Emanuele Aloisi, collaboratore di Lèucade |
Poesia snella, emotivamente calda, i cui fremiti sono
consegnati ad una andatura di euritmica sonorità. E quale può essere l’immagine
più appropriata per reificare sentimenti tanto potenti? Sì, il mare. Quella
parte del Creato che più si avvicina all’infinito; che più di ogni altro
simbolo tocca la coda dell’eterno: l’attesa, il filo di un ricordo, il primo
giorno, il capolino di un miraggio, lo sguardo della vita, e un’amorevole
carezza sulla sabbia. Tanti tasselli di una storia che diacronicamente in
progress traducono un sentire in parole di poetica elevazione. C’è l’amore, ci
sono le figure più vicine al viaggio: il padre, il figlio, la donna amata; e ci
sono i sogni, le impennate verso alcove rigeneranti, il desiderio di un
profumo, e la ragione “se una ragione c’è, perché mi affacci al mare”; quegli
impulsi vitali che giustificano il fatto di esistere. Ma c’è anche
l’inquietudine esistenziale, il dilemma del tempo, del luogo, del vivere e
morire. Se poi il tutto è simboleggiato in iconici richiami di panico apporto,
ancora più intricante si fa il messaggio; ancora più denso il poièin: “…nella salsedine d’autunno/la primavera di un
bambino.”.
La limpidezza formale e disciplinare della versificazione
demandata a contenere tanta emozione è costituita da una varietà di metriche scansioni:
alessandrini, settenari, senari… ma
soprattutto accessori di effetto contrattivo ed estensivo atti a mettere in
rilievo cascate endecasillabe di maestosa liricità:
sentire tra le tende
sussurrare
lo stesso vento, un
aquilone incerto
il tocco di una
zagara planata
un fico d’India in
fiore
il filo di un legame
tra le foglie,
Una fusione contnutistico-formale che bene fa rilucere
l’abilità poematica dell’autore.
Sapore di mare
(a mio figlio, a mio
padre e al nostro mare)
Tanto, ti ho aspettato...
desiderato come quando
ancora non ti conoscevo,
e come il mare mi riporti in fondo,
lasciando a galla -alle manine appeso-
il ciondolo del filo di un ricordo
e tra le spalle
il palpito del primo giorno,
il capolino di un miraggio,
lo sguardo della vita
e un’amorevole carezza sulla sabbia.
Se questa vita sa di mare aperto
del vento amaro che lambisce
onde
e sulle sponde lascia
dolce, il desiderio di un profumo,
ora comprendo la ragione
se una ragione c’è, perché mi affacci al mare,
all’isola che ancora
non ho visto.
Ma so che in fondo all’orizzonte
esiste aperta una finestra
e sulla chiusa di una terra ferma.
Ora comprendo la ragione
perché mi affacci al
mare, una ragione c’è:
sentire tra le tende sussurrare
lo stesso vento, un aquilone incerto
il tocco di una zagara planata
un fico d’India in fiore
il filo di un legame tra le foglie,
nella salsedine d’autunno
la primavera di un bambino.
Quanta delicatezza, quanta passione in questi versi. L'amore per il figlio ancor prima di poterlo immaginare, sognare e attraverso un filo raccogliere il ricordo, quel ciondolo che unisce generazioni; e, sempre, il mare, la propria Terra, la meraviglia di uno sguardo, del profumo delle zagare. Meravigliosa lirica, inno alla vita. Chapeaux. Franca Donà
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