fedelmente abbonato già da un lustro e che si portava sempre appresso e lo aprì
sulla scrivania. Andò alla pagina di
cronaca e lesse il resoconto della rapina al furgone. Tutto combaciava alla perfezione, l’ora, il
numero dei malviventi e pure la somma sottratta. Gli frullò per il capo un’idea pazzesca.
“ No, non è possibile! Deve esserci
una spiegazione razionale, dopotutto. Il
giornale dell’undici ottobre non può, alle 7 di mattino, recare la notizia di
un evento successo quel giorno stesso alle otto e trenta! Eppure….è incredibile! ”.
Già, assolutamente incredibile.
Nei tre quarti d’ora che seguirono
sbrigò il lavoro distratto, tanto da dover cancellare e riscrivere qualche
cifra qua e là tra i numeri che annotava.
Pochi minuti prima delle dieci le trasmissioni
radiofoniche furono interrotte per fare spazio ad una edizione straordinaria
del notiziario.
“ Una scossa di magnitudo 5,8 della
scala Richter ha colpito alle 9 e 37 il Giappone. L’epicentro è stato
localizzato in mare aperto, a circa 300 chilometri a sud-est di Tokio. Per ora
non si hanno segnalazioni di danni agli abitanti, ma certo l’intensità del
sisma è altissima. Vi rimandiamo per gli aggiornamenti alle consuete
trasmissioni di informazione della nostra normale programmazione ”.
Impietrito, paralizzato dallo
stupore, guardava rubriche e registri come se li stesse osservando da un altro
universo. Gli ci volle una buona
mezz’ora per riacquistare un sufficiente autocontrollo.
“ Bene, ormai non ci possono essere
più dubbi ” pensò “ l’ufficio del
CORRIERE DI MEZZANOTTE che spedisce le copie agli abbonati mi ha inviato per
errore il giornale del 12 ottobre, cioè di domani! Questo è assodato.
Tanto vale dare un’occhiata a
cos’altro succederà oggi ”.
Dimenticandosi completamente del suo
impiego Enrico s’immerse in una scrupolosa lettura dei fogli che teneva tra le
mani, non trascurando neppure le virgole.
Lesse, tra le tante altre notizie, le percentuali definitive dei
risultati con cui erano stati eletti i parlamentari norvegesi, l’esito dei
cimenti sportivi e persino gli
annunci pubblicitari.
Nella pagina della cronaca nazionale
una curiosità lo intrigò particolarmente: il racconto puntuale della vincita
che quella stessa sera un tizio stava per ottenere al Casinò della Valle
d’Aosta.
Una precisazione lo colpì. Era riportata infatti l’esatta sequenza
delle puntate che il giocatore aveva ( o avrebbe? ) fatto alla roulette, e che
gli aveva fruttato ben 1.433.600 euro.
Egli aveva scommesso per ben 12 volte
consecutive sul rosso, pagato 2 a 1, azzeccando sempre il colore e poi,
nell’ultima giocata, aveva rischiato tutta la vincita sul 18, dato 35 a 1,
centrandolo anche questa volta.
Mentre leggeva il comportamento del
fortunato giocatore ebbe l’idea!
Forse lui era l’unico ad aver
ricevuto per un disguido il CORRIERE con un giorno di anticipo, e quindi
l’unico a conoscenza della precisa sequenza delle giocate al Casinò.
Bastava raggiungere la casa da gioco,
cosa di poche ore ( abitava in Brianza ), e rigiocare le esatte puntate
riportate nell’articolo.
ERA LUI IL GIOCATORE VINCENTE!
In Val d’Aosta lo attendevano più di
un milione di euro.
Continuava a muoversi per l’ufficio
in preda ad una eccitazione irrefrenabile.
Alle 14, finito il turno di lavoro,
non perse neppure un secondo: si mise in auto alla volta di Saint Vincent,
senza pranzare, sicuro di giungere in netto anticipo sull’apertura serale del
Casinò, utilizzando l’autostrada.
Con il trascorrere dei chilometri la
sua mente, che era quella di un buon autista e quindi in grado di estraniarsi
dalla manovre di guida, vagò ancora verso quell’accidente temporale che gli era
accaduto.
Ricordò di aver letto su di una
rivista di divulgazione scientifica, solo pochi giorni prima, un articolo che
trattava del viaggio nel tempo e, in un certo senso, egli si sentiva come uno
di quegli ipotetici viaggiatori ( crononauti, li definiva la rivista ) di cui parlava
il giornalista.
Riandando con la memoria al contenuto
dell’articolo si rammentò che l’autore illustrava e giustificava il perché
valenti studiosi ritenessero importante quel viaggio decisamente non usuale come
banco di prova per le teorie fisiche più accreditate.
Ricordò anche di aver letto del tipo
di situazioni paradossali che un evento così strano avrebbe potuto determinare.
La prima specie di evento assurdo
generato dai viaggi nel passato e di cui aveva letto era noto come il paradosso
della nonna: immaginate di salire, oggi, su di un marchingegno che vi
catapulti, diciamo, indietro di 50 anni. Potreste in tal modo fare la
conoscenza di vostra nonna ancora adolescente. Se voi in un attimo di pazzia
uccideste la cara ava, dareste vita alla seguente curiosa situazione: vostra
nonna è morta prima di sposarsi, e pertanto non ha avuto figli; in che modo potreste
dunque voi esistere?
Nel paradosso della nonna il corso
degli eventi non è autocompatibile, è viceversa contradditorio.
Ma anche le storie di viaggi nel
tempo basate sul concetto di
autocompatibilità possono presentare caratteristiche decisamente poco
credibili. Supponiamo che voi poteste
tornare nel Rinascimento e descrivere nei minimi particolari il quadro della
Gioconda ad un certo signor Leonardo, nato a Vinci e decisamente sveglio, e che
la persona appena citata si mettesse seduta stante a dipingere un quadro
esattamente uguale a quello visto da voi nella vostra ultima visita parigina e,
terminatolo, decidesse di chiamarlo Monna Lisa.
Il pittore avrebbe dipinto il ritratto grazie al vostro racconto, ma voi
sareste venuti a conoscenza dell’opera solo dopo la sua creazione. In questo scenario, pur non incoerente,
l’informazione sembra tuttavia mordersi la coda, nascere dal nulla.
Enrico si ricordò anche di aver letto
che questi due casi da manicomio, uniti ad altre motivazioni, avevano indotto
un famosissimo cosmologo inglese a proporre la sua CONGETTURA DELLA PROTEZIONE
DELLA CRONOLOGIA, secondo cui le leggi fisiche congiurano sempre per impedire i
viaggi nel tempo in direzione del passato ( i viaggi nel futuro non danno
problemi ).
C’era però anche qualche altro
studioso, altrettanto noto, sostenitore della tesi secondo la quale questi
viaggi erano non solo possibili ( in un modo o in un altro la logica del creato
avrebbe evitato incongruenze ), ma anzi avrebbero consentito agli uomini del
futuro di tornare indietro e dare
origine alla razza umana ed
all’universo addirittura di generare se stesso.
Enrico si mise a riflettere su quanto
aveva letto e ad immaginare situazioni nelle quali, invece di un viaggio
temporale vero e proprio, il protagonista veniva a conoscenza di accadimenti
futuri.
Si rese conto ben presto che era
possibile, in tali situazioni, generare facilmente contraddizioni: se voi
sapeste, con certezza assoluta, che domani uscirete di casa calzando scarpe
blu, basterebbe scegliere poco prima di uscire di mettersi ai piedi quelle nere
per creare un trauma temporale.
Arrivò a concludere che UNA
CONOSCENZA DEL FUTURO TROPPO DETTAGLIATA E’ IMPOSSIBILE.
Non si può pertanto sapere nulla sul
futuro, o perlomeno non lo si può fare in maniera sufficientemente
accurata. Ma egli conosceva invece nei
minimi particolari un evento situato nel proprio futuro, e per un attimo gli
venne la tentazione di giocare un brutto scherzo al signor Tempo, non recandosi
al Casinò e causando un paradosso: non ci sarebbe stata nessuna vincita, in
barba alla notizia del CORRIERE DI MEZZANOTTE.
Scartò subito però l’idea, perché il
brutto scherzo lo avrebbe giocato a se stesso; fra il turlupinare il tempo
restando povero e un milione di euro la scelta era scontata.
Continuò a procedere pertanto con il
piede ben pigiato sull’acceleratore e, nel tardo pomeriggio, portò a termine il
viaggio.
Due ore dopo, riposato e rifocillato,
varcò l’ingresso della casa da gioco, sostò alla cassa per cambiare 10 euro (
quanto gli bastava ) in una sola fiche, attraversò il grande salone sfiorando i
tavoli del black jack, dello chemin de fer, del poker e della ruota della
fortuna, ed infine si avvicinò
all’ultimo in fondo, quello della
roulette francese.
Si sedette a quell’ultimo tavolo,
insieme ad altre nove persone.
Aspettando con ansia l’inizio del
gioco immaginava quanti sogni avrebbe potuto realizzare con la stratosferica
vincita: licenziarsi dall’alienante posto di lavoro, visitare numerose nazioni,
acquistare una splendida casa ed usufruire di tanto, tanto tempo libero.
Finalmente il croupier diede inizio
alla competizione ed egli, diligente, fece la prima puntata collocando la sua
unica fiche sul rosso che, scrupolosamente, uscì.
Enrico ricollocò quindi le due fiches
sullo stesso colore che non deluse le sue attese e così continuò a fare per una
dozzina di volte.
Al termine di questa processione
rossa si ritrovò in possesso di tante fiches per un controvalore complessivo di
ben 40.960 euro, e gli balenò di nuovo per la mente la pazza idea di ritirarsi
con quella somma e causare uno strappo nella logica che governava l’ordine
cronologico degli avvenimenti.
Dovete però sapere che un altro
giocatore aveva seguito le mosse del nostro amico ed ora si trovavano in due ad
essere in possesso di 41.000 euro da reinvestire nella roulette.
Enrico pensò dunque che se non si
fosse sbrigato a puntare sul 18 questo sarebbe stato proprio il numero scelto
dal suo concorrente, il quale sarebbe diventato il vincitore festeggiato dal
giornale.
“ Messieurs, faites votre jeu ” pronunciò il croupier in un francese
impeccabile.
Enrico si affrettò a sistemare sulla
diciottesima casella tutte le sue fiches e, quando vide l’altro signore
collocare i suoi averi sul 13, si rilassò.
“ Rien ne va
plus! ”. La pallina iniziò la sua interminabile passeggiata.
Tutto ora si presentava di una
chiarezza cristallina: avevano ragione i fautori dell’impossibilità di prendere
in castagna il tempo. In qualche modo,
calcolabile o meno, l’universo sa come deve comportarsi: non possono nascere
contraddizioni.
Se lui non avesse puntato sul 18 lo
avrebbe sicuramente fatto il signore dall’abito blu, ma poiché egli era stato
più lesto l’altro giocatore aveva trovato la casella zeppa delle fiches di
Enrico ed aveva ripiegato sul 13.
Pertanto il suo concorrente era
destinato ad essere colui che, come riportato nell’articolo del CORRIERE, aveva
perso nell’ultima giocata tutto quanto vinto in precedenza.
La pallina intanto, incurante della
trepida attesa delle persone attorno al tavolo, ruotava e girava, girava e
ruotava.
Sì, sarebbe uscito il 18 e lui,
Enrico Neri, avrebbe intascato la somma gigantesca riportata dal quotidiano
quella stessa mattina.
Già, non si poteva ingannare il
tempo! Le cose sono così come sono
perché erano così come erano ( o, se preferite, saranno così come saranno ).
La pallina, senza fretta alcuna, stava
per terminare la sua infinita spirale avvicinandosi al rendez vous col numero
18, appuntamento che lo avrebbe reso ricchissimo.
Non si può ingannare il tempo: ERA
GIA’ TUTTO SCRITTO ( sul giornale e nel tempo ) PER SEMPRE. Così sarebbe accaduto, era destino!
Enrico osservava le ultime giravolte
della pallina senza più ansia, calmo e distaccato come chi guarda un treno
procedere senza sorprese su binari fissati una volta per tutte, immobili.
La pallina, con un piccolo sussulto
finale, si fermò.
Il croupier, con il tono uniforme di
chi ha pronunciato simili frasi migliaia di volte, annunciò: “ 13, dispari, nero, manque ”.
Enrico sentì mancare il pavimento
sotto ai suoi piedi, doveva trattarsi di un brutto sogno!
Non era possibile, non poteva essere
così!
Non si può cambiare ciò che, a
caratteri indelebili, il grande scoppio primordiale ha impresso nelle pagine
del libro degli eventi, passati o futuri che siano.
NON SI PUO’ COMBATTERE CONTRO IL BIG
BANG!
Nell’articolo di cronaca c’era
scritto che DOVEVA uscire il 18, che ERA uscito il 18!
Cosa era successo? Enrico rimaneva seduto al tavolo della
roulette, mentre i frequentatori abituali del Casinò avevano circondato il
signore dal vestito blu e non finivano di complimentarsi e congratularsi con
lui.
Enrico non riusciva a capire. Cercava di trovare una spiegazione logica
per la disgrazia successagli: in poche ore era passato da povero a virtuale,
anzi sicuro, miliardario, per poi piombare nuovamente nella povertà e nello
sconforto. Non riusciva proprio a capire.
Il signore nell’impeccabile abito blu
continuava a sorridere a destra e a manca ed a stringere mani destre ed anche
sinistre; ogni tanto gli lanciava una breve sbirciata, piena di compassione.
Enrico stava immobile, seduto a
pensare.
Ritornò con la mente a come tutto
fosse iniziato quella stessa mattina alle sette, col solito giornale e quella
data, 12 ottobre 2003, che egli riteneva contenesse un errore di stampa.
Già, un ERRORE DI STAMPA, ma certo!
Aveva finalmente compreso l’accaduto:
certo che c’era un errore di stampa nel quotidiano, solo un piccolo,
insignificante, ridicolo errore, una quisquilia. Evidentemente il tipografo aveva scambiato il
13 riportato a mano dal giornalista, con la cifra del 3 scritta troppo
accentuata a sinistra, per un 18. Un 3 malfatto può facilmente essere
interpretato come un 8.
Un milione di euro sfumati.
Andati in fumo per un piccolo,
microscopico, stupido…….ERRORE DI STAMPA !
Ma non si può combattere contro il
Big Bang.
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