domenica 16 luglio 2017

MARIA GRAZIA FERRARIS: "LEGGENDO NAUSICAA AL FIUME..."

LEGGENDO NAUSICAA  AL FIUME….

Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

Nausicaa la giovane, la bella, la innocente fanciulla che gioca sulle rive di un Serchio immaginario. Il sogno, l’ideale utopico  di ogni Ulisse: “lo splendore degli anni, il bello dell’amore.”
Lui sa: “ Ha navigato percorrendo gli oceani perché tutto scorre, nulla è mai come  pensi che sia… perché la Medusa, fragile eppur pericolosa,  ti attira verso l’inconoscibile, infinito desiderio…”,…  perché l’onda che si abbandona sulla spiaggia ti porta, vecchio ormai e cieco dopo tanta bellezza, forse  a Penelope oscura, forse a Calipso la nasconditrice,… forse a Nausicaa, la fanciulla incantata…. Lei unisce stupore, ammirazione  e bellezza.
Ferma innanzi gli stette. La veste le si avvolgeva bianca, intrico ai ginocchi, le gambe snelle, le spalle delicate, il petto acerbo.
“Il fulgore del bello”.
La palla splendeva d’oro e Nausicaa la lanciava, la riprendeva, correva verso il sole,… poi le sfuggì di mano.
E un vecchio- occhi fonte di dee- venne, le porse la palla:  < Come sei bella, Nausicaa.. sei donna o dea?>, disse, e si perse nell’intrico verde. … , e narrò la peregrinazione,  e venne  tra loro   evocato il forte iddio, traboccante desiderio. Lei, la dolce, la innocente fanciulla,  non ha ancora declinato ammirazione sapienza e amore. La serica veste fu strappata. Inutile spreco di un “uomo logorato dai marosi”, dopo  aver acceso in lei il desiderio di donare all’uomo la humanitas smarrita, la pietà, ammantata di necessità, di giustizia,  di coraggio  contro la debolezza.
Il labirinto dell’anima.
“…lei gli si scioglie, sorpresa  dalla vista
di un divino apparire, dalla grazia
di un fisico scolpito dai salmastri.”
L’amore. Poteva ormai continuare il cammino tra gli uomini, indifferente alle garrule voci del mondo? Eppure- e lo pensavano entrambi-  la vita è bella e riempie di frenesia che succhia il midollo, mostra le cose nel loro mistero.

Maria Grazia Ferraris




Nausicaa sulle rive del Serchio















Ho sempre immaginato che alla foce del Serchio
nel punto in cui il mio fiume sfocia in mare
ci fossero fanciulle arzille e gaie
a stendere il bucato sopra i rovi
che si assiepano attorno. E che nel fosco
delle pinete zeppe di frescura
ci fossero, sepolti dalle foglie,
naufraghi a riposare nell’attesa
di essere destati dalle grida
delle stesse fanciulle intente al gioco.
In ogni luogo delle mie canzoni
ci sono Nausichee a ricordare
lo splendore degli anni. Il bello dell’amore.
Il fulgore del bello. Nausichee
che si aggirano  su spiagge per narrare
canti di gioia, speranze giovanili,
sogni di dee, immagini di volti.
E nel mio mondo fittizio e nei dintorni,
su consiglio di Atena, giunta in sogno,
Nausicaa appresta il carro; vi dispone
con le ancelle che corrono al richiamo
le vesti da  lavare lungo il Serchio.
Il fiume si disperde e quieto è il mare,
le cui onde carezzano le sponde
con dolce melodia. Da quell’acque
esce spossato Ulisse, naufragato,
spoglio di panni e salvo dagli affanni.
Si addormenta in disparte, ricoprendo
di foglie sparse il corpo affaticato.
Intanto Nausicaa con le ancelle,
nude le forme e tondeggianti i glutei,
si mette a giocare sulla spiaggia
nell’attesa che il tempo renda asciutto
il candido corredo esposto al sole.
Ma la palla non sempre segue il corso
e questa volta dritta va nel fiume
facendo uscire dalle labbra in fiore
un urlo di sorpresa che risveglia
il naufrago assonnato. Egli da subito
strappa una frasca alla ridente acacia
per tappare sul corpo le vergogne.
Fuggono le ancelle in qua e in là
stupite dalla insolita presenza
di un uomo logorato dai marosi.
Ma Nausicaa resta. A lei si volge,
rapito dal fulgore dei suoi occhi,
Ulisse sbigottito, frastornato:
“Sei donna o dea? Incantevole visione?
Dai lividi del mare io scampato
rimasi venti giorni nei suoi flutti.”.
Per un nuovo sentir che la percorre
lei gli si scioglie, sorpresa  dalla vista
di un divino apparire, dalla grazia
di un fisico scolpito dai salmastri.
E insieme
si dirigono alla rocca dei Feaci,
dove suo padre regna.

Nazario Pardini 
13/07/2017

1 commento:

  1. La “Nausicaa omerica”
    nelle “parole gestuali”
    di Nazario Pardini

    Questa Nausicaa è una sinfonia di effetti naturali che vivono, o meglio indirizzano un tema delicatissimo nella lirica pardiniana: il tema del mito realistico.
    Ulisse – Nausicaa – il Serchio – i naufraghi – le fanciulle gioiose e leggiadre – i Feaci – gli Dei – la Natura...
    Tutto l'universo di questo affresco sprizza ricami affinandosi “verso su verso” e raffinandosi tra personaggi e ambienti.
    Più ambienti: dal fluviale (il Serchio) che si disperde melodioso nel mare al corporeo (Ulisse) riscoperto dal sonno del naufrago e dalla sorpresa di un urlo; dalle pinete di foglie, sognanti e gioiose, al gioco (la palla) del canto di fanciulle “arzille” (ancelle) come divinità immaginarie per ogni richiamo; dalla nudità sfolgorante nella scultorea creazione dei marosi al rapimento nella bellezza dell'amore, un valore assoluto anche per Nausicaa...
    Più scenari poi si compenetrano in questi versi d'ambiente così elevati nel ritmo lirico da flettersi serenamente nel gesto plurimo (la fuga – il flusso dei marosi – il riposo – la dispersione – la sorpresa - lo splendore...) che Pardini intreccia e armonizza con soffici immaginari espressivi – compositivi sino a darci l'impressione di una propria concreta presenza sulle sponde del Serchio all'incontro omerico. “Storia” risognata nell'impegno di un progetto poetico dove ogni momento si sostanzia di visioni e incantevoli inniche alla coralità universale. Sì, perché per il poeta il sogno si trasforma nelle parole omeriche dell'anima-corpus dove il risveglio (di Ulisse) dei verbi gestuali significa musicalità permanente e cesello comunicante...
    Cesello di un mito che si compie: Nausicaa e Ulisse si avviano verso la rocca dei Feaci, la Natura si arrende al presagio, i protagonisti si inchinano al valore omerico del Fato che neanche gli Dei possono condizionare.
    E il destino mitico nel racconto poetico ribalta quindi le gerarchie, valorizza il dettaglio, esalta l'amore della globalità e sigilla la “parola” nelle sue articolazioni più misteriose per avvicinare il “mistero” di Nausicaa stupita dall'insolito divino. E' la grande capacità intrinseca di un linguaggio “arcadicamente” (o quasi) incentrato sulla visione del Serchio, corso d'acqua rivalutato e rivisitato da un raffinato prosatore-poeta (che dire poi del suo “fulgore del bello” o del “candido corredo esposto al sole” o delle “labbra in fiore” o dell'Ulisse “sbigottito”- espressioni icasticamente protese al “compendio” subliminale di un'energia creativa “pura” e semplice?).
    Marco dei Ferrari

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