sabato 16 dicembre 2017

FRANCO CAMPEGIANI LEGGE "OLTRE I RESPIRI DEL TEMPO" DI MARINA CARACCIOLO





OLTRE I RESPIRI DEL TEMPO
La poetica di Ines Betta Montanelli analizzata da Marina Caracciolo (Bastogi Edizioni)


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Bastogi Edizioni ha recentemente dato alle stampe Oltre i respiri del tempo, saggio critico di Marina Caracciolo intorno all'universo poetico di Ines Betta Montanelli, poetessa spezzina. L'insigne studiosa analizza gli otto volumi finora pubblicati dalla nota poetessa originaria di Pontremoli, a partire dagli esordi nel 1981 fino ad oggi, dando vita ad un'intelligente ed ampia disamina, ricca di citazioni tratte dagli illustri e numerosi critici che della sua produzione si sono interessati, quasi a dispetto della sua personalità discreta e riservata. Marina Caracciolo elabora la sua personale ed originale interpretazione incentrata sulla poetica del diario intimo, facendo risaltare le peculiarità di questo canto, che sa raggiungere vette universali da un'angolazione introspettiva, senza perdersi nelle sabbie mobili dello psicologismo e dello sfogo intimistico.
Uno dei tratti fondamentali di questa poetica, insiste la scrittrice - in ciò confortata dall'illuminante giudizio di Barberi Squarotti - è quello memoriale, con l'avvertenza che qui non si parla nostalgicamente del passato. Non sono poesie, queste, che riportano la mente indietro nel tempo, bensì magneti che attraggono il tempo nel presente vivo dell'anima, catturandolo e conservandolo integro e vitale. Il passato nel presente e non il presente nel passato. Non è un gioco di parole. Il seme è nel frutto come il padre nel figlio, senza bisogno di consapevolezza alcuna. Memoria, dunque, come bagaglio di esperienze sedimentate nell'anima e tenacemente attuali. "Con la piena fiducia, sottolinea Squarotti, che quanto è scritto e detto è per sempre, e così il mondo e la propria esistenza possono dimostrare che nessuna vita è davvero disfatta, annullata, fatta vana e smarrita nel nulla del tempo, quando la poesia sia chiamata a dire, a descrivere, a raccontare".
A tal proposito è interessante notare ciò che la Caracciolo dice commentando l'opera prima della Montanelli, Dal profondo, risalente al 1981. "Le memorie - lei dice - che... costituiscono uno dei cardini del suo universo poetico, singolarmente sono viste qui, nella poesia dal titolo Oblio, come una gabbia che quasi opprime, da cui si vuole fuggire per ritornare al presente e riuscire a dimenticare felicità ormai trascorse, forse non più recuperabili". Scrive infatti la Montanelli: "Imprigionata nei ricordi / che non vogliono svanire / attendo ansiosa vuoti di memoria / e oblio". E' un rifiuto nettissimo di quella memoria che colloca i ricordi indietro nel tempo, distanziandoli dall'hic et nunc, ovvero dalla vita attuale. Una sorta di intellettualismo memoriale che il sentire vitalistico della poetessa rifiuta.
Lei ama, al contrario, la memoria che, depositata nell'inconscio, all'improvviso si sveglia illuminando il presente con il suo faro. Una memoria non antiquaria, ma fresca e zampillante dall'oblio come polla d'acqua sorgiva. Memoria, potremmo dire, come ri-cordo (con riferimento al cuore), e non come ra-mmentanza (con riferimento alla mente). Una memoria non imbalsamata, ma introiettata nella vita interiore. Come dire che il tempo trascorso deve essere dimenticato come trascorso per poterlo cogliere nella sua essenza più pregnante e reale. Se non si dimentica non si può ricordare. Il vuoto mentale è la condizione indispensabile per rifare il pieno. Lo sapevano bene gli antichi, secondo cui Mnemosyne e Lete, Memoria ed Oblio, erano le due fonti cui era d'obbligo bere per avere accesso agli Inferi, ossia per potersi rinnovare.
Uscire dal tempo per poterlo meglio abbracciare. L'aldilà ci vive accanto, è un eterno presente che non scorre, un tempo interno al panta rei, al tempo che scorre, al divenire precipitoso e fuggitivo. Un attimo incorruttibile e sempre uguale a se stesso, accovacciato nello scorrere del tempo, immutabile a dispetto di tutto ciò che si corrompe e muta. Scrive Marina Caracciolo: "Pensieri posati sulla carta come confidenze del cuore, per poter dire all'attimo fuggente, dolce o amaro che fosse: rimani". Le radici. E' questo che fanno le radici: rimangono. Ed è permanendo che possono inviare linfa sempre viva ai rami per farli nuovamente germogliare. Un inizio perenne, un'alba sempre nuova, un'esplosiva essenza, un eden da cui parte e riparte sempre l'avventura della vita.
Tutto ciò si consolida, nella poesia di Ines, con Sete di stelle, del 1986. Qui fa la comparsa un verso brevissimo, come per un'improvvisa esigenza di essenzialità, che, dice la Caracciolo, "si riduce talora a sintagma o a una sola parola, e ci fa pensare al giapponese haiku...: poesia concisa e fragile, che si esaurisce nella durata del soffio ispiratore che la crea". Tutto ciò in paradossale concomitanza di versi che, al contrario, scrive Marina, sono molto lunghi e che, "se fossero scritti senza andare a capo, mostrerebbero immediatamente il loro vero volto di prosa poetica". Come mai? Diastole e sistole, un'eterna e armonica pulsazione fatta di ordine e caos, di semplicità e complessità, in una rinnovata fiducia nel mistero dell'essere, nonostante la presenza delle negatività.
Il clima congeniale a questa poetica non è certo quello delle estroversioni avanguardistiche e dello sperimentalismo sfrenato. Molto più consono quello del Simbolismo e del Verismo, delle introversioni decadentistico-crepuscolari. Con un occhio attento, tuttavia, alle soluzioni aurorali, a quella rinascita dello spirito da non identificare tout court con la rinascita dei modelli tradizionali. "In proposito, scrive Marina Caracciolo, può essere interessante leggere come la questione della modernità... sia stata inquadrata con intelligente chiarezza da Maria Pina Natale, nel corso di un'intervista rilasciata anni fa al critico e storico della letteratura Vittoriano Esposito, in cui la poetessa sottolineava, fra l'altro, la maggiore difficoltà, oggi, di scrivere poesia, rispetto al passato".
Questo il brano dell'intervista citata: "... Le mode rimangono fuori dalla poesia. Chi le vuole seguire è padronissimo di farlo. Può darsi che si sia poeti anche seguendo questa o quella moda... Ma non si creda che aver abdicato alle normative del passato renda più facile fare poesia. Al contrario. Per lo meno quando bisognava osservare le regole, queste supplivano, sia pure parzialmente, all'assenza di poesia. Ora che di regole non ce ne sono più, la poesia deve essere solo poesia, dettata da sentimenti superiori, e che sappia levitare la realtà sia con un linguaggio adeguato, sia con ispirazioni nobilissime e trascendenti". E' questo il punto cruciale. Le mode sono esistite sempre, oggi come ieri. Ciò che conta, scrivendo secondo il gusto del tempo, è di nominare le essenze, gli archetipi, i valori eterni dello spirito umano.
L'eloquio poetico della Montanelli si muove in questa direzione, partendo da processi introspettivi ed autoanalitici e spingendosi verso riflessioni sempre più ampie e universali, dove, lo "sgomento per l'ignoto e l'angoscia per il passare troppo rapido del tempo", è associato all'intento di "estendere a dismisura, oltre i respiri del tempo, l'ala azzurra e leggera della giovinezza". Nel 1989, Ines dà vita a Trasparenze, quindi, nel 1993, a Radici d'acqua e terra. Il 2000 è l'anno di Nel passaggio di tante lune, pietra miliare del suo percorso artistico. Il Chiaro enigma è del 2002, seguito da Lo specchio ritrovato del 2004, e infine da L'assorta tenerezza della terra del 2013. Sempre più essenziale e limpido, il discorso associa man mano, alle suggestioni naturalistiche, figure provenienti dal mito, nell'intento di evocare una primordiale età dell'oro, corrotta nei tempi storici, ma di cui si auspica il ritorno. Un invito alla speranza, oltre il male di vivere di oggi e di sempre.


Franco Campegiani




  

5 commenti:

  1. ...quanto è scritto e detto è per sempre, e così il mondo e la propria esistenza possono dimostrare che nessuna vita è davvero disfatta, annullata, fatta vana e smarrita nel nulla del tempo, quando la poesia sia chiamata a dire, a descrivere, a raccontare. Carissimo Franco, queste parole che hai sapientemente riportato,in questo momento mi toccano. Il male di vivere , oggi come sempre, si fa ferita che viene da fuori e da dentro.
    Al di là delle forme e della scelta dei versi la poesia è forza che rispecchia i tempi e potrebbe o dovrebbe essere fonte di pensée. Una bella recensione, Franco, come sempre.

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    1. Grazie Patrizia, per le tue molto sentite parole. Il male di vivere è a questo che dovrebbe servire: a proiettarci verso il bene di vivere, rafforzando la nostra spina dorsale.
      Franco Campegiani

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  2. Un passaggio analitico -nella presentazione- mi colpisce intensamente e mi induce alla riflessione: “la memoria … depositata nell'inconscio, all'improvviso si sveglia illuminando il presente con il suo faro. Una memoria non antiquaria, ma fresca e zampillante dall'oblio come polla d'acqua sorgiva. Memoria, potremmo dire, come ri-cordo (con riferimento al cuore), e non come ra-mmentanza (con riferimento alla mente). Una memoria non imbalsamata, ma introiettata nella vita interiore…”
    La Memoria: una divinità che ci induce ad essere presenti a noi stessi, senza sgomentarci, e calandoci nel passato, nel rimosso, ci induce a alzarci verso il non banale quotidiano, verso l’universale. È questa la dimensione umana.

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    1. Questa bella e profonda riflessione approfondisce e chiarisce ancor meglio il mio pensiero: la Memoria come flusso psichico vitale, operante nell'inconscio e nell'oblio molto più che nella coscienza razionale, come sterile e superficiale nozionismo. Sono molto grato alla Ferraris per averlo evidenziato, da par suo. La "dimensione umana" - come lei dice - sta qui.
      Franco Campegiani

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  3. Grazie ancora, come del resto già detto a suo tempo a voce, a Franco Campegiani per il suo eccellente commento mio libro, ma soprattutto per aver magnificamente illuminato con il suo sguardo eminentemente filosofico la stoffa lirica e profondamente umana delle poesie di Ines Betta Montanelli

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