E' USCITO IL NUOVO TESTO DI NAZARIO PARDINI: "CRONACA DI UN SOGGIORNO"
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DAL TESTO
Il profumo della rosa
Quanto breve il profumo della rosa!
Nelle mani del vento,
nelle fauci del sole è di già spento
nonostante le guazze dei ricordi.
E tu fiore di campo stavi fuori
dai giorni delle rose, dai giardini dei fiori.
Ora è vano sederti sulla piazza
alla bruma soffusa dei lampioni;
sono vuote le sere; senza mani
sul trepido rifiuto della gonna.
Gli incontri non avranno più le ali
con cui volavi avida di mari:
quei mari in cui affogavi le tue pene,
che rapivano ghiotti i tuoi sorrisi.
Inutilmente
ritorneranno i giochi della luce,
i passi di penombre a stuzzicare il cuore.
Quanto breve il profumo della rosa,
il suo bocciolo strinto da regina!
Dovevi respirarlo sorridente
quando sfidava il rosso dei tramonti.
Oramai
ossimorici abbandoni dentro te:
ritornerai abbracciata a una presenza
con in seno il dolore dell’assenza.
21/05/2017
Il viola dei cisti
Il viola dei cisti sulle dune
fa l’occhiolino al mare e il maestrale
risponde coi buffetti sulle guance
ai figli dell’estate. Tutto tace
su questa spiaggia sola e abbandonata.
È luce attorno. Ma è vera sinfonia
di palpiti gentili, di nascosti
linguaggi primitivi, di strumenti
che arrivano con gli archi
nei meandri dell’anima. L’azzurro
è il primo attore. Ti prende e ti trascina
in isole lontane, all’orizzonte;
ti è fonte d’illusioni, di astrazioni,
di sperdimenti. E più ti riconosci,
non ti ritrovi più oltre gli affanni;
sei ospite di terre in mezzo al mare
lontano dai rumori della vita.
Se poi viene la sera e dalla riva
odi Chiari di luna di Glen Miller,
l’ombre annuncianti l’aria della notte
ti chiamano a godere dei profumi selvaggi
che tutt’attorno irrorano fragranze.
01/06/2017
La mia isola
Dopo un lungo viaggio è là che io vivo
la tanto sospirata verità.
Spiagge lucenti,
dune di mirti, cisti e di ginepri,
carezzati da mani trasparenti,
foci di fiumi puri e cristallini
dove si aggirano uomini cólti
di nudità di spirito con donne
amanti dell’amore. E sguardi e amplessi,
e gioia di coloro che giunsero alla meta.
Lì, accompagnano orizzonti diamantini
le melodie più belle del creato:
di Beethoven, Vivaldi, di Bellini,
di Mozart, Rossini, di Mascagni,
di Verdi… voglio dire; e di Puccini
il coro a bocca chiusa sopra l’acque
di un lago che lo vide meditare.
Ho respirato qui la verità
che hanno cercato sempre i pensatori
nei secoli dei secoli. In terra,
da mire contagiata di ricchezze,
da materialità senza confini,
da impulsi di potere senza freni,
si è sempre prolungata in vesti nuove
per allungare il tiro e allontanarsi
da realtà corrotte. Su quest’isola
le campagne rigurgitano fiori,
si estendono infinite assieme al cielo;
i voli non sanno della morte,
nemmeno la conoscono gli umani:
è sorella la morte; e dal bello
trae la sua linfa, prende nutrimento,
e nel bello finisce e si confonde.
Io sono qui. E a sera
sento il richiamo della mia certezza,
fuggo col cuore zeppo di quell’aria,
coll’anima immortale dei suoi venti,
coll’alito lucente del suo sole.
È questa la mia isola. Lontana
dai rumori di terra, dai frastuoni
che inondano le strade, dagli odori
che marciscono dentro, si rannicchia
in mezzo a un mare vasto che protegge
i suoi confini. Come ci arrivai?
Sopra una barca effimera e precaria
contro venti nemici che la spinsero
su scogli crudi e aguzzi. Mi aggrappai
ad un asse scampato al naufragio:
una tavola rósa dai salmastri.
Mi fu amico l’urlo tramontano
che la volle alle sponde verdeggianti
dell’isola del vero. Là trovai
da subito una quiete, libero dai tramagli
del mio lungo viaggio. Donavano i sentieri
il loro corso a intrichi rigogliosi
che mai vide interessi industriali.
Spiagge silenti e gravide di pesci
per morte naturale. E corsi d’acqua,
lussureggianti cime, cieli zeppi
di ali svolazzanti; solo suoni
di canti di ruscelli e onde di mare.
È questa la mia isola. Da là torno
per incontrare il figlio, la mia donna,
per sbrigare le solite incombenze…
Ma la sera, quando il sole riporta
colori e ricordanze, prendo il mare,
mi affido ad un delfino,
e via verso le spiagge solitarie
della mia verità. Melanconia,
sentimento, passione, memoriale,
natura fresca d’immagini procaci
mi fanno compagnia. Mi si ammucchiano
in un capanno al suono del silenzio,
fra i tremiti dei giunchi: là riposo
assieme ai miei pensieri, meditando
sulle vicende umane e sugli umani
che razzolano a terra. E non capisco,
da questo mio capanno, il loro fare,
il loro incespicare sulle pietre
che aguzzano i sentieri della vita.
03/07/2017
Ho letto con emozione questa ultima raccolta e devo dire che vedo sempre più accentuarsi in Nazario una sorta di impressionismo psicologico espresso in un linguaggio sempre più puro ed essenziale. Con tutta la mia ammirazione.
RispondiEliminaRingrazio di cuore Giusy per avermi letto e per avere colto con arguzia interpretativa il messaggio del mio testo.
RispondiEliminaNazario
E Nazario, con l'abilità stilistica che lo contraddistingue, pubblica una Raccolta che è dialogo d'amore con la natura in molte sue espressioni. I suoi quadri figurativi passano dinanzi ai nostri occhi in modo lento, dolce, carezzevole e i quadri non sono soggetti ad alcuna deformazione. Scorrono in modo rapido, compiuto.
RispondiElimina"Quanto breve il profumo della rosa,
il suo bocciolo strinto da regina!
Dovevi respirarlo sorridente
quando sfidava il rosso dei tramonti"
Il descrittivismo degli elementi della natura madre -benigna è sublime, come il sapore dei ricordi, che in Nazario resta un punto di riferimento ineludibile. La sua malinconica nostalgia e il suo coinvolgimento passionale ci trascinano sulla sponda della vita passata, dei luoghi visitati, delle persone amate. Nel posare le valigie delle emozioni si ascoltano, come melodia autentica gli accenti della natura, compagna instancabile nel viaggio dell'esistenza.
"È luce attorno. Ma è vera sinfonia
di palpiti gentili, di nascosti
linguaggi primitivi, di strumenti
che arrivano con gli archi
nei meandri dell’anima".
Un sentimento panico pervade le tre magnifiche liriche, un misticismo naturale, con affreschi variabili, come i tempi descritti, tramati di immagini magnetiche."La mia isola" è allegoria dell'esigenza di una realtà pacifica, lontana dai rumori dolorosi dell'esistenza.
" E non capisco,
da questo mio capanno, il loro fare,
il loro incespicare sulle pietre
che aguzzano i sentieri della vita".
Io mi sono sentita viva, stordita dalla vertigine del bene, in quel 'capanno' e mi sono 'affidata al delfino' di Nazario per ritrovare il senso dell'attimo infinito, che risarcisce da questa assillante paura del domani.
Lo stile è musica pura e non posso negare che il viaggio d'amore su questi spartiti rende sazia e tesa alla luce la mia anima.
Un dono immenso questo assaggio.
Grazie e ... ogni abbraccio sarebbe riduttivo.
Maria Rizzi
Grazie, Maria, sei sempre unica e vera. Le tue parole arrivano come dardi il cuore.
RispondiEliminaUn abbraccio
Nazario
a ferire il cuore
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