sabato 7 giugno 2014

M. G. FERRARIS SU "ERA MIO NONNO....", DI A. MAGNAVACCA



MARIA GRAZIA FERRARIS COLLABORATRICE DI LEUCADE

A CURA DI MARIA GRAZIA FERRARIS 
COLLABORATRICE DI LEUCADE


Anna Magnavacca ci regala una poesia di grande impatto emotivo e nel contempo di raffinata elaborazione formale: semplice e nello stesso tempo complessa.
Un racconto, un uomo, un’esperienza: un procedere per sinestesie, iperboli, per accostamenti inconsueti disvelanti luci ed ombre e quotidianità rassicuranti: il miagolio del gatto,  il campo dissodato, il glicine innamorato della rosa, il ciliegio dell’ infanzia…. cui il protagonista deve volgere le spalle.
Il nonno emigrante, il venditore di sogni, che aspettava di “veder cadere una stella”, calava la solitudine nel dolore, nel silenzio, che pur  parla per sé, del tormento proprio del venditore di sogni. Nuove visioni, nuovi odori l’aspettano… “odore di sudore e polvere”.
Empatie e dissonanze restituiscono il colore e il calore luminoso della vita. Un ricordo emozionante, coinvolgente…  Il nonno emigrante: “ il venditore di sogni”, scaltro, veloce, novello Ulisse, che pur ritorna a rivedere i suoi campi, la sua donna, i suoi figli, il suo scampolo di cielo.
Una figura familiare, reale, indelebile: la bisaccia, il foulard a fiori, le scarpe logore e le fotografie col “sapore di donna”.
La memoria privata diventa intima, dolce, ricca di emozione, eppur malinconica; il ricordo fonde  sogno  e realtà e dà  senso alla vita.  
        
                                                                                             Maria Grazia Ferraris



Poesia IV Classificata al Premio Letterario “Dante d’oro”

ERA MIO NONNO…..


Partiva quando le stelle erano ancora alte
nel cuore del cielo e il primo chiarore svegliava
la voce degli alberi e il miagolio del gatto.
Una bisaccia un foulard a fiori scarpe logore.
Fotografie con sapore di donna.












Uno sguardo al trasparente guscio della sua luna
al tempo conservato nel baule colmo di panni puliti.













Al viso della sua donna, al suo luminoso ventre gravido
al campo dissodato, a uno spigolo di cielo
al glicine innamorato della rosa.  
Alle cicatrici dei giorni, al ciliegio della sua infanzia.

Salpava su bastimenti carichi di corpi
 - nell’odore di sudore e polvere -
              fino ai lontani lidi del Nuovo Continente.
E là vendeva sogni. Scriveva sulle nubi sulle foglie
sui fiori la sua solitudine, il suo tormento.
              Ogni sera aspettava di vedere cadere una stella.















Era mio nonno, l‘emigrante.
Scaltro come Ulisse, veloce come il vento.


Odissea












E quando tornava sempre ritrovava la sua luna
il suo campo quello spigolo di cielo, il glicine la rosa.
Bruciava rovi strappava la gramigna germogliava
nuove spighe e seminava felicità.
Sempre sentiva il piccolo pianto di un nuovo figlio
sconosciuto ma amato.

Era mio nonno, l’emigrante. Venditore di sogni.


                                                      Anna Magnavacca


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