Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
"Meditazioni", di Pasqualino Cinnirella
La Sezione Silloge dell'XI edizione del Premio
Artistico Letterario Internazionale 2016, promosso dall'Associazione Napoli Cultural Classic, è stata vinta
da Pasqualino Cinnirella con la raccolta poetica Meditazioni. Sono grato all'autore per avermi inviato prima
dell'estate l'antologia del Premio stesso, curata da Anna Bruno, nella quale è
stata pubblicata la sua raccolta. Una gradita sorpresa, di cui avrei voluto
interessarmi prima, ma non è stato possibile e me ne scuso.
A sorprendermi è
stata innanzitutto la maturazione espressiva dell'autore, che conosco da tempo,
ma che in alcune composizioni qui mostra senza mezzi termini di avere superato
se stesso. I temi sono quelli consueti del trascorrere del tempo, amico e nemico congiuntamente, come ricorda Anna Bruno in prefazione. Amico quando, all'alba della vita, si è
ricchi di progetti e carichi di voglia di fare; nemico quando, al crepuscolo, si tirano le somme e si fanno i
bilanci, ahimè sempre negativi, della passata esistenza.
Su questo fondamento
tematico, ben radicato nel poeta di Caltagirone, si sviluppa una qualità
espressiva davvero degna di nota, che mostra un'evoluzione di scrittura
sorprendente, dove la base ritmica, sensibile alle regole metriche, si concede
salutari eversioni ipermetriche, a sottolineare forse, nel voluto sgarro
estetico, l'intenzione di aderire maggiormente alla spiazzante realtà della
vita. L'eleganza del verso è comunque assodata, con giri metaforici mai
stucchevoli e sempre misurati.
Le altalene delle
albe e dei tramonti, delle primavere e degli autunni, dei verdi anni e degli
anni senili, sono ricorrenti e struggenti, con descrizioni sempre sorgive ed
autentiche, senza mai risultare scontate. La vita, "pila d'ombre e schiari
/ nell'obbligata sequenza dei giorni" (così in Storia minima), è miscela misteriosa di esultanze e tristezze, di
accensioni e abbandoni. Quindici poesie che spingono ungarettianamente a
cercare "un paese innocente" e "a dipanare il dubbio
dell'esistere / per ancora credere nell'uomo".
Franco Campegiani
Metafora
Tempo ed eventi - orafi - incidono
segni indelebili nella mia vita.
Giorno dopo giorno
muto in continua metamorfosi
alla ricerca avida di un mio io
che vesta a mio gusto.
Defilé di caratteri sfilano nella mia mente,
attenta nell'abbinare composé di tipi.
Ma l'abito di fierezza indossato ieri
si è sgualcito addosso
all'intoppo quotidiano del mondo,
mi tira al fianco;
quello di bontà vestito ieri l'altro
ha pieghe ulcerose nell'imbastitura del cuore;
quello mite di oggi, indossato al mattino
la sera ha grinze vistose sulla manica.
Ricucire è fatica sprecata
perché macchie di paura sempre più dilagano
nella risvolta della notte;
si fermano a stento nel rimbocco del mattino.
Amici mi consigliano vestire cinture di coraggio
per risolvere il problema dell'abbassamento
psichico;
ma non mi hanno mai saputo dire
in quale negozio del sub-conscio
si fa credito di forza d'animo
e a quale prezzo di sfida.
Porta
dai fogliami il vento
Porta dai fogliami il vento l'odore dell'erba
e dei pollini annuso i profumi vaporosi
nell'aria sparsi dalla brezza d'aprile.
Godono gli uccelli questi spazi tiepidi planando
e canti hanno nel migrare dolcissimi.
Il ramo agli innesti ha linfa viva nella scorza
e preme aprirsi a gemma per il frutto.
Ottobre è una tristezza alienata
ora che dal bosco viene
questo muoversi celere alla vita
nell'erba e nella fronde,
ora che già quella gemma divarica la scorza
e pigola di nidi il ramo rifiorito.
M'accoglie questa luce nell'aria
che l'anima schiude come le corolle
dai calici odorosi verso il sole.
Elevo piano le mie mani al sole
e canto alto alla vita un inno,
un salmo che invento dal profondo.
Progetto
Mio padre, mi aveva dato tutto
che mi potesse servire;
mia madre, da spendere,
un fagotto d'amore sulle spalle
legato stretto alla speranza.
"Ora vai - mi dissero - sicuro"
e voltato l'angolo presto salirono
sui balconi del cielo a guardarmi dall'alto.
Nell'andare, ricordo, guardai a lungo,
con gli occhi del cuore, la casa di mio padre.
Era salda, solida, sicura, alta protesa
e calda d'amore di mia madre.
Noi, loro figli, con Lei dentro,
dormivamo sereni nella notte
seppure il vento dell'esistere
ululava forte agli spigoli e imposte.
Così, sui banchi, tra lo stridere del gesso,
sul quadrato nero (che metteva un brivido alle
ossa),
sui fragili fogli velina già stendevo
tracce di linee in prospettiva del domani
per una mia casa di sogni.
Contavo quanto prima bruciare le tappe.
Al solstizio d'estate ere tutto pronto:
dal progetto ambizioso alla calce.
Sogno su sogni erano mattoni murati saldi
alla roccia dell'io: struttura portante
che bene reggeva il peso dell'andare.
A sera o nelle soste ascoltavo in silenzio
i dettami del cuore... sulle varianti
(brevi modifiche al savoir-faire).
Ma venne ad agosto, nella piena estate la pioggia
ad inondarmi l'anima senza tetto
e a valle portò, coi detriti del cuore,
la speranza di un fine.
Da ogni fessura a latere degli stipiti:
(saldi principi paterni),
fu un rivolo di sangue nella gola alla deriva.
Della casa di sogni resta un rudere d'uomo
dove guizza la serpe dell'invidia
su cumuli di rabbia.
Non sono ancora al solstizio d'inverno
ma la sera, seduto sul davanzale della vita,
tira forte dalle imposte, ancora sempre aperte,
un vento odioso di malinconia... e sento freddo.
Pasqualino
Cinnirella
Anch'io, come l'amico Franco Campegiani, ho trovato nei versi giustamente premiati di Pasqualino Cinnirella una conseguita maturità espressiva e creativa, una cifra stilistica degna di nota. Il filone poetico, che oscilla tra l'esistenziale, l'affettivo e il naturale, ha freschezza e sincerità di toni, accenti trepidi, cursus pacato e nitido.
RispondiEliminaPoesia, questa, che Pasqualino coltiva con cuore fidente.
Pasquale Balestriere
Caro Pasquale Ti sono e Ti sarò grato per questo tuo intervento che mi ha anche positivamente sorpreso eccome. Se si vuole fare poesia (consentimi) con la P maiuscola, questa non si può non fare che con -cuore fidente- Grazie sempre. Pasqualino
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