giovedì 1 agosto 2019

NAZARIO P. LEGGE: "SAPORE DI MARE" DI E. ALOISI


Emanuele Aloisi,
collaboratore di Lèucade


Poesia snella, emotivamente calda, i cui fremiti sono consegnati ad una andatura di euritmica sonorità. E quale può essere l’immagine più appropriata per reificare sentimenti tanto potenti? Sì, il mare. Quella parte del Creato che più si avvicina all’infinito; che più di ogni altro simbolo tocca la coda dell’eterno: l’attesa, il filo di un ricordo, il primo giorno, il capolino di un miraggio, lo sguardo della vita, e un’amorevole carezza sulla sabbia. Tanti tasselli di una storia che diacronicamente in progress traducono un sentire in parole di poetica elevazione. C’è l’amore, ci sono le figure più vicine al viaggio: il padre, il figlio, la donna amata; e ci sono i sogni, le impennate verso alcove rigeneranti, il desiderio di un profumo, e la ragione “se una ragione c’è, perché mi affacci al mare”; quegli impulsi vitali che giustificano il fatto di esistere. Ma c’è anche l’inquietudine esistenziale, il dilemma del tempo, del luogo, del vivere e morire. Se poi il tutto è simboleggiato in iconici richiami di panico apporto, ancora più intricante si fa il messaggio; ancora più denso il poièin:  “…nella salsedine d’autunno/la primavera di un bambino.”.
La limpidezza formale e disciplinare della versificazione demandata a contenere tanta emozione è costituita da una varietà di metriche scansioni: alessandrini, settenari,   senari… ma soprattutto accessori di effetto contrattivo ed estensivo atti a mettere in rilievo cascate endecasillabe di maestosa liricità:

sentire tra le tende sussurrare
lo stesso vento, un aquilone incerto
il tocco di una zagara planata
un fico d’India in fiore    
il filo di un legame tra le foglie,

Una fusione contnutistico-formale che bene fa rilucere l’abilità poematica dell’autore.

Nazario Pardini 

Sapore di mare
(a mio figlio, a mio padre e al nostro mare)

Tanto, ti ho aspettato...
desiderato come quando
ancora non ti conoscevo,
e come il mare mi riporti in fondo,
lasciando a galla -alle manine appeso-
il ciondolo del filo di un ricordo
e tra le spalle
il palpito del primo giorno,
il capolino di un miraggio,
lo sguardo della vita
e un’amorevole carezza sulla sabbia.
Se questa vita sa di mare aperto
del vento amaro che lambisce
onde
e sulle sponde lascia
dolce, il desiderio di un profumo,
ora comprendo la ragione
se una ragione c’è, perché mi affacci al mare,
all’isola che ancora non ho visto.
Ma so che in fondo all’orizzonte
esiste aperta una finestra  
e sulla chiusa di una terra ferma.
Ora comprendo la ragione
perché  mi affacci al mare, una ragione c’è:
sentire tra le tende sussurrare
lo stesso vento, un aquilone incerto
il tocco di una zagara planata
un fico d’India in fiore    
il filo di un legame tra le foglie,
nella salsedine d’autunno
la primavera di un bambino.








1 commento:

  1. Quanta delicatezza, quanta passione in questi versi. L'amore per il figlio ancor prima di poterlo immaginare, sognare e attraverso un filo raccogliere il ricordo, quel ciondolo che unisce generazioni; e, sempre, il mare, la propria Terra, la meraviglia di uno sguardo, del profumo delle zagare. Meravigliosa lirica, inno alla vita. Chapeaux. Franca Donà

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