venerdì 10 febbraio 2017

ILGIORNO DELLA MEMORIA: "LE FOIBE"

In memoria delle Foibe

Sono laggiù sul Carso
quei buchi fondi e bui,
nel loro ventre scheletri e passioni,               
e sopra, figli a piangere, a incrociare
braccia di legno, corone di fiori;
a rievocare,
a cospargere di petali i pensieri
rimasti là, inespressi, addormentati, morti.
Rimasti a riposare
in braccio ad altri scheletri,
con in mente il giorno,
la luce, il sole dei larghi pianori,
di quando scaricavano in quei buchi
ceppe di terra o foglie
per mirarle sparire lentamente,
allegramente dentro i buchi neri.

Nazario Pardini
10 febbraio 2017



9 commenti:

  1. Nazario ha una capacità non comune: quella di riuscire - nel suo poetare - a trattare temi che nascondono l'insidia della retorica con un'eloquenza ed uno stile schietti e semplici, immediati ed indirizzati all'animo, alla sua immedesimazione con il dolore e la pena.

    "Sono laggiù sul Carso
    quei buchi fondi e bui"

    subito l'incipit ci trasporta su quelle montagne e, inevitabilmente, si svelano immagini di morte e pianto. Ci raggiungono quei pensieri "inespressi, addormentati, morti" ma ci vengono incontro anche quelle buche colme di foglie che spariscono lentamente, "allegramente" (sottolineo: allegramente!) inghiottite dal desiderio di rigenerazione della Terra e dalla voglia di vivere in pace dell'uomo.
    Complimenti, caro Nazario,

    Sandro Angelucci

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    1. Caro Sandro,
      come al solito possiedi e riveli quella particolare capacità intuitiva con cui sai rendere preziose le più semplici parole. Solo un grande poeta può essere un acuto ermeneuta; non credo nella obiettività della critica e tu lo dimostri appieno.
      Grazie per il tuo profondo commento
      Nazario

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  2. Caro Nazario, hai fatto molto bene a trattare, con questa tua poesia assai bella e profonda, un dramma che è stato spesso sottaciuto. Ti invio alcuni versi di una poesia che ha per soggetto il magazzino che a Trieste testimonia ancora questa immane tragedia:
    "...Trieste, magazzino del dolore
    - ancora intatto - numero diciotto
    si popola di ombre, il ritrovarsi
    ha urla di silenzio, ha vaghe luci
    che ondeggiano su orli di memorie,
    valve d'affetti schiudono e sprofondano
    su stagioni scheggiate dall'oblio..."
    Grazie per la tua indiscutibile sensibilità di vero poeta.
    Carla Baroni

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  3. Belli e profondi, emozionanti e potenti i tuoi versi: dipingono con forti impatti di sinestetica inclusione una storia che fa disonore agli italiani e che racconta le sofferenze patite dai dalmati-friulani.
    Brava
    Nazario

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  4. "Sono laggiù sul Carso
    quei buchi fondi e bui,"

    Gentile Nazario, ho posto in epigrafe il tuo "incipit" che possiede già in sé l'orrore di quelle vicende purtroppo vere. In tuo omaggio i miei versi sullo stesso argomento:

    NELLE FOIBE CARSICHE

    10 febbraio: giornata del ricordo
    .
    Ricordo amaro, lama che trafigge
    l’anima, la coscienza.
    .
    Un grosso cane a guardia
    dei morti, anche dei vivi, nelle foibe,
    gettati dalla cieca furia slava
    per cancellare dalla loro terra
    le detestate tracce dell’Italia.
    .
    Terra forata da grotte e doline
    ma nostra da millenni,
    patria dei nostri padri, di antenati,
    del sangue di fratelli
    intrisa nel furore delle guerre.
    .
    Terra scavata dall’acqua che scorre
    sotto la pietra carsica
    e torna a mormorare nella luce
    verso la propria foce
    nel mare nostrum tra le nostre terre.
    .
    Terra tomba di uomini,
    donne e bambini senza colpa alcuna:
    solo essere Italiani era condanna,
    era un’atroce morte in quelle foibe
    rocciose, buie come fondi pozzi.
    .
    Il grosso cane con loro moriva
    lentamente; il lamento come un pianto
    sulla sorte impietosa
    dei morenti, dei morti che giacevano
    inerti tra le rocce.
    .
    Quasi un novello Cerbero
    posto a guardia degli Inferi, credevano
    che impedisse il ritorno delle vittime
    innocenti, italiane,
    per tormentarli con rimorsi ed incubi.
    .
    Oggi, dieci febbraio:
    giornata del ricordo
    di violenza ed atrocia contro inermi.
    Un’altra bieca colpa di Caino,
    fratricida immortale.
    *
    Giorgina Busca Gernetti

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  5. Carissima Giorgina,
    mi fa immenso piacere leggere a conferma del mio testo tanta immensa poesia di altrettanto immensa poetessa.
    Nazario

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  6. Scheletri, simbolo di morte e passioni fluttuano.
    Il pianto li sovrasta; irrisolto il dolore, sovrano il ricordo sul loro sonno. Sono là nel profondo allineati; è “la luce, il sole dei larghi pianori”.
    La vita che fu non può dissolversi; si rinnova e “ceppe di terra o foglie” affossate “allegramente dentro i buchi neri”, testimoniano tempi lontani
    presenti oltre la vita.
    Un abbraccio,

    Anna Vincitorio

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  7. Quasi cinquant'anni di silenzio hanno avvolto la storiografia di questa strage e il nostro Nazario nella sua lirica mette in risalto con pathos e lucidità la rabbia per questa ferita ancora aperta: "rimasti là, inespressi"... Ricorre al neo -realismo, ma quello Pirandelliano, che dietro la descrizione cela sempre ombre di strazio e d'ironia, dell'ironia che, per ossimoro, restituisce il volto giusto alla morte:"sparire lentamente/
    allegramente dentro i buchi neri".
    In quell'avverbio, 'allegramente' il gramma diviene coagulo di sangue.
    Un tributo che trafigge. Grazie e un abbraccio.
    Maria Rizzi

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