Maria Rizzi su “Hash Md5” di Jacopo Chiostri edito
da Il Viandante
Ho ricevuto il romanzo Hash Md5 del caro Jacopo
Chiostri, referente della bassa Toscana del nostro Circolo Insieme per la Cultura (I.P.la C.) e sono rimasta molto
colpita dal suo modo di affrontare il ‘genere’ giallo. Ho posto il termine
genere tra virgolette perché sono stanca di veder catalogare la letteratura
considerando alcuni testi, in particolare i gialli, i thriller, i noir, come
sottospecie. A mio umile avviso si tratta di libri dello stesso valore di
quelli storici, esistenzialisti, o di altro tipo, e per scriverli bene occorre
particolare abilità, in quanto è necessario curare l’intreccio, far sì che
nessun particolare renda banale o poco credibile la storia. Il testo di Jacopo
Chiostri si può definire senza ombra di dubbio un giallo poliziesco e, per
fortuna, è ambientato in Italia, per l’esattezza a Firenze, città dove l’Autore
è nato e vive da sempre. Inoltre ha tutti i canoni del giallo, presenta i
crimini e, termina con la soluzione degli stessi, al contrario del noir che
lascia al lettore varie possibilità di interpretazione. La novità assoluta del
testo credo si possa rilevare nella capacità del Nostro di narrare mettendo in
rilievo gli aspetti comici delle situazioni e dei personaggi. Lo Scrittore ha
grande padronanza dell’umorismo, della capacità di cogliere gli aspetti
divertenti della vita e rende godibilissimo un testo che è strutturato in modo
perfetto e con risvolti originali e sociali. Il Commissario Prospero Gennaro,
che come spesso accade, è il protagonista di vari romanzi di Chiostri, nel
testo in oggetto è reduce da un infarto e terrorizzato all’idea che gli
accadimenti nei quali viene coinvolto possano interferire con la sua salute.
Ama Maigret e, come il famoso commissario, è stato sposato dieci anni e poi la
moglie l’ha lasciato, esasperata dal suo lavoro che non lasciava tra le pareti
dell’ufficio. Va detto che Gennaro, antieroe e uomo di grandi valori, sembra
dimostrarci che tante cose umane sono patetiche. La segreta fonte dell’umorismo
non è la gioia, ma il dolore. Risulta impossibile per i lettori non
affezionarsi al protagonista e ai personaggi del distretto, l’ispettore
Dell’Amore, esperto in massime, proverbi e fedele al suo cognome nel coltivare
amori saltuari e senza senso; l’autista Frangipane, che vede ogni disgrazia
come una liberazione da ulteriori ‘rotture di scatole’; il Questore Minghetti,
sempre sull’orlo di una terribile crisi di nervi, teso a ricordare al
commissario che in passato ‘hanno risolto un omicidio su sei’ e che la sua
futura destinazione sarà la
Barbagia. L’Autore crea una carrellata di figure
irresistibili, che fanno spesso dimenticare la violenza e la stranezza degli
omicidi. Lo stesso Gennaro nel susseguirsi convulso degli eventi, a un certo
punto afferma d avere la: “sensazione di una congiura, come ci fosse una regia
occulta che sceglieva con cura tra i pazzi in circolazione e, fatta la
selezione, li indirizzasse uno dopo l’altro nella sua stanza”. In
effetti la caratterizzazione di ogni persona risulta talmente accurata che
l’intera Opera meriterebbe di essere letta da uno sceneggiatore. Lo stesso
Questore in vari estratti esula dal ruolo ed è a dir poco esilarante. Tra coloro
che collaborano all’indagine meritano di essere citati Ugo Betti, famoso come
menagramo, che evoca il racconto pirandelliano “La patente”, perché non fa
nulla per scrollarsi di dosso l’appellativo, anzi gira per il cimitero in cerca
di vedove da consolare e corteggiare; e soprattutto Pieroni, fondamentale per la
soluzione del caso, affetto da disturbi ossessivo- compulsivi. Il contraltare è
un testo di indubbio valore sociologico, che presenta due vittime uccise in
modo assurdo e senza apparenti legami. Si tratta di ‘poveri cristi’, infatti il
primo, Esposito, aveva l’attitudine a fare l’aeroplano nelle strade sbattendo
contro i passanti, il secondo era un uomo sandwich, ovvero uno di quei ragazzi
che indossano cartelloni pubblicitari per sbarcare il lunario. Le loro morti
sono violente e condite di grottesco e gli investigatori brancolano nel buio e
nell’amarezza. Quando in un’Opera “si riesce ad alternare l’umorismo con la
malinconia si ha successo, se le stesse storie sono al contempo divertenti e
malinconiche, il risultato è meraviglioso” - Francois Truffaut. Gennaro e il
suo gruppo di eccentrici poliziotti, seguono il caso con competenza e
professionalità e, come accennavo poc’anzi è proprio Pieroni, che nonostante le
turbe maniacali che lo spingono a voler un ordine ossessivo, forse addirittura
grazie a esse si accorge che l’assassino o gli assassini, si sono firmati,
lasciando su entrambi i luoghi dei delitti la sigla che dà il titolo al
romanzo: hash Md5. Le sigle non sono complete, ma l’agente spiega che si tratta
di un un algoritmo che si usa in genere in informatica per la crittografia. L'hash
MD5 è identificativo di uno dei giochi elettronici messi costantemente al bando
dalla Polizia postale perché per lo più violenti o a sfondo sessuale, Giochi
che rappresentano delle sfide. Il testo dopo questa scoperta vira verso una
possibile soluzione, che ovviamente richiede giorni e impegno, ed è scandita
dalle minacce del Questore che ventila solo traghetti diretti verso le zone più
sperdute della Sardegna. Dal canto suo Gennaro, che “in ospedale aveva imparato
che il tempo diluisce i guai”, segue le piste cercando di mantenere la
concentrazione. La malinconica ironia del protagonista è affiancata da una
pietas, intesa nella declinazione latina come sentimento di amore, compassione
e rispetto verso i poveri ragazzi che hanno perso la vita in modo tanto
crudele, che lo rende ancora più caro ai lettori. Confesso che il libro, di
raro interesse, mi ha ricordato il mistero della Sapienza, ovvero la vicenda
rimasta di fatto insoluta, nel corso della quale perse la vita Marta Russo,
studentessa dell’Università d Roma. Michael Connolly, scrittore americano, che
gli amanti di gialli conoscono senza dubbio, asseriva che “Nei migliori romanzi polizieschi non è
importante il modo in cui un detective lavora su un caso, ma il modo in cui un
caso funziona su un detective.” Nel testo di Chiostri gli omicidi di Esposito e
Querci incidono su Gennaro in modo determinante. Lo spingono a superare i
timori legittimi sulla salute e gli restituiscono vigore.
La cifra stilistica dell’Opera è ottima.
L’Autore è dotato di nerbo narrativo superbo e si muove tra le varie situazioni
con padronanza straordinaria. Ho parlato di sceneggiatore perché in questo
libro la curiosità di noi lettori sorge sin dalle prime - critiche -cinque
pagine. La suspense introdotta nelle primissime righe del giallo, che viene
definita hook, uncino, ci avvinghia e ci rende felicemente schiavi.
Maria Rizzi
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