IL MERCANTE DI ZUCCHERO: L’EQUILIBRIO NARRATIVO
DEL NUOVO ROMANZO DI
ADRIANA ASSINI
Il nuovo lavoro, Il mercante di zucchero, di Adriana Assini, si contestualizza - com’è
consuetudine della nota scrittrice e acquerellista romana - in un tempo
passato: nell’ambito mercantile di una Palermo del XVI° secolo, all’epoca in
cui l’intero Regno di Sicilia era ancora sottomesso al dominio spagnolo.
Storico, dunque, anche questo romanzo ma con
quell’attenzione, sempre presente nella nostra narratrice, al fattore umano,
allo scandaglio psicologico dei personaggi, che colloca la scrittura ai margini
dello stesso genere caratterizzandola per originalità di discorso oltreché
stilistica.
Protagonista indiscusso del libro, Gian Luca
Squarcialupo, figura carismatica del commerciante di cannamele che guida la
rivolta popolare, prima, contro il vicerè Hugo de Moncada, “un parassita che
divideva le sue giornate tra il sarto e il profumiere per poi vessare i sudditi
a forza di gabelle e leggi inique” e, poi, nei confronti di Don Ettore
Pignatelli, “il luogotenente dagli abiti di seta e il pugno di ferro”, che gli
succederà sul seggio dello Steri.
Ascoltiamone le varie descrizioni - come
detto, accurate - che ne fa la scrittrice: “Nato sotto il segno del leone, Gian
Luca Squarcialupo era ostinato, impulsivo, impaziente. Abituato a pretendere e
ottenere, per anni aveva vissuto alla giornata, come fanno le cicale, senza
l’affanno del domani, né l’assillo dell’inverno. . .” e “quando capitava che
troppe cose di cattivo segno avvenissero tutte insieme, allora non poteva fare
a meno di sfogarsi con il suo amico Cristoforo. . . al quale. . . s’era legato come
la vite al pioppo. . .”.
In effetti, Cristoforo De Benedetto,
“forte e nobile come una pianta di olivo”, era il braccio destro del mercante
di zucchero, “del quale condivideva sia le speranze che i rancori”. Suo
fratello, Vincenzo, al contrario, “seguitava a fare il doppio gioco” carpendo
informazioni dai rivoltosi per, poi, riferire agli esponenti della Corona.
Ma il dire non si riduce al puro evento
storico (peraltro tratteggiato con dovizia di particolari e cognizione di
causa); la Assini - e qui sta
l’attrattiva suscitata dalla sua scrittura sul lettore - non s’impantana mai
nelle sabbie mobili di una narrazione asfittica, come potrebbe risultare quella
che voglia unicamente e oggettivamente raccontare, prediligendo invece
un’esposizione dei fatti che tenga conto delle infinite sfaccettature, dei
tanti punti di vista, delle implicite contraddizioni e convinzioni che sempre
accompagnano la vicenda terrena dell’uomo.
È per tali ragioni che, anche in questa
prova, l’incastro della storia d’amore dello Squarcialupo con Francesca Campo -
la donna profondamente amata e mai avuta - acquista un significato essenziale
non soltanto sotto l’aspetto della caratterizzazione dei personaggi ma - e
nondimeno - per quel contributo d’umanità e, diciamolo pure, di femminile
comprensione ed emotività, intesa come capacità di sentire, che permette di
essere, al contempo, dentro e fuori del racconto, nella specificità come
nell’universalità.
Francesca raffigura così, nel testo,
l’elemento di equilibrio - a nostro modo di vedere - tra l’esasperazione della
sommossa e la mitezza dell’accettazione, tra la necessaria violenza e
l’altrettanto indispensabile, seppur forzosa, rassegnazione.
Esemplificativo di quanto sosteniamo
risulterà senz’altro il passo dell’incontro segreto fra i due amanti
nell’antica chiesa della Martorana, dopo che la donna era andata in sposa, per
bisogno, a don Calogero: “Nel vederla, Gian Luca ebbe un tonfo al cuore. Per
timore di comprometterla se ne restò in disparte, umile e impaziente, lontano
mille miglia dal ruvido caporione della Conceria, che in battaglia figurava
meglio di un soldato e in amore faceva come l’ape, che si nutre di fiore in
fiore.”.
Ecco, questo breve brano è sufficiente a
dare l’idea del registro su cui viene giocato l’intero romanzo: un delicato
bilanciamento che accende le passioni mentre le mitiga, che esalta le
sacrosante rivendicazioni di libertà e giustizia del popolo sottomesso e
quelle, individuali (ma, non per questo, non generalizzabili e non estensibili
alla medesima lotta di classe) d’improrogabile richiesta d’amore ed
inestinguibile sete di vita.
Non è nostro compito, ovviamente, entrare
nei dettagli né, tanto meno, svelare la trama: il fruitore, leggendo, si
renderà facilmente conto dello svolgersi degli avvenimenti, degli immancabili
colpi di scena di una narrazione scorrevolissima, connotata da uno stile
personale e sicuro, che lo catturerà fin dalle prime pagine.
La scrittrice è avvezza a farcire i dialoghi
- sempre sostenuti e brillanti - con frequenti richiami alla saggezza dei detti
proverbiali che, oltre a dare vivacità - per l’appunto -, sviluppano il
racconto sul piano, semplice ma autentico, del linguaggio comune, alla portata
di chiunque - per suo tramite - voglia avvicinarsi alla verità delle cose.
Si arriva così, gradualmente ma d’un fiato,
al termine del libro: frammenti di discorso diretto e indiretto s’alternano
amalgamandosi in un tutto organico che non conosce sbavature né flessioni né
superflue ridondanze.
La conclusione - della quale non riveleremo
di più - non può certo dirsi a lieto fine; e tuttavia, al lettore attento, non
potrà sfuggire che dietro il sipario che cala sulla scena, oltre l’oblio, a
coprire “il lezzo” nauseabondo che dilaga (ancora e tristemente attuale)
resisterà il “profumo delle zagare”, che inonderà le strade e la speranza mai
perduta, per l’uomo, di un giorno nuovo.
Sandro Angelucci
Adriana Assini. Il mercante di zucchero. Scrittura & Scritture Ed. Napoli.
2011. Pp.224. € 12,50
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