lunedì 19 giugno 2017

FRANCO CAMPEGIANI: "INCONTRO CON MARIO CAVOTTI"



Antologica di Mario Gavotti presso la Sala Lepanto di Marino
(17-25 giugno 2017)


Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

L'incontro con lo scultore Mario Gavotti, promosso dall'Accademia Castrimeniense di Marino con il patrocinio di Retina Italia Onlus ed in partenariato con gli Assessorati alla Cultura e ai Servizi Sociali della Città, apre scenari di grande suggestione artistica, dei quali tra breve parleremo, ma nello stesso tempo alimenta memorie comunitarie legate alla vita, e alla vita artistica in particolare, della nostra Città, polarizzata intorno all'Istituto d'Arte "Paolo Mercuri", oggi Liceo Artistico, dove il maestro ha operato per tanti anni, dando il meglio di sé. In queste stesse sale espositive erano allestiti un tempo i laboratori dell'Istituto, dove generazioni di studenti si sono avvicendate, formandosi e acquisendo conoscenze che hanno loro consentito di svolgere professioni altamente specializzate nei vari campi dell'arte, dell'artigianato artistico, del design, della grafica, e quant'altro, veri fiori all'occhiello della nostra comunità. E c'è da aggiungere che questa tradizione vitale, ma tutto sommato recente, si è collegata con l'altra, vetusta ed atavica, legata al lapis albanus, la pietra lavica eruttata dal vulcano laziale tra i 600.000 e i 20.000 anni fa, la cui lavorazione ha vivacizzato per secoli e millenni la vita cittadina.
L'estrazione del peperino, oggi esaurita, anche se la pietra ancora abbonda nei crinali e nei costoni dei Colli Albani (pensiamo alle famose pèntime), è stata nel secolo passato un cardine particolarmente vivace dell'economia cittadina, affiancata da una vitalità artistica di rilievo, sotto l'influsso di maestri come Lorenzo Guerrini (cui venne conferita nell'80 la cittadinanza onoraria della Città) e Umberto Mastroianni (che invece fu cittadino marinese nell'ultima fase della sua vita), e poi Aldo Calò e Roberto Melli, i quali tutti hanno dedicato alla nostra pietra particolari attenzioni. A quell'influsso, molto significativo ma elitario, ben noto agli addetti ai lavori, si è aggiunta, come detto, la spinta educativa e popolare promossa dall'Istituto d'Arte, con la sua sezione del marmo, oramai chiusa da anni, associata all'indimenticabile figura del Prof. Eraldo Abri, ma anche di altri maestri, quali lo scultore Giglio Petriacci, Preside a più riprese dell'Istituto stesso. Fra costoro è certamente da annoverare Mario Gavotti che, dopo avere frequentato le più importanti botteghe di marmorari, è passato all'insegnamento presso lo stesso Istituto, contribuendo alla formazione di giovani che si sono poi lanciati nell'avventura artistica a livello nazionale ed oltre.
Della poetica di Gavotti e del suo mondo artistico ho già avuto modo di occuparmi in passato, ed ora, osservando i pezzi storici della sua produzione scultorea, unitamente ad altri  più recenti, raccolti in questa Antologica a lui dedicata, sento di poter convalidare quanto già detto e scritto. La sua è una poetica fluida, flessuosa, elastica e profondamente armonica, dove la ruvidezza del polemos, della guerra di tutti gli esseri, che l'artista rappresenta evocando il biomorfismo acquatico del mare, si risolve in abbraccio e in danza corale. E' la poetica dell'armonia dei contrari e sembra davvero di udire Eraclito, osservando i suoi lavori, quando dall'alto del suo magistero, diceva: "L'accordo è nel disaccordo stesso", alludendo a una pace non ideologica, ad una pace che non fa guerra alla guerra, ma sa accoglierla entro i propri confini. E ciò è pienamente in linea con la personalità umana dello scultore, che tutti sappiamo essere uomo pacifico, persona mite e priva di spigolosità. Una visione del mondo che si riflette pienamente nella sua poetica sinuosa e rigida, rugosa e morbida, ispirata al vitalismo festoso e tragico del mare.
La mostra ripercorre un arco quanto meno trentennale dell'intenso lavoro svolto dall'artista, che negli ultimi lustri, per motivi di salute, ha dovuto rallentare la sua dedizione alla pietra per sviluppare attenzioni verso altri generi artistici, come la meno epica, ma più interiore e profonda, raffinatissima, produzione di smalti. Il versante più propriamente scultoreo della mostra è contrassegnato, come possiamo vedere, da una poetica dell'espansione, dell'invasione dello spazio, del riempimento di vuoti. Attorcigliamenti e sdoppiamenti, masse contrastanti e combacianti in un movimento unitario e senza interruzioni, la cui spinta propulsiva è al tempo stesso avvolgente, come un'onda marina che s'impenna e ritorna su se stessa, contorcendosi e distendendosi in modo armonioso. Femminile e maschile, Yin e Yang fusi in un unico respiro. Il mare è tutto: vita e morte, culla e tomba, moto e quiete. E' stravolgente affanno e ondeggiante dolcezza, teatro di battaglie cruente e di pacificanti abbandoni, luogo di eventi luttuosi e tragici, ma anche di maestose e riposanti armonie. Sempre uguale a se stesso, il mare, e sempre diverso da sé. Sempre in bonaccia e sempre tempestoso.
Come diceva Talete, anche per il Nostro il mare è l'archetipo per eccellenza, il principio di tutte le cose. Lo scultore lo presenta, evocando le forme viventi da cui è popolato: meduse, molluschi, seppie, coralli, stelle marine, delfini, conchiglie e celenterati, sorpresi nei più segreti fondali, con cariche allusive dense di significati. C'è l'agguato della murena e il violento attacco degli squali. C'è il polipo proteiforme, attorcigliato su se stesso, che lascia intuire quel movimento introspettivo ed autoanalitico teso alla conoscenza interiore, cui più tardi lo scultore dedicherà in maniera sempre più convinta le proprie attenzioni. Il materiale tradizionalmente preferito è il lapis albanus, il peperino di cui si è già detto, ma nel tempo lo scultore ha ampliato la gamma delle sue pietre, ricorrendo allo statuario di Carrara e al travertino, come pure ad altri materiali (legno, argento e bronzo), in un crescendo di stimolazioni sperimentali.
I suoi racconti mitici - ma mai onirici, bensì furiosamente vitali - sono divenuti sempre più essenziali, sicché, gradatamente, gli interessi dell'artista si sono spostati dal biomorfismo iniziale, debitore, se vogliamo delle suggestioni surreali di un Arp, verso un'astrazione sognante e geometrica che trova sfogo in un incentivato interesse per le lastre smaltate, già precedentemente collaudato. Qui prendono vita giuochi gentili e sogni innocenti, in un simbolismo fantasioso e ritmico, combinatorio e magico, dove fa capolino lo studio delle essenze che fu proprio del Suprematismo e del Neoplasticismo (Malevic e Mondrian), dell'Op Art e dell'Arte cinetica, come nei giuochi ipnotici e nei labirinti psichici di Bruno Munari, protagonista dell'arte programmata e del design industriale dei nostri tempi, dando vita a una sorta di geometria sacra o di fisica eterica, a dei veri e propri mandala, potremmo dire, che proiettano la mente verso suggestivi orizzonti di conoscenza interiore.

                                            Franco Campegiani


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