giovedì 15 marzo 2018

MARCO DEI FERRARI: "FETORE"



Marco Dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade

FETORE

Spappolo di grappoli, dileggio d'echi, strade bucate, idoli vuoti, parole da vomito, Ercoli lontani, usati riciclati algoritmi,
esseri senza essere, latrati verminosi, secoli reclusi nel puzzo, senza sciacqui.

Che silenzio sia noi per loro!

La figura retorica della enumeratio per asindeto, tanto cara a Marco Dei Ferrari, qui raggiunge punte di acredine emotivo- intellettiva netta, tranchante e d’iperbolica creatività: decadenza etica e fisica, civiltà incivile, inciviltà civile, paradigmi di antistorica involuzione; tutto l’accumulo si fa visivo e concreto nella concatenata eruttazione dissentiva, nell’ aggomitolarsi di sintagmi per assonanza e dissonanza, nelle rincorse verbali  di effetti retrivi. Il cumolo di aggettivazioni dispregiative ci conduce ad un silenzio pietoso di noi che viviamo tale decadenza. Grande artigiano, Marco Dei Ferrari! Sa fare del verbo il filo di un tessuto che avvolge ogni fatto del nostro esistere.     
         
 N. Pardini


FETORE

Spappolo di grappoli
ultimo breccio appeso in dileggio d'echi
ruzzolano motori di strade bucate
braccia si adorano
per idoli vuoti in parole da vomito
Ercoli lontani aizzano numeri
volere e potere singulti
senza popoli sgomitolano
usati riciclati algoritmi
nell'ora et labora che impone
esseri senza essere
latrati verminosi sparigliano scoli
reclusi nel puzzo
senza sciacqui
che silenzio sia noi per loro!

Marco dei Ferrari



5 commenti:

  1. Siamo ormai abituati all'originalità dei versi di Marco dei Ferrari, e bene conosciamo lo spirito libero che li detta, ma questa breve composizione ci carica di disincanto ,gettandoci brutalmente in faccia una realtà quasi bestiale.
    Il Poeta appare sempre più nauseato da un sistema di vita lontano dai sentimenti più nobili, dichiaratamente dimenticati da una umanità che sguazza "nel puzzo senza sciacqui", tra "idoli vuoti"- sostituto dell'amore- , in mezzo a "Ercoli lontani" che per mantenere il potere "aizzano i popoli " con "riciclati algoritmi".
    Ahimè, i popoli sono ormai "esseri senza essere" per il Poeta disincantato e pieno di disgusto.! Un disgusto che si veste di parole volutamente sgradevoli - anche al suono- e triviali, un disgusto che ha quasi vergogna di se stesso, tanto da terminare con una invocazione: "che silenzio sia..."
    E' in questo verso finale, che ci trova senza fiato, che il Poeta esprime tutto il pathos di un animo in rivolta di fronte ad una realtà che si vorrebbe far tacere .
    Un urlo di denuncia e di piena coscienza civile.
    Edda Conte.

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  2. Canto esplosivo quello di Marco dei Ferrari, in questa lirica, d'indignazione, rabbia, furore nei confronti del tragico momento storico che i popoli stanno attraversando. Sembra non scorgersi ombra di commozione, ma l'ira, la parola tirtaica, appassionata, aggressiva, credo rappresenti il logico sviluppo dell'ideale di un'esistenza che conservi la purezza. V'è molto, a mio umile avviso, in "Fetore" del laboratorio realista, privo di mordente, pragmatico, ma intriso di un coinvolgimento passionale. L'ultimo verso ne è il riassunto, così simile a una preghiera, oserei dire 'poesia in se stesso'... Notevole la varietà dell'ispirazione, già riscontrata in questo Autore, la sovrabbondanza della materia, sostenuto da una verseggiatura fluida e modulata, da un caleidoscopio di immagini, da una capacità inesausta di variazione del ritmo nell'ambito di uno stile omogeneo e unico. Ho la sensazione, forse errata, che la lirica del Poeta sia un invito forte, sanguigno, a posare lo sguardo sulle storie che ci circondano, che consciamente e inconsciamente, viviamo, e a non accettarle, a lanciare la nostra invettiva, coniugandola con quel pacato disinganno finale, che ripeto, mi sembra simile a una preghiera.
    Bellissimi versi. Didattici. Mi scuso se non ho saputo interpretarli...
    Maria Rizzi

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  3. Questo alto lamento disperato, questa denuncia totale e vibrata alla società odierna nella quale l'uomo è costretto a vivere subendo quotidianamente dalle piccole alle grandi ingiustizie sociali mi riporta al contenuto della mia "CONTEMPORANEITA'" qui postata nell'ottobre scorso. In questa "FETORE" evidentemente il discorso è di gran lunga più pregnante,molto più incisivo e forte sia come come contenuto che come termini alquanto inusuali al lessico poetico; questo non toglie la costatazione di una verità amara che giorno dopo giorno sperimentiamo. Veniamo catalogati e aizzati come "numeri", manipolati anche nel pensiero da "idoli vuoti in parole da vomito" L'autore in questi pochi versi insoliti (credo voluti)ha la capacità di farci palesare il proprio sentimento di rabbia e di forte denuncia tanto da eludere anche la forma poetica. Pasqualino Cinnirella

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  4. Un testo che mette in luce attraverso i suoni e le immagini un mondo senza valori, un mondo ormai alla deriva. E' evidente il sentimento di ripugnanza che l'autore prova per questa triste realtà e che ci trasmette lasciandoci tristi ed attoniti. La poesia deve avere il coraggio di dire la verità anche se questa per la sua drammaticità impone al poeta di abbandonare le parole "cuore e amore" Mi complimento con l'autore per l'originalità e l'efficacia dei suoi testi.
    Serenella Menichetti.

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  5. L’intera composizione di Marco dei Ferrari ci sbatte letteralmente in faccia immagini putide e ributtanti, che ci restano attaccate addosso come miasmi che corrompono la nostra integrità. Ancora una volta lo scrittore gioca da maestro con le parole, offrendoci neologismi e creando sconcertanti espressioni onomatopeiche. E’ una sferzante denuncia, quella di Marco, nei confronti di una società in pieno declino (“volere e potere singulti/
    senza popoli sgomitolano/usati riciclati algoritmi”), il cui sintomo più evidente è la corruzione. Parallelamente è anche un atto d’accusa verso noi tutti, che ci lamentiamo continuamente, ma finiamo con lo spostare il problema fuori di noi per non essere costretti a guardarci dentro. A suo modo, lo scrittore, mediante i suoi versi , vuole provocare la nostra reazione a tanto disfacimento, incitandoci a riappropriarci della ragione e del senso critico oggi sopiti. Maria Fantacci

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