Recensione sul
giallo "Via Ultima Costa" di stampo neo - realista, presentato sabato
3 febbraio in Enoteca di Puccica, via Quattro Fontane, Roma, e che ha riscosso
grande successo di pubblico, e ha ricevuto
anche l'articolo della fantastica giornalista e poetessa Silvana Lazzarino, di
cui
il link
ildispari24..it
http://www.ildispari24.it/it/massimo-marinelli-via-ultima-costa-romanzo-giallo-presentazione-a-roma/
Massimo Marinelli - ‘Via Ultima Costa’
di Loredana D’Alfonso
Il
romanzo giallo ‘Via Ultima Costa’ di Massimo Marinelli è ambientato a Bosa, una
cittadina della Sardegna, in provincia di Oristano, che ho avuto la fortuna di
visitare lo scorso mese di settembre, in occasione della presentazione del mio
ultimo libro.
All’evento
è intervenuto l’assessore alla cultura, che ci ha parlato a lungo di questa
‘altra Sardegna’ lontana dai circuiti turistici e commerciali di massa.
Abbiamo
avuto accesso agli archivi fotografici e ricordo foto di fine ottocento, molto
suggestive, che ritraevano il centro storico e la popolazione. Persone genuine
e molto chiuse, quasi ruvide.
Il libro di Marinelli mi ha fatto rivivere questa
esperienza.
Nelle
sue descrizioni ho rivisto le case multicolori del centro di Bosa, le strade
lastricate a ciottoli, il lungofiume del Temo, l’unico fiume navigabile della
Sardegna, fiancheggiato da palme, una vista suggestiva e indimenticabile.
Su
questo sfondo si sviluppano gli avvenimenti, una intricata trama cucita, direi,
con il filo grosso del buon senso popolare.
Ho
letto il libro durante le ferie natalizie e Bosa, soprattutto la Via Ultima
Costa, che dà il titolo al romanzo, mi è apparsa come un presepe.
Ad una
ad una si accendono le lucine sotto i personaggi, tantissimi, che vanno ad
animare uno scenario di cartapesta.
I
personaggi delle foto di archivio di Bosa, in bianco e nero, li ho ritrovati,
intatti, nella narrazione dell’autore. Sono quasi tutti poveri, di umile
estrazione, di apparenza ruvida e sono dipinti nelle loro occupazioni
quotidiane, proprio come in un presepe vivente.
Marietta
Sulas, la vecchietta che si arrampica ogni mattina sull’acciottolato del viale
con la sua capretta per vendere il latte fresco;
Gavino
Dore, alias Barabba, il primo omicidio di Via Ultima Costa, un umile conciatore
di pelli.
E chi
non è povero è caricaturale.
Sto
parlando di Don Antioco Farris, ricco possidente, diabetico e con la pressione
alta, succube della moglie, la terribile Donna Bonaria Podda.
E
ancora il parroco Don Geremia Spano, un Don Abbondio di manzoniana memoria,
strisciante e servile, accucciato all’ombra dei due anziani e facoltosi
coniugi.
E
tanti altri spuntano tra i vicoli di una Bosa al tempo del Carnevale, funestata
da ben tre omicidi, ma desiderosa fin dall’inizio, di scrollarsi di dosso
questi morti e di dimenticare.
Persone
che non si turbano facilmente, ruvide, indifferenti.
Visi
cotti dal sole e dal mare, guardano il lettore dalle pagine di Marinelli.
Come
Ulisse Brundu, che da giovane era stato nella legione straniera e ora gestisce
la trattoria al Porto Vecchio.
O
ancora come Costantino Pruneddu, chiamato ‘La Volpe’ che ha aperto il Bar
‘L’Approdo’ sul Lungofiume.
E a
provare a dipanare il mistero degli omicidi di personaggi, apparentemente senza
segreti, ci prova l’ispettore Priamo
Melis che l’autore descrive come ‘secco
e contorto come un ramo di olivastro’, di una età indefinibile.
Suo
amico per la pelle è Antonello, che non è uno stinco di santo, che con la
giustizia ha avuto a che fare, ma che con l’ispettore Melis è cresciuto e,
insieme, sfidano i benpensanti che non trovano conveniente la loro amicizia.
Tra
l’altro, i due parlano insieme di filosofia, di storia e dei massimi
sistemi, e così, sull’onda delle sue personalissime
considerazioni, Priamo Melis risolve questo caso così intricato.
L’ispettore
è un personaggio molto particolare, solitario, distaccato, parla spesso e,
qualche volta addirittura litiga con se stesso.
Non mancano, come nella buona tradizione di un
certo narrare in giallo (perché giallo in senso classico è certamente questo romanzo),
i riferimenti al cibo ed al vino locale.
Mi
sono venuti in mente Andrea Camilleri con le sue triglie, gli arancini e le
sarde a beccafico e Jean Claude Izzo con i suoi piatti particolari, per metà francesi
e per metà arabi.
Anche
loro scrittori di mare.
Nel
romanzo del nostro autore si levano dai vicoli profumi di broccoli con fave e
lardo per scaldarsi dal clima invernale, e anche Priamo Melis non disdegna pane
con pecorino e pomodori secchi, da mandar giù con un buon bicchiere di vino
rosso.
E,
spesso, le riflessioni dell’ispettore vengono fatte guardando un calice di
Malvasia secca in controluce, osservando assorto il caleidoscopio di luci.
E alla
fine, dopo un finale imprevedibile che ovviamente non sveliamo, che consegna al
lettore la soluzione dell’enigma, le lucine del presepe di ‘Via Ultima Costa’
si spengono una ad una ed i tanti personaggi tornano alla loro quotidianità.
Si
allontanano dalla scena anche l’ispettore Melis e Antonello e cito l’autore in
un finale che dipinge molto bene la comunità di Bosa, così come Massimo
Marinelli l’ha voluta descrivere.
‘Escono
di scena anche le grandi e piccole vigliaccherie, gli infingimenti, le
debolezze e le vergogne degli altri protagonisti, sentimenti questi ultimi che
accompagnano da sempre la vita degli uomini, come pure quella comunità che, con
saggio ed equilibrato distacco, ha fatto da cornice alle nefandezze fin qui
narrate’.
Davvero brava Loredana in questa veste, inconsueta per me, di critico letterario. Prosa nitida e godibilissima, nervosa e scattante, priva di fronzoli, come del resto quella della sua narrativa in genere ed in particolare dei suoi gialli. Una scrittura che non solo mette il lettore a suo agio, ma lo cattura e lo stimola ad andare avanti. Mio malgrado non ero in Enoteca alla presentazione del libro di Marinelli, ma attraverso le parole di Loredana mi sembra di coglierne una grande vivezza di stile e una sorprendente capacità inventiva. Complimenti ad entrambi.
RispondiEliminaFranco Campegiani