Noli me tàngere
Per troppo
tempo sei rimasta sola,
ghermita da flessibili sarmenti
che ricoprivano le antiche mura
nascondendoti al sole ed agli eventi;
per troppo tempo la voce del silenzio
urlava il tuo squallore desolante,
la smania di un tepore ritemprante
che addolcisse il soffitto e le pareti.
Non fu buon’accoglienza, quando entrai,
spalancai le finestre e le persiane
bruscamente, rischiando d’accecarti:
troppe ferite, troppe cicatrici.
“Noli me
tàngere”
era scritto ad arte
sull’umida parete scolorita.
Mi rammentai di quei dipinti sacri
di Giotto,
del Correggio, di Tiziano
e fu così che m’attirasti a te
con quella forza intrinseca dei deboli;
forse ci somigliammo in quel momento,
prigioniere soltanto di noi stesse
con sogni rosa ancora da sognare.
Nulla c’importa ormai di crepe o rughe
se Dio chiamerà
in alto i prigionieri
liberandoli dai soverchi fiati,
donando loro cieli spalancati
e la pace che dura oltre la vita.
Ma dove sono le farfalle bianche
Il muro
della chiesa che protegge
un
tavolo di pietra, un’ombra d’acero,
qualche pensiero che sul foglio
scivola.
Tutto qui il mio rifugio
finché l’aria mantiene la sua luce
mentre un’eco racconta l’amarezza
di perdute visioni che incantavano
con quei campi di grano e fiordalisi,
con filari di pioppi le cui foglie
tremolavano all’alito del vento,
con le grida dei bimbi che giocavano
d’astuzia a nascondino nei cortili.
L’Anima
mia farfalla si faceva
e poi seguiva le farfalle bianche
a saziarsi del miele delle acacie
fiorite a gruppi, là, nella pianura
al soffio dell’aprile.
Ora mi guardo intorno e ancora sento
il cuore che s’incanta e che si
scioglie
al soffio dell’aprile,
ma dove sono le farfalle bianche
che vogliono volare fra le acacie?
Tace il pensiero e intanto una matita
disegna su quel foglio inanimato
una nuvola dietro il campanile.
MOTIVAZIONE:
Due terzine aprono e
chiudono la composizione che si dispiega in una strofa centrale dove
la dolcezza del ricordo
s’intreccia con il presente.
L’atmosfera di serena nostalgia è resa
palpabile dal lirismo del
linguaggio poetico e dalla magistrale naturalezza dello scorrere
dei versi.
Maria Pia Giustolisi
Audace sento sussurrare il vento
Questo
consorzio umano che è la vita,
dove il dolore è l’unico maestro
che ci colpisce e insieme ci fortifica,
ogni giorno largisce bei vassoi
di svariate ingannevoli pietanze,
curate con perverse competenze
da un diabolico cuoco che in cucina
le predispone e ai ghiotti le propina.
Io disconosco questo cibo indegno
poiché l’Anima
mia non ne ha bisogno
essendo lei l’essenza basilare
e a digiunare sempre mi costringo,
sgranando melanconiche quaresime
senza tridui pasquali che consolano
senza gioiosi canti d’alleluia
che nell’Anima
mia letizia infondono.
Ma stasera, attraverso le persiane,
audace sento sussurrare il vento
luculliano ben oltre la decenza
che sollecita, complice la luna,
tutte le stelle accese in firmamento
a porgermi un vassoio dovizioso.
Non sarà dignitoso per qualcuno,
ma poi continuerà, lento, il digiuno.
" la voce del silenzio" (2012) : ossimoro
RispondiElimina"Le voci del silenzio" (2006) : ossimoro